sabato 8 agosto 2015

Elezioni non credibili




di Veronica Tedeschi



Il 21 luglio il Burundi ha, finalmente, votato per le elezioni presidenziali.
Il risultato non è diverso da quanto ci si aspettava:
Pierre Nkurunziza è stato rieletto per un terzo mandato con il 69% delle preferenze. L’affluenza maggiore è stata rilevata a Ngozi, paese originario di Nkurunziza che ha registrato il 91,99% dei votanti e dove il presidente ha preso il 79% dei voti.

La missione delle Nazioni Unite di osservazione del voto ha monitorato le elezioni. Ha rilevato un’atmosfera di tensione creata dall’opposizione, che ritiene anticostituzionale il terzo mandato di Nkurunziza, e ha affermato che lo scrutinio, segnato dalla violenza, non è stato “né libero, né credibile, né inclusivo”. Molte persone si sono tolte l’inchiostro dalle dita (l’impronta digitale sancisce l’avvenuto voto) per votare nuovamente, altri si sono impossessati del documento elettorale di qualcun altro e hanno votato due volte.
Nella notte tra il 20 e 21 luglio un poliziotto e un civile sono stati uccisi nella capitale Bujumbura, che sta vivendo giorni di forte tensione che non accennano a diminuire.

Questo governo in 10 anni non ha fatto nulla per la popolazione. Si è riempito le tasche, ci ha fatto regredire economicamente e ha fatto perdere la speranza ai giovani. Non so quale miracolo abbia in mente Nkurunziza, ma mi appello alla sua saggezza e gli chiedo di lasciare il governo. Perché non ritirarsi ora e ricandidarsi per il prossimo mandato? Se è così amato come dice, sicuramente non avrà problemi.” Questa l’opinione del leader dell’opposizione che vive a Kiriri, il quartiere-bene della capitale Bujumbura. “Il regime ha fatto di tutto per ostacolarci. Non ci hanno lasciato fare la campagna elettorale e ci hanno minacciati. È chiaro che pensavano di perdere. Sono state elezioni incostituzionali e il mancato rispetto della volontà popolare è un problema serio.”

La reazione della comunità internazionale a tutto questo è stata minacciare di chiudere i finanziamenti.
Il 6 luglio si è tenuto in Tanzania il vertice della Comunità dell’Africa orientale sulla crisi in Burundi. I presidenti degli altri Stati fanno il loro gioco e certamente non pensano alle sorti della popolazione burundese; basti considerare che
Rwanda e Uganda si trovano nella stessa situazione: i loro presidenti sono intenzionati a ricandidarsi per la terza volta, nonostante le loro Costituzioni lo vietino, come accade in Burundi.

Inoltre, non bisogna dimenticare che, a causa dei disordini provocati dalle elezioni, 140 mila burundesi sono fuggiti e i paesi di accoglienza, Congo e Rwanda, iniziano a subire negativamente questa migrazione forzata. La Repubblica Democratica del Congo, infatti, continua a vivere in un clima particolarmente instabile che vede nelle province orientali la presenza di bande armate, di milizie non governative, di ex-militari e di gruppi tribali, che effettuano incursioni e razzie con conseguenti massacri di civili mentre il Rwanda presenta una popolazione di ben 12 miliardi di abitanti che, per la sua superficie, è già numerosa.

Infine, scrive il Daily Maverick, Nkurunziza, ha un asso nella manica che gli permette di ignorare le richieste della comunità internazionale: i soldati burundesi formano il secondo contingente più numeroso della missione dell’Unione Africana in Somalia. Di recente hanno subito un duro attacco e sono morti in sessanta; se Nkurunziza decidesse di ritirarli, creerebbe un grosso problema alla missione.

Alcuni studiosi delle vicende burundesi azzardano le loro previsioni, avvertendo che la conclusione di questa vicenda si avrà solo dopo anni di guerra e miseria, e forse non hanno tutti i torti; del resto “la guerra è la maledizione del Burundi”.