
"...Non si potrà avere un globo pulito se gli uomini sporchi restano impuniti. E' un ideale che agli scettici potrà sembrare utopico, ma è su ideali come questo che la civiltà umana ha finora progredito (per quello che poteva). Morte le ideologie che hanno funestato il Novecento, la realizzazione di una giustizia più giusta distribuita agli abitanti di questa Terra è un sogno al quale vale la pena dedicare il nostro stato di veglia".
Visualizzazione post con etichetta governo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta governo. Mostra tutti i post
venerdì 20 novembre 2015
PARIGI: CHAOUKI-MANCONI, PIENO SOSTEGNO A MANIFESTAZIONE MUSULMANI A ROMA.
Pieno apprezzamento e sostegno alla manifestazione nazionale promossa dalle comunità islamiche italiane che hanno deciso di scendere in piazza in solidarietà con le vittime di Parigi e contro il terrorismo di Daesh sabato 21 alle ore 15.
La manifestazione nazionale, che si terrà a Roma, vedrà un largo coinvolgimento delle musulmane e musulmani d’Italia, riuniti per ribadire il loro “Not In My Name”.
Sarà importante che tutti i cittadini italiani insieme alle associazioni religiose e laiche siano in piazza insieme ai musulmani italiani per ribadire la nostra piena solidarietà alle vittime del terrorismo di Daesh e per affermare i valori condivisi della nostra società.
Le musulmane e i musulmani d’Italia in questo difficile momento storico sono dunque nostri preziosi alleati in questa sfida al terrore, una sfida che vinceremo tutti uniti e animati dai comuni valori del rispetto della sacralità della vita e dalla netta condanna di qualsiasi forma di radicalismo.
Lo affermano Khalid Chaouki, deputato Pd e coordinatore dell'Intergruppo parlamentare immigrazione e Luigi Manconi, senatore e Presidente della Commissione per i diritti umani.
Etichette:
arabi,
associazione,
Chaouki,
comunità,
diritti,
governo,
islam,
Manconi,
manifestazione,
musulmani,
parlamento,
paura,
politica,
Religione,
Roma,
sicurezza,
terrorismo
martedì 17 novembre 2015
Bollino rosso
di Mayra
Landaverde
Finchè
non sono arrivata in Italia non ero pienamente consapevole di tutti i
diritti che venivano negati sistematicamente alle donne in Messico.
Non che in Italia non ci siano problemi di violenza sulle donne ma
obiettivamente si sta meglio da queste parti.
Nel mio
primo ritorno al mio Paese ho capito che non sarei stata capace di
rimanere per lunghi periodi.
Una sera
mentre aspettavo per strada un taxi , mi sono accesa una sigaretta.
Due signore mi hanno insultato perché era ignobile guardare una
donna fumare in pubblico, che svergognata!
Un
vecchio mi ha chiesto se ero prostituta ed io ho deciso di spegnere
la sigaretta. Avrei fumato comunque nel locale con le mie amiche.
Trovato
il taxi, ovviamente guidato da un maschio che non ha smesso di farmi
dei “complimenti” e di provarci insistentemente, sono arrivata al
locale, pieno di ragazze in minigonna, tacchi alti, truccate. Si
fumava si beveva e si ballava. Tutti, maschi e femmine.
Finalmente,
eravamo tutti dei giovani con la voglia di divertirci, ero sicura di
passare una bella serata con gli amici. Lì nessuno mi ha detto
niente. Fumavo tranquilla, ho bevuto la birra e ho ballato. Pensavo
che dopo tutto il Messico non era male, che a volte qualcuno ti
diceva qualcosa in merito al tuo corpo ma non per offenderti. O sì?
Da tutte
le conversazioni che ho sostenuto con le donne in questo mio viaggio,
nove su dieci avevano subìto in qualche modo degli abusi fisici o
psicologici da parte di un maschio.
“Insomma
se voglio andare avanti al lavoro devo lasciarmi palpeggiare dal capo
ogni volta che ci passo vicina. Ma non c’è la faccio più, dovrò
per forza trovarmi un altro impiego”: questo lo raccontava A
mentre eravamo in bagno al
locale. Io sono rimasta stupita che la cosa che più preoccupava la
ragazza non fosse il fatto dell’abuso di potere del capo nei suoi
confronti nè l’umiliazione subìta in quanto donna. No, la cosa
che la preoccupava di più era che cambiare lavoro sarebbe stato
difficile. Certo che pensava a quello, ha un bambino, ha un mutuo,
deve mangiare, deve pagare le bollette, quindi la violenza di genere
in questo caso passa in secondo piano. Ed è sempre così. Ormai noi
donne pensiamo che il nostro corpo sia un oggetto. Ce l’hanno
sempre detto, allora sarà vero. Vediamo donne- oggetto in tv, nelle
pubblicità, ovunque. E se il capo ti molesta o stai zitta e glielo
fai fare oppure cambi lavoro. Ma di lavoro ce n'è pochissimo.
La
vicina di casa di mia sorella era convinta (e forse lo è ancora
adesso) che il marito potesse forzarla ad avere rapporti sessuali
solo in quanto è suo marito: le ho spiegato che quello si chiama
stupro ma lei quasi offesa mi ha chiesto ma
come fa a violentarmi? Lui è mio marito!
.
In
Messico ogni 4 minuti e mezzo viene stuprata una donna e, nella
maggior parte dei casi avviene in casa, da parte del coniuge. Le
denunce di questi casi sono in pratica inesistenti.
Quest’anno
il Ministero degli Interni ha annunciato alerta
de género in 11 località
del paese.
La
“alerta de género” è
una specie di bollino rosso che nomina le città in cui più donne
muoiono in modo violento, per stupri, torture, sequestri ecc.
Violenza sulle donne. Soltanto quest’anno se ne parla apertamente.
Il
governo messicano forse si sta dimenticando dei femminicidi di Cd.
Juarez.
Dal 1993
si contano più di 700 donne violentate, torturate, uccise e
abbandonate nel deserto.
Le
primissime vittime erano tutte bambine.
Nel 2006
hanno trovato il corpo irriconoscibile di una bambina di tre anni.
Nello
stesso anno la polizia messicana arrestò e incarcerò un cittadino
egiziano di nome Omar Sherif Latifh con l'accusa di guidare una banda
di delinquenti e stupratori. Secondo le indagini avrebbero fatto
tutto; stranamente le donne hanno continuato a sparire da vive e
ritrovate da morte. Anche adesso nel 2015.
Davanti
a così tanta corruzione e indifferenza mi sembra inutile scrivere su
tutte le altre false indagini e arresti che la Polizia ha fatto.
Nessuna ha portato a niente. Le donne vengono lasciate morire dallo
Stato. Vengono lasciate anche le famiglie che, al contrario delle
istituzioni governative, si sono ben organizzate per protestare,
chiedendo una reazione forte da parte dello Stato.
Stiamo
ancora aspettando risposte. Anzi stiamo ancora aspettando azioni
concrete che fermino la violenza smisurata sulle donne messicane.
Metterci su un bollino rosso come allarme non serve a nulla. Servono
delle azioni reali. Ora.
Etichette:
abusi,
Americalatina,
associazione,
diritti,
donne,
genere,
giornalisti,
giustizia,
governo,
immigrazione,
lavoro,
Messico,
psicologia,
scuola,
stampa,
studenti,
sudamerica,
violenza
venerdì 13 novembre 2015
L'ASSOCIAZIONE
PER I DIRITTI UMANI
Associazione
per i Diritti Umani
PRESENTA
il
saggio “Egitto, democrazia militare”
di
Giuseppe Acconcia
mercoledì
18 NOVEMBRE, ore 19
presso
BISTROT
DEL TEMPO RITROVATO
Via
Foppa, 4 (MM Sant'Agostino) MILANO
L’Associazione
per i Diritti Umani organizza l'incontro nell'ambito
della manifestazione “D(I)RITTI AL CENTRO!”.
Presentazione
del saggio
il
saggio “Egitto, democrazia militare” di Giuseppe Acconcia, Exòrma
edizioni.
Il saggio:
Coordina:
Alessandra Montesanto, Vicepresidente Associazione per i Diritti
Umani
Etichette:
Acconcia,
cittadini,
democrazia,
dittatura,
Egitto,
fotografia,
giornalisti,
governo,
guerra,
Il Manifesto,
islam,
libro,
politica,
popolo,
regime,
Religione,
reporter,
rivoluzione,
studenti
La legge del mercato: un nuovo film dalla Francia riflette sulla crisi del lavoro
In
Italia è uscito con il titolo La
legge del mercato, il
titolo anglofono è
The measure of a man e
quello internazionale recita A
simple man:
tutti titoli adatti per descrivere, in poche parole, quello che sarà
il contenuto dell'ultimo lavoro di Stèphane Brizé grazie al quale
Vincent Lindon ha vinto il premio per la migliore interpretazione
maschile all'ultima edizione del festival di Cannes. Lindon è qui
Thierry Taugordeau, un uomo sulla cinquantina, sposato e con un
figlio disabile. L'attore presta il suo volto e il suo sguardo ad una
persona che procede per inerzia, che ha perso il lavoro presso
un'impresa in cui ha svolto l'attività per venticinque anni, ha poi
frequentato molti corsi di formazione, ma non riesce a ricollocarsi
nel mondo professionale. Fino a che, un giorno finalmente, trova un
impiego come addetto alla sicurezza in un supermercato. Accetta,
anche se si tratta di fare un passo indietro di carriera, ma il
problema non sarà questo: il vero problema si porrà nel momento in
cui Thierry dovrà denunciare i suoi stessi colleghi oppure le
persone che non hanno abbastanza denaro per pagare i prodotti che
vorrebbero acquistare.
Lo
spettatore entra lentamente nella vita del protagonista e nella
società capitalistica: la quotidianità di Thierry si va a
scontrare con la crisi economica che colpisce, in maniera indistinta,
giovani e meno giovani, professionisti e operai. Una lentezza quasi
agonizzante che si allinea alla freddezza delle inquadrature, delle
luci e dei paesaggi, tipici di quelle aree metropolitane in cui la
povertà si sta divulgando, portando via sogni, sicurezze e voglia di
vivere.
Grigio
è il volto di Thierry, grigi i volti delle altre persone, tutti
attori non professionisti per ricreare sullo schermo la
verosomiglianza delle situazioni che si vogliono denunciare; i luoghi
fisici sono spesso strade in cui l'uomo cerca un lavoro, le agenzia
di collocamento, il supermercato, tutti “non-luoghi” come li
definisce Marc Augè, ovvero luoghi di transito dove gli individui
camminano, si spostano in cerca di qualcosa oppure dove trascinano la
propria esistenza senza creare legami affettivi profondi. Nemmeno in
famiglia, Thierry può garantire la propria presenza, o per lo meno
una presenza serena: prima perchè è rimasto senza sostentamento e
poi perchè si trova a dover affrontare un dilemma etico molto grave.
Il
dilemma è, ovviamente, posto anche al pubblico: cosa faremmo al
posto di Thierry di fronte a una persona povera che ruba la merce al
supermercato? Come dire a un nostro collega che verrà lincenziato,
quando sappiamo bene cosa significhi rimanere senza un posto?
L'empatia
e l'dentificazione sono meccanismi che dovrebbero scattare grazie
all'Arte cinematografica: e forse il regista ha usato il proprio
mezzo per far riflettere sulla tragedia che molti, troppi stanno
vivendo sulla priopria pelle, anche se i proclama dei governi
raccontano una storia molto diversa. Nel film viene rappresentata la
solidarietà tra poveri e la guerra tra poveri e, al di sopra di
tutti, il Mercato, il Denaro, le nuove divinità a cui siamo
costretti ad immolarci anche a scapito della nostra dignità: le
telecamere sono appostate ovunque, spiano e registrano ogni parola e
ogni movimento, estensione di un Potere occulto, strisciante e
imperante. Niente più tempo libero, svaghi, giochi: tutto è ridotto
alla sfida, all'eliminazione, alla concorrenza. Perchè in questo
tipo di società non c'è più spazio per le relazioni dirette, per i
sentimenti e neanche per la salute. Una persona è davvero soltanto
considerata come “capitale umano”, per citare un film di Paolo
Virzì, e non c'è bisogno di scomodare teorie marxiste o di
ricordare Chaplin: basta guardarsi intorno.
Il
finale della pellicola rimane aperto perchè siamo nel pieno della
crisi, perchè ancora non è migliorato nulla e, perchè, forse
nessuno di noi ha la risposta giusta alla domanda: sarei vittima o
carnefice?
mercoledì 4 novembre 2015
Convivere oltre la paura: nuovi cittadini di un'Italia plurale
lunedì 16 novembre ore 17:00 -- Sala del Mappamondo - Camera dei Deputati
Vivere una sola vita, in una sola città, in un solo Paese, in un solo universo
vivere in un solo mondo, è prigione.
Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume, una sola civiltà;
vivere in un solo mondo, è prigione.
Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume, una sola civiltà;
conoscere una sola logica è prigione.[Ndjock Ngana poeta camerunense, vive a Roma, dove lavora come operatore interculturale]
Cari amici,
sono lieto di invitarvi all’incontro “Convivere oltre la paura: nuovi cittadini per un’Italia plurale” in occasione del quale sarà presentato il libro «Multiculturalismo. Una piccola introduzione» di Domenico Melidoro (Center for Ethics and Global Politics, LUISS).
L’incontro si terrà lunedì 16 novembre alle ore 17:00 presso la Sala del Mappamondo della Camera dei Deputati, con ingresso in Piazza Montecitorio 1.
Interverranno, oltre a me e all’autore, anche Sebastiano Maffettone (professore ordinario di Filosofia Politica presso la LUISS Guido Carli, dove dirige il Center for Ethics and Global Politics) e Gabriella Sanna (responsabile del Servizio Intercultura delle Biblioteche di Roma).
Ci interrogheremo sulla possibilità di realizzare la convivenza pacifica di culture differenti all'interno della stessa comunità.
In che modo le istituzioni devono rapportarsi alla diversità culturale e religiosa? L’immigrazione è solo un problema di ordine pubblico oppure una questione ineludibile con la quale fare i conti? E inoltre, eventi drammatici come l’attentato contro il periodico Charlie Hebdo devono indurci a ripensare le politiche di integrazione delle minoranze?
Sono temi sui quali si gioca il futuro del nostro Paese, un’Italia che, dopo la recente approvazione alla Camera della nuova legge sulla cittadinanza, si riconosce finalmente plurale e multiculturale.
Vi preghiamo di confermare la Vostra presenza entro venerdì 13 novembre a: silvia.demarchi@camera.it
Entrata da Piazza Montecitorio 1, sarà necessario esibire il documento di identità. Per gli uomini è obbligatorio l’uso della giacca.
Etichette:
associazione,
Chaouki,
diritti,
giornalismo,
governo,
immigrazione,
informazione,
Luiss,
migranti,
migrazioni,
minoranze,
parlamento,
politica,
stampa
L'ASSOCIAZIONE
PER I DIRITTI UMANI
Associazione
per i Diritti Umani
PRESENTA
La
resistenza attiva di un immigrato
Presentazione
del documentario: “SEXY SHOPPING”
di
Adam Selo e Antonio Benedetto
giovedì
5 NOVEMBRE, ore 19
presso
CENTRO
ASTERIA
Piazza
Carrara 17.1 (ang Via G. da Cermenate, 2 MM ROMOLO) MILANO
L’Associazione
per i Diritti Umani organizza l'incontro nell'ambito
della manifestazione “D(I)RITTI AL CENTRO!”.
Presentazione
del documentario
“SEXY SHOPPING” di Adam Selo e Antonio Benedetto alla presenza
dei registi e di Veronica Tedeschi, avvocato ed esperta del tema
delle migrazioni.
domenica 1 novembre 2015
Giornata internazionale di solidarietà con Kobane
La città kurdo-siriana è ancora in pericolo - gravi accuse alla Turchia
A un anno dai sanguinosi scontri con le milizie dello "Stato Islamico" terminati con la cacciatia delle milizie estremiste, gli abitanti della città kurdo-siriana di Kobane sono tuttora in pericolo. In occasione della Giornata internazionale di solidarietà con Kobane (1 novembre) l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accusa la Turchia di sparare alle postazioni di difesa kurde oltre frontiera. Un anno fa, Ankara era accusata di sostenere o, se non altro, tollerare gli estremisti dell'IS; ora il governo turco è andato oltre e attacca con il proprio esercito le postazioni kurde nella speranza di indebolire l'autodifesa kurda e di assumere direttamente il controllo sulle zone d'insediamento dei Kurdi. Le autorità turche inoltre stanno bloccando alla frontiera gli aiuti alimentari, l'acqua potabile e i farmaci inviati ai circa 150.000 civili che hanno deciso di tornare nella propria casa a Kobane.
Nonostante l'IS sia stato cacciato da Kobane, le sue milizie potrebbero farvi ritorno se la resistenza kurda dovesse allentare la presa. Nella battaglia per Kobane hanno perso la vita tra 1.000 e 1.5000 combattenti kurde e kurdi e circa altri 500 civili turchi. Altri 5.000 sono rimasti feriti e sono stati medicati in ospedali d'emergenza improvvisati o nei vicini comuni kurdi in Turchia. Le autorità turche hanno ripetutamente negato i trattamenti medici in Turchia e spesso i combattenti kurdi feriti hanno dovuto aspettare giorni interi al valico di frontiera prima di poter entrare in Turchia ed essere medicati. Durante la battaglia di Kobane i circa 400.000 abitanti della città e dei dintorni erano quasi tutti fuggiti. Nonostante le attuali condizioni catastrofiche, circa 1.000 persone lasciano ogni settimana i campi profughi nel sud della Turchia per tornare a casa propria. Molti altri hanno invece continuato la loro fuga in Europa e non hanno per ora alcuna possibilità di poter tornare a casa. La città di Kobane è per l'80% distrutta e negli unici due ospedali rimasti aperti, uno civile e l'altro militare, manca praticamente tutto. Attualmente il valico di frontiera dalla Turchia verso Kobane è aperto solo due volte in settimana e solamente per chi è disposto a tornare a Kobane.
La Giornata internazionale di solidarietà con Kobane è stata celebrata la prima volta l'1 novembre 2014 dai Kurdi in esilio e dai loro amici in Europa, America, Africa e Australia per sostenere almeno moralmente le cittadine e i cittadini di Kobane. Le milizie dell'IS avevano tentato la conquista della città kurda già alla fine del 2013 ma erano stati bloccati dalle unità di difesa popolari (YPG) kurde. A metà settembre 2024 l'IS aveva allora avviato una massiccia offensiva contro la città. Dopo mesi di sanguinosi scontri strada per strada e casa per casa, le unità kurde hanno ottenuto armi e il sostegno aereo degli USA. Il governo turco ha invece continuato a negare ogni forma di aiuto ai combattenti assediati e solo in seguito alle pesanti pressioni internazionali agli inizi di novembre ha permesso a 150 peshmerga kurdo-iracheni di raggiungere Kobane per sostenere i combattenti kurdi con armamenti pesanti.
Vedi anche in gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150916it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150828it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150806it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150730it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150727it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150624it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150611it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150609it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150522it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150320it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150128it.html | www.gfbv.it/3dossier/kurdi/indexkur.html | www.gfbv.it/3dossier/kurdi/kurtur-it.html
in www: http://it.wikipedia.org/wiki/Yazidi | http://it.wikipedia.org/wiki/Kurdistan
Etichette:
esercito,
frontiere,
geopolitica,
giornalismo,
governo,
guerra,
IS,
Isis,
Kobane,
Kurdi,
politica,
popolo,
Siria,
sociologia,
studenti,
terrorismo,
Turchia,
USA
sabato 31 ottobre 2015
L'ASSOCIAZIONE
PER I DIRITTI UMANI
Associazione
per i Diritti Umani
PRESENTA
La
resistenza attiva di un immigrato
Presentazione
del documentario: “SEXY SHOPPING”
di
Adam Selo e Antonio Benedetto
giovedì
5 NOVEMBRE, ore 19
presso
CENTRO
ASTERIA
Piazza
Carrara 17.1 (ang Via G. da Cermenate, 2 MM ROMOLO) MILANO
L’Associazione
per i Diritti Umani organizza l'incontro nell'ambito
della manifestazione “D(I)RITTI AL CENTRO!”.
Presentazione
del documentario
“SEXY SHOPPING” di Adam Selo e Antonio Benedetto alla presenza
dei registi e di Veronica Tedeschi, avvocato ed esperta del tema
delle migrazioni.
|
Etichette:
associazione,
avvocati,
cinema,
diritti,
film,
giurisprudenza,
governo,
immigrazione,
lavoro,
legge,
migranti,
migrazioni,
permesso,
politica,
regia,
scuola,
soggiorno
Terrore albino
di Veronica Tedeschi
“Tre
uomini con indosso il balaclava entrarono nella mia casa e mi
attaccarono con un macete. Ho cercato di reagire ma fui sopraffatto.
Mi misero una stoffa intorno al capo e un’altra in bocca per non
farmi urlare. Scapparono via con un pezzo di carne preso dalla mia
testa.”
Queste sono le parole pronunciate da Mohammed Said, ragazzo albino di 35 anni che vive in Tanzania, nella città di Mkuranga. L’evento in questione è avvenuto lo scorso 21 ottobre.
L’incubo vissuto da Mohammed è il tormento di un tanzaniano su venti.
L’albinismo è una malattia ereditaria consistente nella depigmentazione parziale o totale della pelle che comporta conseguenze alla vista e alla pelle stessa.
In alcuni paesi africani (Guinea, Tanzania, Costa D'Avorio, Burundi) l’incidenza di questa malattia è molto alta nella popolazione e gli albini in questione diventano oggetto di discriminazione e violenza.
L’ignoranza velata della popolazione africana ha portato alla creazione di credenze e superstizioni intorno alle persone albine che sono diventate oggetto di racket e scambi di denaro; le atrocità subite dalla persone affette da albinismo sono enormi. Attaccati in casa o per le strade, vengono mutilati e talvolta uccisi, perché il loro sangue e le parti del corpo sono usati per creare amuleti e talismani capaci, secondo alcuni, di portare fortuna negli affari e negli affetti.
A sostegno e difesa di queste persone Peter Ash ha fondato in Tanzania una Ong a supporto degli albini, con lo scopo di educare le persone locali organizzando corsi e incontri per avvicinare i diffidenti alla malattia. Under the same sun offre protezione e supporto e intercede con governi e istituzioni per la difesa delle persone affette da albinismo.
Il problema principale di queste discriminazioni sta nel fatto che i veri protagonisti di questo racket sono gli stessi politici che dovrebbero ostacolarlo e questo è dimostrato dal fatto che le violenze aumentano nei cicli elettorali : "I governi - riferisce Ash - inizialmente hanno fatto finta di niente, poi, dopo sei anni di battaglie, hanno strappato qualche promessa rimasta ancora inattuata. In Guinea, Tanzania, Costa D'Avorio, Burundi e Suriname la percentuale degli attacchi aumenta in concomitanza alle elezioni politiche, tanto che in questo periodo le persone affette d'albinismo restano segregate in casa più del solito per evitare gli attacchi degli stregoni. Un altro problema è che questa credenza è davvero molto radicata. In alcuni villaggi, per esempio, si crede che gli albini non muoiano, ma spariscano, si dissolvano nel nulla.”
In questi ultimi anni, però, sono stati fatti due passi avanti molto importanti: è stata annunciata la giornata mondiale degli albini il 13 giugno, giorno in cui nello scorso 2013 è stata adottata all’unanimità la prima risoluzione che includeva sanzioni severe per gli stregoni e chiedeva ai paesi membri dell’Onu di proteggere i diritti umani degli albini. Anche Papa Francesco ha mostrato la sua vicinanza a questo problema abbracciando, per la prima volta nella storia della chiesa, un bambino affetto da albinismo.
“I have a dream that one day people with albinism will take their rightful place throughout every level of society, and that the days of discrimination against persons with albinism will be a faint memory - EVERYWHERE!” - Peter Ash, Founder & CEO Under the same sun.
giovedì 29 ottobre 2015
Le moschee segrete in Grecia - Hidden mosques in Greece
di Cinzia D'Ambrosi
Seguendo l'Imam della comunita' sudanese, sono arrivata davanti a due luoghi chiusi dalle autorita' greche. Mentre tentavo di leggere il foglio della polizia attaccato alla porta, una donna inizia a gridare contro di noi. Mi viene detto che non e' inusuale.
Hassan, un rifugiato dal Sudan dice: 'Le autorita' hanno chiuso la moschea. Ci hanno detto delle scuse. Ci hanno detto che i vicini hanno fatto denuncia per via della nostra musica. Non abbiamo mai suonato musica.'
Habiba, originaria del Marocco, dice: 'Talvolta entro in un negozio ed il proprietario mi grida di lasciare il negozio immediatamente perche' non servono donne con il foulard.'
Alongside the Imam of the Sudanese community in Athens, I walked to two sites, basements garages, been shut by the Greek authorities. Even lingering outside the door of one of these sites, a woman started to shout at us. I was later told that this is not unusual.
Hassan, a refugee from the Sudanese community says: 'The authorities have closed the mosque. We have been given excuses. They told us that the neighbours complained of our music. We don't play music.'
Habiba, originally from Morocco, says 'Sometimes I am shouted at and told to leave the premises of a shop because I wear a head scarf''.
Anisur, from Bangladesh : 'Officials don' t make it easy for us. We are treated differently.'
There are around one million Muslims in Greece and approximately 600,000 Muslims who live in Athens. Like many who live in other European countries, face difficulties in practising their religion. They would like to express their faith through prayer in an appropriate place of worship, however there is no official mosque in Athens or Greece. Up until now, the Muslim communities are forced to pray in hidden informal spaces such as disused garages and basement spaces.
Seguendo l'Imam della comunita' sudanese, sono arrivata davanti a due luoghi chiusi dalle autorita' greche. Mentre tentavo di leggere il foglio della polizia attaccato alla porta, una donna inizia a gridare contro di noi. Mi viene detto che non e' inusuale.
Hassan, un rifugiato dal Sudan dice: 'Le autorita' hanno chiuso la moschea. Ci hanno detto delle scuse. Ci hanno detto che i vicini hanno fatto denuncia per via della nostra musica. Non abbiamo mai suonato musica.'
Habiba, originaria del Marocco, dice: 'Talvolta entro in un negozio ed il proprietario mi grida di lasciare il negozio immediatamente perche' non servono donne con il foulard.'
Ci sono circa un milioni di
musulmani in Grecia. Approssimativamente 600,000 musulmani vivono in
Atene. Come tanti altri che risiedono in Europa, hanno difficolta' a
praticare la loro religione. Vorrebbero praticare la loro fede in un
posto ufficiale di culto, pero' non e' ammesso costruire una moschea
in Atene ed in Grecia. Le comunita' musulmane sono costrette a
pregare in posti segreti ed informali come, ad esempio, i garages.
A former garage underneath a
building serves as an illegal mosque in Neos Kosmos, which it has
been called Al Salam Mosque. Copyright: Cinzia D'Ambrosi.
Questo luogo, che un tempo serviva
come garage, e' stato trasformato in una moschea informale e
'segreta' (non apertamente annunciata) riferita come moschea Al
Salam. Copyright: Cinzia D'Ambrosi
Alongside the Imam of the Sudanese community in Athens, I walked to two sites, basements garages, been shut by the Greek authorities. Even lingering outside the door of one of these sites, a woman started to shout at us. I was later told that this is not unusual.
Hassan, a refugee from the Sudanese community says: 'The authorities have closed the mosque. We have been given excuses. They told us that the neighbours complained of our music. We don't play music.'
Habiba, originally from Morocco, says 'Sometimes I am shouted at and told to leave the premises of a shop because I wear a head scarf''.
Anisur, from Bangladesh : 'Officials don' t make it easy for us. We are treated differently.'
There are around one million Muslims in Greece and approximately 600,000 Muslims who live in Athens. Like many who live in other European countries, face difficulties in practising their religion. They would like to express their faith through prayer in an appropriate place of worship, however there is no official mosque in Athens or Greece. Up until now, the Muslim communities are forced to pray in hidden informal spaces such as disused garages and basement spaces.
Etichette:
Africa,
Atene,
crimine,
discriminazione,
donne,
Europa,
fotografia,
governo,
Grecia,
I musulmani,
moschea,
musica,
odio,
politica,
razzismo,
reato,
velo
mercoledì 28 ottobre 2015
Diritti Lgbt, teatro e società
Uno
spettacolo teatrale intitolato Assolutamente
deliziose, di una delle
autrici più trasgressive della scena britannica, Claire Dowie -
interpretato da Flaminia Cuzzoli e Ottavia Orticello con la regia di
Emiliano Russo – che ha debuttato al Teatro Due di Roma, con le
tappe estive del Fontanone Estate XX Edizione e del Venus Rising
Festival nella sezione Teatro del Gay Village Farm e presso il
Teatro dei Filodrammatici che ha ospitato il Festival
ILLECITE//VISIONI a Milano, ci permette di approfondire alcuni temi
riguardanti la comunità Lgbt, i diritti delle donne e i rapporti di
genere.
Per
questo abbiamo rivolto alcune domande al regista e alle attrici che
ringraziamo moltissimo per la disponibilità.
Rispondono
Flaminia Cuzzoli (attrice), Ottavia Orticello (attrice) ed Emiliano
Russo (regista)
Lo
spettacolo veicola molti argomenti. Ad esempio: essere donna nella
società contemporanea così contraddittoria e competitiva...
Esattamente.
Nel raccontare i destini incrociati di queste due donne, cugine,
coetanee, cresciute insieme, la Dowie ironizza su alcune stereotipate
aspettative della società contemporanea in cui si imbattono le
nostre protagoniste; aspettative in primis provenienti dall’ambiente
domestico, quella serie di regole del “buon costume” cui le
bambine sono chiamate a conformarsi. Attraverso una serie di slogan,
cui l’autrice antepone la dicitura “IN RIFERIMENTO AD UNA ROUTINE
DA COMMEDIA TRITA E RITRITA”, veniamo a confrontarci con queste
norme comportamentali che diventano una sorta di sfottò al mondo dei
genitori: sulla scena vediamo concretamente i nostri due personaggi A
e B imitare l’intonazione e il linguaggio usato in particolar modo
dalla madre di una delle due che le esorta a tenere la schiena
dritta, non parlare a meno che non sia il proprio turno, non dire
cose scortesi, non fare cose disdicevoli, comportarsi da signorine da
brave ragazze, tenere le ginocchia unite per non far vedere le
mutandine e così via. A questo segue l’elenco di una serie di
passatempi in rosa che si considera essere “naturali” per le
ragazzine come stare a casa a raccontarsi i segreti, parlare delle
cose proibite del sesso, farsi maschere di bellezza per la pelle,
andare a ballare, dare della sgualdrina ad un’amica. E come
reagisce una donna, come si rapporta a questo bombardamento di
convinzioni riguardanti l’essere “femmina”? Nel nostro
spettacolo proponiamo due diversi modi, opposti ma complementari, due
diverse strategie di sopravvivenza messe in atto dalle nostre A e B.
La prima sviluppa un rifiuto totale del modello rappresentato da sua
madre (da lei definita “casalinga che farebbe di tutto per una vita
tranquilla eccetto combattere per i propri diritti) e, nel suo
tentativo di non diventare ossessionata dal budino come lei, di non
avere il suo stesso sguardo, i suoi stessi occhi, diventerà un
“maschiaccio”, rifiutando di identificarsi in un “genere”
definito, jeans maglietta capelli corti e sogni anarchici e
anticapitalisti. La seconda, al contrario, trova nello status quo,
nei soldi, nell’essere una donna in carriera di successo un modo
per sentirsi amata e accettata dalla gente, utilizzando la sua
bellezza e sensualità per garantirsi questa accettazione di cui ha
disperatamente bisogno; non manca però un continuo influenzarsi a
vicenda, una fusione della propria identità a quella dell’altra
per tutta la vita, perfino a distanza quando B lascia l’Inghilterra
per raggiungere sua madre in Australia. Finiranno entrambe per
nascondersi dietro le rispettive ideologie, alla ricerca di un senso
per le proprie esistenze, di qualcosa per cui lottare, per non
sentire quella voce nella testa ripeterti “MIO DIO CHE FALLIMENTO.
UN LAGNOSO, FRIGNANTE FALLIMENTO. TUTTO QUESTO, GUARDA, PENSI CHE
PORTERA’ A QUALCOSA? PENSI CHE VALGA QUALCOSA? MIO DIO SEI STATA
INGANNATA O COSA?
Il
rapporto raccontato dal testo affonda le radici nell'infanzia e
nell'adolescenza delle protagoniste: quanto è importante quel
periodo della vita per la formazione dell'identità dell'adulto ?
Oppure la Natura fa il proprio corso al di là delle esperienze di
vita?
Infanzia e
adolescenza sono periodi fondanti per la creazione della propria
identità. Se l’infanzia è un periodo in cui è possibile
assorbire messaggi e insegnamenti dal mondo esterno senza ancora
avere la piena capacità di giudizio e quindi di filtro nei confronti
degli impulsi esterni, l’adolescenza è sicuramente il momento di
presa di coscienza nella maturazione di un individuo. Oltre ad essere
un periodo che racchiude le esperienze di crescita fondamentali per
una persona, è il momento in cui si comincia a chiedersi chi si è,
cosa si vuole. Crescere senza portare su di sé le tracce di ciò che
ci circonda è forse un’utopia: dalla semplice relazione col mondo
esterno in tutte le sue sfaccettature, come ad esempio il giudizio
della società che impone e condiziona fortemente la persona in un
periodo di grande confusione e di fragilità, al più fondamentale
“microcosmo familiare” che soprattutto in età adolescenziale
rappresenta per noi l’unico modo, l’unico punto di vista con cui
vedere il mondo. Resta il fatto che noi non siamo il nostro passato,
le nostre storie familiari, ma che possiamo scegliere dove portarCI o
non portarCI in qualunque momento.
Quali
sono le difficoltà nel poter vivere liberamente le proprie scelte
affettive?
Dovrebbe
suonarci quantomeno strano l’accostamento delle parola “difficoltà”
con “vivere liberamente” e “scelte affettive”. Le scelte
affettive riguardano le persone coinvolte in esse, sono qualcosa di
privato che non dovrebbe trovarsi sottoposto al tribunale del
giudizio altrui, love is love e vivere un sentimento non dovrebbe
costituire un problema. In pratica poi, al di là dei “dovrebbe e
non dovrebbe”, si verificano situazioni che ti fanno sentire in
difficoltà. Ad esempio se vivi in una piccola città temi il
“giudizio” della gente, temi che le loro chiacchiere possano
creare disagio non solo a te stesso/a ma anche alla tua famiglia.
Probabilmente ti crea disagio essere etichettato, imprigionato in
opinioni parziali sulla tua persona, sulla tua individualità... ma i
giudizi, le opinioni esterne sono sempre parziali, sommarie; è come
se l’essere umano avesse bisogno di racchiudere il prossimo in
definizioni per poterlo controllare, ciò che non si conosce
spaventa, come in un gioco di specchi tra io e l’altro. Così tutti
giudicano e lo fanno anche A e B. Si giudicano e criticano in
continuazione per ogni piccola cosa. Alla fine è sempre una
questione di “potere”, di chi ha il controllo. D’altra parte
parlando specificatamente del nostro paese, di noi italiani, giudizi
offensivi e critiche sono ancora abbastanza radicati per varie
ragioni culturali probabilmente, ma soprattutto perché, per tanto
troppo tempo, non si è stati costretti a RIconoscere l’esistenza
di persone che si considerano LGBTQ: tutto doveva restare nelle
quattro pareti domestiche delle nostre rassicuranti famiglie
borghesi.
Quali
sono i diritti delle/degli omosessuali ancora da affermare, in
Italia?
Sicuramente va
varata prima di tutto una legge contro l’omofobia. Nelle ultime
settimane c’è stata un’escalation di violenze fisiche e
psicologiche: dall’adolescente in Sicilia che si è tolto la vita,
al ragazzo sbattuto fuori dall’aula dal proprio insegnante, alle
aggressioni quotidiane. E la cosa veramente preoccupante è che
talvolta i media non si preoccupano più di diffondere queste notizie
- che circolano poi invece sui social causando grande indignazione e
sgomento da parte di molti. Il fatto che davanti a questi eventi ci
siano persone al potere che ancora si ostinano a dire che “l’omofobia
non esiste” dovrebbe davvero lasciarci riflettere su chi tesse le
reti delle nostre vite. Ma in fondo questa è solo una delle tante
questioni problematiche che attanagliano l’Italia di oggi.
Cosa
vorreste dire, attraverso questo testo teatrale, ai genitori di
persone gay?
Non è un caso che il nostro primo
progetto indipendente - di ex compagni di Accademia, oggi colleghi,
che hanno in mente un viaggio da percorrere attraverso
un’associazione di promozione sociale come la nostra Upnos - sia
“Assolutamente Deliziose”. Se c’è una cosa che odiamo è il
dover a tutti i costi definire gli altri, mentre crediamo nella
persona, nel cercare di essere se stessi piuttosto che quello che si
dovrebbe essere, o quello che si pensa di dover essere o quello che
la gente ci dice di essere … A e B, le donne di Claire Dowie ci
provano, cercano di sbarazzarsi delle etichette imposte dalla
cultura, anche se l’esito non è garantito e si beccano sofferenza
a palate. In quanto ai genitori cosa si può dire? Vi consigliamo una
bella lettura da tenere sui vostri comodini: il Profeta di Gibran, un
tale che ha parlato ai genitori, a tutti i genitori di tutti i figli.
“I vostri figli non sono figli
vostri... sono i figli e le figlie della forza stessa della
Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perchè la loro anima abita la casa dell'avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perchè la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l'arco che rimane saldo.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perchè la loro anima abita la casa dell'avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perchè la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l'arco che rimane saldo.
Etichette:
associazione,
diritti,
diritti civili,
donne,
famiglia,
figli,
gay,
genitori,
governo,
legge,
Lgbt,
omosessuali,
parlamento,
politica,
scuola,
spettacolo,
teatro,
unioni,
vita
martedì 27 ottobre 2015
Carlos Pronzato: un regista militante in Sudamerica
L'Associazione per i Diritti Umani ha
intervistato per voi il regista Carlos Pronzato: figlio di
piemontesi, si è trasferito con la sua famiglia in Argentina.
Viaggiatore e documentarista indipendente racconta, con i suoi
lavori, l'America latina di oggi, i cambiamenti, le crisi, le
conseguenze sulle popolazioni delle scelte economico-politiche del
Nord del mondo.
Ecco le sue parole. Ringraziamo
moltissimo Carlos Pronzato per la sua disponibilità.
Il suo è stato definito un
cinema "militante": è corretta questa definizione?
Questa
definizione è in un certo senso corretta se riferita alla parte più
rappresentativa della mia opera cioè la descrizione dei movimenti
sociali attuali in costante lotta contro l’oppressione del capitale
e degli Stati. Un cinema documentale fatto di interventi sociali e
politici a lato dei movimenti insurrezionali in America Latina i cui
protagonisti sono in maggioranza i militanti; da questo deriva
l’espressione “cinema militante”, un cinema che beve alle fonti
ispiratrici degli anni ‘60 ed è un riflesso di questa lotta che si
estende fino ai giorni nostri, soprattutto nelle strade. Si può dire
che è anche militante da un punto di vista economico giacchè è
realizzato con un risorse minime attraverso
l’appoggio di enti, organizzazioni e contributi di singole persone;
e direi anche che forse è ancora più militante per l'abbandono
consapevole di altre possibilità estetiche, diciamo così, di
lavorare in un ambiente economicamente più vantaggioso, ma in questo
modo il regista si prende un impegno politico con il suo tempo.
La
sua è una famiglia di artisti: l'arte dei suoi genitori ha influito
sulle scelte per il uo lavoro? L'estetica, gli argomenti, etc...
Certamente!
L'influenza è stata totale, innanzitutto nel campo artistico, nella
conoscenza e nel mondo dell’estetica alleata sempre alla sua
funzione etica e sociale e come possibilità estetica e funzionale.
Soprattutto nel campo del teatro, della letteratura e del cinema. In
particolare nella questione cinematografica che sviluppo io, sono
stati cruciali gli anni delle mie esperienze in molti Paesi
dell'America Latina prima di stabilirmi in Brasile e anche
l'influenza di uno dei film interpretato da mio padre, Victor
Proncet, che è stato anche sceneggiatore e autore del racconto che
ha dato origine al film: “I traditori” del regista desapararecido
Raymundo Gleizer, regista e film icona del cinema politico di tutto
il mondo.
E' vero che il
Brasile sta vivendo una fase di crescita economica? E allora perché
molti criticano il governo attuale?
Il Brasile
ha attraversato un periodo di crescita economica spettacolare negli
ultimi anni, ed è riuscito a superare i tempi duri dopo il 2008, ma
adesso è entrato in una fase di recessione e nella crisi globale.
Questo è un dato fondamentale anche per capire il rifiuto nella
popolazione contro le indicazioni del governo del PT e la sua
alleanza di mera governabilità con altri partiti (tra cui anche
figure storiche della politica brasiliana) e non solo di
centro-sinistra. Un governo socialdemocratico che ha saputo
distribuire le prestazioni sociali durante i periodi positivi (ma in
parallelo a questo è necessario registrare i profitti record delle
banche e delle multinazionali presenti nel Paese), ma che si è
allontanato dalle sue basi sociali e dai movimenti che gli hanno dato
la possibilità di accedere al potere politico, mentre il potere
economico resta intoccabile. Le critiche e le grandi mobilitazioni
che ci sono ora in Brasile contro il governo sono espressioni di una
disputa elettorale che punta al 2018, di contenuto politico molto
basso, interpretato dai settori di una élite che ha perso i settori
chiave dello Stato per il loro business e che ora sono manipolati da
un altro gruppo politico. Nel mese di giugno 2013 ci sono state
mobilitazioni molto più potenti ed esplosive nel contenuto
socio-politico che puntavano molto oltre al governo di turno,
puntavano a un sistema, a un ordine capitalistico che sembra
immutabile e continua a distruggere il pianeta, come già successo in
varie parti del mondo. Ma quelle manifestazioni di ribellione
legittime e autentiche alla ricerca di qualcosa di nuovo continuano
ad essere offuscate dalle marce costanti e padronali dal profilo
elettorale. Qui si fa riferimento a una “elezione Fla-Flu”
(squadre di calcio brasiliane molto popolari), come fosse una disputa
calcistica.
In
generale, quali sono i rapporti tra l'America latina e il Nordamerica
(soprattutto per quanto riguarda l'accoglienza dei migranti) ?
Le relazioni
tra l'America Latina e il Nord America, in termini di migrazione, sia
obbligatoria che volontaria, sono molte. Entrambe le aree geografiche
hanno ricevuto milioni di schiavi dall’ Africa, uomini e donne, che
hanno costruito questi Paesi, e al di là dei loro contributi
culturali e delle relazioni sociali, il razzismo ha avuto risposte
diverse ma tutte terribili fino ad oggi, per la loro dignità. A
proposito di gruppi provenienti da altri luoghi, me compreso, come
discendente di italiani (padre italiano) e galiziani (madre nipote di
galiziani), la loro presenza è stata determinante nella costruzione
di un'identità (ancora in formazione) realizzata sulla distruzione
dei popoli indigeni di entrambe le regioni. Questo è stato un
incendio, letteralmente, ma bisogna prendere in considerazione anche
gli aspetti culturali positivi. Qui, nel sud, ci sono tanti che
difendono un’unificazione latino-indo-afro, unificando tutte le
radici, le origini e le terre in cui vivono, ma ci sono anche altri
che si palesano proprio nel campo economico e nel raggio d’azione
americano. A seconda della vicinanza geografica agli Stati Uniti,
questa influenza sarà maggiore o minore. Per alcuni, questa
vicinanza, come ha detto una volta lo scrittore messicano Carlos
Fuentes, non è così benefica: “Tanto lontani da Dio e tanto
vicini agli Stati Uniti".
Perché
ha deciso di raccontare, nei suoi film, le trasformazioni sociali del
sudamerica?
Credo
di aver risposto a questa domanda sopra quando ho fatto riferimento
agli anni in cui sono vissuto in altri Paesi dell'America Latina. A
quel tempo non mi dedicavo alle mie occupazioni attuali, ma
certamente è stato un periodo di formazione, di osservazione sul
campo, fondamentale per il mio processo di sviluppo estetico e penso
soprattutto per la ricerca di un’etica che si trasformi in proposta
di lavoro e di vita. Queste trasformazioni stanno procedendo con una
dinamica esaustiva e col riconoscimento di determinati obiettivi
specifici, la scelta di temi specifici da essere affrontati dal
genere documentario è una decisione praticamente quotidiana. E
soprattutto oggi, quando ogni azione politica è immediatamente
postata sul web, il nostro mestiere e professione di documentaristi è
affinare gli strumenti di originalità creativa per continuare a
costruire narrazioni, esempi di lotta per tutti e soprattutto per
coloro che dedicano la loro vita per salvaguardare i diritti
inalienabili dell’Umanità, costantemente vilipesi dal capitale e
dai suoi portavoce della politica istituzionale.
Etichette:
america latina,
Argentina,
associazione,
brasile,
cinema,
diritti,
dittatura,
economia,
famiglia,
film,
governo,
immigrazione,
lavoro,
migranti,
politica,
regista,
sudamerica
lunedì 26 ottobre 2015
Sisi, Mustafa e gli altri
di Monica Macchi
Per la festa dell’Eid el Adaa di quest’anno il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi ha graziato molti detenuti politici tra cui alcuni giornalisti di Al Jazeera e pochi giorni fa in un’intervista con Wolf Blitzer alla CNN ha detto “Non voglio esagerare, ma vi assicuro che l'Egitto gode di una libertà senza precedenti nei media”.
In realtà Bassem Youssef si è visto cancellare il suo spettacolo “Al-Barnamig” dopo un episodio sulle elezioni presidenziali con annessa una multa di 50 milioni di ghinee. Ora vive all'estero e non è tornato in Egitto neppure per il funerale del padre per paura di essere arrestato…e nel frattempo continua a essere denigrato come “traditore”. E molti altri giornalisti come Reem Magued, Yosri Fouda e Dina Abdel Rahman sono stati licenziati con l’accusa nemmeno tanto velata di aver criticato il governo mentre nell’ultimo anno numerosi giornali tra cui Al-Watan, Al-Masry Al-Youm, Sawt Al-Oma e Al-Sabah sono stati confiscati dalle autorità. Secondo le cifre fornite dal Sindacato dei giornalisti ci sono 32 giornalisti ancora in carcere, tra cui il fotogiornalista Shawkan di cui ci siamo già occupati qui. (http://peridirittiumani.blogspot.it/2015/01/mahmoud-abou-zeid-alias-shawkan-un.html).
Ma anche la tv è nel mirino: la serie “Il popolo di Alessandria” è stata cancellata, perché critica la polizia egiziana prima della rivoluzione del 25 gennaio. E non sono solo i giornalisti e gli scrittori (Belal Fadl su tutti) ad essere sotto controllo... Ahmed El-Merghany, è stato cacciato dalla sua squadra Wadi Degla per aver criticato Sisi sulla sua pagina di Facebook…ebbene ha dovuto pubblicamente chiedere scusa per tornare a giocare perché tutti i calciatori egiziani hanno attuato una sorta di boicottaggio rifiutandosi di averlo in squadra.
Ma
ci sono anche sparizioni misteriose come quella di Mostafa Massouny,
un video-maker scomparso dal 26 giugno dal centro del Cairo. I suoi
familiari e amici non sono riusciti a trovarlo da nessuna parte,
negli ospedali, negli obitori, nelle carceri e nelle stazioni di
polizia ma hanno saputo che è stato “oggetto di indagine” da
parte del NSA (Agenzia di Sicurezza Nazionale) presso la sede di
Lazoghly
Square. Il
Ministero degli Interni nega qualsiasi coinvolgimento ma dice che
“stanno indagando”.
L’associazione
Freedom for the Brave ha iniziato una campagna per far luce sul caso
di Massouny sotto l’hashtag “Dov’è Massouny?” (# ماصوني_فين)
documentando almeno 163 casi di sparizioni forzate e detenzione
illegale da parte delle forze di sicurezza solo negli ultimi due
mesi.
Etichette:
carcere,
detenuti,
diritti,
Egitto,
elezioni,
espressione,
fotografia,
giornalisti,
governo,
i associazione,
islam,
libertà,
ministro,
politica,
scrittore,
stampa,
vita
giovedì 15 ottobre 2015
Ius sòla: il commento del Naga sulla riforma della cittadinanza
Approvato dalla Camera il testo della nuova legge che riforma il diritto di cittadinanza, introducendo nel nostro ordinamento lo "ius soli", ovvero la cittadinanza per chi nasce nel nostro paese da genitori non italiani.
Peccato che l'acquisizione della cittadinanza avvenga solo qualora almeno uno dei genitori disponga del "Permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo", precedentemente detto "Carta di soggiorno"; un vincolo pesantissimo, che subordina un diritto fondamentale, la cittadinanza, non solo alla lunga permanenza di uno dei genitori nel nostro paese, ma alla sua disponibilità di un lavoro, di un'abitazione con requisiti che a nessun cittadino italiano vengono richiesti e di un reddito minimo fissato con un semplice provvedimento amministrativo.
Il diritto di cittadinanza, insomma, è sottoposto alla condizione amministrativa dei genitori: un luminoso esempio di rispetto dei concetti giuridici di "responsabilità individuale" e "proporzionalità".
Interessante anche l'introduzione della cittadinanza per "ius culturae", ovvero per quei minori che pur non avendo i requisiti per l'applicazione dello ius soli abbiano frequentato almeno 5 anni negli istituti scolastici o di formazione professionali italiani; incomprensibile tuttavia risulta la richiesta di aver conseguito la promozione al termine della scuola primaria: chi viene bocciato a scuola, insomma, è rimandato in cittadinanza.
Timidi passi in avanti rispetto al nulla di prima, indubbiamente, ma un testo che deve assolutamente essere modificato in seconda votazione al Senato eliminando le discriminazioni.
Come Naga, continueremo a sostenere non solo che cittadino è chiunque abita e contribuisce alla vita civile del paese, ma anche che i diritti fondamentali, quali la salute e la libertà di movimento, non possono essere subordinati alla condizione amministrativa ma neppure alla cittadinanza stessa: gli esseri umani nascono liberi e uguali.
mercoledì 7 ottobre 2015
Dichiarazioni delle Europarlamentari Barbara Spinelli e Eleonora Forenza contro lo sgombero del campo rom a Pisa
Apprendiamo
con preoccupazione le notizie relative all’imminente sgombero del
campo rom della Bigattiera, nel Comune di Pisa. Il Sindaco della
città ha firmato in queste ore l’ordinanza DD-08 / 12 del
25/09/2015, Codice identificativo 1190162, con la quale ordina
«l’allontanamento di tutte le persone presenti e/o dimoranti
abusivamente nell’area entro tre giorni». L’ordinanza non
dispone alcuna alternativa per gli abitanti del campo
– tra i quali vi sono numerose famiglie con bambini anche molto
piccoli – e in pratica si limita a buttare in mezzo a una strada
centinaia di persone.
Si
tratta dell’esito ultimo di una politica del Comune di Pisa volta a
ridurre le presenze rom nel territorio, come dichiarato
esplicitamente dall’amministrazione nel Dicembre 2014. Più volte
la Giunta municipale ha parlato di un “carico eccessivo” di
persone rom, la cui presenza andava diminuita con drastiche politiche
di contenimento numerico: evidentemente un intero gruppo etnico, in
quanto tale, rappresenta agli occhi del Comune un “problema”.Come parlamentari europee, vorremmo ricordare che queste politiche sono in evidente contrasto con tutte le normative dell’Unione. Già nel 2011, infatti, la Commissione – con la propria Comunicazione n. 173, recepita anche dal Governo italiano – aveva richiamato gli Stati Membri a promuovere politiche di inclusione nei confronti delle popolazioni rom e sinte, superando la pratica illegale degli sgomberi forzati.
Ricordiamo
inoltre che gli sgomberi forzati sono vietati dalle Nazioni Unite
(risoluzione n. 1993/77) e dalla Carta Sociale Europea: gli strumenti
di diritto internazionale obbligano le autorità a fornire un congruo
preavviso, a predisporre soprattutto soluzioni abitative per tutte le
persone e le famiglie coinvolte, e in generale a garantire un’ampia
partecipazione degli interessati ai programmi di superamento dei
campi: queste regole valgono anche per gli insediamenti cosiddetti
“abusivi”, e a prescindere dallo status
giuridico
delle persone (dalla regolarità del loro soggiorno).
Il
Comune di Pisa sta agendo in aperta violazione di tali norme: cosa
che appare tanto più grave in quanto il Consiglio comunale stesso,
due anni fa, aveva indicato una strada diversa per superare
l’insediamento della Bigattiera, e per garantire alle famiglie un
alloggio dignitoso.
Oggi
invece l’amministrazione sceglie di violare le normative europee e
internazionali, adducendo come motivazione problemi igienico-sanitari
che sono stati creati dalla stessa azione amministrativa. In tal modo
il Sindaco di Pisa si assume una responsabilità gravida di
conseguenze. Come parlamentari europee, ci rivolgeremo alla
Commissione per chiedere che siano presi immediati provvedimenti ed
eventuali sanzioni, affinché siano rispettati e garantiti i diritti
umani e civili delle persone che abitano alla Bigattiera.
Etichette:
avvocati,
campo,
cittadinanza,
cittadini,
giurisprudenza,
giustizia,
governo,
istituzioni,
legalità,
parlamento,
politica,
razzismo,
Rom,
sgomberi,
Spinelli,
stampa,
UE
martedì 6 ottobre 2015
Milano non dimentica la giornalista Anna Politkoskaja
Dibattiti,
letture, proiezione di documentari e il memorandum teatrale Donna
non rieducabile,
di Stefano Massini. Sono tante le iniziative organizzate a Milano da
AnnaViva per onorare la memoria di Anna Politkovskaja, uccisa 9 anni
fa, il 7 ottobre 2006, quando 5 pallottole la raggiunsero
davanti all’ascensore di casa mentre reggeva le buste della spesa.
Venite a ricordare con noi, vi aspettiamo.
Ecco
il calendario degli appuntamenti:
2
ottobre ore 18.30,
Libreria Popolare, via Tadino, 18 - Dibattito dal titolo
“Perché Anna oggi?”. Ingresso libero. Intervengono: Elena Arvigo
(interprete del memorandum teatrale “Donna non rieducabile” in
scena al Teatro Out Off dal 7 al 25 ottobre, Rosario Tedesco (regista
dello spettacolo), Luca Bertoni e Pamela Foti dell’associazione
Annaviva.
7 ottobre, ore 20.45,
Teatro Out Off prima di Donna
non rieducabile
– (ingresso
libero solo su prenotazione 0234532140; info@teatrooutoff.it).
8
ottobre,
ore
18.00,
Teatro Out Off – proiezione del documentario “A Bitter
Taste of Freedom" un film di Marina Goldovskaya - ingresso
libero
10
ottobre, ore 17.00,
giardini Anna Politkovskaja - Per
non dimenticare:
letture da testi e articoli di Anna P. letti da Elena Arvigo, Cinzia
Spanò, Rosario Tedesco
15
ottobre, ore 18.00,
Teatro Out Off - proiezione del documentario “Letter to Anna: The
Story of Journalist Politkovskaya's Death” di Eric Bergkraut - –
ingresso libero
22
ottobre ore 18.00,
Teatro Out Off – proiezione del documentario “211: Anna” di
Paolo Serbandini, Giovanna Massimetti - ingresso libero
Etichette:
Anna Politkoskaja,
comunicazione,
cultura,
docenti,
film,
giornalismo,
giornalista,
governo,
informazione,
libreria,
libro,
Milano,
politica,
Russia,
spettacolo,
stampa,
studenti,
teatro,
università
Iscriviti a:
Post (Atom)