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venerdì 20 novembre 2015

PARIGI: CHAOUKI-MANCONI, PIENO SOSTEGNO A MANIFESTAZIONE MUSULMANI A ROMA.

Pieno apprezzamento e sostegno alla manifestazione nazionale promossa dalle comunità islamiche italiane che hanno deciso di scendere in piazza in solidarietà con le vittime di Parigi e contro il terrorismo di Daesh sabato 21 alle ore 15. La manifestazione nazionale, che si terrà a Roma, vedrà un largo coinvolgimento delle musulmane e musulmani d’Italia, riuniti per ribadire il loro “Not In My Name”. Sarà importante che tutti i cittadini italiani insieme alle associazioni religiose e laiche siano in piazza insieme ai musulmani italiani per ribadire la nostra piena solidarietà alle vittime del terrorismo di Daesh e per affermare i valori condivisi della nostra società. Le musulmane e i musulmani d’Italia in questo difficile momento storico sono dunque nostri preziosi alleati in questa sfida al terrore, una sfida che vinceremo tutti uniti e animati dai comuni valori del rispetto della sacralità della vita e dalla netta condanna di qualsiasi forma di radicalismo. Lo affermano Khalid Chaouki, deputato Pd e coordinatore dell'Intergruppo parlamentare immigrazione e Luigi Manconi, senatore e Presidente della Commissione per i diritti umani.

martedì 17 novembre 2015

Bollino rosso



di Mayra Landaverde



Finchè non sono arrivata in Italia non ero pienamente consapevole di tutti i diritti che venivano negati sistematicamente alle donne in Messico. Non che in Italia non ci siano problemi di violenza sulle donne ma obiettivamente si sta meglio da queste parti.

Nel mio primo ritorno al mio Paese ho capito che non sarei stata capace di rimanere per lunghi periodi.

Una sera mentre aspettavo per strada un taxi , mi sono accesa una sigaretta. Due signore mi hanno insultato perché era ignobile guardare una donna fumare in pubblico, che svergognata!

Un vecchio mi ha chiesto se ero prostituta ed io ho deciso di spegnere la sigaretta. Avrei fumato comunque nel locale con le mie amiche.

Trovato il taxi, ovviamente guidato da un maschio che non ha smesso di farmi dei “complimenti” e di provarci insistentemente, sono arrivata al locale, pieno di ragazze in minigonna, tacchi alti, truccate. Si fumava si beveva e si ballava. Tutti, maschi e femmine.

Finalmente, eravamo tutti dei giovani con la voglia di divertirci, ero sicura di passare una bella serata con gli amici. Lì nessuno mi ha detto niente. Fumavo tranquilla, ho bevuto la birra e ho ballato. Pensavo che dopo tutto il Messico non era male, che a volte qualcuno ti diceva qualcosa in merito al tuo corpo ma non per offenderti. O sì?

 

Da tutte le conversazioni che ho sostenuto con le donne in questo mio viaggio, nove su dieci avevano subìto in qualche modo degli abusi fisici o psicologici da parte di un maschio.



Insomma se voglio andare avanti al lavoro devo lasciarmi palpeggiare dal capo ogni volta che ci passo vicina. Ma non c’è la faccio più, dovrò per forza trovarmi un altro impiego”: questo lo raccontava A mentre eravamo in bagno al locale. Io sono rimasta stupita che la cosa che più preoccupava la ragazza non fosse il fatto dell’abuso di potere del capo nei suoi confronti nè l’umiliazione subìta in quanto donna. No, la cosa che la preoccupava di più era che cambiare lavoro sarebbe stato difficile. Certo che pensava a quello, ha un bambino, ha un mutuo, deve mangiare, deve pagare le bollette, quindi la violenza di genere in questo caso passa in secondo piano. Ed è sempre così. Ormai noi donne pensiamo che il nostro corpo sia un oggetto. Ce l’hanno sempre detto, allora sarà vero. Vediamo donne- oggetto in tv, nelle pubblicità, ovunque. E se il capo ti molesta o stai zitta e glielo fai fare oppure cambi lavoro. Ma di lavoro ce n'è pochissimo.



La vicina di casa di mia sorella era convinta (e forse lo è ancora adesso) che il marito potesse forzarla ad avere rapporti sessuali solo in quanto è suo marito: le ho spiegato che quello si chiama stupro ma lei quasi offesa mi ha chiesto ma come fa a violentarmi? Lui è mio marito! .

In Messico ogni 4 minuti e mezzo viene stuprata una donna e, nella maggior parte dei casi avviene in casa, da parte del coniuge. Le denunce di questi casi sono in pratica inesistenti.



Quest’anno il Ministero degli Interni ha annunciato alerta de género in 11 località del paese.

La “alerta de género” è una specie di bollino rosso che nomina le città in cui più donne muoiono in modo violento, per stupri, torture, sequestri ecc. Violenza sulle donne. Soltanto quest’anno se ne parla apertamente.



Il governo messicano forse si sta dimenticando dei femminicidi di Cd. Juarez.

Dal 1993 si contano più di 700 donne violentate, torturate, uccise e abbandonate nel deserto.

Le primissime vittime erano tutte bambine.

Nel 2006 hanno trovato il corpo irriconoscibile di una bambina di tre anni.

Nello stesso anno la polizia messicana arrestò e incarcerò un cittadino egiziano di nome Omar Sherif Latifh con l'accusa di guidare una banda di delinquenti e stupratori. Secondo le indagini avrebbero fatto tutto; stranamente le donne hanno continuato a sparire da vive e ritrovate da morte. Anche adesso nel 2015.

Davanti a così tanta corruzione e indifferenza mi sembra inutile scrivere su tutte le altre false indagini e arresti che la Polizia ha fatto. Nessuna ha portato a niente. Le donne vengono lasciate morire dallo Stato. Vengono lasciate anche le famiglie che, al contrario delle istituzioni governative, si sono ben organizzate per protestare, chiedendo una reazione forte da parte dello Stato.

Stiamo ancora aspettando risposte. Anzi stiamo ancora aspettando azioni concrete che fermino la violenza smisurata sulle donne messicane. Metterci su un bollino rosso come allarme non serve a nulla. Servono delle azioni reali. Ora.






venerdì 13 novembre 2015


L'ASSOCIAZIONE PER I DIRITTI UMANI



Associazione per i Diritti Umani




PRESENTA



il saggio “Egitto, democrazia militare”

di Giuseppe Acconcia





mercoledì 18 NOVEMBRE, ore 19

presso



BISTROT DEL TEMPO RITROVATO

Via Foppa, 4 (MM Sant'Agostino) MILANO





L’Associazione per i Diritti Umani organizza l'incontro nell'ambito della manifestazione “D(I)RITTI AL CENTRO!”.



Presentazione del saggio il saggio “Egitto, democrazia militare” di Giuseppe Acconcia, Exòrma edizioni.







Il saggio:

L'incoronazione dell'ex generale Abdel Fattah al-Sisi come nuovo presidente egiziano ha chiuso tre anni rivoluzionari che hanno cambiato il Paese. Il racconto dal basso delle rivolte di piazza descrive un Egitto straordinario, diviso tra modernità e tradizione, dalla repressione di migranti e minoranze, alla punizione collettiva delle tribù del Sinai, dagli operai delle fabbriche di Suez al massacro di Rabaa al-Adaweya.





Coordina: Alessandra Montesanto, Vicepresidente Associazione per i Diritti Umani





La legge del mercato: un nuovo film dalla Francia riflette sulla crisi del lavoro





In Italia è uscito con il titolo La legge del mercato, il titolo anglofono è The measure of a man e quello internazionale recita A simple man: tutti titoli adatti per descrivere, in poche parole, quello che sarà il contenuto dell'ultimo lavoro di Stèphane Brizé grazie al quale Vincent Lindon ha vinto il premio per la migliore interpretazione maschile all'ultima edizione del festival di Cannes. Lindon è qui Thierry Taugordeau, un uomo sulla cinquantina, sposato e con un figlio disabile. L'attore presta il suo volto e il suo sguardo ad una persona che procede per inerzia, che ha perso il lavoro presso un'impresa in cui ha svolto l'attività per venticinque anni, ha poi frequentato molti corsi di formazione, ma non riesce a ricollocarsi nel mondo professionale. Fino a che, un giorno finalmente, trova un impiego come addetto alla sicurezza in un supermercato. Accetta, anche se si tratta di fare un passo indietro di carriera, ma il problema non sarà questo: il vero problema si porrà nel momento in cui Thierry dovrà denunciare i suoi stessi colleghi oppure le persone che non hanno abbastanza denaro per pagare i prodotti che vorrebbero acquistare.

Lo spettatore entra lentamente nella vita del protagonista e nella società capitalistica: la quotidianità di Thierry si va a scontrare con la crisi economica che colpisce, in maniera indistinta, giovani e meno giovani, professionisti e operai. Una lentezza quasi agonizzante che si allinea alla freddezza delle inquadrature, delle luci e dei paesaggi, tipici di quelle aree metropolitane in cui la povertà si sta divulgando, portando via sogni, sicurezze e voglia di vivere.

Grigio è il volto di Thierry, grigi i volti delle altre persone, tutti attori non professionisti per ricreare sullo schermo la verosomiglianza delle situazioni che si vogliono denunciare; i luoghi fisici sono spesso strade in cui l'uomo cerca un lavoro, le agenzia di collocamento, il supermercato, tutti “non-luoghi” come li definisce Marc Augè, ovvero luoghi di transito dove gli individui camminano, si spostano in cerca di qualcosa oppure dove trascinano la propria esistenza senza creare legami affettivi profondi. Nemmeno in famiglia, Thierry può garantire la propria presenza, o per lo meno una presenza serena: prima perchè è rimasto senza sostentamento e poi perchè si trova a dover affrontare un dilemma etico molto grave.

Il dilemma è, ovviamente, posto anche al pubblico: cosa faremmo al posto di Thierry di fronte a una persona povera che ruba la merce al supermercato? Come dire a un nostro collega che verrà lincenziato, quando sappiamo bene cosa significhi rimanere senza un posto?

L'empatia e l'dentificazione sono meccanismi che dovrebbero scattare grazie all'Arte cinematografica: e forse il regista ha usato il proprio mezzo per far riflettere sulla tragedia che molti, troppi stanno vivendo sulla priopria pelle, anche se i proclama dei governi raccontano una storia molto diversa. Nel film viene rappresentata la solidarietà tra poveri e la guerra tra poveri e, al di sopra di tutti, il Mercato, il Denaro, le nuove divinità a cui siamo costretti ad immolarci anche a scapito della nostra dignità: le telecamere sono appostate ovunque, spiano e registrano ogni parola e ogni movimento, estensione di un Potere occulto, strisciante e imperante. Niente più tempo libero, svaghi, giochi: tutto è ridotto alla sfida, all'eliminazione, alla concorrenza. Perchè in questo tipo di società non c'è più spazio per le relazioni dirette, per i sentimenti e neanche per la salute. Una persona è davvero soltanto considerata come “capitale umano”, per citare un film di Paolo Virzì, e non c'è bisogno di scomodare teorie marxiste o di ricordare Chaplin: basta guardarsi intorno.

Il finale della pellicola rimane aperto perchè siamo nel pieno della crisi, perchè ancora non è migliorato nulla e, perchè, forse nessuno di noi ha la risposta giusta alla domanda: sarei vittima o carnefice?




mercoledì 4 novembre 2015

Convivere oltre la paura: nuovi cittadini di un'Italia plurale

 
 
lunedì 16 novembre ore 17:00 -- Sala del Mappamondo - Camera dei Deputati
 
 
Vivere una sola vita,  in una sola città, in un solo Paese, in un solo universo
vivere in un solo mondo, è prigione.
Conoscere una sola lingua, un solo lavoro, un solo costume, una sola civiltà;
conoscere una sola logica è prigione.[Ndjock Ngana poeta camerunense, vive a Roma, dove lavora come operatore interculturale]
 
Cari amici,
sono lieto di invitarvi all’incontro “Convivere oltre la paura: nuovi cittadini per un’Italia plurale” in occasione del quale sarà presentato il libro «Multiculturalismo. Una piccola introduzione» di Domenico Melidoro (Center for Ethics and Global Politics, LUISS).
 
L’incontro si terrà lunedì 16 novembre alle ore 17:00 presso la Sala del Mappamondo della Camera dei Deputati, con ingresso in Piazza Montecitorio 1.
Interverranno, oltre a me e all’autore, anche Sebastiano Maffettone (professore ordinario di Filosofia Politica presso la LUISS Guido Carli, dove dirige il Center for Ethics and Global Politics) e Gabriella Sanna (responsabile del Servizio Intercultura delle Biblioteche di Roma). 
 
Ci interrogheremo sulla possibilità di realizzare la convivenza pacifica di culture differenti all'interno della stessa comunità.
In che modo le istituzioni devono rapportarsi alla diversità culturale e religiosa? L’immigrazione è solo un problema di ordine pubblico oppure una questione ineludibile con la quale fare i conti? E inoltre, eventi drammatici come l’attentato contro il periodico Charlie Hebdo devono indurci a ripensare le politiche di integrazione delle minoranze?
Sono temi sui quali si gioca il futuro del nostro Paese,  un’Italia che, dopo la recente approvazione alla Camera della nuova legge sulla cittadinanza, si riconosce finalmente plurale e multiculturale.
 
Vi preghiamo di confermare la Vostra presenza entro venerdì 13 novembre a: silvia.demarchi@camera.it
Entrata da Piazza Montecitorio 1, sarà necessario esibire il documento di identità. Per gli uomini è obbligatorio l’uso della giacca.

L'ASSOCIAZIONE PER I DIRITTI UMANI





Associazione per i Diritti Umani




PRESENTA



La resistenza attiva di un immigrato



Presentazione del documentario: “SEXY SHOPPING”

di Adam Selo e Antonio Benedetto





giovedì 5 NOVEMBRE, ore 19

presso



CENTRO ASTERIA

Piazza Carrara 17.1 (ang Via G. da Cermenate, 2 MM ROMOLO) MILANO





L’Associazione per i Diritti Umani organizza l'incontro nell'ambito della manifestazione “D(I)RITTI AL CENTRO!”.



Presentazione del documentario “SEXY SHOPPING” di Adam Selo e Antonio Benedetto alla presenza dei registi e di Veronica Tedeschi, avvocato ed esperta del tema delle migrazioni.




domenica 1 novembre 2015

Giornata internazionale di solidarietà con Kobane



La città kurdo-siriana è ancora in pericolo - gravi accuse alla Turchia


A un anno dai sanguinosi scontri con le milizie dello "Stato Islamico" terminati con la cacciatia delle milizie estremiste, gli abitanti della città kurdo-siriana di Kobane sono tuttora in pericolo. In occasione della Giornata internazionale di solidarietà con Kobane (1 novembre) l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accusa la Turchia di sparare alle postazioni di difesa kurde oltre frontiera. Un anno fa, Ankara era accusata di sostenere o, se non altro, tollerare gli estremisti dell'IS; ora il governo turco è andato oltre e attacca con il proprio esercito le postazioni kurde nella speranza di indebolire l'autodifesa kurda e di assumere direttamente il controllo sulle zone d'insediamento dei Kurdi. Le autorità turche inoltre stanno bloccando alla frontiera gli aiuti alimentari, l'acqua potabile e i farmaci inviati ai circa 150.000 civili che hanno deciso di tornare nella propria casa a Kobane.

Nonostante l'IS sia stato cacciato da Kobane, le sue milizie potrebbero farvi ritorno se la resistenza kurda dovesse allentare la presa. Nella battaglia per Kobane hanno perso la vita tra 1.000 e 1.5000 combattenti kurde e kurdi e circa altri 500 civili turchi. Altri 5.000 sono rimasti feriti e sono stati medicati in ospedali d'emergenza improvvisati o nei vicini comuni kurdi in Turchia. Le autorità turche hanno ripetutamente negato i trattamenti medici in Turchia e spesso i combattenti kurdi feriti hanno dovuto aspettare giorni interi al valico di frontiera prima di poter entrare in Turchia ed essere medicati. Durante la battaglia di Kobane i circa 400.000 abitanti della città e dei dintorni erano quasi tutti fuggiti. Nonostante le attuali condizioni catastrofiche, circa 1.000 persone lasciano ogni settimana i campi profughi nel sud della Turchia per tornare a casa propria. Molti altri hanno invece continuato la loro fuga in Europa e non hanno per ora alcuna possibilità di poter tornare a casa. La città di Kobane è per l'80% distrutta e negli unici due ospedali rimasti aperti, uno civile e l'altro militare, manca praticamente tutto. Attualmente il valico di frontiera dalla Turchia verso Kobane è aperto solo due volte in settimana e solamente per chi è disposto a tornare a Kobane.

La Giornata internazionale di solidarietà con Kobane è stata celebrata la prima volta l'1 novembre 2014 dai Kurdi in esilio e dai loro amici in Europa, America, Africa e Australia per sostenere almeno moralmente le cittadine e i cittadini di Kobane. Le milizie dell'IS avevano tentato la conquista della città kurda già alla fine del 2013 ma erano stati bloccati dalle unità di difesa popolari (YPG) kurde. A metà settembre 2024 l'IS aveva allora avviato una massiccia offensiva contro la città. Dopo mesi di sanguinosi scontri strada per strada e casa per casa, le unità kurde hanno ottenuto armi e il sostegno aereo degli USA. Il governo turco ha invece continuato a negare ogni forma di aiuto ai combattenti assediati e solo in seguito alle pesanti pressioni internazionali agli inizi di novembre ha permesso a 150 peshmerga kurdo-iracheni di raggiungere Kobane per sostenere i combattenti kurdi con armamenti pesanti.

Vedi anche in gfbv.it: www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150916it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150828it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150806it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150730it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150727it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150624it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150611it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150609it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150522it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150320it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150128it.html | www.gfbv.it/3dossier/kurdi/indexkur.html | www.gfbv.it/3dossier/kurdi/kurtur-it.html
in www: http://it.wikipedia.org/wiki/Yazidi | http://it.wikipedia.org/wiki/Kurdistan

sabato 31 ottobre 2015


L'ASSOCIAZIONE PER I DIRITTI UMANI





Associazione per i Diritti Umani




PRESENTA



La resistenza attiva di un immigrato



Presentazione del documentario: “SEXY SHOPPING”

di Adam Selo e Antonio Benedetto





giovedì 5 NOVEMBRE, ore 19

presso



CENTRO ASTERIA

Piazza Carrara 17.1 (ang Via G. da Cermenate, 2 MM ROMOLO) MILANO





L’Associazione per i Diritti Umani organizza l'incontro nell'ambito della manifestazione “D(I)RITTI AL CENTRO!”.



Presentazione del documentario “SEXY SHOPPING” di Adam Selo e Antonio Benedetto alla presenza dei registi e di Veronica Tedeschi, avvocato ed esperta del tema delle migrazioni.










Terrore albino


di Veronica Tedeschi
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 

Tre uomini con indosso il balaclava entrarono nella mia casa e mi attaccarono con un macete. Ho cercato di reagire ma fui sopraffatto. Mi misero una stoffa intorno al capo e un’altra in bocca per non farmi urlare. Scapparono via con un pezzo di carne preso dalla mia testa.”

Queste sono le parole pronunciate da Mohammed Said, ragazzo albino di 35 anni che vive in Tanzania, nella città di Mkuranga. L’evento in questione è avvenuto lo scorso 21 ottobre.

L’incubo vissuto da Mohammed è il tormento di un tanzaniano su venti.


L’albinismo è una malattia ereditaria consistente nella depigmentazione parziale o totale della pelle che comporta conseguenze alla vista e alla pelle stessa.


In alcuni paesi africani (Guinea, Tanzania, Costa D'Avorio, Burundi) l’incidenza di questa malattia è molto alta nella popolazione e gli albini in questione diventano oggetto di discriminazione e violenza.

L’ignoranza velata della popolazione africana ha portato alla creazione di credenze e superstizioni intorno alle persone albine che sono diventate oggetto di racket e scambi di denaro; le atrocità subite dalla persone affette da albinismo sono enormi. Attaccati in casa o per le strade, vengono mutilati e talvolta uccisi, perché il loro sangue e le parti del corpo sono usati per creare amuleti e talismani capaci, secondo alcuni, di portare fortuna negli affari e negli affetti.

A sostegno e difesa di queste persone Peter Ash ha fondato in Tanzania una Ong a supporto degli albini, con lo scopo di educare le persone locali organizzando corsi e incontri per avvicinare i diffidenti alla malattia. Under the same sun offre protezione e supporto e intercede con governi e istituzioni per la difesa delle persone affette da albinismo. 
 
 


Il problema principale di queste discriminazioni sta nel fatto che i veri protagonisti di questo racket sono gli stessi politici che dovrebbero ostacolarlo e questo è dimostrato dal fatto che le violenze aumentano nei cicli elettorali : "I governi - riferisce Ash - inizialmente hanno fatto finta di niente, poi, dopo sei anni di battaglie, hanno strappato qualche promessa rimasta ancora inattuata. In Guinea, Tanzania, Costa D'Avorio, Burundi e Suriname la percentuale degli attacchi aumenta in concomitanza alle elezioni politiche, tanto che in questo periodo le persone affette d'albinismo restano segregate in casa più del solito per evitare gli attacchi degli stregoni. Un altro problema è che questa credenza è davvero molto radicata. In alcuni villaggi, per esempio, si crede che gli albini non muoiano, ma spariscano, si dissolvano nel nulla.”

In questi ultimi anni, però, sono stati fatti due passi avanti molto importanti: è stata annunciata la giornata mondiale degli albini il 13 giugno, giorno in cui nello scorso 2013 è stata adottata all’unanimità la prima risoluzione che includeva sanzioni severe per gli stregoni e chiedeva ai paesi membri dell’Onu di proteggere i diritti umani degli albini. Anche Papa Francesco ha mostrato la sua vicinanza a questo problema abbracciando, per la prima volta nella storia della chiesa, un bambino affetto da albinismo.

“I have a dream that one day people with albinism will take their rightful place throughout every level of society, and that the days of discrimination against persons with albinism will be a faint memory - EVERYWHERE!” - Peter Ash, Founder & CEO Under the same sun.

 
 

giovedì 29 ottobre 2015

Le moschee segrete in Grecia - Hidden mosques in Greece

di Cinzia D'Ambrosi



Seguendo l'Imam della comunita' sudanese, sono arrivata davanti a due luoghi chiusi dalle autorita' greche. Mentre tentavo di leggere il foglio della polizia attaccato alla porta, una donna inizia a gridare contro di noi. Mi viene detto che non e' inusuale.
Hassan, un rifugiato dal Sudan dice: 'Le autorita' hanno chiuso la moschea. Ci hanno detto delle scuse. Ci hanno detto che i vicini hanno fatto denuncia per via della nostra musica. Non abbiamo mai suonato musica.'
Habiba, originaria del Marocco, dice: 'Talvolta entro in un negozio ed il proprietario mi grida di lasciare il negozio immediatamente perche' non servono donne con il foulard.'
Ci sono circa un milioni di musulmani in Grecia. Approssimativamente 600,000 musulmani vivono in Atene. Come tanti altri che risiedono in Europa, hanno difficolta' a praticare la loro religione. Vorrebbero praticare la loro fede in un posto ufficiale di culto, pero' non e' ammesso costruire una moschea in Atene ed in Grecia. Le comunita' musulmane sono costrette a pregare in posti segreti ed informali come, ad esempio, i garages.
 


A former garage underneath a building serves as an illegal mosque in Neos Kosmos, which it has been called Al Salam Mosque. Copyright: Cinzia D'Ambrosi.    
Questo luogo, che un tempo serviva come garage, e' stato trasformato in una moschea informale e 'segreta' (non apertamente annunciata) riferita come moschea Al Salam. Copyright: Cinzia D'Ambrosi


Alongside the Imam of the Sudanese community in Athens, I walked to two sites, basements garages, been shut by the Greek authorities. Even lingering outside the door of one of these sites, a woman started to shout at us. I was later told that this is not unusual.
Hassan, a refugee from the Sudanese community says: 'The authorities have closed the mosque. We have been given excuses. They told us that the neighbours complained of our music. We don't play music.'
Habiba, originally from Morocco, says 'Sometimes I am shouted at and told to leave the premises of a shop because I wear a head scarf''.
Anisur, from Bangladesh : 'Officials don' t make it easy for us. We are treated differently.'
There are around one million Muslims in Greece and approximately 600,000 Muslims who live in Athens. Like many who live in other European countries, face difficulties in practising their religion. They would like to express their faith through prayer in an appropriate place of worship, however there is no official mosque in Athens or Greece. Up until now, the Muslim communities are forced to pray in hidden informal spaces such as disused garages and basement spaces.





mercoledì 28 ottobre 2015

Diritti Lgbt, teatro e società

 
 
 
 




Uno spettacolo teatrale intitolato Assolutamente deliziose, di una delle autrici più trasgressive della scena britannica, Claire Dowie - interpretato da Flaminia Cuzzoli e Ottavia Orticello con la regia di Emiliano Russo – che ha debuttato al Teatro Due di Roma, con le tappe estive del Fontanone Estate XX Edizione e del Venus Rising Festival nella sezione Teatro del Gay Village Farm e presso il Teatro dei Filodrammatici che ha ospitato il Festival ILLECITE//VISIONI a Milano, ci permette di approfondire alcuni temi riguardanti la comunità Lgbt, i diritti delle donne e i rapporti di genere.



Per questo abbiamo rivolto alcune domande al regista e alle attrici che ringraziamo moltissimo per la disponibilità.



Rispondono Flaminia Cuzzoli (attrice), Ottavia Orticello (attrice) ed Emiliano Russo (regista)



Lo spettacolo veicola molti argomenti. Ad esempio: essere donna nella società contemporanea così contraddittoria e competitiva...


Esattamente. Nel raccontare i destini incrociati di queste due donne, cugine, coetanee, cresciute insieme, la Dowie ironizza su alcune stereotipate aspettative della società contemporanea in cui si imbattono le nostre protagoniste; aspettative in primis provenienti dall’ambiente domestico, quella serie di regole del “buon costume” cui le bambine sono chiamate a conformarsi. Attraverso una serie di slogan, cui l’autrice antepone la dicitura “IN RIFERIMENTO AD UNA ROUTINE DA COMMEDIA TRITA E RITRITA”, veniamo a confrontarci con queste norme comportamentali che diventano una sorta di sfottò al mondo dei genitori: sulla scena vediamo concretamente i nostri due personaggi A e B imitare l’intonazione e il linguaggio usato in particolar modo dalla madre di una delle due che le esorta a tenere la schiena dritta, non parlare a meno che non sia il proprio turno, non dire cose scortesi, non fare cose disdicevoli, comportarsi da signorine da brave ragazze, tenere le ginocchia unite per non far vedere le mutandine e così via. A questo segue l’elenco di una serie di passatempi in rosa che si considera essere “naturali” per le ragazzine come stare a casa a raccontarsi i segreti, parlare delle cose proibite del sesso, farsi maschere di bellezza per la pelle, andare a ballare, dare della sgualdrina ad un’amica. E come reagisce una donna, come si rapporta a questo bombardamento di convinzioni riguardanti l’essere “femmina”? Nel nostro spettacolo proponiamo due diversi modi, opposti ma complementari, due diverse strategie di sopravvivenza messe in atto dalle nostre A e B. La prima sviluppa un rifiuto totale del modello rappresentato da sua madre (da lei definita “casalinga che farebbe di tutto per una vita tranquilla eccetto combattere per i propri diritti) e, nel suo tentativo di non diventare ossessionata dal budino come lei, di non avere il suo stesso sguardo, i suoi stessi occhi, diventerà un “maschiaccio”, rifiutando di identificarsi in un “genere” definito, jeans maglietta capelli corti e sogni anarchici e anticapitalisti. La seconda, al contrario, trova nello status quo, nei soldi, nell’essere una donna in carriera di successo un modo per sentirsi amata e accettata dalla gente, utilizzando la sua bellezza e sensualità per garantirsi questa accettazione di cui ha disperatamente bisogno; non manca però un continuo influenzarsi a vicenda, una fusione della propria identità a quella dell’altra per tutta la vita, perfino a distanza quando B lascia l’Inghilterra per raggiungere sua madre in Australia. Finiranno entrambe per nascondersi dietro le rispettive ideologie, alla ricerca di un senso per le proprie esistenze, di qualcosa per cui lottare, per non sentire quella voce nella testa ripeterti “MIO DIO CHE FALLIMENTO. UN LAGNOSO, FRIGNANTE FALLIMENTO. TUTTO QUESTO, GUARDA, PENSI CHE PORTERA’ A QUALCOSA? PENSI CHE VALGA QUALCOSA? MIO DIO SEI STATA INGANNATA O COSA?  
 
 



Il rapporto raccontato dal testo affonda le radici nell'infanzia e nell'adolescenza delle protagoniste: quanto è importante quel periodo della vita per la formazione dell'identità dell'adulto ? Oppure la Natura fa il proprio corso al di là delle esperienze di vita?



Infanzia e adolescenza sono periodi fondanti per la creazione della propria identità. Se l’infanzia è un periodo in cui è possibile assorbire messaggi e insegnamenti dal mondo esterno senza ancora avere la piena capacità di giudizio e quindi di filtro nei confronti degli impulsi esterni, l’adolescenza è sicuramente il momento di presa di coscienza nella maturazione di un individuo. Oltre ad essere un periodo che racchiude le esperienze di crescita fondamentali per una persona, è il momento in cui si comincia a chiedersi chi si è, cosa si vuole. Crescere senza portare su di sé le tracce di ciò che ci circonda è forse un’utopia: dalla semplice relazione col mondo esterno in tutte le sue sfaccettature, come ad esempio il giudizio della società che impone e condiziona fortemente la persona in un periodo di grande confusione e di fragilità, al più fondamentale “microcosmo familiare” che soprattutto in età adolescenziale rappresenta per noi l’unico modo, l’unico punto di vista con cui vedere il mondo. Resta il fatto che noi non siamo il nostro passato, le nostre storie familiari, ma che possiamo scegliere dove portarCI o non portarCI in qualunque momento.



Quali sono le difficoltà nel poter vivere liberamente le proprie scelte affettive?

 

Dovrebbe suonarci quantomeno strano l’accostamento delle parola “difficoltà” con “vivere liberamente” e “scelte affettive”. Le scelte affettive riguardano le persone coinvolte in esse, sono qualcosa di privato che non dovrebbe trovarsi sottoposto al tribunale del giudizio altrui, love is love e vivere un sentimento non dovrebbe costituire un problema. In pratica poi, al di là dei “dovrebbe e non dovrebbe”, si verificano situazioni che ti fanno sentire in difficoltà. Ad esempio se vivi in una piccola città temi il “giudizio” della gente, temi che le loro chiacchiere possano creare disagio non solo a te stesso/a ma anche alla tua famiglia. Probabilmente ti crea disagio essere etichettato, imprigionato in opinioni parziali sulla tua persona, sulla tua individualità... ma i giudizi, le opinioni esterne sono sempre parziali, sommarie; è come se l’essere umano avesse bisogno di racchiudere il prossimo in definizioni per poterlo controllare, ciò che non si conosce spaventa, come in un gioco di specchi tra io e l’altro. Così tutti giudicano e lo fanno anche A e B. Si giudicano e criticano in continuazione per ogni piccola cosa. Alla fine è sempre una questione di “potere”, di chi ha il controllo. D’altra parte parlando specificatamente del nostro paese, di noi italiani, giudizi offensivi e critiche sono ancora abbastanza radicati per varie ragioni culturali probabilmente, ma soprattutto perché, per tanto troppo tempo, non si è stati costretti a RIconoscere l’esistenza di persone che si considerano LGBTQ: tutto doveva restare nelle quattro pareti domestiche delle nostre rassicuranti famiglie borghesi.




Quali sono i diritti delle/degli omosessuali ancora da affermare, in Italia?


Sicuramente va varata prima di tutto una legge contro l’omofobia. Nelle ultime settimane c’è stata un’escalation di violenze fisiche e psicologiche: dall’adolescente in Sicilia che si è tolto la vita, al ragazzo sbattuto fuori dall’aula dal proprio insegnante, alle aggressioni quotidiane. E la cosa veramente preoccupante è che talvolta i media non si preoccupano più di diffondere queste notizie - che circolano poi invece sui social causando grande indignazione e sgomento da parte di molti. Il fatto che davanti a questi eventi ci siano persone al potere che ancora si ostinano a dire che “l’omofobia non esiste” dovrebbe davvero lasciarci riflettere su chi tesse le reti delle nostre vite. Ma in fondo questa è solo una delle tante questioni problematiche che attanagliano l’Italia di oggi.



Cosa vorreste dire, attraverso questo testo teatrale, ai genitori di persone gay?


Non è un caso che il nostro primo progetto indipendente - di ex compagni di Accademia, oggi colleghi, che hanno in mente un viaggio da percorrere attraverso un’associazione di promozione sociale come la nostra Upnos - sia “Assolutamente Deliziose”. Se c’è una cosa che odiamo è il dover a tutti i costi definire gli altri, mentre crediamo nella persona, nel cercare di essere se stessi piuttosto che quello che si dovrebbe essere, o quello che si pensa di dover essere o quello che la gente ci dice di essere … A e B, le donne di Claire Dowie ci provano, cercano di sbarazzarsi delle etichette imposte dalla cultura, anche se l’esito non è garantito e si beccano sofferenza a palate. In quanto ai genitori cosa si può dire? Vi consigliamo una bella lettura da tenere sui vostri comodini: il Profeta di Gibran, un tale che ha parlato ai genitori, a tutti i genitori di tutti i figli.



I vostri figli non sono figli vostri... sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita.
Nascono per mezzo di voi, ma non da voi.
Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono.
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perchè la loro anima abita la casa dell'avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perchè la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.
Voi siete l'arco dal quale, come frecce vive, i vostri figli sono lanciati in avanti.
L'Arciere mira al bersaglio sul sentiero dell'infinito e vi tiene tesi con tutto il suo vigore affinché le sue frecce possano andare veloci e lontane.
Lasciatevi tendere con gioia nelle mani dell'Arciere, poiché egli ama in egual misura e le frecce che volano e l'arco che rimane saldo.




martedì 27 ottobre 2015

Carlos Pronzato: un regista militante in Sudamerica



L'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato per voi il regista Carlos Pronzato: figlio di piemontesi, si è trasferito con la sua famiglia in Argentina. Viaggiatore e documentarista indipendente racconta, con i suoi lavori, l'America latina di oggi, i cambiamenti, le crisi, le conseguenze sulle popolazioni delle scelte economico-politiche del Nord del mondo. 
 
 



Ecco le sue parole. Ringraziamo moltissimo Carlos Pronzato per la sua disponibilità.



Il suo è stato definito un cinema "militante": è corretta questa definizione?

 

Questa definizione è in un certo senso corretta se riferita alla parte più rappresentativa della mia opera cioè la descrizione dei movimenti sociali attuali in costante lotta contro l’oppressione del capitale e degli Stati. Un cinema documentale fatto di interventi sociali e politici a lato dei movimenti insurrezionali in America Latina i cui protagonisti sono in maggioranza i militanti; da questo deriva l’espressione “cinema militante”, un cinema che beve alle fonti ispiratrici degli anni ‘60 ed è un riflesso di questa lotta che si estende fino ai giorni nostri, soprattutto nelle strade. Si può dire che è anche militante da un punto di vista economico giacchè è realizzato con un risorse minime attraverso l’appoggio di enti, organizzazioni e contributi di singole persone; e direi anche che forse è ancora più militante per l'abbandono consapevole di altre possibilità estetiche, diciamo così, di lavorare in un ambiente economicamente più vantaggioso, ma in questo modo il regista si prende un impegno politico con il suo tempo.



La sua è una famiglia di artisti: l'arte dei suoi genitori ha influito sulle scelte per il uo lavoro? L'estetica, gli argomenti, etc...



Certamente! L'influenza è stata totale, innanzitutto nel campo artistico, nella conoscenza e nel mondo dell’estetica alleata sempre alla sua funzione etica e sociale e come possibilità estetica e funzionale. Soprattutto nel campo del teatro, della letteratura e del cinema. In particolare nella questione cinematografica che sviluppo io, sono stati cruciali gli anni delle mie esperienze in molti Paesi dell'America Latina prima di stabilirmi in Brasile e anche l'influenza di uno dei film interpretato da mio padre, Victor Proncet, che è stato anche sceneggiatore e autore del racconto che ha dato origine al film: “I traditori” del regista desapararecido Raymundo Gleizer, regista e film icona del cinema politico di tutto il mondo.



E' vero che il Brasile sta vivendo una fase di crescita economica? E allora perché molti criticano il governo attuale?



Il Brasile ha attraversato un periodo di crescita economica spettacolare negli ultimi anni, ed è riuscito a superare i tempi duri dopo il 2008, ma adesso è entrato in una fase di recessione e nella crisi globale. Questo è un dato fondamentale anche per capire il rifiuto nella popolazione contro le indicazioni del governo del PT e la sua alleanza di mera governabilità con altri partiti (tra cui anche figure storiche della politica brasiliana) e non solo di centro-sinistra. Un governo socialdemocratico che ha saputo distribuire le prestazioni sociali durante i periodi positivi (ma in parallelo a questo è necessario registrare i profitti record delle banche e delle multinazionali presenti nel Paese), ma che si è allontanato dalle sue basi sociali e dai movimenti che gli hanno dato la possibilità di accedere al potere politico, mentre il potere economico resta intoccabile. Le critiche e le grandi mobilitazioni che ci sono ora in Brasile contro il governo sono espressioni di una disputa elettorale che punta al 2018, di contenuto politico molto basso, interpretato dai settori di una élite che ha perso i settori chiave dello Stato per il loro business e che ora sono manipolati da un altro gruppo politico. Nel mese di giugno 2013 ci sono state mobilitazioni molto più potenti ed esplosive nel contenuto socio-politico che puntavano molto oltre al governo di turno, puntavano a un sistema, a un ordine capitalistico che sembra immutabile e continua a distruggere il pianeta, come già successo in varie parti del mondo. Ma quelle manifestazioni di ribellione legittime e autentiche alla ricerca di qualcosa di nuovo continuano ad essere offuscate dalle marce costanti e padronali dal profilo elettorale. Qui si fa riferimento a una “elezione Fla-Flu” (squadre di calcio brasiliane molto popolari), come fosse una disputa calcistica.



In generale, quali sono i rapporti tra l'America latina e il Nordamerica (soprattutto per quanto riguarda l'accoglienza dei migranti) ?



Le relazioni tra l'America Latina e il Nord America, in termini di migrazione, sia obbligatoria che volontaria, sono molte. Entrambe le aree geografiche hanno ricevuto milioni di schiavi dall’ Africa, uomini e donne, che hanno costruito questi Paesi, e al di là dei loro contributi culturali e delle relazioni sociali, il razzismo ha avuto risposte diverse ma tutte terribili fino ad oggi, per la loro dignità. A proposito di gruppi provenienti da altri luoghi, me compreso, come discendente di italiani (padre italiano) e galiziani (madre nipote di galiziani), la loro presenza è stata determinante nella costruzione di un'identità (ancora in formazione) realizzata sulla distruzione dei popoli indigeni di entrambe le regioni. Questo è stato un incendio, letteralmente, ma bisogna prendere in considerazione anche gli aspetti culturali positivi. Qui, nel sud, ci sono tanti che difendono un’unificazione latino-indo-afro, unificando tutte le radici, le origini e le terre in cui vivono, ma ci sono anche altri che si palesano proprio nel campo economico e nel raggio d’azione americano. A seconda della vicinanza geografica agli Stati Uniti, questa influenza sarà maggiore o minore. Per alcuni, questa vicinanza, come ha detto una volta lo scrittore messicano Carlos Fuentes, non è così benefica: “Tanto lontani da Dio e tanto vicini agli Stati Uniti".



Perché ha deciso di raccontare, nei suoi film, le trasformazioni sociali del sudamerica?


Credo di aver risposto a questa domanda sopra quando ho fatto riferimento agli anni in cui sono vissuto in altri Paesi dell'America Latina. A quel tempo non mi dedicavo alle mie occupazioni attuali, ma certamente è stato un periodo di formazione, di osservazione sul campo, fondamentale per il mio processo di sviluppo estetico e penso soprattutto per la ricerca di un’etica che si trasformi in proposta di lavoro e di vita. Queste trasformazioni stanno procedendo con una dinamica esaustiva e col riconoscimento di determinati obiettivi specifici, la scelta di temi specifici da essere affrontati dal genere documentario è una decisione praticamente quotidiana. E soprattutto oggi, quando ogni azione politica è immediatamente postata sul web, il nostro mestiere e professione di documentaristi è affinare gli strumenti di originalità creativa per continuare a costruire narrazioni, esempi di lotta per tutti e soprattutto per coloro che dedicano la loro vita per salvaguardare i diritti inalienabili dell’Umanità, costantemente vilipesi dal capitale e dai suoi portavoce della politica istituzionale.

lunedì 26 ottobre 2015

Sisi, Mustafa e gli altri


di Monica Macchi



Per la festa dell’Eid el Adaa di quest’anno il presidente egiziano Abd al-Fattah al-Sisi ha graziato molti detenuti politici tra cui alcuni giornalisti di Al Jazeera e pochi giorni fa in un’intervista con Wolf Blitzer alla CNN ha detto “Non voglio esagerare, ma vi assicuro che l'Egitto gode di una libertà senza precedenti nei media”.



In realtà Bassem Youssef si è visto cancellare il suo spettacolo “Al-Barnamig” dopo un episodio sulle elezioni presidenziali con annessa una multa di 50 milioni di ghinee. Ora vive all'estero e non è tornato in Egitto neppure per il funerale del padre per paura di essere arrestato…e nel frattempo continua a essere denigrato come “traditore”. E molti altri giornalisti come Reem Magued, Yosri Fouda e Dina Abdel Rahman sono stati licenziati con l’accusa nemmeno tanto velata di aver criticato il governo mentre nell’ultimo anno numerosi giornali tra cui Al-Watan, Al-Masry Al-Youm, Sawt Al-Oma e Al-Sabah sono stati confiscati dalle autorità. Secondo le cifre fornite dal Sindacato dei giornalisti ci sono 32 giornalisti ancora in carcere, tra cui il fotogiornalista Shawkan di cui ci siamo già occupati qui. (http://peridirittiumani.blogspot.it/2015/01/mahmoud-abou-zeid-alias-shawkan-un.html).



Ma anche la tv è nel mirino: la serie “Il popolo di Alessandria” è stata cancellata, perché critica la polizia egiziana prima della rivoluzione del 25 gennaio. E non sono solo i giornalisti e gli scrittori (Belal Fadl su tutti) ad essere sotto controllo... Ahmed El-Merghany, è stato cacciato dalla sua squadra Wadi Degla per aver criticato Sisi sulla sua pagina di Facebook…ebbene ha dovuto pubblicamente chiedere scusa per tornare a giocare perché tutti i calciatori egiziani hanno attuato una sorta di boicottaggio rifiutandosi di averlo in squadra.


Ma ci sono anche sparizioni misteriose come quella di Mostafa Massouny, un video-maker scomparso dal 26 giugno dal centro del Cairo. I suoi familiari e amici non sono riusciti a trovarlo da nessuna parte, negli ospedali, negli obitori, nelle carceri e nelle stazioni di polizia ma hanno saputo che è stato “oggetto di indagine” da parte del NSA (Agenzia di Sicurezza Nazionale) presso la sede di Lazoghly Square. Il Ministero degli Interni nega qualsiasi coinvolgimento ma dice che “stanno indagando”. L’associazione Freedom for the Brave ha iniziato una campagna per far luce sul caso di Massouny sotto l’hashtag “Dov’è Massouny?” (# ماصوني_فين) documentando almeno 163 casi di sparizioni forzate e detenzione illegale da parte delle forze di sicurezza solo negli ultimi due mesi.
 
 
 

giovedì 15 ottobre 2015

Ius sòla: il commento del Naga sulla riforma della cittadinanza




Approvato dalla Camera il testo della nuova legge che riforma il diritto di cittadinanza, introducendo nel nostro ordinamento lo "ius soli", ovvero la cittadinanza per chi nasce nel nostro paese da genitori non italiani.

Peccato che l'acquisizione della cittadinanza avvenga solo qualora almeno uno dei genitori disponga del "Permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo", precedentemente detto "Carta di soggiorno"; un vincolo pesantissimo, che subordina un diritto fondamentale, la cittadinanza, non solo alla lunga permanenza di uno dei genitori nel nostro paese, ma alla sua disponibilità di un lavoro, di un'abitazione con requisiti che a nessun cittadino italiano vengono richiesti e di un reddito minimo fissato con un semplice provvedimento amministrativo.

Il diritto di cittadinanza, insomma, è sottoposto alla condizione amministrativa dei genitori: un luminoso esempio di rispetto dei concetti giuridici di "responsabilità individuale" e "proporzionalità".

Interessante anche l'introduzione della cittadinanza per "ius culturae", ovvero per quei minori che pur non avendo i requisiti per l'applicazione dello ius soli abbiano frequentato almeno 5 anni negli istituti scolastici o di formazione professionali italiani; incomprensibile tuttavia risulta la richiesta di aver conseguito la promozione al termine della scuola primaria: chi viene bocciato a scuola, insomma, è rimandato in cittadinanza.

Timidi passi in avanti rispetto al nulla di prima, indubbiamente, ma un testo che deve assolutamente essere modificato in seconda votazione al Senato eliminando le discriminazioni.

Come Naga, continueremo a sostenere non solo che cittadino è chiunque abita e contribuisce alla vita civile del paese, ma anche che i diritti fondamentali, quali la salute e la libertà di movimento, non possono essere subordinati alla condizione amministrativa ma neppure alla cittadinanza stessa: gli esseri umani nascono liberi e uguali.



mercoledì 7 ottobre 2015

Dichiarazioni delle Europarlamentari Barbara Spinelli e Eleonora Forenza contro lo sgombero del campo rom a Pisa




Apprendiamo con preoccupazione le notizie relative all’imminente sgombero del campo rom della Bigattiera, nel Comune di Pisa. Il Sindaco della città ha firmato in queste ore l’ordinanza DD-08 / 12 del 25/09/2015, Codice identificativo 1190162, con la quale ordina «l’allontanamento di tutte le persone presenti e/o dimoranti abusivamente nell’area entro tre giorni». L’ordinanza non dispone alcuna alternativa per gli abitanti del campo – tra i quali vi sono numerose famiglie con bambini anche molto piccoli – e in pratica si limita a buttare in mezzo a una strada centinaia di persone.
Si tratta dell’esito ultimo di una politica del Comune di Pisa volta a ridurre le presenze rom nel territorio, come dichiarato esplicitamente dall’amministrazione nel Dicembre 2014. Più volte la Giunta municipale ha parlato di un “carico eccessivo” di persone rom, la cui presenza andava diminuita con drastiche politiche di contenimento numerico: evidentemente un intero gruppo etnico, in quanto tale, rappresenta agli occhi del Comune un “problema”.

Come parlamentari europee, vorremmo ricordare che queste politiche sono in evidente contrasto con tutte le normative dell’Unione. Già nel 2011, infatti, la Commissione – con la propria Comunicazione n. 173, recepita anche dal Governo italiano – aveva richiamato gli Stati Membri a promuovere politiche di inclusione nei confronti delle popolazioni rom e sinte, superando la pratica illegale degli sgomberi forzati.

Ricordiamo inoltre che gli sgomberi forzati sono vietati dalle Nazioni Unite (risoluzione n. 1993/77) e dalla Carta Sociale Europea: gli strumenti di diritto internazionale obbligano le autorità a fornire un congruo preavviso, a predisporre soprattutto soluzioni abitative per tutte le persone e le famiglie coinvolte, e in generale a garantire un’ampia partecipazione degli interessati ai programmi di superamento dei campi: queste regole valgono anche per gli insediamenti cosiddetti “abusivi”, e a prescindere dallo status giuridico delle persone (dalla regolarità del loro soggiorno).

Il Comune di Pisa sta agendo in aperta violazione di tali norme: cosa che appare tanto più grave in quanto il Consiglio comunale stesso, due anni fa, aveva indicato una strada diversa per superare l’insediamento della Bigattiera, e per garantire alle famiglie un alloggio dignitoso.

Oggi invece l’amministrazione sceglie di violare le normative europee e internazionali, adducendo come motivazione problemi igienico-sanitari che sono stati creati dalla stessa azione amministrativa. In tal modo il Sindaco di Pisa si assume una responsabilità gravida di conseguenze. Come parlamentari europee, ci rivolgeremo alla Commissione per chiedere che siano presi immediati provvedimenti ed eventuali sanzioni, affinché siano rispettati e garantiti i diritti umani e civili delle persone che abitano alla Bigattiera.



martedì 6 ottobre 2015

Milano non dimentica la giornalista Anna Politkoskaja








Dibattiti, letture, proiezione di documentari e il memorandum teatrale Donna non rieducabile, di Stefano Massini. Sono tante le iniziative organizzate a Milano da AnnaViva per onorare la memoria di Anna Politkovskaja, uccisa 9 anni fa, il 7 ottobre 2006, quando 5 pallottole la raggiunsero  davanti all’ascensore di casa mentre reggeva le buste della spesa. Venite a ricordare con noi, vi aspettiamo.

Ecco il calendario degli appuntamenti:

2 ottobre ore 18.30, Libreria Popolare, via Tadino, 18  - Dibattito dal titolo “Perché Anna oggi?”. Ingresso libero. Intervengono: Elena Arvigo (interprete del memorandum teatrale “Donna non rieducabile” in scena al Teatro Out Off dal 7 al 25 ottobre, Rosario Tedesco (regista dello spettacolo), Luca Bertoni e  Pamela Foti dell’associazione Annaviva.

7 ottobre, ore 20.45, Teatro Out Off  prima di Donna non rieducabile(ingresso libero solo su prenotazione 0234532140;  info@teatrooutoff.it).

8 ottobre, ore 18.00, Teatro Out Off – proiezione del documentario  “A Bitter Taste of Freedom" un film di Marina Goldovskaya - ingresso libero 

10 ottobre, ore 17.00, giardini Anna Politkovskaja - Per non dimenticare: letture da testi e articoli di Anna P. letti da Elena Arvigo, Cinzia Spanò, Rosario Tedesco

15 ottobre, ore 18.00, Teatro Out Off - proiezione del documentario “Letter to Anna: The Story of Journalist Politkovskaya's Death” di Eric Bergkraut - – ingresso libero 

22 ottobre ore 18.00, Teatro Out Off – proiezione del documentario “211: Anna” di Paolo Serbandini, Giovanna Massimetti - ingresso libero