Visualizzazione post con etichetta diritto internazionale. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta diritto internazionale. Mostra tutti i post

lunedì 25 febbraio 2013

Fame di diritti - di Christian Elia, giornalista, esperto di Mediterraneo, Balcani e Medio Oriente


 
L’autopsia non è giunta ad alcuna conclusione. L’inchiesta israeliana non ha rilevato segni di tortura. Saber Aloul, medico palestinese nominato dall’Autorità Nazionale Palestinese come perito di parte, si dice certo che la morte sia avvenuta a causa delle sevizie subite. Un sudario di impunità pare avvolgere il corpo di Arafat Jaradat, 35 anni, detenuto palestinese morto in cella – nel carcere di Megiddo – sabato 23 febbraio.
Era stato arrestato lunedì scorso, a Hebron, in Cisgiordania, mentre protestava contro l’edificazione di case per i coloni che, in violazione del diritto internazionale, continuano a prendere la terra dei palestinesi. Oggi, lunedì 25 febbraio, sono attesi i funerali di Arafat e si temono scontri. Alcuni parlano di Terza Intifada, ma in realtà la forma d protesta che ormai dilaga tra i detenuti palestinesi è lo sciopero della fame. Ieri non meno di 4mila prigionieri palestinesi hanno rifiutato il cibo, mentre in tutta la Cisgiordania si moltiplicano le manifestazioni di solidarietà a Samer Issawi e ad altri quattro detenuti che da giorni praticano lo sciopero della fame.
Torna alla mente uno dei film più toccanti degli ultimi anni, che forse avrebbe meritato una riflessione più accurata: Hunger, di Steve McQueen, interpretato magistralmente da Michael Fassbender. La storia è quella di Bobby Sands, dell’Ira e dell’Irlanda. Ma non è importante il dove quanto il tema, che spiega più di mille dibattiti sugli attentati suicidi. Quando il corpo è l’arma, quando la vita non ha più valore, si è arrivati a un punto del conflitto che ha superato il più rischioso dei confini: quello dove le parti in causa, reciprocamente, si disconoscono l’umanità. Quello dove le parti, dentro di loro, non sentono più la vita come degna di essere vissuta. La crisi economica e le rivolte arabe hanno totalmente spento i riflettori sulla questione palestinese. La fame e la morte, in quella terra, parlano a tutti noi, senza concedere il lusso di guardare altrove.












Christian Elia 

venerdì 1 febbraio 2013

L'illogicità degli approcci assistenzialisti ed emergenziali per le minoranze.

A cura del NAGA , associazione di volontariato laica e apartitica che si è costituita a Milano nel 1987 allo scopo di promuovere e di tutelare i diritti di tutti i cittadini stranieri, rom e sinti senza discriminazione alcuna


Al di là di tutti i pregiudizi che circondano tale minoranza, la connotazione di “nomade”, è un termine non solo inappropriato dal punto di vista linguistico e culturale, ma è del tutto inadeguato a fotografare la situazione attuale di questa minoranza. Le stime indicano che i Rom e i Sinti presenti nel territorio europeo siano 10-12 milioni di persone, mentre in Italia sono stanziati circa 170-180 mila Rom. Tuttavia, il dato numerico reale delle comunità effettivamente presenti in Europa e in Italia non è univoco né tanto meno definitivo.
Queste premesse sono necessarie per comprendere a pieno l'assoluta illogicità del approccio assistenzialista e/o emergenziale, tenuto non solo dalle autorità italiane ma anche europee. La più grande minoranza europea rimane costantemente ai margini della società e viene utilizzata come capro espiatorio quando le cose vanno male e la popolazione locale non è disposta ad assumersene la responsabilità (il caso italiano e quello francese sono lo specchio di tutti i pregiudizi e abusi che si perpetuano su questa minoranza).

Tutto questo avviene in totale sfregio del diritto internazionale, in particolare del principio di non discriminazione, che costituisce il pilastro fondamentale del sistema di tutela internazionale dei diritti umani, e dunque, anche la base dei principi di protezione delle minoranze.

In tempi di crisi economica, la tendenza a indirizzare le frustrazioni contro capri espiatori aumenta e i rom sono apparentemente tra i bersagli più facili di tali sentimenti. I leader politici dovrebbero comprendere per primi che la ripresa economica passa anche attraverso la difesa e la diffusione dei principi di non discriminazione e del rispetto delle persone provenienti da gruppi con origini etniche e culturali diverse, nella speranza che nell'attuale campagna elettorale non si riproponga più la retorica incresciosa delle precedenti consultazioni che hanno avuto come risultato altrettanti ignobili episodi di violenza.

foto.jpg
Fotografia di: Sara Guglielmi