
"...Non si potrà avere un globo pulito se gli uomini sporchi restano impuniti. E' un ideale che agli scettici potrà sembrare utopico, ma è su ideali come questo che la civiltà umana ha finora progredito (per quello che poteva). Morte le ideologie che hanno funestato il Novecento, la realizzazione di una giustizia più giusta distribuita agli abitanti di questa Terra è un sogno al quale vale la pena dedicare il nostro stato di veglia".
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giovedì 25 dicembre 2014
Commissione Diritti Umani del Senato e la questione Rom
La Commissione Diritti Umani del Senato visita a Roma il “Best House Rom”. Associazione 21 luglio: «Diritti violati e sperpero di denaro pubblico. Consegnato a Marino il “conto”»
Spostati come “pacchi” dal «villaggio della solidarietà» di via della Cesarina, 120 rom sono stati concentrati un anno fa nel “Best House Rom”, un centro di raccolta rom “fuorilegge” e con un costo pro/capite mensile di 600 euro. Ieri la comunità rom ha ricevuto la visita – organizzata dall’Associazione 21 luglio - di una delegazione della Commissione Straordinaria per la tutela e la promozione dei Diritti Umani del Senato.
Il fabbricato, gestito dalla Cooperativa Inopera dietro convenzione dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale, è accatastato come locale di deposito e non potrebbe fungere da civile abitazione. Gli spazi destinati agli ospiti sono inadatti e lontani da quanto previsto dalla normativa regionale: ogni nucleo familiare, composto in media da cinque persone, dispone di fatto della sola zona notte, che svolge anche funzioni di zona giorno e studio per i minori, composta da un’unica stanza di circa 12 mq priva di fonte di luce e aria naturale. Ogni ospite, pertanto, ha a disposizione circa 2,5 mq contro i 12 mq indicati dalla Legge Regione Lazio n. 41/2003.
La delegazione della Commissione Diritti Umani del Senato ha potuto verificare come le stanze del “Best House Rom”, oltre a non garantire la metratura sufficiente pro capite, non sono dotate di finestre o punti luce dai quali possa filtrare la luce naturale e l’aria, e ciò espone a grave rischio lo stato di salute psico-fisico degli ospiti. La presenza di numerosi inquinanti, favoriti dalla mancanza di ricambio di aria, unita al clima caldo-umido prodotto dai condizionatori di calore, potrebbero sicuramente contribuire all’aumento dell’incidenza di patologie respiratorie croniche, come l’asma, e all’incremento della loro evoluzione verso forme persistenti, gravi e invalidanti.
La mancanza di luce naturale potrebbe favorire l’insorgere di disturbi della vista. A tutto ciò si aggiungono altre importanti carenze quali: la non completa somministrazione dei pasti unita al divieto di cottura e preparazione di cibo in maniera autonoma, la mancanza di un numero di servizi igienici adeguato al numero degli ospiti, la carenza di adeguati spazi comuni e l’assenza, all’interno delle stanze, di qualsivoglia arredo escluso il letto, elementi, questi, che compromettono ulteriormente la qualità della vita degli ospiti.
«Abbiamo incontrato persone terrorizzate di parlare davanti agli operatori che lavorano nella struttura. Vivono in una situazione di costante ricatto - ha dichiarato la senatrice Manuela Serra - Noi come Commissione Diritti Umani daremo voce a questa gente perché non è ammissibile che nel 2014 a Roma uomini, donne e soprattutto bambini vivano in una ex fabbrica senza finestre».
«Porteremo avanti un'inchiesta per chiarire come il Comune di Roma utilizza realmente queste ingenti risorse economiche con il risultato di far vivere le persone in questo modo», ha concluso Serra.
Il “Best House Rom”, finanziato dal Comune di Roma con un costo annuo superiore ai 2.200.000 euro alla luce delle caratteristiche strutturali, organizzative e gestionali suddette, non rispetta pertanto i principi internazionalmente riconosciuti di cui è portatrice anche la Carta Sociale Europea.
Nel “Best House Rom” la delegazione di senatori ha avuto la possibilità di fermarsi a parlare con i rom trasferiti quasi un anno fa da via della Cesarina dall’Assessorato alle Politiche Sociale. L’operazione voluta dall’Assessorato a guida Cutini aveva previsto – nonostante le contrarietà espresse da organizzazioni della società civile e dal Municipio III – lo spostamento dei 130 rom e il rifacimento dell’insediamento. Dopo 11 mesi i lavori non sono ancora iniziati e le spese sono lievitate.
Per tale ragione alcuni rappresentanti dell’Associazione 21 luglio hanno consegnato il “conto” dell’operazione Cesarina – fortemente voluta dall’Assessore Rita Cutini – al sindaco Ignazio Marino. Più di 1 milione di euro spesi per segregare e concentrare 130 rom nel “Best House Rom” senza che alcun lavoro sia stato iniziato.
«Una scelta folle – commenta l’Associazione 21 luglio – che rivela, se ce ne fosse stata la necessità di ulteriore conferma, l’operato di un Assessorato incapace di trattare la “questione rom” secondo i principi espressi nella Strategia Nazionale per l’Inclusione dei Rom».
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giovedì 4 dicembre 2014
Leroy Merlin fa un passo indietro sul ghetto rom
A seguito del nostro articolo sulla battaglia riguardo al ghetto rom e l'azienda Leroy Merlin, pubblichiamo con piacere il risultato della battaglia e ringraziamo l'Associazione 21 luglio.
L’Associazione
21 luglio accoglie con grande soddisfazione la disponibilità di
Leroy Merlin a valutare eventuali modifiche -
disposte dal Comune di Roma - al progetto che prevede la
costruzione di un nuovo campo per soli rom in sostituzione
di quello esistente in località “La Barbuta”. La decisione della
multinazionale giunge a pochi giorni dall’annuncio del sindaco
Ignazio Marino che nel programma tv Anno Uno aveva
escluso l’ipotesi del nuovo campo.
In riferimento al progetto, la
multinazionale del bricolage ha confermato «la propria disponibilità
a realizzare opere di pubblica utilità, nell’ambito di tale
progetto, finalizzate, tra l’altro, a cercare soluzioni costruttive
ed alternative alla situazione attuale in cui versano i beneficiari
finali di tali opere, nel rispetto di tutte le norme di Legge e degli
standard internazionali sui Diritti Umani».
La decisione di Leroy Merlin è
stata presa in seguito a un dialogo sereno e costruttivo
intercorso nelle scorse settimane tra l’Associazione e i dirigenti
della multinazionale del bricolage.
L’Associazione 21 luglio
considera pertanto chiusa la Campagna “Leroy
Merlin: un campo rom è un ghetto. Non costruirlo!”
lanciata lo scorso 4 novembre per chiedere alla multinazionale di non
sporcarsi la faccia e di non farsi coinvolgere dal
Comune di Roma nella costruzione dell’ennesimo ghetto per soli rom
nella Capitale.
«Non abbiamo mai avuto dubbi
circa la buona fede e i valori incentrati sulla persona che
caratterizzano l’azienda Leroy Merlin. Ma avevamo bisogno di
mettere in campo tutti gli strumenti a nostra disposizione, compresa
una campagna di pressione pubblica, per convincere la
multinazionale ad ascoltare la nostra voce e quella delle centinaia
di persone che hanno aderito all’azione», afferma
l’Associazione 21 luglio.
Con la Campagna, l’Associazione
21 luglio ha voluto mettere al corrente la pubblica opinione circa le
violazioni dei diritti umani, soprattutto dei bambini, che
la costruzione di un nuovo campo rom a Roma avrebbe comportato. I
campi rom – denuncia da tempo l’Associazione 21 luglio - sono
un’anomalia tutta italiana, sono luoghi di segregazione su
base etnica, che rendono impossibile l’inclusione sociale,
e vanno superati, non costruiti ex novo, come del
resto scritto nero su bianco nella Strategia Nazionale di Inclusione
dei Rom, approvata in sede europea dal Governo italiano nel febbraio
2012.
In seguito alla decisione di
Leroy Merlin che «si augura una pronta risoluzione e comunicazione
circa la destinazione di tali opere , ovvero la modificazione
dell’intervento, che spetta all’autonoma determinazione
del Comune stesso» -, la palla, ora, passa al Comune di Roma.
«Chiediamo al Comune - spiega
l’Associazione 21 luglio - di accogliere senza alcuna
esitazione la disponibilità di Leroy Merlin di valutare
possibili modifiche del progetto e di dare seguito alle
parole del sindaco Marino che il 20 novembre, in prima
serata su La7, ad Anno Uno, aveva
categoricamente escluso l’ipotesi di un nuovo
campo rom a La Barbuta affermando l’intenzione dell’amministrazione
di mettere in pratica un piano per il superamento dei campi».
«Sarebbe davvero grave se il
Comune di Roma continuasse a perseguire la politica dei campi nella
Capitale – conclude l’Associazione - specialmente in un periodo
di forti tensioni sociali alle quali è opportuno rispondere
promuovendo interventi di inclusione e mettendo una volta per
tutte la parola fine alla segregazione e alla ghettizzazione che
finora hanno caratterizzato le politiche nei confronti dei rom».
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