domenica 1 marzo 2015

Primo marzo “Una giornata senza di noi”: lo sciopero dei migranti lavoratori



In occasione della giornata del Primo Marzo, che consacra lo sciopero dei migranti lavoratori, vi proponiamo le parole di Maurizio Ambrosini durante una conversazione che L'Associazione per i Diritti Umani ha avuto in occasione del suo saggio dal titolo Non passa lo straniero. Le politiche migratorie tra sovranità nazionale e diritti umani, Cittadella editrice.


Più tardi pubblicheremo gli interventi video della manifestazione in Piazza Duomo, a Milano.


 



Ecco le parole del Prof. Ambrosini che ringraziamo:



La società è sempre più variegata e plurale: matrimoni misti, classi scolastiche multietniche, anziani assistiti da persone straniere, ma questa integrazione nei fatti stenta a diventare un'integrazione culturale e, ancora di più, politica.

Il passaggio, che sta avvenendo con fatica e che ci è richiesto con maggiore consapevolezza, è la visione multietnica dell'italianità: un domani - che piaccia o no e pur mantenendo le leggi attuali – avremo italiani con gli occhi a mandorla, italiani di pelle scura, italiani di religione islamica. L'“essere italiani” si sta sganciando da una vera o presunta omogeneità etnica e culturale per diventare un fatto di convivenza e un fatto di scelta...

L'integrazione degli immigrati e dei rifugiati è sempre locale: le persone si integrano nel luogo dove vivono e lavorano, dove si sposano e mettono al mondo i figli. Le istituzioni nazionali, quindi, hanno la responsabilità di determinare i confini: sia quelli fisici (le possibilità di accesso al territorio) sia quelli simbilici (come, ad esempio, la cittadinanza). Superati questi ostacli, si tratta di dotare di sufficeinti risorse gli enti locali e prevedere che tasse e contributi – versati dagli immigrati – abbiano dei benefici tangibili anche sulla finanza locale.

Oggi gli immigrati, dal punto di vista fiscale e previdenziale, sono un buon affare per lo Stato che incamera contributi sul loro lavoro. Gli immigrati arrivano che sono già adulti, di solito, per cui non comportano costi di socializzazione; non sono ancora anziani e malati, per cui sono nella fascia attiva. Più di due milioni di immigrati lavorano regolarmente e pagano le tasse, mentre i costi che derivano dal loro inserimento nel territorio (scuole, asili nido, sanità) rimangono a carico degli enti locali. Su questo bisognerebbe fare una riflessione per riequilibrare, appunto, costi e benefici”.



IL LIBRO:

 

Le politiche migratorie sono salite di rango nell’agenda delle forze politiche, dei governi e dei parlamenti, non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo. Sono un tema caldo delle campagne elettorali, e sono oggetto di aspre campagne da parte di nuovi attori politici in diversi paesi.
Le politiche degli ingressi, il trattamento degli immigrati irregolari, l’accoglienza dei rifugiati, l’accesso alla cittadinanza, la riaffermazione dell’identità nazionale, la richiesta di adesione culturale agli immigrati, sono temi dibattuti e controversi in tutti i paesi sviluppati, e anche nei paesi emergenti. Spesso fra l’altro, in tempi di bassa passione ideologica, assumono uno spiccato rilievo simbolico: servono a definire le posizioni delle forze politiche e a contrapporsi ai concorrenti. Il sovraccarico ideologico produce una crescente divaricazione tra politiche dichiarate e politiche praticate: le sanatorie ne sono l’esempio più evidente. Questo vale nel caso italiano (7 in 25 anni), ma anche nel resto d’Europa, dove 22 paesi su 27 ne hanno attuate tra il 1996 e il 2008, regolarizzando da 5 a 6 milioni di immigrati.
Anche a livello locale, dove di solito prevalevano pragmatismo e ricerca di soluzioni ragionevoli, compaiono oggi politiche dichiarate di esclusione; spesso poi inattuate o contrastate da attori pro-immigrati e dalla magistratura, ma in ogni caso culturalmente e politicamente influenti.
Nello stesso tempo però gli immigrati acquistano ogni giorno legittimazione, voce e diritti, mediante diverse pratiche di cittadinanza dal basso. Se il multiculturalismo è oggi in declino, la diversità invece ottiene crescente consenso. Nelle politiche urbane, diversità e coesione sociale sono i nuovi termini che consentono di cercare soluzioni praticabili per la gestione di società sempre più eterogenee. Chiusura ed esclusione non sono univoche: le politiche migratorie sono piuttosto un campo di battaglia, in cui alle tendenze ostili agli immigrati si oppongono attori e pratiche sociali che promuovono l’inclusione.