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lunedì 2 marzo 2015

Primo marzo: una giornata senza di noi



Arrivata al sesto anno, la Giornata “Primo marzo: una giornata senza di noi” si riferisce al primo sciopero di migranti lavoratori. E anche quest'anno è stata celebrata in Piazza Duomo a Milano. Una festa importante, organizzata da Lastessabarca, che estende la riflessione – e le richieste agli organi istituzionali – non solo al diritto al lavoro, alla casa, all'istruzione e alla sanità per tutti (stranieri e italiani), ma prende in considerazione anche altri diritti di base per una vita piena e soddisfacente.

L'Associazione per i Diritti Umani ha partecipato e ha fatto alcune video interviste. Diamo, quindi, la parola ai partecipanti: 
 
 



Questo video è disponibile anche sul canale Youtube dell'Associazione per i Diritti Umani




domenica 1 marzo 2015

Primo marzo “Una giornata senza di noi”: lo sciopero dei migranti lavoratori



In occasione della giornata del Primo Marzo, che consacra lo sciopero dei migranti lavoratori, vi proponiamo le parole di Maurizio Ambrosini durante una conversazione che L'Associazione per i Diritti Umani ha avuto in occasione del suo saggio dal titolo Non passa lo straniero. Le politiche migratorie tra sovranità nazionale e diritti umani, Cittadella editrice.


Più tardi pubblicheremo gli interventi video della manifestazione in Piazza Duomo, a Milano.


 



Ecco le parole del Prof. Ambrosini che ringraziamo:



La società è sempre più variegata e plurale: matrimoni misti, classi scolastiche multietniche, anziani assistiti da persone straniere, ma questa integrazione nei fatti stenta a diventare un'integrazione culturale e, ancora di più, politica.

Il passaggio, che sta avvenendo con fatica e che ci è richiesto con maggiore consapevolezza, è la visione multietnica dell'italianità: un domani - che piaccia o no e pur mantenendo le leggi attuali – avremo italiani con gli occhi a mandorla, italiani di pelle scura, italiani di religione islamica. L'“essere italiani” si sta sganciando da una vera o presunta omogeneità etnica e culturale per diventare un fatto di convivenza e un fatto di scelta...

L'integrazione degli immigrati e dei rifugiati è sempre locale: le persone si integrano nel luogo dove vivono e lavorano, dove si sposano e mettono al mondo i figli. Le istituzioni nazionali, quindi, hanno la responsabilità di determinare i confini: sia quelli fisici (le possibilità di accesso al territorio) sia quelli simbilici (come, ad esempio, la cittadinanza). Superati questi ostacli, si tratta di dotare di sufficeinti risorse gli enti locali e prevedere che tasse e contributi – versati dagli immigrati – abbiano dei benefici tangibili anche sulla finanza locale.

Oggi gli immigrati, dal punto di vista fiscale e previdenziale, sono un buon affare per lo Stato che incamera contributi sul loro lavoro. Gli immigrati arrivano che sono già adulti, di solito, per cui non comportano costi di socializzazione; non sono ancora anziani e malati, per cui sono nella fascia attiva. Più di due milioni di immigrati lavorano regolarmente e pagano le tasse, mentre i costi che derivano dal loro inserimento nel territorio (scuole, asili nido, sanità) rimangono a carico degli enti locali. Su questo bisognerebbe fare una riflessione per riequilibrare, appunto, costi e benefici”.



IL LIBRO:

 

Le politiche migratorie sono salite di rango nell’agenda delle forze politiche, dei governi e dei parlamenti, non solo in Italia ma anche in Europa e nel mondo. Sono un tema caldo delle campagne elettorali, e sono oggetto di aspre campagne da parte di nuovi attori politici in diversi paesi.
Le politiche degli ingressi, il trattamento degli immigrati irregolari, l’accoglienza dei rifugiati, l’accesso alla cittadinanza, la riaffermazione dell’identità nazionale, la richiesta di adesione culturale agli immigrati, sono temi dibattuti e controversi in tutti i paesi sviluppati, e anche nei paesi emergenti. Spesso fra l’altro, in tempi di bassa passione ideologica, assumono uno spiccato rilievo simbolico: servono a definire le posizioni delle forze politiche e a contrapporsi ai concorrenti. Il sovraccarico ideologico produce una crescente divaricazione tra politiche dichiarate e politiche praticate: le sanatorie ne sono l’esempio più evidente. Questo vale nel caso italiano (7 in 25 anni), ma anche nel resto d’Europa, dove 22 paesi su 27 ne hanno attuate tra il 1996 e il 2008, regolarizzando da 5 a 6 milioni di immigrati.
Anche a livello locale, dove di solito prevalevano pragmatismo e ricerca di soluzioni ragionevoli, compaiono oggi politiche dichiarate di esclusione; spesso poi inattuate o contrastate da attori pro-immigrati e dalla magistratura, ma in ogni caso culturalmente e politicamente influenti.
Nello stesso tempo però gli immigrati acquistano ogni giorno legittimazione, voce e diritti, mediante diverse pratiche di cittadinanza dal basso. Se il multiculturalismo è oggi in declino, la diversità invece ottiene crescente consenso. Nelle politiche urbane, diversità e coesione sociale sono i nuovi termini che consentono di cercare soluzioni praticabili per la gestione di società sempre più eterogenee. Chiusura ed esclusione non sono univoche: le politiche migratorie sono piuttosto un campo di battaglia, in cui alle tendenze ostili agli immigrati si oppongono attori e pratiche sociali che promuovono l’inclusione.


mercoledì 11 febbraio 2015

Primo marzo 2015: una giornata senza di noi




L'Associazione per i Diritti Umani parteciperà alla manifestazione che si terrà a Milano in occasione del prossimo Primo marzo – Una giornata senza di noi e condividerà i contributi con i suoi lettori.



Intanto pubblichiamo anche noi l'appello per l'edizione di quest'anno lanciato da Rete Primo Marzo:
 


Dal 2010 la giornata del Primo Marzo rappresenta un momento di riflessione e impegno contro le discriminazioni e lo sfruttamento nei confronti dei migranti. Esistono dei diritti, che valgono per tutti gli esseri umani che non possono essere differenziati o negati sulla base di confini territoriali o di appartenenze etniche, culturali e religiose.
La difesa e la tutela di questi diritti è premessa fondamentale nella costruzione di una società capace di riconoscere la dignità e l’autodeterminazione delle persone e il valore del dialogo come elemento fondante dell’evoluzione culturale, civile ed economica.
La crisi degli ultimi anni, invece di spingere le istituzioni a ripensare le politiche e la legislazione in materia di immigrazione, nel senso di una maggiore inclusione e di sostegno per i deboli, sembra avere indotto immobilismo e ulteriori chiusure. Ciò ha contribuito a accrescere diseguaglianze e disagio e, quindi, la distanza tra le diverse culture e tra i lavoratori che pure contribuiscono, ogni giorno, alla tenuta della nostra economia e del nostro sistema previdenziale. La ricattabilità a cui rimangono esposti i lavoratori stranieri, a causa del legame tra permesso di soggiorno e contratto di lavoro, come è noto, favorisce lo sfruttamento, il caporalato, con ricadute che riguardano anche i lavoratori non stranieri, costretti ad accettare un rilancio al ribasso delle condizioni contrattuali.
Ma non è restringendo il riconoscimento dei diritti di cittadinanza e della persona che si promuove una convivenza civile e pacifica. Mentre la paura spinge all’isolamento e mina la coesione sociale, la garanzia dei diritti e il sostegno e la cura delle relazioni sociali costituiscono l’unico strumento attraverso cui realizzare una più soddisfacente qualità della vita per tutti.
A partire da queste considerazioni, richiamiamo ad una riflessione sulle politiche di accoglienza, chiedendo l’istituzione di corridoi umanitari per consentire ai migranti di raggiungere l’Europa senza mettere a repentaglio la vita e senza rivolgersi ai trafficanti di uomini. Chiediamo, inoltre, l’abrogazione del Regolamento di Dublino; la chiusura dei CIE e una riformulazione dell’intero sistema di accoglienza che garantisca il rispetto dei diritti dei richiedenti asilo ed eviti che l’attuazione dei piani di accoglienza si trasformi in un business.
E’ necessario che la politica tenga conto delle trasformazioni in atto nella nostra società sia in termini demografici sia economici, e che riconoscano il valore rappresentato dalla straordinaria mobilità umana che sta caratterizzando la nostra epoca. E’ per questo che, auspichiamo anche una legge che riconosca la cittadinanza per tutti i figli di migranti nati e cresciuti nel nostro Paese.
In dettaglio, le nostre richieste sono:
1. Una revisione della legislazione in materia di immigrazione centrata sul rispetto della persona e sulla partecipazione;
2. Una legge sullo ius soli che riconosca il diritto di cittadinanza alle seconde generazioni, la cui formulazione sia almeno in linea con gli altri paesi europei;
3. Il diritto di voto amministrativo per gli stranieri residenti;
4. Tutela e garanzia dei diritti dei lavoratori stranieri e contrasto ad ogni forma di sfruttamento anche attraverso una più piena ed efficacia ricezione della direttiva europea (52/2009);
5. Abolizione dei dispositivi di monitoraggio e di controllo del Mediterraneo privi di obiettivi umanitari (come Triton);
6. Instaurazione dei corridoi umanitari e revisione della legge sull’asilo politico ispirata a principi di solidarietà ed accoglienza effettiva e di trasparenza di gestione;
7. Chiusura dei CIE così come attualmente concepiti e riformulazione in termini di luoghi di facilitazione del percorso di accoglienza e indirizzo verso le destinazioni di possibile inclusione dei profughi;
8. Impegno e diffusione per una informazione oggettiva e completa sui temi dell’immigrazione;


domenica 3 marzo 2013

Un giorno senza di noi: lo sciopero dei lavoratori immigrati alla IV edizione




Primo Marzo 2013.
Bolzano: un dibattito dal titolo “Il ruolo dei mass-media nella costruzione di pregiudizi contro gli immigrati”.
Milano: un convegno che vede i migranti come protagonisti dello sviluppo economico e sociale dell'Italia.
Modena: mobilitazione di immigrati e autoctoni per affermare la dignità dell'essere umano e il diritto alla libera circolazione con canti, musica e animazioni
Parma: presentazione del libro Anatomia di una rivoluzione di Giuseppe De Marzo
Palermo: riflessione sul Primo Marzo con studenti e insegnanti della scuola di italiano
Queste sono solo alcune delle iniziative organizzate in tutta Italia in occasione della IV edizione dello sciopero generale degli immigrati lavoratori. Sono tantissimi, infatti, i migranti che lavorano (con contratti più o meno regolari o, più di frequente, in nero) nei campi, nei bar, nei chioschi di fiori, come assistenti anziani o collaboratori domestici, nei mercati: cosa accadrebbe se, per un'intera giornata, decidessero di fermarsi?
Come già scritto nell'articolo “Verso lo sciopero degli immigrati lavoratori” l'iniziativa serve proprio a dimostrare l'importanza del loro lavoro per la crescita economica (e non solo) del Paese.
Un Paese, in questo periodo, totalmente allo sbando. Un Paese in cui il disegno di legge popolare per la concessione della cittadinanza ai figli degli immigrati in base allo jus soli è arenato in Parlamento; un Paese in cui la legge Bossi-Fini sull'immigrazione è stata inasprita dal “pacchetto sicurezza” voluto da Roberto Maroni; un Paese in cui, in piena campagna elettorale, un gruppo leghista ha fatto irruzione in un istituto di cura di Bologna al grido “Via gli zingari dall'ospedale”. Per non parlare, poi, della situazione nei CIE (anche di questo abbiamo parlato nei precedenti articoli e continueremo a farlo).
La Rete Primomarzo voluto, per quest'edizione della manifestazione generale ancora colorata di giallo come nel 2010, lanciare l'appello di cui vogliamo ricordare i punti:

- il diritto alla libera circolazione di tutti e di tutte e il riconoscimento del diritto a poter scegliere il luogo in cui vivere;
- una
legge sull’asilo politico e la proroga dell'emergenza Nord Africa fino a che tutti i profughi abbiano concluso l’iter per la richiesta d’asilo e monitorando l’attivazione di un serio percorso per l’inserimento sociale;
- una
nuova legislazione in materia di immigrazione che abroghi la Bossi-Fini e i decreti sicurezza, cancellando il contratto di soggiorno e ricono­scendo diritti effettivi e dignità piena ai migranti;
- la
chiusura di tutti i CIE e la cancellazione definitiva del reato di clandestinità;
- la
cittadinanza per tutti i figli di migranti nati o cresciuti in Italia. Il diritto di voto amministrativo per gli stranieri residenti.

domenica 24 febbraio 2013

Verso lo sciopero degli immigrati lavoratori

A breve scopriremo il risultato delle votazioni per il nuovo governo italiano e vedremo se e come i diritti umani verranno presi in considerazione. Ma si sta avvicinando anche un'altra data importante, quella del 1 marzo 2013, in cui svolgerà la IV edizione della “Giornata del Primo Marzo – Una giornata senza di noi”, ovvero lo sciopero generale dei lavoratori migranti.
La prima iniziativa nasce nel 2010, ispirata a La journée sans immigrés: 24h sans nou, un movimento nato in Francia, un movimento meticcio che riunisce autoctoni, stranieri e seconde generazioni con l'intento di far capire all'opinione pubblica quanto sia determinante l'apporto del lavoro dei migranti all'economia e al funzionamento del Paese. Il colore giallo è quello scelto per caratterizzare quella giornata: il colore del cambiamento, senza alcun riferimento politico. Ogni persona, che ha aderito all'iniziativa, ha indossato un braccialetto, un nastrino, un indumento gialli.
Dal 2010 sono nati anche in tutta Italia tanti comitati Primo Marzo che hanno visto coinvolti cittadini, stranieri e italiani, associazioni, esponenti della politica e delle istituzioni.
La manifestazione del 2013, come le precedenti, parte dalla domanda: “Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno?”: a partire da questo, vuole suggerire una riflessione sulla dignità dell'essere umano, sul diritto alla libera circolazione, e sul riconoscimento dell'impegno di chi è riuscito a trovare un'occupazione lavorativa, per contrastare il razzismo, le discriminazioni e per il riconoscimento della ricchezza (non solo materiale) che può derivare dal carattere multiculturale della nostra società.