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lunedì 15 dicembre 2014

Per Emra e per tutti i giovani nati e cresciuti in Italia costretti ancora a sentirsi "stranieri"


Che le leggi italiane in materia di immigrazione e cittadinanza siano un groviglio di ingiustizie e paradossi non è certo una novità. A volte però, ormai troppo spesso, le prassi amministrative di chi queste leggi dovrebbe "almeno" rispettare, riescono a spingersi oltre, rendendo ancor più feroci gli effetti delle norme: quelle in materia di immigrazione e quelle che dovrebbe riconoscere a chi non ha visto nella sua vita altro paese che l’Italia, un passaporto italiano.  


E’ così che è avvenuto anche nel caso di Emra, un ragazzo di 22 nato in Italia, residente a San Donà di Piave e oggi rinchiuso nel CIE di Bari Palese.

Erano i primi anni ’90 quando i genitori di Emra, cittadini "jugoslavi" lasciavano il loro paese a causa della guerra nei Balcani, per rifugiarsi in Italia. Ed è poco dopo il loro arrivo, nel 1992, a Secondigliano (NA), dove avevano stabilito la residenza, che nasceva Emra. Poi la famiglia intera, si trasferì in uno dei campi profughi di Mestre, dove, grazie al lavoro della Cooperativa Caracol e del Comune di Venezia, impegnati in un progetto di superamento della "forma campo", vennero guidati nell’acquisizione di una abitazione, così come altre quattrocento persone.
Stabilitainsieme alla sua famiglia la residenza a San Donà di Piave nel 2000, Emra venne così iscritto nella "carta di soggiorno" del padre.
Ma è quattro anni fa, con il compimento della maggiore età, che la vita di Emra, come accade ad altre migliaia di giovani nati qui, deve fare i conti con la spietata normativa italiana.
Suo padre muore, lui non è cittadino jugoslavo (serbo), ma per l’Italia non esiste. Perché nonostante i certificati di nascita e gli attestati di iscrizione anagrafica che testimoniano una vita intera passata in Italia, per le autorità italiane è straniero, "entrato irregolarmente" e per questo dovrebbe essere espulso in un paese che non ha neppure mai visto. La Prefettura di Venezia ha infatti emesso nei suoi confronti un provvedimento di espulsione seguito da un ordine di trattenimento emesso dal Questore, nonostante le autorità serbe avessero accertato che Emra non era cittadino serbo.

Ad aggravare ancor di più una situazione già pesantemente segnata ci ha pensato il Giudice di Pace chiamato a convalidare il provvedimento di espulsione ed il trattenimento presso il CIE di Bari Palese dove Emra è rinchiuso dal 25 novembre..
In palese violazione della normativa vigente ed in contrasto con la consolidata giurisprudenza in materia, infatti, non è stato preso in considerazione quanto disposto dall’art 13 comma 2 bis del TUI che impone una attenta valutazione sulla natura dei vincoli familiari dell’interessato (Emra ha qui tutta la sua famiglia), sulla durata del suo soggiorno nel territorio nazionale (Emra è qui da tutta la vita) nonché sull’ esistenza di legami familiari, culturali o sociali con il suo Paese d’origine (che è l’Italia perché Emra non ha mai visto la Serbia). Proprio in questi giorni è stato depositato dall’
Avv. Uljana Gazidede (che collabora con Melting Pot Europa), il ricorso contro questo illegittimo provvedimento di espulsione. Ma non basta. Si tratta dell’ennesima vicenda che racconta come l’immediato riconoscimento dello ius soli e la chiusura di tutti i CIE non siano più rinviabili.

Per Emra, così come per le centinaia di persone rinchiuse nei CIE e le migliaia di giovani che rischiano di trovarsi nella sua stessa situazione, chiediamo giustizia.

Liberate subito Emra Gasi





venerdì 13 settembre 2013

Un cortometraggio per il diritto alla vita, con amore



Si intitola Rumore bianco il bel cortometraggio scritto e diretto da Alessandro Porzio ed è stato premiato con la menzione speciale all'ultima edizione del Bif&st, Bari International Film Festival.
Un uomo e una donna in una camera di ospedale: tra loro una storia d'amore e una scelta difficile.

Abbiamo rivolto alcune domande al regista 



Tra i due protagonisti - Luca e Alice - chi ha maggior diritto alla vita?

Credo sia impossibile deciderlo. Credo sia impossibile anche solo pensare chi dei due merita più attenzione, comprensione. La comprensione ritengo sia infetta dello stesso male in cui è infetta l'indifferenza. Chi va aiutato? Capito? Nessuno. Perchè nessuno di noi è “loro due”, ed allora il diritto alla vita, per quanto riguarda Alice e Luca smette di appartenerci subito, nel primo instante. Non abbiamo il diritto di giudicare, non è giusto che Luca diventi motivo della nostra “pena” e Alice bersaglio di commenti perbenisti. Per intuire chi dei due ragazzi ha più diritto alla vita dovremmo immedesimarci in loro e vivere per qualche attimo la paralisi di Luca e la soffocata voglia di vivere di Alice. Forse, ma ne dubito, solo così potremmo avvicinarci e decidere.

Perchè hai scelto questa tematica per il tuo cortometraggio?

Perchè è una storia d'amore. Avevo il desiderio di raccontare quello che capita davvero tutti i giorni. La sofferenza, l'abbandono, l'emozione. Insomma uno spaccato di vita che non fosse un pezzo di racconto, ma qualcosa che c'è e che l'ipocrisia nasconde. Alice ha il coraggio di abbandonare il suo “amore” nel momento forse in cui, proprio il suo amore, ha più bisogno di lei. Ma è verità. Credo che il cinema debba “anche” fare questo senza pensare al dopo.

Un lungo piano sequenza e un monologo: una commistione tra cinema e teatro?

Il monologo era inevitabile ma ancora più inevitabile è la scelta del piano-sequenza. Il teatro no. Forse in Rumore Bianco è davvero lasciato il disparte nella sua più completa essenza. La messa in scena e le parole. Volevamo quello che è poi venuto fuori dal girato. Ci interessava questo. Ammetto però che per altre cose il Teatro mi condiziona sempre molto.

In questo lavoro è anche molto importante ( e bella) la colonna sonora...

Sono felice di questa domanda. Si è importantissima. Di solito quando c'è una bella colonna sonora in un bel fin questa finisce per assorbire tutta l'attenzione che su di essa. Ti butta fuori o ti emoziona a tal punto che perdi quello che davvero si sta raccontando nel film. La colonna sonora è al servizio dell'immagine non ne deve modellare il contenuto o la forma stessa. Stefano Ottomano è un maestro in questo. E' didascalico. Puntuale e sopratutto non pecca di egoismo, trasportando chi guarda, dove vuole lui con la musica. Peccato solo per il nostro “ciuffo” uguale. [scherzo]

Torniamo alla sceneggiatura: amore e senso di vuoto; passione e dolore. Questi sono gli elementi alla base dello script? Qual è la riflessione che hai voluto comunicare con il tuo film?

Qualche giorno dopo che lo script era pronto, mi concentrai a rileggere quale schifezza avessi scritto, stranamente mi piacque subito ma dovetti fare i conti con il senso di IMPOTENZA che mi lasciavano quelle parole del monologo. Certo avevo tutto in testa, posto, facce, rumori e silenzi, luce, ma ne fui turbato. Poi decisi di andare oltre e fare di quello stato che io stesso avevo provato la vera riflessione da dover comunicare con il film. Spero di esserci riuscito.

E i tuoi progetti futuri come sceneggiatore e regista?

Domanda che mi scompone sempre molto perchè mi ricorda ogni volta che avrei da fare un'infinità di cose! Ad ottobre dovrei essere nuovamente sul set per la mia nuova storia. Intanto siamo in post con alcuni lavori che ho diretto. Ah! Forse giro un documentario [mai avrei pensato di farlo]...