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lunedì 30 giugno 2014

La Palestina è sotto attacco

L'Associazione per i Diritti Umani aderisce al seguente appello:




La Palestina non solo è sotto attacco militare, il che preoccupa moltissimo per le vite dei palestinesi e la ulteriore perdite delle loro strutture.

La Palestina è sotto attacco da parte di Israele nella sua resistenza come realtà autonoma....

La Palestina è sotto attacco allo scopo di dimostrare la sua “impossibilità di esistenza”. Nel momento della riconciliazione tra le fazioni che governano nella Cisgiordania e a Gaza, un tentativo di unificare il territorio politico della Palestina, di trovare un’ autorappresentazione politica presso l’ONU, di liberare Gaza dall’assedio (reso ancor più insostenibile dal blocco alla circolazione di persone e beni da parte dell’Egitto di Sissi), di reclamare la illegalità della detenzione ed abduzione amministrativa di prigionieri e di difendere il territorio in Gerusalemme e nella Cisgiordania, di sviluppare una autonomia economica, Israele dispiega attacchi militari con forze di terra e uso spropositato della forza verso i civili nella Cisgiordania, con più di 400 detenzioni amministrative, infinite malversazioni a Gerusalemme e bombardamenti e sconfinamenti a Gaza. Questa operazione dello stato Israeliano, battezzata “guardiani dei nostri fratelli “ è “giustificata” dalla scomparsa di 3 giovani riservisti Israeliani in territorio sotto completo controllo Israeliano in Cisgiordania. Non c’è prova di chi abbia collaborato alla sparizione, non rivendicata da alcuna fazione Palestinese. In qualsiasi paese civile una sparizione è un caso di polizia investigativa e non la ragione per imprigionamenti di massa su base politica, di invasione e permanenza in migliaia di abitazioni di civili, dell’abbattimento di case, degli omicidi di persone disarmate, di bombardamenti su zone del territorio Palestinese sotto blocco e fuori e da quella in cui la scomparsa è avvenuta. Questa operazione non è altro che una operazione, probabilmente preordinata, di punizione collettiva per i Palestinesi nel momento in cui hanno raggiunto un accordo politico e si presentano come stato nella comunità internazionale. Serve per annientare fisicamente una fazione-partito (Hamas) e richiedere la resa dell’altra fazione-partito (Fatha), protagoniste precedentemente del dissenso interno che aveva creato due governi separati in Gaza ed in Cisgiordania. Serve ad imporre con la forza la opposizione del governo Israeliano alla riconciliazione nazionale Palestinese. E’ un’ operazione la cui entità e sviluppo si può pensare che continuino ad accrescersi nel livello e con la violenza. In Cisgiordania le uccisioni, la invasione da parte delle forze di terra con carri armati, i sorvoli di F16, le violente invasioni delle case, gli arresti indiscriminati di civili, il ri-arresto di prigionieri liberati, la nutrizione forzata di quelli in sciopero della fame, la mano libera lasciata alla violenza dei coloni, si accompagnano ai bombardamenti quotidiani su Gaza, all’attacco ai suoi pescatori, al sorvolo con F16, che ben ricordano l’inizio degli attacchi del 2008 e del 2012. Vogliamo essere vicini ai Palestinesi che ne sono vittime, e che si sono impegnati come attori nel difficile processo di costruire una unità nazionale, e diciamo al nostro Governo ed a quello Europeo che ci opponiamo alla loro connivenza con Israele e speriamo di rompere il silenzio che regna sulle aggressioni in corso. Il silenzio e/o la connivenza della comunità internazionale è la luce verde che Israele aspetta per imporre sul terreno col la paura e l’esercito la sua richiesta all’Autorità Nazionale di Ramallah di rompere l’accordo di riunificazione.

E’ un lasciapassare per continuare la illegale detenzione amministrativa e le vessazioni sui prigionieri, per continuare il blocco di Gaza e la politica di insediamenti e vessazioni in Cisgiordania e Gerusalemme.

Temiamo che sia anche la luce verde per realizzare vecchie e nuove minacce su Gaza: ” vi ridurremo al medio evo”, “la prossima volta vi attaccheremo in modo che non avrete il tempo di rispondere” (dopo il novembre 2012) e per tutta la Palestina: “elimineremo tutto il verde (Hamas ha bandiere verdi) dalla regione”.

I palestinesi stanno resistendo uniti – ma l'immagine della gente in solidarietà proveniente da tutto il mondo, in piedi accanto a loro, sarà incoraggiante e darà forza al popolo palestinese, nella sua lotta contro un occupante crudele.

Per sostenere il popolo palestinese sotto attacco, anche il silenzio dei Governi e della Istituzioni Europee deve finire ed il messaggio delle Chiese deve giungere limpido e chiaro.

*Chiediamo che i rappresentanti delle Istituzioni Italiane e quelle Europee si facciano responsabili in tutte le sedi della sicurezza e dello sviluppo della nazione e dello stato Palestinese riunificato, secondo le leggi internazionali.*

*Che nelle sedi internazionali queste si schierino per l’ autonomia dello Stato Palestinese e contro la occupazione della Cisgiordania e la continua espansione degli insediamenti Israeliani, per la liberazione dal blocco di terra e mare di Gaza, per la fine della detenzione amministrativa dei Palestinesi e loro abduzione in Israele, per uno statuto chiaro e condiviso per Gerusalemme.*

*Chiediamo che i governi Europei mettano in campo finalmente sanzioni economiche per Israele che continua a non rispettare la legislazione internazionale, le risoluzioni ONU e la convenzione di Ginevra.*

*Chiediamo ai rappresentanti delle religioni che si pronuncino contro i crimini verso la umanità e le persone che Israele compie con impunità verso il popolo Palestinese e diffondano la loro solidarietà verso le sofferenze di un popolo interno.*

Aderisci mandando una mail a
palestinasottoattacco@outlook.it

per vedere le firme:
https://sites.google.com/site/parallelopalestina/firme-la-palestina-e-sotto-attacco



Mercoledì prossimo, 2 luglio, si terrà una manifestazione a Milano, ore 17.30. Pazza della Scala

venerdì 13 dicembre 2013

Work for hope: come aiutare i palestinesi nei territori



Fino al prossimo 16 dicembre 2013 è possibile visitare, presso il chiostro del Palazzo delle Stelline in Corso Magenta 59 a Milano, la mostra “Work for Hope”, un progetto fotografico di Alessandro Gandolfi che si inserisce in un'iniziativa voluta da COOPI (Cooperazione Internazionale) e dalla Commissione Europea, dipartimento Aiuti Umanitari e rivolta ai palestinesi che vivono nei territori occupati: Striscia di Gaza e Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est.  

L'iniziativa prevede progetti di “cash for work”: si individuano le opere utili da compiere e, nella loro messa in atto, vengono coinvolti i capofamiglia dei nuclei più poveri con un impiego a tempo determinato. In questo modo si risponde, almeno in parte, ai bisogni familiari di base (cibo, salute e scuola) e si immette liquidità nell'economia locale.
I programmi sono pensati, ad esempio, per migliorare le infrastrutture di base, anche perchè gli anni di occupazione e di conflitto non hanno fatto altro che determinare un forte impatto sulle condizioni di vita delle persone: gli spostamenti all'interno degli oPt sono continuamente bloccati dalla presenza del muro, dei posti di blocco e dei gates; la libertà di movimento è fortemente limitata anche dalla richiesta di pass e di permessi per le aree ad accesso limitato. Questo impatta sulla quotidianità con la mancanza di strutture sanitarie, lavorative e scolastiche. Ecco, quindi, che l'intervento dei “cash for work” può servire a creare aree gioco per i bambini, può essere utile per il recupero delle cisterne per la raccolta dell'acqua piovana, per la ristrutturazione di vecchi edifici o per la manutenzione delle strade.
Sempre attraverso il coinvolgimento delle comunità locali, la Commissione Europea e Coopi sono impegnate anche in un'attività di “civil protection”, nell'Area C dove i villaggi sono più a rischio di insicurezza e di sfollamento e dove le restrizioni idriche e l'impossibilità di
coltivazione della terra discriminano ancora di più le popolazioni palestinesi residenti.
Da tutto questo nasce anche un progetto multimediale, sempre a cura del fotoreporter Alessandro Gandolfi in cui, attraverso video-testimonianze, storie di ricostruzione e visite virtuali ai villaggi, si raccontano piccoli, ma significativi passi per salvaguardare la vita e la dignità dei coloni sotto assedio.

Per saperne di più: workforhope.org (da cui abbiamo tratto anche le fotografie pubblicate)

martedì 16 luglio 2013

L' arresto del bambino di cinque anni



Si chiama Wadi 'Maswadeh ed è nato il 24 settembre 2007: ha cinque anni e nove mesi. Vive in Cisgordania, con la sua famiglia, e ha lanciato una pietra. Un gesto, ormai, ripetuto dai bambini e ragazzi che sono cresciuti in una situazione di guerra e circondati da un muro, gesto alimentato dalla cultura dell'odio e dall'esasperazione.
E Wadi, per quell'azione, è stato arrestato.
Fermato per quasi due ore presso la Tomba dei patriarchi a Hebron dai militari dell'esercito israeliano, viene fatto salire su una jeep e portato a casa dove si è nascosto dietro ad alcuni materassi per poi essere arrestato insieme a suo padre, Karam.
La vicenda è stata filmata e resa pubblica dal gruppo umanitario israeliano, B'Tselem, che ha denunciato il fatto anche a mezzo stampa in quanto l'età minima per la responsabilità penale, in Israele e nei Territori, è di 12 anni.
Nel video si vede il bambino circondato dai militari che si consultano via radio con altre persone; Wadi ha paura, piange, batte i piedi per terra. Un passante palestinese lo accompagna e lo convince a salire sull'auto delle autorià. Una volta a casa, però, l'incubo non è finito: i soldati continuano a sostenere che la vicenda venga sottoposta all'attenzione della polizia palestinese, bendano e ammanettano Karam e portano lui e il figlio in un posto di blocco. Ma le autorità palestinesi li dovranno rilasciare immediatamente.
Interessante notare che, nel filmato, un tenente colonnello israeliano rimprovera duramente i suoi sottoposti per aver fermato padre e figlio a telecamere accese. Le sue parole sono significative: “ Si sta danneggiando la nostra immagine pubblica. I detenuti vanno trattati bene quando ci sono le telecamere in giro”.
In questo caso Internet, le riprese video, i mezzi di informazioni sono stati utili per aprire, ancora una volta, una finestra su quell'area di mondo dove lo stallo geopolitico non risparmia nemmeno i più piccoli.