lunedì 22 settembre 2014

Un'esecuzione si trasforma in semplice rissa




Pochi giorni fa. Quartiere di Torpignattara, Roma.

Intorno a mezzanotte un ragazzo pakistano di 28 anni, ubriaco, ha molestato alcuni passanti, tra cui un altro giovane che gli si è scagliato contro e lo ha riempito di pugni, uccidendolo.

L'assassino è un italiano minorenne, 17 anni, che ora è stato arrestato con l'accusa di omicidio preterintenzionale. Il problema sta nel fatto che alcune testate giornalistiche hanno liquidato l'episodio come una semplice rissa tra facinorosi, finita male.

Non è proprio così: una provocazione (come in questo caso, pare, uno sputo) non può giustificare una violenza cieca e sproporzionata fino a far perdere la vita a qualcuno.

Khan Muhammad Shantad, questo il nome della vittima, era un senzatetto, ma regolare in Italia; secondo la ricostruzione effettuata dalle forze dell'ordine, era ubriaco e infastidiva con urla e schiamazzi (quindi soltanto a parole) i passanti, fino a quando si è imbattuto nel diciassettenne che era in compagnia di un amico. A quel punto, forse, il ragazzo pakistano ha sputato e questo ha scatenato la reazione dell'italiano che poi ha affermato: “ Gli ho dato solo un pugno”. Alcuni testimoni e il corpo della vittima, invece, parlano chiaramente di pugni ripetuti e di calci tanto che l'Autorità Giudiziaria ha predisposto l'autopsia. Se questa confermasse l'ipotesi, il reato verrebbe trasformato in omicidio volontario.

Questo è accaduto a pochi giorni da un altro triste fatto di cronaca avvenuto nello stesso quartiere: un romeno di 52 anni è stato accoltellato da un suo connazionale a seguito di una lite. Ma troppo spesso e ancora tanti pensano: “Finchè si ammazzano tra loro...”