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sabato 19 dicembre 2015

Giornata di Azione Globale contro il razzismo e per i diritti delle e dei migranti, rifugiate/i e sfollate/i

 
BASTA MURI APRIAMO LE PORTE
Pace, democrazia, giustizia sociale e dignità per tutte e tutti!
 
 
Non è un destino cieco e inevitabile quello che decide dove passa la frontiera fra chi è salvata/o e chi è sommerso, fra chi può esercitare i propri diritti umani e chi no.
L'Europa afferma di doversi armare per difendere i valori di libertà e democrazia, ma questi valori sono un privilegio solo per i/le cittadini/e europei/e. Si finge che siano di tutte/i, ma non è così. Ad esempio la libertà di movimento è esclusivamente per le cittadine e i cittadini dell’Europa mentre tutte le altre e tutti gli altri si scontrano con muri sempre più alti. Per giustificare questa disparità di trattamento ci vogliono convincere che chi è fuori è un po' meno umana/o, meno civilizzata/o e più pericolosa/o, quindi con meno diritti di chi è dentro la cittadella del privilegio.
E chi perde la vita nel viaggio è meno importante di chi muore in una città europea.
Per noi più di 26 mila morti, dal 2000 ad oggi, alle frontiere di mare e di terra sono inaccettabili. 
Vogliamo smantellare il razzismo istituzionale che è alla base di questa Europa, vogliamo far sentire le voci delle migliaia di persone ferme davanti ai muri che si stanno moltiplicando alle frontiere europee (e non solo).  Chiediamo con loro pace, democrazia, giustizia sociale e dignità per tutte e tutti.  Per questo saremo in piazza insieme il 19 dicembre.
Sabato 19 dicembre 2015
Dalle 14.30 alle 18.30
Piazza San Carlo (MM San Babila) MILANO

evento FB: BASTA MURI, APRIAMO LE PORTE! 
 
Coordinamento per la Giornata di azione globale per i diritti delle/dei migranti, rifugiate/i e sfollate/i – Milano

venerdì 18 dicembre 2015

Umanità in transito verso il nulla

 di Sarantis Thanopulos   (da Il Manifesto)
 
Il dramma del migrante non sta nel suo essere in «mezzo al guado»: non più nella terra che lascia, non ancora nella terra che vuole raggiungere. Sta nel fatto che nelle migrazioni, anche quelle dall’esito più felice, si deve sempre attraversare una terra di nessuno, in cui non si profila altro all’orizzonte che cielo e deserto o acqua. In questa terra più si mette alle spalle ciò che si è lasciato, più appare lontana, irraggiungibile la meta del proprio cammino.
C’è nella migrazione una dimensione ineliminabile che rappresenta il «negativo» del viaggio di Ulisse. L’Itaca che ti dà l’avventura del viaggio (Kavafis), la meta di ritorno che più l’avvicini più si allontana –allargando definitivamente l’orizzonte della tua esperienza– non fa parte dell’esilio quando esso appare definitivo, un andarsene per sempre, una volta tolti gli ormeggi. Il viandante perde la condizione prima del viaggio –il punto di partenza come meta di un ritorno da rimandare il più a lungo possibile– e cerca di ritrovarla da un’altra parte. Andando avanti nello spazio, viaggia a ritroso nel tempo. L’opposto di Ulisse, che, tornando indietro nello spazio, viaggia avanti nel tempo.
La migrazione dei nostri tempi è evento particolarmente traumatico, sradicamento totale che può portare a un ritiro catastrofico del proprio desiderio dal mondo.
Il «cittadino del mondo» non dimora qui, neppure l’esploratore alla ricerca di terre nuove (per necessità o spirito di avventura). La scena è abitata da naufraghi che la deriva può portare a una spiaggia accogliente o a sbattere sugli scogli.
Le spiagge e le scogliere nella nostra civiltà iper-tecnologica e sovraffollata sono fatte di materia umana.
Sulle sponde dell’Occidente siamo noi in carne e ossa a tendere la mano ai senza terra o a restare a braccia conserte facendo cadere l’acrobata di turno nel vuoto. Sennonché, noi privilegiati, con la presunzione di potere scegliere tra accoglienza, ostilità e indifferenza, siamo ugualmente naufraghi, perduti e senza approdo visibile nel luogo in cui viviamo. Orfani dell’altro, di colui che vive dall’altra parte del confine (della strada, dello steccato) o in un altrove oltre la sottile linea di un orizzonte lontano, diffidiamo di noi stessi e abbiamo bisogno di «infiltrati» con cui prendersela, per non impazzire.
Si nasce per sradicamento e se l’esperienza, di per sé lacerante, della separazione dal sentimento di appartenenza, non esita in rovina, è perché l’altro si costituisce come sponda necessaria per la scoperta del mondo e il radicamento in esso. Questo radicamento non è quello di un albero: è fondato, al tempo stesso, sul senso di appartenenza a un posto e sul viaggio. Se tutto va bene, alloggiamo nel mondo in modo eccentrico, isterico: ben radicati e in transito, cittadini e apolidi.
Il sentimento di appartenenza è da sempre frainteso come patto tribale difensivo, che divide il familiare dall’estraneo. In realtà il legame con le proprie origini è sentimento di auto-appartenenza, presenza in sé che presente l’alterità. Le nostre radici sono la vita nel suo spontaneo fluire, l’essere tutt’uno con le cose vive del mondo che sono parte di noi, sentono e respirano con noi. L’appartenenza a se stessi uniti alla materia prima della vita, è alla base del sentire comune. Questo sentire non è chiuso in un posto: l’affinità è presentimento di ciò che è diverso.
Dove l’appartenenza perde il suo legame con l’alterità — il principio della differenza che plasma la materia umana– si perde il senso stesso del viaggio. L’umanità è in transito verso il nulla, mentre l’indifferenza danza con la paranoia.

venerdì 11 dicembre 2015

Laura Silvia Battaglia commenta le elezioni francesi (e non solo)




La giornalista Laura Silvia Battaglia ci ha mandato questo suo contributo a commento delle elezioni francesi e alla rinuncia, da parte della Francia, della Convenzione dei diritti dell'Uomo.



L'Associazione per i Diritti umani la ringrazia.



Libertà, uguaglianza, fraternità. I tre pilastri della rivoluzione francese, innalzati nel 1789 comunque a prezzo di sangue, come in tutte le rivoluzioni, sono stati e saranno ulteriormente e progressivamente abbattuti nei mesi a venire. La libertà con una serie di misure di controllo sui movimenti dei cittadini e dei residenti temporanei, della libertà di espressione, financo sull'uso di sistemi di comunicazione criptati VPN e TOR su internet, utili anche a giornalisti investigativi e attivisti dei diritti umani; l'uguaglianza, con l'annunciata rinuncia al rispetto della Cedu, la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, che, con una deroga di tre mesi a causa di "minacce alla vita della nazione", prevede, tra gli altri, la sospensione del diritto a equo processo, nonostante vieti comunque, sulla carta, l'applicazione di torture in carcere; la fraternità con un crescente sospetto sociale verso i musulmani che la conquista di sei seggi regionali da parte della destra nazionalista della Le Pen potrebbe sterzare verso assai più che una semplice islamofobia.

Occorre chiedersi, a poca distanza dai fatti del Bardo ma anche abbastanza a freddo rispetto ad alcune settimane fa, se la nazione che ha inventato la libertà laica e ha abolito la parola libertinaggio dai vocabolari in nome della bohemè, non stia derogando al suo principio fondante, in nome di una presunta e comunque fallibile sicurezza. Noi attendiamo la fine di questi tre mesi, abbastanza certi che presto nascerà una Guantanamo europea.

mercoledì 9 dicembre 2015

Barbara Spinelli presenta un’interrogazione sull'hot spot di Lampedusa con 22 eurodeputati di diversi gruppi politici

Bruxelles, 9 dicembre 2015 L'eurodeputata Barbara Spinelli (Gue-Ngl) ha presentato un'interrogazione alla Commissione contestando le pratiche che le autorità Italiane stanno svolgendo nell'hot spot di Lampedusa, centro ufficialmente gestito dall'Unione Europea. "Da settembre le autorità Italiane hanno adottato nuove pratiche illegali in violazione dei diritti dei migranti e dei richiedenti asilo presso l'hot spot di Lampedusa", ha dichiarato. "Arrivati nell'hot spot, i migranti sono frettolosamente intervistati e ricevono un formulario incompleto senza informazioni sul diritto all'asilo. Pertanto, molti migranti ricevono provvedimenti di respingimento senza avere avuto l'opportunità di chiedere asilo ai sensi delle direttive 2011/95/UE detta "Direttiva Qualifiche" e 2013/32/UE detta "Direttiva Procedure". Una volta ricevuti i provvedimenti di respingimento, i migranti sono cacciati dai centri con un documento che li obbliga a lasciare il paese entro sette giorni dall'aeroporto di Roma - Fiumicino”. "La direttiva 2013/32/UE stabilisce, qualora migranti detenuti in centri di trattenimento desiderino presentare una domanda di protezione internazionale, che tutte le informazioni sulla possibilità di farlo sia loro garantita (Articolo 8). Peraltro", ha continuato l'eurodeputata "il §27 della stessa direttiva stabilisce che i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che hanno espresso l’intenzione di chiedere protezione internazionale siano considerati richiedenti protezione internazionale: in quanto tali, devono poter godere dei diritti di cui alle direttive 2013/32/UE e 2013/33/UE”. L'interrogazione si conclude considerando che tali pratiche dimostrano gravi mancanze riguardo la tutela dei diritti umani dei migranti e richiedenti asilo. In particolare, non avendo tenuto conto delle circostanze specifiche di ciascun caso nel rilascio di provvedimenti di respingimento, contravvengono all'articolo 19 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea e alla giurisprudenza consolidata della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo. L'eurodeputata, insieme a 22 colleghi di diversi gruppi politici (Socialisti, Liberali, Verdi, Sinistra unitaria europea) chiede alla Commissione di indagare sulla compatibilità di tali pratiche di gestione degli hot spot con il diritto dell'Unione Europea.

venerdì 4 dicembre 2015

Giornata internazionale per le persone disabili

"La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è un punto di riferimento
fondamentale per la tutela dei loro diritti verso una piena inclusione e partecipazione nella società. Troppe barriere sono ancora di ostacolo alla piena fruizione dei diritti di cittadinanza da parte di chi è portatore di una disabilità, sia essa fisica, mentale o relazionale": queste le parole del Presidente Sergio Mattarella in occasione, oggi, della Giornata Internazionale per le persone con disabilità; un tema, questo, che a noi è molto caro e di cui ci siamo occupati più volte (vedi articoli e interviste pubblicate nei mesi scorsi).
Secondo una recente indagine dell'Istat, nel nostro Paese vivono oltre tre milioni di persone gravemente disabili: solo 1,1 milione di loro percepisce l'indennità di accompagnamento, uno su cinque è inserito nel mondo del lavoro, meno di sette su 100 riceve un aiuto domestico.
Il Presidente ha aggiunto: " E' compito della società nel suo insieme, delle istituzioni, dei corpi intermedi, delle famiglie, dei singoli abbattere questi muri e far crollare le barriere, fisiche e culturali, che impediscono una piena partecipazione alla vita della società. la diversità, delle scelte e delle abilità, è un patrimonio comune. la vita di tutti ne uscirà arricchita": parole importanti, che ci chiamano in causa direttamente perché, sempre come ha ricordato Mattarella, " la capacità di rispondere ai bisogni delle persone con disabilità è il metro attraverso cui si misura la nostra convivenza civile".

 

giovedì 3 dicembre 2015

“So Dukhalma – Quello che mi fa soffrire”, il nuovo rapporto dell’Associazione 21 luglio sul disagio interiore dei minori e delle famiglie rom

Come vivono i minori rom all’interno di un ghetto, isolati dal centro abitato e senza spazi per giocare ed esprimere la propria personalità? Quali disagi provocano la povertà, la discriminazione della società e la mancanza totale di stimoli e riconoscimenti all’interno del proprio contesto abitativo?
Sono questi gli interrogativi alla base di “So Dukhalma – Quello che mi fa soffrire, il nuovo rapporto dell’Associazione 21 luglio sul disagio interiore dei minori e delle famiglie rom residenti negli insediamenti istituzionali che verrà presentato giovedì 10 dicembre alle ore 17.30, presso l’aula V della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università la Sapienza di Roma (città universitaria), in Piazzale Aldo Moro, 5.
La ricerca ha sviluppato un’indagine su un campione di minori tra gli 8 e i 15 anni che vivono nel “villaggio della solidarietà” di Castel Romano, comparando dati e osservazioni con le famiglie rom che vivono in abitazioni convenzionali.
 
Interverranno alla presentazione del rapporto:
 
Carlo STASOLLA, presidente dell’Associazione 21 luglio
Natale LOSI, antropologo-medico e direttore della Scuola Quadriennale di Psicoterapia Etno Sistemico Narrativa di Roma
Angela TULLIO CATALDO, autrice della ricerca, Associazione 21 luglio
 
Ai partecipanti sarà distribuita copia gratuita del reportage fotografico ispirato alla ricerca, “So Dukhalma –Quello che mi fa soffrire“.
La ricerca è stata realizzata con il sostegno della Fondazione Bernard Van Leer.
L’autrice del testo, Angela Tullio Cataldo, ha condotto la ricerca con il supporto di Luca Facchinelli, Cristiana Ingigneri, Emiliana Iacomini e sotto la supervisione scientifica di Natale Losi, direttore della Scuola Quadriennale di Psicoterapia Etno Sistemico Narrativa di Roma.
Le fotografie del reportage sono state scattate da
Stefano Sbrulli, photoreporter e digital designer, presso il “villaggio della solidarietà” Castel Romano e presso le famiglie rom residenti in abitazioni private a Roma.

mercoledì 2 dicembre 2015

Sgombero del centro Baobab: anche il Naga esprime la sua solidarietà

Il Naga esprime la sua solidarietà e la sua vicinanza al Centro di accoglienza Baobab di Roma e alla Caritas.

Il blitz delle forze dell'ordine in tenuta anti sommossa che sono entrati nel Centro a Roma con il pretesto che l'intervento rientrava nell'ambito delle operazioni per la sicurezza del Giubileo, si è concluso con il fermo di 24 cittadini stranieri per motivi che, allo stato, nulla paiono avere a che fare con il terrorismo.

Inoltre, varie sedi della Caritas hanno subito attacchi, nella notte, da parte di organizzazioni di estrema destra con l'accusa di aiutare "le orde di immigrati".

Stigmatizziamo energicamente questo tipo di comportamenti che, pur nella loro evidente diversità, ci preoccupano profondamente. Ci auguriamo che non si tratti dei primi atti di un giro di vite generalizzato e indiscriminato nei confronti dei cittadini stranieri presenti nel nostro paese e delle associazioni che si occupano dell'assistenza ai profughi e ai richiedenti asilo.
 
Non permetteremo che i migranti diventino le prime vittime collaterali della "guerra al terrorismo" e continueremo a svolgere le nostre attività a favore di tutti i cittadini stranieri senza farci intimidire e rivendicando le nostre pratiche di accoglienza.

martedì 24 novembre 2015

Déjà vu: un commento sui dati degli sgomberi dei ROM diffusi dal Comune di Milano



"I numeri sono eclatanti" spesso si dice di un atleta che ha fatto delle prestazioni notevoli in un certo periodo di tempo. La Repubblical'ha invece utilizzato ieri, sabato 7 novembre, per informare della performance del Comune di Milano, che ha eseguito "1284 allontanamenti
di nomadi" dal 2013 a oggi, circa 1,3 al giorno.

La cosa strana è che a Milano nel 2013 c'erano circa tremila cittadini rom e sinti e tremila ce ne sono anche oggi, tra cittadini italiani e non, regolari e non. Per la stragrande maggior parte in condizioni precarie. Dunque, non un grande risultato? Dipende.
La cosiddetta integrazione, che fa da paravento all'intera operazione, non c'è stata.
La muscolarità (ad altre latitudini politiche si parla di celodurismo) e la difesa della cosiddetta legalità, sì.
La polverizzazione dei gruppi e delle famiglie, anche.

Effettivamente (oltre all'effetto reale degli sgomberi: le case e i ripari sfasciati, la roba perduta, i bambini piangenti, le scarpe sparse), quello che infastidisce di più è la retorica buonista dell'inclusione sociale o del superamento della discriminazione. Tanto per cominciare sgomberiamone parecchi al giorno e molte più volte.
Se poi alcuni sono in campi autorizzati, come quello di Via Idro, chiudiamoli e offriamogli un' "alternativa abitativa provvisoria".
Peccato che il campo di Via Idro dal 1989 in avanti è stato concesso in uso a tempo indeterminato a un tot di nuclei familiari, che infatti ci risiedono.

Come se agli abitanti di una casa popolare degradata si dicesse di lasciarla, perché verrà abbattuta, e di andare a stare in un dormitorio, più o meno dignitoso, per tre o sei mesi.
Il Naga non è a favore del mantenimento dei campi, a prescindere, ma è fermamente contrario agli sgomberi forzati. I progetti interculturali si fanno insieme ai soggetti interessati oppure non esistono.

Afferma Pietro Massarotto, presidente del Naga: "Il quinquennio della giunta attuale era per noi cominciato con una causa nei confronti di Lega Nord e PDL per i manifesti affissi e le dichiarazioni fatte durante la campagna elettorale, in cui si paventava il rischio che la città potesse diventare una Zingaropoli in caso di vittoria del centro-sinistra, si conclude con 1284 sgomberi (più quelli che verranno) e una causa contro la chiusura coatta del campo autorizzato di Via Idro. Un déjà vu inaspettato."


mercoledì 18 novembre 2015

La carta di Beirut: l'Islam liberale non vuole la violenza



"Non si può costringere alla conversione né perseguire chi ha una fede diversa dalla propria. L’islam vieta di condurre una guerra contro chi è diverso, scacciarlo dalle propria terre e limitarne la libertà in nome della religione. Beirut si fa portavoce dell’islam liberale che vuole la convivenza con i cristiani, di cui è ricca la tradizione del Libano": queste sono alcune delle importanti affermazioni contenute nella “Dichiarazione di Beirut sulla libertà religiosa”, pubblicato dalla Mokassed di Beirut, associazione sunnita vicina a Dar el-Fatwa. Il messaggio è stato preparato il 20 giugno scorso.
 
La dichiarazione di Beirut sulle libertà religiose
Il Libano, gli altri Paesi Arabi e i musulmani sono oggi in tumulto a causa della religione, del settarismo e del confessionalismo. Le persone sono uccise, escluse della propria casa e della dignità.
In questa situazione anormale, la religione è sfruttata per motivi politici, sacrificando invano persone, Paesi e civiltà. Questo sta provocando il sorgere dell’islamofobia in varie parti del mondo. La convivenza e i valori ereditati dalla nostra civiltà, come pure il futuro dei nostri giovani, sono seriamente minacciate. Molte iniziative arabe e islamiche hanno tentato di porre rimedio, e perfino combattere questa situazione, per correggere e rigettare la violenza perpetrata in nome della religione.
L’Associazione filantropica islamica Makassed di Beirut, che è impegnata nei valori educativi, islamici e nazionali, si trova obbligata a sostenere e diffondere la cultura della tolleranza e della ragione (enlightenment). Essa si ritiene responsabile nel costruire una società dove le persone possono vivere insieme in libertà, in una società civile e di progresso che può affrontare i pericoli che minacciano la nazione, i suoi cittadini, i valori morali e religiosi.
La Makassed, in quanto organizzazione araba e nazionale, è chiamata a opporsi all’estremismo e alla violenza, e per questo annuncia la Dichiarazione di Beirut sulle libertà religiose, confermando i valori tradizionale che sono gli illuminati valori di Beirut e del Libano, per salvaguardare la dignità di ogni cittadino ed essere umano. Perciò, la Makassed spera di salvare e proteggere la religione da coloro che tentano di prenderla in ostaggio con falsi slogan.

1. La libertà di fede, di culto ed educazione
La fede religiosa è una libera scelta e un libero impegno. È un diritto di ogni persona. Il Sacro Corano inequivocabilmente protegge questo diritto quando dice:
“Non c’è costrizione nella religione. L’orientamento giusto è stato distinto dall’errore” (Al-Baqara 256).
E in un altro versetto:
“Quindi ricordati! (rivolto al Profeta, la pace sia con lui) Perché tu non sei che un promemoria; tu non hai influenza su di loro” (Al-Ghashiyah 22).
Per più di 13 secoli, la nostra terra ha visto moschee, chiese e luoghi di culto costruiti fianco a fianco. Noi vogliamo che questa eredità di libertà, di collaborazione e di vita comune rimanga profondamente salda nella nostra terra, nelle nostre città e tra i nostri giovani. La nostra religione e tradizioni nazionali, le nostre alleanze e le nostre leggi ci guidano ad aderire fermamente a questi principi.
Negare il diritto delle comunità cristiane di esercitare la loro libertà religiosa e distruggere le loro chiese, i loro monasteri e istituti educativi e sociali, è contrario agli insegnamenti dell’islam ed è una violazione palese dei suoi principi, visto che questi abusi sono compiuti nel suo nome.
Di conseguenza, noi proclamiamo, dal punto di vista islamico, umanitario e nazionale, che noi siamo assolutamente contrari a questi atti distruttivi e facciamo appello ai nostri compatrioti cristiani perché resistano agli atti di terrore che cercano di cacciarli dalla loro terra e li sollecitiamo a rimanere attaccati e radicati in profondità a queste terre, insieme ai loro fratelli musulmani, godendo insieme a loro degli stessi diritti e doveri. In questo modo loro, con i compatrioti musulmani, salvaguarderanno i nostri valori comuni e la nostra convivenza in una comunità multireligiosa e onnicomprensiva.
La nostra eredità comune, come credenti in Dio, ci impone di rigettare la costrizione in ambito di fede, di rispettare la libertà intellettuale e di accettare le differenze fra gli uomini come un espressione del volere di Dio. Solo Dio può giudicare dli uomini laddove essi differiscono.

2. Il diritto alla dignità
Questo è un diritto proclamato dal testo coranico. Il Sacro Corano dice:
“Abbiamo onorato la progenie di Abramo e l’abbiamo portata per terra e per mare. Li abbiamo rifocillati di prelibatezze e li abbiamo  preferiti di gran lunga tra molti che abbiamo creato” (Al-Israa’ 17:70).
Perciò, l’uomo ha dignità in quanto essere umano. Il fondamento della sua dignità è il fatto che è stato dotato di ragione, libertà di credere, d’opinione e d’espressione. Egli è responsabile in modo diretto davanti a Dio per l’esercizio delle sue libertà. È diritto dell’uomo godere di protezione della sua libertà da parte dell’autorità al governo; nessuno ha il diritto di giudicare le persone per la loro fede e di perseguitarle e discriminarle per ragioni religiose o etniche. Dio l’Altissimo dice:
“Non dire ad alcuno che si sottomette a te in pace: ‘Tu non sei un credente’, cercando così il bottino della vita presente” (Al – Nisa’ 4:94).
“Tutta l’umanità è la progenie di Adamo”, ha detto il Profeta Maometto (la pace sia con lui) nell’ultimo sermone. Egli ha anche detto “tutti gli esseri umani sono uguali”.
Il Sacro Corano riconosce solo due ragioni per una guerra difensiva: la persecuzione religiosa e l’espulsione dalla propria terra. Il Sacro Corano dice:
“Riguardo a coloro che non ti hanno combattuto per la tua religione, che non ti hanno cacciato dalle tue case, Dio non vi vieta di trattare loro in modo onorevole e di agire con bontà nei loro confronti, perché Dio ama coloro che agiscono con onestà” (Al-Mumtahinah 60:8).
Agli occhi del Corano, nessuno ha il diritto di fare la guerra ad una persona a causa del suo credo o ad un popolo o una comunità per cacciarli dalle loro case, o privarli della loro terra. È perciò nostro dovere unire gli sforzi per proteggere le libertà religiose e nazionali, rispettare la dignità umana per proteggere la convivenza sulla base della giustizia e dell’amore.

3. Il diritto alla differenza, il diritto alla pluralità
Il diritto ad essere diversi è confermato da Dio che dice:
“Oh umanità, noi ti abbiamo creata maschio e femmina, e formata in nazioni e tribù così che vi possiate conoscere. Agli occhi di Dio, i più nobili in mezzo a voi sono i più pii” (Le Stanze 49:13).
Le differenze tra le società e la loro pluralità, la libertà individuale e comunitaria tra le società e i gruppi sono un fenomeno naturale. Conoscere e riconoscersi gli uni gli altri è un comando divino. Mai le società umane sono state una o la stessa nel loro atteggiamento e nel loro modo di vivere, o anche nel loro credo religioso.

4. Il diritto a partecipare alla vita politica e pubblica
Il diritto di partecipare alla vita politica e pubblica è fondato sui principi dell’uguaglianza, della libertà di scelta e della responsabilità individuale. L’islam, come dichiara il documento di Al-Azhar, non impone uno specifico regime politico e non approva uno Stato religioso. Il sistema politico, in qualunque società, è la creazione della gente in quella società, musulmani e non musulmani. Secondo gli accordi comuni come cittadini, il popolo sceglie il proprio sistema di governo, ed essi lo cambiano secondo la loro libera volontà secondo i loro migliori interessi. Perciò, considerare uno specifico sistema politico come sacro o infallibile, o come una materia di fede religiosa, è un fraintendimento della religione e una imposizione sulla gente, che sia musulmana o non musulmana. Tutte le persone sono custodite dallo Stato nazionale che essi hanno creato insieme, ed essi rispettano la costituzione e le leggi che li considera uguali in diritti e doveri.

5. Il nostro impegno per le alleanze arabe e internazionali
La cultura araba ha avuto una civiltà gloriosa e pluralista, che ha contribuito al progresso del mondo. Essa ha creato Stati e sistemi di governo e istituzioni. La religione non è mai stata un ostacolo a questi traguardi. Se noi oggi ci volgiamo contro questa cultura in nome della religione, noi tradiamo la grande eredità del passato e la nostra costante lotta per il progresso e la sicurezza. Noi siamo impegnati a sostenere la Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e le successive Dichiarazioni arabe. L’ultima di queste è la dichiarazione di al-Azhar riguardo le libertà fondamentali.
Noi siamo parte di questo mondo, e aspiriamo a essere positivamente partecipi del suo progresso. Non siamo spaventati dal resto del mondo e non vogliamo essere una fonte di paura per gli altri. Non vogliamo isolarci dal resto del mondo e non vogliamo  che il mondo si isoli da noi. Ricordiamo che i musulmani costituiscono un quinto della popolazione mondiale, e un terzo di essi vive in Paesi non musulmani.

6. Il nostro impegno verso il Libano perché sia una patria e uno Stato democratico unificato
Basata sui valori di libertà, libera associazione e vita sociale comune, la formula libanese dello Stato ha creato un sistema consensuale, che garantisce le libertà di base e ha condotto ad uno Stato fiorente. Certo, noi riconosciamo che il sistema libanese di governo soffre di grossi problemi, ma questo sistema rimane aperto a miglioramenti, nella misura in cui la libertà politica e religiosa sono garantite e la volontà del popolo è salvaguardata. I pensatori e intellettuali libanesi musulmani, molti dei quali sono laureati alla Makassed, hanno contribuito a questa cultura di libertà e a questo pensiero islamico liberale. Essi si sono uniti ad altri intellettuali libanesi nel tracciare l’Alleanza nazionale, gli accordi di  Taef e i Dieci principi che Dar Al Fatwa ha proclamato nel 1983. Quest’ultimo documento afferma i principi della cittadinanza comune, del governo civile, delle libertà civili e della lealtà al Libano come Stato sovrano e patria per tutti i cittadini. Noi vogliamo che il Libano rimanga unito e democratico, protettore delle libertà e dei diritti di tutti i cittadini e un modello di società plurale e libera. Il Libano sarà quindi un esempio da seguire per tutti i regimi arabi che stanno soffrendo profondamente a causa dell’estremismo e dell’intolleranza e dei crimini commessi in nome della religione, che cacciano le persone fuori delle proprie case, ignorando i principi della convivenza e della dignità umana. Il modello libanese sarà [uno] di tolleranza, di non violenza e di umanesimo.  

7. Il ruolo e l’impegno della Makassed
La Makassed rimarrà fedele alla sua missione e ai suoi principi come sono stati definiti 137 anni fa. Esso sgi impegna per la libertà di educazione e l’insegnamento della tolleranza religiosa. La Makassed ha insegnato l’islam a numerose generazioni tramite rinomati insegnanti proveniente dal Libano e da altri Paesi arabi.
Noi faremo rivivere questa tradizione e riformeremo l’insegnamento dell’islam in stretta collaborazione con Dar Al Fatwa, e beneficeremo dai recenti metodi innovativi di insegnamento di materie civiche. La Makassed è sempre stato un faro di tolleranza nell’educazione civica e religiosa. Col volere di Dio, rimarrà tale.
Beirut è stata “la Madre delle leggi” e una casa per la libertà e la creatività. Allo stesso modo in cui ha partecipato alla creazione dello Stato moderno e al progresso della libertà, essa si sforza di rimanere tale, insieme coi musulmani, i non musulmani, con la Makassed, in questi tempi difficili per gli Arabi e per il Libano. Beirut rimarrà la torcia dell’illuminismo musulmano, del progresso arabo e della pace umanitaria.


domenica 15 novembre 2015

Farid Adly commenta la strage di Parigi

L'Associazione per  i Diritti umani ringrazia molto il giornalista Farid Adly per questo suo commento alla strage di Parigi.
 
 
 
La strage di Parigi è un crimine orrendo, che dimostra la lontananza abissale di questi terroristi dalla vera fede islamica. E' stata presa di mira gente innocente che stava godendosi la vita. Sono stati colpiti i simboli della cultura, dello sport e dell'intrattenimento sociale. Gli jihadisti esprimono così il loro odio per la vita, in un macabro scenario di morte e distruzione. Sono una minoranza nel mondo arabo e islamico, ma una minoranza rumorosa che trova amplificazione in Occidente presso i sostenitori dello scontro tra civiltà. Certi sciacalli per un pugno di consensi sono capaci di addossare le responsabilità di ciò che è accaduto a Parigi sulle spalle degli immigrati di origine araba e islamica. Non è un'operazione nuova. La scena politica Italiana non è nuova a simili operazioni. E' stata già tentata negli anni ottanta, ma fallì miseramente.
La nostra condanna al terrorismo, noi maggioranza degli arabi e dei musulmani, cittadini e residenti in questo Paese, non è dettata né da un senso di colpa, né dal timore di essere additati, ma dal nostro credo democratico e progressista. Già ho espresso questo mio convincimento in un appello del Novembre 2003, in occasione del dialogo cristiano islamico e lo ripeto oggi: "Ora basta! Ogni nostro ulteriore silenzio è complice" e a questo appello vorrei ricordarne un altro, lanciato nel 2001, "OCCIDENTALI, NON VENDETECI PIU' ARMI!". La crisi che attanaglia la nostra regione è originata dalla presenza di ingenti risorse energetiche; ricchezze che si sono rivelate una catastrofe e hanno destabilizzato la regione, che è la prima mondiale per l'import di armamenti.

venerdì 13 novembre 2015


L'ASSOCIAZIONE PER I DIRITTI UMANI



Associazione per i Diritti Umani




PRESENTA



il saggio “Egitto, democrazia militare”

di Giuseppe Acconcia





mercoledì 18 NOVEMBRE, ore 19

presso



BISTROT DEL TEMPO RITROVATO

Via Foppa, 4 (MM Sant'Agostino) MILANO





L’Associazione per i Diritti Umani organizza l'incontro nell'ambito della manifestazione “D(I)RITTI AL CENTRO!”.



Presentazione del saggio il saggio “Egitto, democrazia militare” di Giuseppe Acconcia, Exòrma edizioni.







Il saggio:

L'incoronazione dell'ex generale Abdel Fattah al-Sisi come nuovo presidente egiziano ha chiuso tre anni rivoluzionari che hanno cambiato il Paese. Il racconto dal basso delle rivolte di piazza descrive un Egitto straordinario, diviso tra modernità e tradizione, dalla repressione di migranti e minoranze, alla punizione collettiva delle tribù del Sinai, dagli operai delle fabbriche di Suez al massacro di Rabaa al-Adaweya.





Coordina: Alessandra Montesanto, Vicepresidente Associazione per i Diritti Umani





giovedì 12 novembre 2015

Hate crimes in Europe: il caso della morte di Pavlos Fyssas

di Cinzia D'ambrosi


Il caso della morte di Pavlos Fyssas

Questo breve articolo presenta il caso della morte di Pavlos Fyssas avvenuta il 17 Settembre 2013 e le ragioni per cui il suo processo attuale e' importante non solo per la Grecia, ma per l'intera Europa. La morte di Pavlos Fyssas, a causa di un fatto di razzismo, ha dell' implicazioni molto profonde perche' tocca le fondamenta del sistema giudiziario a cui noi, in quanto cittadini ed individui, facciamo riferimento.

Pavlos Fyssas, 34enne attivista della sinistra e musicista hip-hop, e' stato accoltellato a morte da alcuni membri della Golden Dawn (partito dell'estrema destra) nel distretto di Keratsini ad Atene. Era con degli amici in un caffe' a guardare una partita di calcio, quando uno di questi ha fatto un' osservazione contro il Golden Dawn che purtroppo fu sentita da un membro proprio di quel partito che sedeva al tavolo accanto. Costui si è subito messo in contatto tramite cellulare con dei membri della Golden Dawn che in breve tempo, numerosi e con la polizia DIAS in motocicletta hanno circondato il caffe'. Pavlos stava cercando di aiutare i suoi amici a lasciare la scena quando è stato attaccato.

Per la prima volta e' in corso un processo d'omicidio contro i membri della Golden Dawn. Sin dal suo inizio ci sono state molte controversie, tra cui il fatto che il processo si stia svolgendo nella piu' grande prigione della nazione, Korydallos, in periferia d' Atene ed in una zona che ha molte affiliazioni di destra. Tutti i testimoni, inclusi il padre di Pavlos Fyssas ed i suoi avvocati, sono stati intimiditi ed anche attaccati. Ottenere un giudizio giusto e quindi ottenere una vittoria contro il razzismo e' d'importanza notevole cosi' come poter incoraggiare altre vittime a farsi venire avanti e denuniciare. Perdere il processo vorrebbe dire ristabilire il potere delle destre sul sistema giudiziario.




Didascalia:

Il processo e' controversialmente in corso nel Korydallos, la piu' grande prigione della Grecia. Foto di Cinzia D'Ambrosi.






The Case of Pavlos Fyssas death

This brief article is an introduction to the case of Pavlos Fyssas death on the 17th Septmber 2013 and why its current trial is very important not just for Greece but for Europe. Pavlos Fyssas death following a racist incidence has profound implications because it touches the foundations of the Justice System which we, as individuals and societies, rely on. It is also an example of courage.

Pavlos Fyssas, a 34-year-old left-wing activist and hip-hop artist, was stabbed to death by Golden Dawn supporters in the Keratsini district of Athens. He was with friends in a coffee shop and one of his friends made a remark against the Golden Dawn. It was overheard by someone on a nearby table, who called by cell phone members of the Golden Dawn and DIAS motorbike police. Soon the coffee shop was surrounded by numerous Golden Dawn members. Pavlos was trying to help his friends to escape when he was knifed and died at the scene. The trial against the perpetrators, members of the Golden Dawn is the first of the kind. The trial is being controversially held in the country's biggest jail, Korydallos prison and in an area known for far right affiliation. All the witnesses, including the father of Pavlos Fyssas, the boy who was killed have been intimidated at the start of the trial. Reaching a just verdict is a victory over racism and an encouragement for the many victims to come forward. Losing will only re-initiate the discourse of government and far right affiliations, and overall a defeat on our Justice System.




mercoledì 4 novembre 2015

Dossier sull'immigrazione





L’utilità di un Rapporto statistico appare evidente per la comprensione di un fenomeno complesso quale quello dell’immigrazione, una realtà che in Italia è andata acquistando una dimensione crescente nel corso degli ultimi decenni.
È questo l’ambito in cui è specializzato il Centro Studi e Ricerche IDOS/Immigrazione Dossier Statistico, che dal 2004 cura e pubblica l'omonima ricerca Dossier Statistico Immigrazione. Il Rapporto annuale, in precedenza realizzato per organizzazioni ecclesiali, nel 2013 e nel 2014 è stato curato per conto della Presidenza del Consiglio dei Ministri/Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali.
Il Dossier offre un’analisi organica delle migrazioni imperniata su vari aspetti, con un ampio supporto di dati statistici: il contesto internazionale; i flussi migratori e la presenza di immigrati e rifugiati in Italia; il mondo del lavoro; i diversi livelli di inserimento sociale; i contesti regionali.
I redattori del Rapporto sono strutturati in una redazione nazionale e in referenti regionali che operano a titolo personale o come rappresentanti di organizzazioni locali. Il loro impegno consiste nell’unire al rigore scientifico e all'analisi socio-statistica, la semplicità espositiva al fine di soddisfare le esigenze di tutti i lettori, dai funzionari pubblici agli operatori sociali, dagli studenti ai ricercatori, dagli stessi immigrati ai cittadini di altri paesi interessati a conoscere la situazione italiana.
Il sito, attraverso schede sintetiche, presenta lo stato dell’immigrazione rilevato anno per anno e offre una visione d’insieme delle numerose pubblicazioni monografiche apparse nelle Edizioni IDOS ed eventualmente disponibili su richiesta.
Ampio risalto è dedicato anche ad altri Rapporti annuali: l’Osservatorio Romano sulle Migrazioni, promosso da Caritas di Roma, CCIAA e Provincia di Roma; Il Lazio nel Mondo. Immigrazione ed emigrazione promosso dalla Regione Lazio; i Rapporti dell'European Migration Network (dal 2004 a marzo 2014). Nel periodo 2006-2012, IDOS ha anche curato e pubblicato per la Fondazione Migrantes il Rapporto Italiani nel Mondo.



Qui trovate la scheda di sintesi: http://dossierimmigrazione.it/comunicati.php?tipo=schede&qc=143


Per ulteriori informazioni: http://dossierimmigrazione.it/

mercoledì 7 ottobre 2015

Dichiarazioni delle Europarlamentari Barbara Spinelli e Eleonora Forenza contro lo sgombero del campo rom a Pisa




Apprendiamo con preoccupazione le notizie relative all’imminente sgombero del campo rom della Bigattiera, nel Comune di Pisa. Il Sindaco della città ha firmato in queste ore l’ordinanza DD-08 / 12 del 25/09/2015, Codice identificativo 1190162, con la quale ordina «l’allontanamento di tutte le persone presenti e/o dimoranti abusivamente nell’area entro tre giorni». L’ordinanza non dispone alcuna alternativa per gli abitanti del campo – tra i quali vi sono numerose famiglie con bambini anche molto piccoli – e in pratica si limita a buttare in mezzo a una strada centinaia di persone.
Si tratta dell’esito ultimo di una politica del Comune di Pisa volta a ridurre le presenze rom nel territorio, come dichiarato esplicitamente dall’amministrazione nel Dicembre 2014. Più volte la Giunta municipale ha parlato di un “carico eccessivo” di persone rom, la cui presenza andava diminuita con drastiche politiche di contenimento numerico: evidentemente un intero gruppo etnico, in quanto tale, rappresenta agli occhi del Comune un “problema”.

Come parlamentari europee, vorremmo ricordare che queste politiche sono in evidente contrasto con tutte le normative dell’Unione. Già nel 2011, infatti, la Commissione – con la propria Comunicazione n. 173, recepita anche dal Governo italiano – aveva richiamato gli Stati Membri a promuovere politiche di inclusione nei confronti delle popolazioni rom e sinte, superando la pratica illegale degli sgomberi forzati.

Ricordiamo inoltre che gli sgomberi forzati sono vietati dalle Nazioni Unite (risoluzione n. 1993/77) e dalla Carta Sociale Europea: gli strumenti di diritto internazionale obbligano le autorità a fornire un congruo preavviso, a predisporre soprattutto soluzioni abitative per tutte le persone e le famiglie coinvolte, e in generale a garantire un’ampia partecipazione degli interessati ai programmi di superamento dei campi: queste regole valgono anche per gli insediamenti cosiddetti “abusivi”, e a prescindere dallo status giuridico delle persone (dalla regolarità del loro soggiorno).

Il Comune di Pisa sta agendo in aperta violazione di tali norme: cosa che appare tanto più grave in quanto il Consiglio comunale stesso, due anni fa, aveva indicato una strada diversa per superare l’insediamento della Bigattiera, e per garantire alle famiglie un alloggio dignitoso.

Oggi invece l’amministrazione sceglie di violare le normative europee e internazionali, adducendo come motivazione problemi igienico-sanitari che sono stati creati dalla stessa azione amministrativa. In tal modo il Sindaco di Pisa si assume una responsabilità gravida di conseguenze. Come parlamentari europee, ci rivolgeremo alla Commissione per chiedere che siano presi immediati provvedimenti ed eventuali sanzioni, affinché siano rispettati e garantiti i diritti umani e civili delle persone che abitano alla Bigattiera.



lunedì 5 ottobre 2015

Corso di narrazione sociale, LIBRERIA LES MOTS, Milano


L'Associazione per i Diritti Umani



in collaborazione con Libreria LES MOTS

via Carmagnola angolo via Pepe - Milano (MM2 e MM5 Garibaldi)



 
 
 


presenta

corso di narrazione civile

con STEFANO VALENTI, autore del romanzo “La fabbrica del panico”, vincitore del Premio Campiello – Opera prima



LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA: DAL RACCONTO ORALE AL RACCONTO SCRITTO

In particolare: narrazione sociale e civile



La narrazione è un affidabile metodo di condivisione in quanto permette al soggetto narrante di esporre fatti reali inerenti la propria vita. Nel raccontarla, il narratore tende a intensificare la conoscenza pratica che ha di sé stesso e del mondo perché, attraverso la trasposizione in forma orale e scritta degli eventi che ha vissuto, scopre un significato più profondo della sua esistenza. Fin da epoche remote, e indistintamente ai quattro angoli del mondo, le storie tramandate sono state veicolo di trasmissione culturale e di costruzione civile.

La narrazione è una metodologia che permette di raccontare sé stessi e il proprio vissuto, ma trasformando l’esperienza personale e il proprio punto di vista in un racconto interessante e fruibile da un pubblico vasto e variegato. In particolare nel caso di vicende drammatiche e dolorose, o quando ci si trova in momenti di grande cambiamento personale e sociale, l’esigenza di raccontare si fa impellente, sia che si tratti di costruire memoria per quelli che verranno sia che si tratti di verbalizzarla per riuscire a chiarire quello che accade.

Per narrazione s’intende quindi sia l’arte di usare il linguaggio, la vocalità e la gestualità, sia quella di verbalizzarlo, per rivelare a un pubblico specifico gli elementi o le immagini di una storia la cui fruizione primaria è in tempo reale e da persona a persona.

La narrazione trova il proprio raggio d’azione non solo in ambito performativo ma anche nel settore dell’istruzione, della mediazione culturale, e del racconto civile.

RACCONTARE SE STESSI E RACCONTARE GLI ALTRI

Obiettivi: aprirsi e condividere con altri un racconto personale significa sapere esprimere il proprio punto di vista e la propria sensibilità attraverso simboli archetipi universali e tradurre il proprio vissuto in un linguaggio artistico filtrato dalla realtà.

Regalando e condividendo una storia personale si può raggiungere la giusta distanza dall’esperienza o dall’emozione vissuta, che consente di oggettivarla e relativizzarla, facilitando così il superamento dei conflitti.

Condividere e scambiarsi storie, consentendo ad altri di collaborare alla creazione del racconto, crea un forte sentimento di gruppo, di fiducia reciproca e di intimità. Chi impara a raccontare impara anche ad ascoltare meglio, a cogliere nella voce, nelle parole e nei gesti di chi si incontra lo spirito, il senso profondo della narrazione. Essere capaci di ascoltare attivamente, di raccogliere le storie che incontriamo o che ci vengono regalate, ci apre agli altri, ci avvicina a loro in uno scambio piacevole e gratificante per entrambi.

SCRIVERE IL RACCONTO



Obiettivi: il Laboratorio mira a risvegliare la capacità narrativa e ad esercitarla e arricchirla attraverso il confronto con altre narrazioni. Raccontare è ricordare e trasmettere, affidare all’immaginario dell’altro e condividere con l’altro la propria vita. Narrare è anche una necessità civile, e attraverso la narrazione l’adulto rielabora e conserva il proprio vissuto, così come il ragazzo impara a rappresentarsi il mondo.



La lettura di brani di narrativa italiana moderna e contemporanea, con particolare riferimento al romanzo civile, alla narrativa d'inchiesta, al reportage narrativo – le forme che ha assunto la più interessante narrativa italiana – stimolerà la fantasia e permetterò il confronto su diversi generi di narrazione arricchendo l'immaginario civile dei partecipanti e determinando l’affabulazione, l'Intreccio dei fatti e degli eventi che costituiscono la trama di un'opera narrativa facilitandone la produzione.

Partendo dagli stimoli ricevuti i partecipanti svilupperanno racconti e il laboratorio diventerà una officina di narrativa in costruzione. I racconti saranno analizzati e rielaborati insieme, per sperimentare come nella verbalizzazione tutto si trasforma e si tradisce.

Temi: tecnica base della narrazione, metodo delle immagini, memorizzazione e narrazione, raccolta del materiale, costruzione dello stile personale.

Destinatari: studenti, insegnanti, professionisti, operatori culturali, sociali e sociosanitari.

Durata minima sei ore. 4 incontri di due ore ciascuno.

Costi: ( totale per 6 ore : 120 euro



DATE e ORARI:

mercoledì 7 ottobre, ore 19

mercoledì 21 ottobre, ore 19

mercoledì 4 novembre, ore 19




Il laboratorio parte con una partecipazione minima di 10 persone






Corso di narrazione sociale: Bistrot del tempo ritrovato, Milano


L'Associazione per i Diritti Umani presenta



in collaborazione con il Bistro' del tempo ritrovato

(Via Foppa 4, MM Sant'Agostino - Milano)



PRESENTA

 
 
 
 


un corso di narrazione civile

con STEFANO VALENTI, autore del romanzo “La fabbrica del panico”, vincitore del Premio Campiello – Opera prima



LA NARRAZIONE AUTOBIOGRAFICA: DAL RACCONTO ORALE AL RACCONTO SCRITTO





La narrazione è un affidabile metodo di condivisione in quanto permette al soggetto narrante di esporre fatti reali inerenti la propria vita. Nel raccontarla, il narratore tende a intensificare la conoscenza pratica che ha di sé stesso e del mondo perché, attraverso la trasposizione in forma orale e scritta degli eventi che ha vissuto, scopre un significato più profondo della sua esistenza. Fin da epoche remote, e indistintamente ai quattro angoli del mondo, le storie tramandate sono state veicolo di trasmissione culturale e di costruzione civile.

La narrazione è una metodologia che permette di raccontare sé stessi e il proprio vissuto, ma trasformando l’esperienza personale e il proprio punto di vista in un racconto interessante e fruibile da un pubblico vasto e variegato. In particolare nel caso di vicende drammatiche e dolorose, o quando ci si trova in momenti di grande cambiamento personale e sociale, l’esigenza di raccontare si fa impellente, sia che si tratti di costruire memoria per quelli che verranno sia che si tratti di verbalizzarla per riuscire a chiarire quello che accade.

Per narrazione s’intende quindi sia l’arte di usare il linguaggio, la vocalità e la gestualità, sia quella di verbalizzarlo, per rivelare a un pubblico specifico gli elementi o le immagini di una storia la cui fruizione primaria è in tempo reale e da persona a persona.

La narrazione trova il proprio raggio d’azione non solo in ambito performativo ma anche nel settore dell’istruzione, della mediazione culturale, e del racconto civile.

RACCONTARE SE STESSI E RACCONTARE GLI ALTRI

Obiettivi: aprirsi e condividere con altri un racconto personale significa sapere esprimere il proprio punto di vista e la propria sensibilità attraverso simboli archetipi universali e tradurre il proprio vissuto in un linguaggio artistico filtrato dalla realtà.

Regalando e condividendo una storia personale si può raggiungere la giusta distanza dall’esperienza o dall’emozione vissuta, che consente di oggettivarla e relativizzarla, facilitando così il superamento dei conflitti.

Condividere e scambiarsi storie, consentendo ad altri di collaborare alla creazione del racconto, crea un forte sentimento di gruppo, di fiducia reciproca e di intimità. Chi impara a raccontare impara anche ad ascoltare meglio, a cogliere nella voce, nelle parole e nei gesti di chi si incontra lo spirito, il senso profondo della narrazione. Essere capaci di ascoltare attivamente, di raccogliere le storie che incontriamo o che ci vengono regalate, ci apre agli altri, ci avvicina a loro in uno scambio piacevole e gratificante per entrambi.

SCRIVERE IL RACCONTO



Obiettivi: il Laboratorio mira a risvegliare la capacità narrativa e ad esercitarla e arricchirla attraverso il confronto con altre narrazioni. Raccontare è ricordare e trasmettere, affidare all’immaginario dell’altro e condividere con l’altro la propria vita. Narrare è anche una necessità civile, e attraverso la narrazione l’adulto rielabora e conserva il proprio vissuto, così come il ragazzo impara a rappresentarsi il mondo.



La lettura di brani di narrativa italiana moderna e contemporanea, con particolare riferimento al romanzo civile, alla narrativa d'inchiesta, al reportage narrativo – le forme che ha assunto la più interessante narrativa italiana – stimolerà la fantasia e permetterò il confronto su diversi generi di narrazione arricchendo l'immaginario civile dei partecipanti e determinando l’affabulazione, l'Intreccio dei fatti e degli eventi che costituiscono la trama di un'opera narrativa facilitandone la produzione.

Partendo dagli stimoli ricevuti i partecipanti svilupperanno racconti e il laboratorio diventerà una officina di narrativa in costruzione. I racconti saranno analizzati e rielaborati insieme, per sperimentare come nella verbalizzazione tutto si trasforma e si tradisce.

Temi: tecnica base della narrazione, metodo delle immagini, memorizzazione e narrazione, raccolta del materiale, costruzione dello stile personale.

Destinatari: studenti, insegnanti, professionisti, operatori culturali, sociali e sociosanitari.

Durata minima sei ore. 3 incontri di due ore ciascuno.

Costi: 20 euro all'ora ( totale per 6 ore : 120 euro)



DATE e ORARI:



martedì 13 ottobre, ore 18.30

martedì 20 ottobre, ore 18.30

martedì 27 ottobre, ore 18.30



Il laboratorio parte con una partecipazione minima di 10 persone