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mercoledì 23 luglio 2014

Osservatorio Ucraina: intervista a Marianna Soronevych



Cari lettori, abbiamo rivolto alcune domande a Marianna Soronevych - giornalista, caporedatrice di "Gazeta ukrainska"(www.gazetaukrainska.com), il giornale per gli ucraini in Italia - per capire meglio cosa sta accadendo in Ucraina. Ringraziamo tantissimo la giornalista per queste sue notizie e riflessioni.
(Foto: activism.com)




Quando e perchè sono cominciate le manifestazioni nel Paese?

Le manifestazioni sono cominciate già qualche mese fa, come sappiamo, dopo che il Presidente Janukovyč si è rifiutato di sottoscrivere l'accordo con la comunità europea e adesso sappiamo bene che ciò è accaduto a causa delle pressioni di Mosca.

L'Ucraina si preparava da cinque anni a questo evento e, a una settimana dalla firma, l'accordo è saltato. Gli studenti hanno iniziato a scendere in piazza, a Kiev, per protestare e contro di loro sono state mandate le forze dell'ordine, i ragazzi sono stati picchiati e la situazione è andata sempre più peggiorando, tanto che i manifestanti erano sotto il tiro dei cecchini. Alla fine Janukovyč è scappato in Russia e adesso abbiamo un nuovo Presidente votato democraticamente lo scorso 25 maggio. L'Ucraina è uscita dal controllo economico e politico di Mosca e questo ha sconvolto i piani di Putin.

In Crimea sono apparsi i cosiddetti “uomini verdi”, cioè militari russi senza segni di rocnoscimento che hanno preso i palazzi di potere e le basi militari ucraine. Tutto è finito con l'annessione della Crimea, ma il referendum che è sttao fatto sull'annessione, non è riconosciuto dalla società mondiale. Questa situazione si è, poi, spostata in altre regioni dell'Ucraina dove i separatisti si presentano come cittadini ucraini e chiedono l'indipendenza delle due regioni, ma in realtà sono marionette manovrate da Putin; lui fornisce armi pesanti e militari russi, ma di nascosto.

Quella che stiamo vivendo in Ucraina è una guerra ibrida, non aperta. E' una guerra dove c'è una pressione di un Paese su un altro; una pressione economica, militare e di propaganda molto forte, sia nel Paese russo sia in alcune regioni ucraine e sia in Europa. Questa propaganda cerca di far credere che si tratti di una questione interna quando invece è una questione di conflitto tra due Paesi.

 

Cosa chiedevano in manifestanti scesi in piazza?

 

All'inizio chiedevano soltanto la sottoscrizione all'accordo con l'UE, poi le richieste si sono trasformate così come la manifestazione che è diventata la “rivoluzione della dignità”: una rivoluzione contro l'oligarchia e la corruzione. Ma le forze dell'ordine sono andate contro i manifestanti con le armi, mentre i manifestanti erano pacifici.


Cosa possono fare l'Europa e la comunità internazionale, anche alla luce degli ultimi eventi?



La comunità internazionale è stata cauta per tanto tempo e c'è stata una solidarietà a parole. Bisogna capire che in questa situazione sono minacciati i diritti dell'Uomo e le basi della democrazia, non è soltanto una questione locale.

Da quando è stato abbattuto il boeing la situazione è cambiata molto perchè sono morti anche cittadini europei e si può dire che l'Europa si è svegliata. Noi chiediamo altre sanzioni contro la Russia e chiediamo che le basi della democrazia vengano messe davanti alle questioni economiche.

 

Come è avvenuto l'abbattimento dell'aereo? Come è successo?

Ci sono intercettazioni dei discorsi di terroristi in cui si capisce molto bene cosa è successo. La piattaforma mobile con cui è stato abbattuto questo aereo è stata portata in Ucraina dalla Russia; inoltre, c'è un video con un convoglio che riporta la piattaforma in Russia, però manca un missile (e questo è un fatto documentato), perciò si dice che il missile sia partito “con la benedizione di Putin”.

In precedenza erano già stati abbattuti aerei ucraini con trenta ragazzi militari: anche questa volta loro pensavano che fosse un aereo militare; invece, andando sul posto, hanno trovato tante donne e bambini. In una intercettazione uno dice all'altro: “ Ci sono le armi?”, “No, soltanto cose civili: medicine, carta igienica”. Sembra che anche per loro sia stato uno shock.

Adesso il governo ucraino chiede un'inchiesta internazionale sull'accaduto, però i terroristi la ostacolano in tutti i modi: sappiamo che cercano di portare in Russia i corpi delle vittime e due delle tre scatole nere dell'aereo. Se arriveranno in Russia, i dati estratti dalle scatole nere non saranno più credibili: noi chiediamo che le scatole nere vengano esaminate da una commissione internazionale.

 

Qual è lo scenario per il futuro?


Speriamo molto nell'aiuto dell'Europa e dell'America. Oltre a sanzioni più severe, qualcuno chiede anche l'intervento dell'ONU. Io spero ancora che non ce ne sarà bisogno.










lunedì 30 dicembre 2013

Un artista in transito: Adrian Paci a Milano



 
Jolanda risponde ad alcune domande sulla sua vita e, con la naturalezza dei suoi cinque anni, dice di essere nata a Siena, ma di essere anche albanese; racconta di aver paura dell’Albania perché ci sono i banditi con la pistola, ma di aver voglia di tornare perché può andare da sola dalle amiche, mentre a Milano è pericoloso perché ci sono le macchine.

Jolanda è una delle due figlie di Adrian Paci, l’artista albanese che vive e lavora a Milano dal 1997. Il PAC, Padiglione d’Arte Contemporanea, in Via Palestro, gli dedica una ricca retrospettiva che si può visitare fino al 6 gennaio 2014 e dal titolo “Vite in transito”.

Nato nel 1969 a Scutari, Paci è arrivato in Italia negli anni’90, gli anni del cosiddetto “primo flusso migratorio” quando tanti suoi connazionali venivano dall’Albania e dal resto dell’Europa dell’Est in cerca di fortuna su barconi carichi di persone e di speranze. Un fenomeno, questo, che da allora continua ripetersi per tanta umanità sfortunata.

Adrian Paci è, invece, arrivato in aereo e con il visto sul passaporto perché voleva studiare in Italia come vincitore di una borsa di studio in “Arte e liturgia” ottenuta presso l’Istituto Beato Angelico di Milano. E da qui inizia la sua carriera.

Una carriera che è possibile ripercorrere nella mostra in corso al PAC di Milano e il cui titolo Vite in transito fa riferimento alla propria e a quella della sua famiglia, ma soprattutto a quella di tanti migranti poveri che cercano in Occidente un eldorado, spesso veicolato dalle immagini fittizie della televisione e di altri media, ma che non corrisponde più alla realtà. Il titolo della retrospettiva , però, può essere letto anche in senso più metaforico: si riferisce, infatti, anche al divenire dell’esistenza stessa che, per tutti, porta a continui cambiamenti.

Pittura su vari materiali, tecniche diverse di tratti e di segni, videoinstallazioni, fotografie: la ricerca poliedrica creativa e stilistica di uno degli artisti contemporanei più affermati al mondo, riporta sempre al centro della riflessione temi di grande attualità. Sdraiata verso la grande vetrata dell’edificio e imponente, si allunga una grande colonna di marmo che ricorda quelle antiche greco-romane: si tratta dell’opera più recente realizzata da Adrian Paci. Una colonna di marmo orizzontale rivolta verso una parete su cui scorre un video. Nelle immagini è inquadrata una nave cargo sulla quale alcuni artigiani cinesi stanno lavorando un grosso pezzo di marmo da cui prenderà forma proprio quella colonna. The column, questo il titolo dell’installazione, riprende i temi cari all’autore: il viaggio come speranza e utopia, la de-localizzazione del lavoro, la trasformazione delle tradizioni.

A proposito di lavoro, Paci ritorna sul tema anche in Electric blue: si tratta di un video in cui un uomo, per mantenere la sua famiglia, rinuncia al sogno di diventare regista e decide di copiare videocassette di film porno. Scoprirà che suo figlio le guarda e deciderà di cancellarle con filmati presi dalla televisione. Il risultato sarà che sulle videocassette verranno registrate immagini della guerra appena scoppiata nel Kosovo mischiate a quelle porno: ma qual è la vera pornografia?

Alla Biennale 2005 di Venezia, l’artista porta un video dal titolo Turn On: al PAC è esposta una bellissima fotografia, tratta da quell’opera, che racconta da sola altre vite in transito, o meglio, in attesa: è ritratto, infatti, un gruppo di disoccupati di Scutari, seduti sui gradini dello stadio, ad aspettare di essere reclutati per un lavoro a cottimo. E’ notte e ognuno di loro ha con sé un generatore di corrente: una luce fioca che illumina volti seri e segnati dal freddo; una luce tenue ancora di speranza.

La speranza, o l’illusione, dei protagonisti anche del video intitolato Centro di permanenza temporaneo: lo spettatore si trova di fronte a una scena di mobile immobilità, l’aeroporto come luogo di transito per eccellenza, ma anche non-luogo.  La scaletta del velivolo piena di persone pronte a partire…ma manca l’aereo e i migranti restano sospesi nel vuoto.