
"...Non si potrà avere un globo pulito se gli uomini sporchi restano impuniti. E' un ideale che agli scettici potrà sembrare utopico, ma è su ideali come questo che la civiltà umana ha finora progredito (per quello che poteva). Morte le ideologie che hanno funestato il Novecento, la realizzazione di una giustizia più giusta distribuita agli abitanti di questa Terra è un sogno al quale vale la pena dedicare il nostro stato di veglia".
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mercoledì 4 febbraio 2015
La dignità degli homeless
Un concorso e una mostra fotografica: "Ri-Scatti", è l' esposizione aperta al pubblico fino al 15 febbraio al PAC di Milano. 95 fotografie, selezionate tra numerosi scatti realizzati in due mesi da 11 uomini e due donne senza fissa dimora.
Il progetto nasce da un'idea di Federica Balestrieri giornalista Tg1 Rai e volontaria dell'Associazione Terza Settimana: iniziato lo scorso marzo 2014, ha offerto ai tredici homeless, selezionati dagli assistenti sociali del Centro Aiuto Stazione Centrale, la possibilità di partecipare ad un corso di formazione professionale della durata di due mesi, per apprendere l'utilizzo del linguaggio fotografico.
Il vincitore della competizione è Dino Luciano Bertoli, senzatetto italo-argentino ospitato nel centro di accoglienza di via Saponaro gestito da Fratelli di San Francesco ed è stato premiato con una borsa lavoro della durata di sei mesi rinnovabili sino ad un anno per lavorare presso l'agenzia fotografica SGP di Stefano Guindani. Le foto esposte documentano la quotidianità di queste persone che hanno perso tutto: il lavoro, la famiglia, la casa, ma mai la dignità. Come trascorrono la giornata? dove dormono? dove si prendeono cura del proprio corpo? Ma le immagini portano lo spettatore a interrograsi sul loro Passato e sul loro Futuro, su quali siano le aspettative o i loro sogni...
Tra i promotori dell'iniziativa ci sono il Centro Aiuto del Comune di Milano, l'Assessorato alle Politiche Sociali e quello Cultura, oltre alla SGP Stefano Guindani Photo ed Echo Photo Agency, e con il contributo di Tod's.
Le foto esposte saranno poi in vendita e il ricavato andrà all'Associazione Terza Settimana e al Centro Aiuto Stazione Centrale che si occupano di senza fissa dimora e povertà. - See more at: http://www.vogue.it/people-are-talking-about/vogue-arts/2015/02/ri-scatti-una-mostra-sugli-homeless-al-pac#ad-image
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lunedì 30 dicembre 2013
Un artista in transito: Adrian Paci a Milano
Jolanda è una delle due figlie di Adrian Paci, l’artista
albanese che vive e lavora a Milano dal 1997. Il PAC, Padiglione d’Arte
Contemporanea, in Via Palestro, gli dedica una ricca retrospettiva che si può
visitare fino al 6 gennaio 2014 e dal titolo “Vite in transito”.
Nato nel 1969 a Scutari, Paci è arrivato in Italia negli
anni’90, gli anni del cosiddetto “primo flusso migratorio” quando tanti suoi
connazionali venivano dall’Albania e dal resto dell’Europa dell’Est in cerca di
fortuna su barconi carichi di persone e di speranze. Un fenomeno, questo, che
da allora continua ripetersi per tanta umanità sfortunata.
Adrian Paci è, invece, arrivato in aereo e con il visto
sul passaporto perché voleva studiare in Italia come vincitore di una borsa di
studio in “Arte e liturgia” ottenuta presso l’Istituto Beato Angelico di
Milano. E da qui inizia la sua carriera.
Una carriera che è possibile ripercorrere nella mostra in
corso al PAC di Milano e il cui titolo Vite
in transito fa riferimento alla propria e a quella della sua famiglia, ma
soprattutto a quella di tanti migranti poveri che cercano in Occidente un
eldorado, spesso veicolato dalle immagini fittizie della televisione e di altri
media, ma che non corrisponde più alla realtà. Il titolo della retrospettiva ,
però, può essere letto anche in senso più metaforico: si riferisce, infatti,
anche al divenire dell’esistenza stessa che, per tutti, porta a continui cambiamenti.
Pittura su vari materiali, tecniche diverse di tratti e
di segni, videoinstallazioni, fotografie: la ricerca poliedrica creativa e
stilistica di uno degli artisti contemporanei più affermati al mondo, riporta
sempre al centro della riflessione temi di grande attualità. Sdraiata verso la
grande vetrata dell’edificio e imponente, si allunga una grande colonna di
marmo che ricorda quelle antiche greco-romane: si tratta dell’opera più recente
realizzata da Adrian Paci. Una colonna di marmo orizzontale rivolta verso una
parete su cui scorre un video. Nelle immagini è inquadrata una nave cargo sulla
quale alcuni artigiani cinesi stanno lavorando un grosso pezzo di marmo da cui
prenderà forma proprio quella colonna. The
column, questo il titolo dell’installazione, riprende i temi cari all’autore: il viaggio come speranza e
utopia, la de-localizzazione del lavoro, la trasformazione delle tradizioni.
A proposito di lavoro, Paci ritorna sul tema anche in Electric blue: si tratta di un video in
cui un uomo, per mantenere la sua famiglia, rinuncia al sogno di diventare
regista e decide di copiare videocassette di film porno. Scoprirà che suo
figlio le guarda e deciderà di cancellarle con filmati presi dalla televisione.
Il risultato sarà che sulle videocassette verranno registrate immagini della
guerra appena scoppiata nel Kosovo mischiate a quelle porno: ma qual è la vera
pornografia?
Alla Biennale 2005 di Venezia, l’artista porta un video
dal titolo Turn On: al PAC è esposta
una bellissima fotografia, tratta da quell’opera, che racconta da sola altre
vite in transito, o meglio, in attesa: è ritratto, infatti, un gruppo di
disoccupati di Scutari, seduti sui gradini dello stadio, ad aspettare di essere
reclutati per un lavoro a cottimo. E’ notte e ognuno di loro ha con sé un
generatore di corrente: una luce fioca che illumina volti seri e segnati dal
freddo; una luce tenue ancora di speranza. 

La speranza, o l’illusione, dei protagonisti anche del
video intitolato Centro di permanenza
temporaneo: lo spettatore si trova di fronte a una scena di mobile
immobilità, l’aeroporto come luogo di transito per eccellenza, ma anche
non-luogo. La scaletta del velivolo
piena di persone pronte a partire…ma manca l’aereo e i migranti restano sospesi
nel vuoto.
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venerdì 5 luglio 2013
L' apartheid raccontata in una mostra al PAC di Milano
Mentre
sono critiche le condizioni di salute di Nelson Mandela, a Milano
approda una grande esposizione che racconta uno dei periodi storici
più significativi del '900: l'apartheid e le sue conseguenze, ieri
come oggi.
“Rise
and fall of Apartheid: Photography and the Bureaucracy of Everyday
Life” (“Ascesa e declino dell'Apartheid: fotografia e burocrazia
della vita quotidiana): questo il titolo di un percorso visivo e
culturale ricco, complesso, emozionante.
Frutto
di oltre sei anni di ricerche, il progetto raccoglie le opere di
quasi 70 fotografi, artisti e registi per proporre al pubblico -
attraverso immagini, illustrazioni, posters, filmati, opere d'arte -
un'analisi profonda della nascita dell'apartheid, della lotta per
debellarla e delle sue conseguenze.
“Apartheid”
è parola olandese, composta da “separato” (apart) e “quartiere”
(heid) ed è stata, in concomitanza con la seconda guerra mondiale,
la piattaforma del nazionalismo afrikaner che ha portato alla
segregazione razziale con lo scopo di mantenere il potere nelle mani
dei bianchi. Dopo la vittoria dell'Afrikaner National Party, nel
1948, l'apartheid impone una serie di programmi legislativi che
incidono sulla psicologia dei cittadini del Sudafrica, ma anche sulle
strutture civili, economiche e politiche fino a coinvolgere ogni
aspetto dell'esistenza e della quotidianità: dalle abitazioni, al
tempo libero, dai trasporti ai commerci, dall'istruzione al turismo.
Il sistema dell'apartheid è, quindi, diventato sempre più spietato
nei confronti degli africani, dei meticci e degli asiatici, arivando
a negare e a privarli dei loro diritti umani e civili.
Il
lavoro dei membri del Drum Magazine, degli anni '50, dell'Afrapix
Collective, degli anni '80 e del Bang Bang Club; le opere di
fotografi sudafricani all'avanguardia, quali ad esempio, Eli
Weinberg, Omar Badsha, Peter Magubane, Gideon Mendel, Kevin Carter,
Sam Nzima; e ancora le immagini dei nuovi talenti come Thabiso
Sekgale e Sabelo Mlangeni testimoniano, documentano e
approfondiscono il tema, facendo dell'immagine uno strumento di
critica politica e sociale.
La
mostra è ideata dall'ICP International Center of Photography di New
York e curata da Okwui Enwezor, direttore della Haus der Kunst di
Monaco; per l'Italia è stata promossa e prodotta dal Comune di
Milano, PAC e CIVITA e sarà allestita, al Padiglione d' Arte
Contemporanea, fino al 15 settembre. E, per l'occasione, non
potevano mancare anche dieci video di William Kentridge, che non ha
bisogno di presentazioni.
La mostra “Rise
and Fall of Aparheid”
proseguirà al PAC fino a domenica 15 settembre 2013, con i seguenti
orari: da martedì a domenica dalle 9.30 alle 19.30, giovedì dalle
9.30 alle 22.30 (lunedì chiuso). L’esposizione sarà aperta anche
a Ferragosto, dalle 9.30 alle 22.30
Il biglietto
d’ingresso ha un costo di 8 euro (6,50 euro il ridotto). Per
ulteriori informazioni: 02/88446359-360.
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