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giovedì 28 novembre 2013

Un concorso letterario e una pubblicazione per le "seconde generazioni"

L'Associazione per i Diritti Umani è felicissima di collaborare ancora con La Ligera di Milano per proporre un concorso letterario che vede protagoniste le persone nate in Italia, ma di origini straniere. Spesso sono chiamate "seconde generazioni", ma si tratta delle  ragazze e dei ragazzi che sono e saranno i nuovi cittadini italiani.

Di seguito, riportiamo il bando del concorso e tutte le informazioni.

I racconti scelti verranno a comporre una pubblicazione e l'Associazione per i Diritti Umani e La Ligera si impegneranno anche ad organizzare le presentazioni del libro a Milano e non solo...!
Associazione per i Diritti Umani, inoltre, terrà a disposizione il sito per eventuali pubblicazioni di alcuni racconti.

Ringraziamo fin da adesso Ligera Edizioni per averci dato l'opportunità di condividere questo bellissimo progetto e tutti coloro che parteciperanno con i propri scritti o aiutandoci a fare "passaparola"...!!!




 SECONDO CONCORSO LETTERARIO • LIGERA EDIZIONI
Le seconde generazioni”
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Sono chiamati seconde generazioni, sono figli di immigrati, sono nati in Italia, spesso parlano solo l’italiano, ma italiani non sono. Vorremmo che fossero loro a parlare per una volta, o meglio a scrivere, di come vedono via Padova, di come vedono Milano, di come vedono l’Italia.
Le loro sono storie di contaminazione culturale, storie di speranze e di delusioni, storie di razzismo e di integrazione, di vittorie e sconfitte. I loro sono racconti della Milano che verrà, della città che si sta facendo giorno dopo giorno sempre più multietnica.

Milano è già una metropoli multietnica, ma è anche una città multiculturale?
Dopo il successo della prima antologia di racconti nata in via Padova, le edizioni Ligera lanciano un nuovo e ambizioso progetto. Fateci sentire la vostra voce e raccontateci, scrivendola, la vostra storia. I racconti dovranno avere una lunghezza massima di dieci cartelle (18.000 battute totali inclusi gli spazi bianchi) e pervenire entro il termine ultimo del 31 gennaio 2014. E’ preferibile la lingua italiana ma l’uso della stessa non costituisce elemento discriminante per la valutazione.

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Tutti i racconti saranno valutati dalla redazione e dall’Associazione per i Diritti Umani, i migliori saranno pubblicati, gratuitamente, nella prossima antologia a cura di Ligera Edizioni. Per partecipare alla selezione non è richiesta alcuna quota di iscrizione. I partecipanti devono allegare agli elaborati la dichiarazione che l’opera è frutto del proprio ingegno. E’ sufficiente scrivere in calce al foglio: “Dichiaro che l’opera presentata è opera del mio ingegno” firmando in maniera chiaramente leggibile. Gli autori, per il fatto stesso di partecipare al concorso, cedono il diritto di pubblicazione all’interno dell’antologia edita da Ligera Edizioni senza aver nulla a pretendere come diritto d’autore. I diritti rimangono comunque di proprietà dei singoli Autori. E’ necessario allegare al racconto i dati personali dell’autore e anche l’eventuale pseudonimo in caso si preferisca essere pubblicati con quello. I dati dei partecipanti non verranno in alcun modo comunicati o diffusi a terzi.

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I racconti, originali e inediti, dovranno pervenire:
online all’indirizzo email: info@ligera.it oppure a peridirittiumani@gmail.com con oggetto “Secondo concorso Letterario Ligera”
oppure in forma cartacea presso LIGERA, via Padova 133 - 20127, Milano



In collaborazione con Associazione per i Diritti Umani
www.peridirittiumani.com

mercoledì 29 maggio 2013

Clandestini. Viaggio nel vocabolario della paura: un manuale per monitorare il linguaggio



Migrante irregolare, migrante/immigrato, vittima della tratta, rifugiato, profugo...Per raccontare e capire le trasformazioni della nostra società bisogna ricominciare dalle parole e questo è il lavoro proposto nel saggio Clandestini. Viaggio nel vocabolario della paura, di Giulio Di Luzio, edizioni Ediesse.
Si tratta di un vero e proprio alfabeto che elenca molti termini – tratti dalla cronaca e dalla narrativa – di uso comune nei confronti degli stranieri migranti e che, troppo spesso, generano e confermano pregiudizi e stereotipi negativi.



Abbiamo rivolto alcune domande all'autore


Quanto il linguaggio - la parola parlata e scritta - contribuisce a fomentare il sentimento della paura nei confronti dell' “Altro”?

Il ruolo delle narrazioni pubbliche sui temi delle migrazioni ha, per certi aspetti, un valore determinante nella percezione dell'opinione pubblica del fenomeno: i media, i giornali, si nutrono, soprattutto, di fonti provenienti dal mondo della politica, da quello giudiziario e da quello delle forze dell'ordine. ne viene fuori un quadro molto piatto, basato sull'emergenza, sull'allarmismo e sul panico morale.
La maggior parte delle persone – tranne chi ha un rapporto diretto o indiretto con le comunità di immigrati - apprende le notizie da queste fonti e, così, il mondo dell'informazione diventa determinante nel formare un “pensiero unico”. Uno studio dell'Univeristà di Lecce ha messo in evidenza che laddove gli studenti hanno avuto un contatto, anche minimo, con le comunità presenti, hanno maturato un quadro più strutturato e preciso, grazie all'esperienza diretta; laddove, invece, non avevano avuto contatti con le comunità di immigrati presenti nel Salento, risentivano pesantemente di un quadro di valutazione negativa”. Si affidavano solo su quello che avevano assorbito dai mass-media.

Quali sono i termini maggiormente usati nei confronti degli immigrati?

C'è un ventaglio di parole, ahimè, grazie al quale ho potuto mettere in fila, dalla A alla Z, circa cento parole che vengono utilizzate con enfasi e con un uso quasi vendicativo da noi occidentali nei confronti di chi giunge in Europa, in Italia.
Il libro racconta, per ogni vocabolo, l'uso improprio che se ne fa. Ad esempio: “clandestino”. Esistono profughi politici, migranti economici, persone con bisogni umanitari: la parola “clandestino” è stata coniata dal mondo dell'informazione, della politica e da quello giudiziario per evocare uno scenario delittuoso, di vite condotte nell'ombra e nell'illegalità. Peccato che, invece, molte persone scappino dalla guerra, da catastrofi umanitarie, da sconvolgimenti climatici.
Oppure prendiamo la parola “extracomunitario”, termine coniato dalla legislazione italiana per indicare persone estranee alla Comunità europea, ma che poi è stato esteso ed usato per escludere certe categorie di persone dai diritti fondamentali: non chiameremmo mai un giapponese o un americano “extracomunitario” ! Oggi, infatti, la parola “extracomunitario” non è più un aggettivo, ma è diventata un sostantivo per cui, quasi ontologicamente, gli extracomunitai sono quelli che ……..commettono reati.

Quali sono le nazionalità più colpite da questo modo di esprimersi violento e denigratorio?

I Nord africani, marocchini e tunisini, in particolare, e gli albanesi. Secondo le varie stagioni storico-politiche, nel libro, sono indicate le comunita’ apostrofate con questo genere di linguaggio: per esempio, nel 1991 - con la prima ondata di migrazioni dal Paese delle Aquile verso la Puglia– albanese diventeràun’'icona negativa. Dire “albanese” voleva dire “ladro”, “persona sporca”.
Questi termini ci hanno impedito una comprensione oggettiva e più allargata dei fenomeni migratori: e proprio in questo senso il testo vuole essere un manuale per i giovani, per il mondo della formazione perchè scandaglia e spiega come ogni termine sia stato, sempre più, ammantato di significati negativi.

Cosa si nasconde dietro questa volontà di alimentare la diffidenza ?

Ci sono scelte politiche che solo gli ultimi trent’anni sono in grado di raccontare. L’approccio securitario del legislatore italiano fin dall’esordio, per esempio. La scelta di derubricare le priorità sul tema delle migrazioni da parte delle forze progressiste in Italia. Basta guardare quel che è successo dal 1989 in poi con la morte del profugo sudafricano Jerry Masslo in Italia, con la caduta del muro di Berlino e l’abolizione della “riserva geografica”, che limitava le tutele a chi proveniva dai Paese dell’Est.
Dopo il 1989 le forze democratiche progressiste hanno portato avanti una politica miope che non ha fatto altro che confermare pregiudizi e stereotipi.
Inoltre, sono state tagliate le nostre radici storiche come Paese di migranti.


Giulio Di Luzio