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sabato 2 agosto 2014

The gender game: l'Università di Padova vince il contest "Pubblicità Progresso"



In un precedente articolo vi avevamo già parlato del progetto The Gender Game, originale e utile iniziativa sul tema dei rapporti di genere. Il progetto si è classificato come unico vincitore all'interno della categoria Unconventional per Otm 2014-Pubblicità Progresso.
Di seguito, il comunicato stampa:


  
In seguito alla partecipazione al Contest On The Move 2014, organizzato dalla Fondazione Pubblicità Progresso, gli studenti del Corso di Promozione d’Immagine, del Prof. Vittorio Montieri, si sono classificati in prima posizione nell’ambito della Categoria Unconventional.
I ragazzi, iscritti al Corso di Laurea Magistrale in Strategie di Comunicazione (Università degli studi di Padova), hanno partecipato al concorso con l’azione di guerrilla: The Gender Game.
L’evento, avvenuto il 13 Giugno in Prato della Valle, consisteva in una rivisitazione gigante del giro dell’oca: un gioco interattivo al quale i passanti sono stati invitati a partecipare come delle pedine viventi. Lo scopo non era la vittoria, bensì la parità di genere, una condizione alla quale si può arrivare solamente con la consapevolezza.
I ragazzi infatti, hanno predisposto le varie caselle del tabellone in modo che rappresentassero vantaggi e svantaggi dell’essere uomo e dell’essere donna in questi anni. Un’occasione nata con lo scopo di far provare sulla pelle dei partecipanti gli stereotipi e i pregiudizi che entrambi i sessi possono incontrare nelle situazioni di tutti i giorni.
Ciò che ha caratterizzato l’evento è stata sicuramente una chiave di lettura ironica che ha permesso ai partecipanti di riflettere sulle situazioni di disparità uomo e donna in modo non convenzionale e con il sorriso sulle labbra.
La giuria, composta da: Alberto Contri (Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso), Matteo Righi (Direttore Creativo Hagakure), Andrea Di Turri (Giornalista di Avvenire e Blogger) e Gaia Alaimo (Responsabile Relazioni Esterne per AIESEC), ha eletto i ragazzi dell’Università di Padova come unici vincitori all’interno della loro categoria, quella dell’Unconventional, battendo oltre 250 progetti provenienti da 25 università italiane.
Gli studenti sono stati invitati a partecipare alla X Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale che si terrà a Milano il 27 Ottobre, dove verranno premiati e potranno raccontare brevemente il percorso che li ha portati alla vittoria.






mercoledì 26 febbraio 2014

End Famale Genital Mutilation



Articolo di Monica Macchi che ringraziamo sempre molto.



Erik Ravelo è un artista cubano diventato famoso per alcune campagne pubblicitarie come Unhate, progettata per Benetton, fotomontaggi fantapolitici tra leader che si baciano (questo ha destato particolare scalpore…);
 
 
Fahma Mohammed è invece una studentessa somala di Bristol di 17 anni che ha lanciato tramite Change.org una petizione ripresa poi dal “The Guardian” per azioni capillari di sensibilizzazione nelle scuole britanniche sulle mutilazioni genitali femminili. Secondo gli ultimi dati OMS questa pratica colpisce ancora più di 130 milioni di bambine nel mondo: nel solo Regno Unito, nonostante sia illegale dal 1985, si calcola che ogni anno vengano infibulate o escisse circa 66.000 bambine e ragazze e ce ne siano più di 20.000 “a rischio”.
Erik ha voluto dare il suo contributo a questa campagna creando il logo presentato lo scorso fine settimana: una lametta arrugginita e affilata che evoca l’inequivocabile ma rotta, quindi inutilizzabile e per di più trafitta in diagonale dallo slogan della campagna: “End Female Genital Mutilation”.  
Ed ecco il testo della petizione (che si può ancora firmare) a Micheal Gove sottosegretario
 
britannico all’educazione per formare insegnanti sul tema delle MGF prima dell’estate, “la stagione del taglio” quando approfittando delle vacanze scolastiche, molte ragazze vengono rimandate nei Paesi d’origine per essere sottoposte a questo rito che le priva del piacere sessuale e le condanna al dolore e a continue infezioni.



Warning: This petition is about FGM and may be distressing for some readers.


You wouldn't think school girls in the UK have to worry about female genital mutilation (FGM), but we do. Although it is illegal in the UK, it is still happening - 24,000 girls in the UK are currently at risk of FGM. People just don't talk about it, doctors don't check for it and teachers don't teach it.
FGM is child abuse. It forces girls into a future of pain from the moment they are cut. They face the risk of infertility, pain during urination, menstruation, childbirth and sexual intercourse. The pain doesn’t go. It’s a traumatic experience they have to live with every single day, physically and emotionally.

That’s why I’ve started this campaign with The Guardian.

I know of people who have been cut - anyone who knows girls from FGM affected communities will know girls who have been cut. We were told Ofsted would be asking schools what they are doing to protect these girls from FGM, but it never happened.

Me and my classmates campaigned for our school to do more on FGM. Now all the girls at school know the risks of FGM and feel able to talk about it. But this is one school. We need this to happen at every school in the country - so that no girl is missed.

We need to act now. Many girls are sent away to be cut over the summer holidays. Some are cut at home. They call it the 'cutting season'. If every headteacher was given the information they need to talk about FGM to students and parents we could reach every girl who is at risk before the holidays. We could convince families not to send their daughters to be cut and we can help girls who are at risk. We could break the cycle so the next generation is safe.

That’s why I’m calling for Michael Gove to get schools to teach about FGM before the summer holidays.

Michael Gove -- we’re serious, we’re not going to back down and we won’t go away.





sabato 25 maggio 2013

Notizie e storie dal Centroamerica: quando Presente e Passato si intrecciano




Pablo Larràin è un regista cileno: figlio dell' ex Presidente dell'Unione Democratica Indipendente e di un ministro nel governo Piñera, torna a parlare delle vicende politiche del suo Paese con il film NO! I giorni dell'arcobaleno, terza opera che compone una trilogia iniziata con Tony Manero e continuata con Post mortem.
Siamo nel 1988: sono trascorsi quindici anni dal colpo di stato militare che ha deposto il governo socialista di Salvador Allende e dall'insediamento della giunta di Augusto Pinochet. Il blocco societico si è disfatto, non si avverte più la minaccia comunista e, per Pinochet, forse, è giunto il momento di dare una parvenza di costituzionalità al potere militare attraverso un referendum regolare: ma le cose non vanno secondo i piani del regime. Il referendum vede vincere l'opposizione con il 54,7% dei voti e, da quel momento, il Cile comincia un percorso, tortuoso, verso la democrazia.
Il film di Pablo Lorràin racconta i giorni in cui si è svolta la campagna referendaria, portata avanti con pochi mezzi, ma con idee geniali, grazie alle intuizioni di Renè Saavedra, un giovane copywriter formatosi negli Stati Uniti. Saavedra, infatti, dice “NO!” , e con quella piccola parola lancia un messaggio: NO al ricordo continuo della atrocità del regime, NO alla cultura della paura, NO alla violenza. E questo per quanto riguarda il contenuto della campagna. Per quanto riguarda, invece, lo stile di comunicazione Saavedrà avrà un'altra intuizione felice: accosta il concetto di “democrazia” ai codici della pubblicità commerciale.
E, allora, anche Lorràin mescola il materiale di repertorio (gli spot di un quarto d'ora realizzati dalle parti politiche avverse) al racconto filmico, usando una cinepresa degli anni '80, ricreano le ambientazioni dell'epoca, lavorando sui colori per immergere lo spettatore nella cultura di allora, frivola e ammantata di ottimismo. Interessante, ad esempio, lo scarto tra i seriosi comunicati del regime incastrati tra le telenovelas e gli spot che inneggiano al progresso...
Per la distribuzione italiana al titolo originale del film è stato aggiunto il sottotitolo che recita: “I giorni dell'arcobaleno” per sottolineare la speranza nel passaggio dalla dittatura alla democrazia: ma, osservando la situazione (in Italia come in altri Paesi), il dubbio nasce spontaneo.



Intanto, sempre dal Centro e Sudamerica, giungono altre notizie, purtroppo negative: 16.000 corpi attendono di essere identificati. Ed è la stessa cifra - svelata dal sottosegretario messicano per i Diritti Umani, Lìa Lìmon – delle persone scomparse durante il genocidio perpetrato dai militari argentini tra il 1976 e il 1983.
Si tratta, oggi, dei desaparecidos della guerra ai narcos: sulle strade del Messico diversi migranti sono scomparsi o sono stati assassinati, proprio negli ultimi sei anni, da quando è cominciata la guerra alla criminalità organizzata.
Ad ottobre, è partita la “Carovana delle madri”, composta da genitori di El salvador, Honduras, Nicaragua e Guatemala che, percorrendo 14 Stati e circa 4.600 chilometri, chiedono notizie, cercano indizi. Sono aiutati, in questo loro pellegrinaggio, da enti locali, istituti di migrazione, università, sostenitori dei diritti e l'iniziativa mira a richiamare l'attenzione sul trattamento che le autorità messicane riserva agli immigrati centroamericani. Un cartello recita, infatti, la scritta: “Tutto il Messico è un cimitero di migranti”: e le madri chiedono anche l'esumazione dei corpi che si trovano nelle fosse comuni.




Sono da qualche parte, nube o tomba
cercandoci, riordinando i loro sogni,
le loro dimenticanze,
forse convalescenti
dalla loro morte privata

versi tratti da “Desaparecidos” di Mario Benedetti