Con grande piacere publichiamo quest' articolo di Monica Macchi, ringraziandola per questo suo interessante contributo
Con
la convinzione che il teatro rifletta la realtà e sia uno strumento
per il cambiamento, 3 attori Mohammed
Titi, Raed Shiyoukhi e Ihab Zahdeh
hanno fondato nel 2007 a Hebron lo “Yes theatre” lavorando
soprattutto nell’ambito dei progetti con e per i ragazzi per
“arricchire
la
loro vita, e renderli consapevoli del
patrimonio
culturale palestinese creando
una
nazione di
cittadini
fiduciosi
e
responsabili”
Tra
i moltissimi spettacoli hanno scritto, diretto e interpretato anche
“3 in 1”, presentato in lingua originale in
anteprima europea quest’estate a Bologna all’interno della
rassegna “Cuore di Palestina”
e premiato allo spazio Nohma di Milano come vincitore
del premio
“Il
Teatro Nudo di Teresa Pomodoro”, premio
dedicato “a quel teatro che non si piega ai codici di una comunità,
ma che ‘nudo’, si cala nei significati, nell’esplorazione
dell’uomo e della società con uno sguardo curioso e disincantato”.
Attraverso
l’uso del corpo e della voce e delle luci sul palco presentano una
serie di quadri sulla loro vita quotidiana in Palestina sottoposti
non solo all’occupazione israeliana (dal controllo ai check point
ai continui interrogatori con le stesse domande che si ripetono
sempre uguali e che sono stati resi con una musica elettronica
martellante che robotizzava sia chi incalzava che chi rispondeva) ma
anche ad una cultura machista che guarda con sospetto all’arte
considerata
un vizio, da cui bisogna guarire perché getta disprezzo sull’intera
famiglia (“sei
forse un bambino per vestirti da donna?!?”)
e per di più inutile (Pensi
di liberare la Palestina così?O di fare qualcosa per Gaza? O per
Hebron? Hai fatto riaprire Shohada street così?)
Artisticamente
eccezionale ma desolante e desolato il finale: Ihab
dopo un lungo monologo in cui denuncia di aver passato 36
anni senza evoluzioni e che ora persino il suo pensiero è
paralizzato si presenta in scena con un palloncino rosso e il
pensiero corre subito a “Intervento Divino” di Elia Suleiman,
film del 2002 che ha vinto il Festival di Cannes. Qui una delle scene
più famose è proprio un palloncino rosso con il volto di Arafat che
viene fatto volare sul checkpoint di Ramallah e che riesce a volare
imprendibile e inarrestabile fino alla spianata delle Moschee, luogo
sacro per l’Islam dove sorge la Moschea di Al-Aqsa ma politicamente
rivendicato dagli israeliani come luogo del Tempio di Salomone e su
cui Sharon ha fatto la provocatoria passeggiata scintilla
dell’Intifada. Ebbene Ihab dopo aver detto “solo
una cosa non ho ancora fatto, solo una cosa mi resta da fare”
si impicca al palloncino spiegando con questo solo gesto tutto quello
che è cambiato in Palestina in questi 10 anni: i sogni sono
diventati più piccoli.