Era il
1990: la leader dell'opposizione birmana, Aung San Suu Kyi, si
trovava agli arresti domiciliari a causa della dittatura militare, ma
continuava la sua lotta per i diritti umani e per la democrazia. Una
detenzione che è durata quindici anni.
Nel '90
le viene assegnato il premio Sakharov per la Libertà di Pensiero e,
l'anno dopo, il Nobel per la Pace.
Nel
2013, a 68 anni e con un fiore giallo tra i capelli, l'attivista ha
potuto finalmente ricevere il primo riconoscimento direttamente dalle
mani del presidente dell'Europarlmento, Martin Schultz.
Tanta
commozione e un lungo applauso hanno accompagnato questo giorno
importante che ha segnato l'inizio di un percorso in Europa. Il
viaggio di Aung San Suu Kyi si pone l'obiettivo di chiedere una nuova
Costituzione per il Myanmar perchè quella attuale attribuisce il 25%
dei seggi nelle assemblee ai militari e rappresenta un ostacolo per
la candidatura della stessa attivista alle prossime elezioni
presidenziali, nel 2015.
Appoggiata
dal suo partito, la National League for Democracy, San Suu Kyi chiede
“il diritto ad esistere in base alla propria coscienza”. La
leader democratica ha, infatti, puntualizzato: “ La nostra gente
sta solamente iniziando ad imparare che la libertà di pensiero è
possibile. Ma vogliamo che diventi una certezza la necessità di
preservare il diritto a un credo libero e a una vita in pieno accordo
con la propria coscienza”.
Importanti
anche le sue parole riguardo alla principio di libertà e, in
particolare, ancora sulla libertà di pensiero: “ La libertà di
pensiero inizia con il diritto di fare domande. A molti dei nostri
cittadini, tra i tanti che sono stati arrestati con cadenza
quotidiana, abbiamo dovuto insegnare a chiedere a coloro che andavano
a metterli in manette: Perchè?...La libertà di pensiero è
essenziale per il progresso umano, se interrompiamo la libertà di
pensiero interromperemo anche il progresso del nostro mondo...Perchè
è
una delle parole più importanti in ogni lingua. E' importante che
lavoriamo sulle imperfezioni delle nostre società, che lavoriamo
sulle leggi che ci colpiscono come esseri umani, sulle leggi che
erodono le fondamenta della dignità umana. E questo perchè la
nostra ricerca della democrazia non è terminata”.
A
proposito di leggi che ostacolano la candidatura alla presidenza
democratica del Paese: la Costituzione attuale vieta ad un birmano
sposato ad uno straniero di occupare la Presidenza dello Stato: il
marito di Aung San Suu Kyi, oggi scomparso, era di nazionalità
britannica, come lo sono i figli. Anche per loro continuerà la
battaglia, come donna, come moglie, come madre e come cittadina.