In
occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne,
pubblichiamo un'importante intervista che abbiamo fatto per voi alla
Prof.ssa Daniela Danna sul suo ultimo saggio, ringraziandola molto
per averci concesso un po' del suo tempo.
Daniela
Danna, docente di sociologia presso l'Università degli Studi di
Milano, in Ginocidio. La violenza contro le donne nell'era globale
affronta un tema, purtroppo, di grande attualità, in Italia e non
solo: l''autrice lo chiama "ginocidio" perchè questa
violenza è generata dal giudizio maschile sull'inferiorità sociale
femminile e dal desiderio di controllo del corpo delle donne da parte
degli uomini.
Il
testo, diviso in due parti, è basato su un doppio approccio alla
violenza contro le donne. La prima parte è tematica: descrive e
analizza stupri, maltrattamenti in famiglia, omicidi, violenza
culturale, istituzionale ed economica, fenomeni correlati alla
disuguaglianza tra i generi e più in generale al grado di
disuguaglianza presente in una data società. La seconda parte
presenta, invece, un approccio geografico, mettendo a confronto
scenari diversi come quelli di Italia, Paesi scandinavi, Americhe,
Europa dell'Est e Paesi musulmani.
Perchè
ha sentito l'urgenza di scrivere questo saggio e di approfondire un
tema di grande attualità?
Ho
cercato di capire la situazione dai teorici della globalizzazione -
che ci dicono che sta andando tutto per il meglio e che anche per le
donne le cose stanno migliorando - e da altri autori che, invece, ci
dicono che la globalizzazone sta peggiorando la situazione delle
donne perchè, aumentando le disuguaglianze, le donne si trovano
nella parte perdente sia all'interno dei Paesi che anche tra Paesi
diversi.
Quello
che ho cercato di fare, da sociologa, è capire se questa idea della
violenza sulle donne sia qualcosa di riscontrabile con i dati, a
partire dalle ricerche che sono state fatte sui reati: non soltanto
attraverso le statistiche giudiziarie, perchè ci dicono quanti reati
sono stati denunciati, ma anche attraverso le indagini di
vittimizzazione che, al contrario, si rivolgono direttamente a un
campione di persone e chiedono loro quali reati hanno subìto. Ad
esempio, in Italia, secondo l'Istat solamente una piccola percentuale
(al di sotto del 10%) dei reati che vengono commessi ai danni delle
donne da parte degli uomini sono effettivamente denunciati. E questo
comporta un problema metodologico: questa affermazione, così diffusa
anche politicamente, è sì un campanello d'allarme, ma non è
possibile verificarla attraverso le indagini che sono state fatte
perchè non vanno molto idietro nel tempo e perchè l'esito è quello
di un enorme sommerso.
Che
ruolo hanno le religioni – in particolare quelle monoteiste – nel
confermare il ruolo di inferiorità della donna?
La
stessa idea del monoteismo è quella di unificare ciò che, invece,
nelle religioni più antiche, era una pluralità: gli dei e le dee,
ciascuna con una propria funzione. Al posto di questo pantheon
troviamo un Dio onnipotente che - come vediamo da millenni - sotto il
patriarcato è inevitabilmente maschio.
Rispetto
all'attualità, nonostante le aperture e le trasformazioni della
Chiesa anche nel suo ruolo economico (come sta facendo Papa Francesco
e, prima di lui, Papa Luciani), viene ribadito il veto al sacerdozio
femminile e questo è un messaggio di disuguaglianza di enormi
proporzioni perchè lo stato laicale è considerato più basso
rispetto a quello sacerdotale e le donne non possono accedere a
quello sacerdotale. E non si sa bene perchè.
Può
anticiparci un'analisi della condizione femminile nel mondo
scandinavo?
Il mondo
scandinavo è quello a cui guardiamo con grande interesse perchè gli
indicatori di uguaglianza tra i sessi sono molto elevati e questo
riflette una tradizione di lunga data.
I Paesi
scandinavi sono collocati in aree climaticamente svantaggiate in cui
è forte la necessità del lavoro umano e, quindi, anche di quello
della donna perchè c'è bisogno della forza di tutte e di tutti.
Se
torniamo indietro nel tempo, le popolazioni vichinghe avevano delle
tradizioni di uguaglianza tra i sessi: ad esempio, non c'era una
condizione d'onore femminile che si rifletteva sugli uomini. E oggi,
come esito di questa lunga tradizione culturale, abbiamo una minore
presenza di violenza contro le donne e una migliore condizione
femminile.
In
Norvegia, tra l'altro, si parla anche di un possibile trattamento dei
maltrattanti, cioè si parla di percorsi psicoterapeutici e di
recupero. Certo, la Norvegia è un Paese in cui gli uomini sono molto
più autocritici rispetto agli ideali virili e al loro ruolo sociale
rispetto all'Italia.
Perchè
il termine “ginocidio”?
Ginocidio
è un termine analogo a femminicidio.
Per me il significato è: “ attacco a tutto ciò che è femminile”,
considerando la radice greca “gunos” e latina “femina” del
termine. Si tratta dell'inferiorizzazione delle caratteristiche
omosessuali proprie anche degli stessi uomini. Non a caso, le
caratteristiche omosessuali non sono ancora accettate in una società
maschilista in cui il ruolo maschile e quello femminile sono
nettamente separati.
Quali
sono le conseguenze non visibili della violenza nei confronti delle
donne?
Dalla
violenza fisica si può guarire. La violenza psicologica, invece,
lascia marchi molto più profondi: un conto è essere picchiate e un
conto è l'umiliazione, anche se la violenza psicologica è difficile
da dimostrare, da denunciare. E' molto complicato convincere un
giudice che, se non c'è stata violenza fisica, quella psicologica ha
danneggiato la persona.
Una
violenza psicologica si verifica quando ci sono insulti, rimproveri,
scarsa considerazione da parte del compagno. Nella nostra società
c'è stato un tentativo di confinamento della violenza fisica, ma
adesso ci dobbiamo occupare anche di quella psicologica perchè, come
abbiamo detto, dal punto di vista giuridico, è ancora difficile
tradurla in termini penali.