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martedì 3 dicembre 2013

Progetto “Il lavoro è cittadinanza”



E' in continuo aumento la quota dei titolari di permesso CE per soggiornati di lungo periodo, che già costituiscono la maggioranza dei cittadini non comunitari. Questo dato dimostra che l'immigrazione in Italia non è fatta di lavoratori temporaneamente ospiti, né di intrusi come crede una parte dell'opinione pubblica, ma soprattutto di persone che intendono rimanere, costruire o ricongiungere le loro famiglie, divenendo pienamente cittadini. Si continua a chiamarli “stranieri” (o, peggio, “extracomunitari”), ma non ci si accorge che gli immigrati sono cittadini di fatto, autorizzati a un soggiorno a tempo indeterminato in base al diritto comunitario recepito nell'ordinamento italiano.
E' chiaro che ci sono dei settori dove le discriminazioni sono molto forti, come per esempio nello sport e nell'accesso al lavoro e credo che anche il lavoro che portiamo avanti serve proprio per dare risposte concrete per l'accesso a tutti, soprattutto per le pari opportunità.
La crisi non ha colore, tutti ne possiamo uscire soltanto uniti. La crisi colpisce tutti, cittadini italiani e stranieri. Si può uscire vincenti dalla crisi, ma non credo che una guerra fra poveri possa essere la soluzione”.
Queste le parole del Ministro per l'integrazione, Cècile Kienge, durante la presentazione del Dossier statistico immigrazione 2013, redatto grazie alla collaborazione tra il centro studi Idos e l'Ufficio antidiscriminazioni razziali della Presidenza del Consiglio (UNAR): secondo il dossier sono 5 milioni e 186 mila gli stranieri regolarmente presenti sul territorio italiano. Moltissimi di loro forniscono un apporto decisamente positivo in termini di valore aggiunto nel Pil e per la contribuzione nel nostro sistema previdenziale.
A fine ottobre è stato proprio presentato anche un progetto, promosso dal Ministro Kyenge e dall'Inps, che si pone l'obiettivo di dimostrare che i lavoratori provenienti da altri Paesi costituiscono una parte importante dello sviluppo economico, sociale e culturale del nostro Paese, sia come lavoratori dipendenti o autonomi sia come imprenditori.
Il progetto intende sensibilizzare l'opinione pubblica, attraverso i media e gli organi di stampa, sul fatto che un migrante che lavora non è un ospite, ma un lavoratore nel pieno dei suoi diritti così come stabilito dalla Costituzione italiana. Un lavoratore che produce reddito per sé è una risorsa per tutto il Paese.
Anche Antonio Mastrapasqua, Presidente dell'Inps, ha dichiarato a questo proposito: “ E' importante comunicare a tutti i cittadini che il lavoro non ha colore, etnia, lingua o religione. Il lavoro è lo strumento di contribuzione alla crescita della comunità nazionale”.
Durante la presentazione del progetto è stato lanciato lo spot intitolato Il lavoro è cittadinanza: un imprenditore straniero cerca un candidato per la sua azienda. Come? Mettendo a nudo i pregiudizi che circolano in Italia riguardo al lavoro dei migranti. L'imprenditore immigrato, infatti, gira per le strade e nei luoghi frequentati dai ragazzi per offrire un posto di lavoro, ma riceve solo rifiuti. Usa una telecamera nascosta e riprende i ragazzi che, al momento dell'offerta del lavoro, diostolgono lo sguardo o proseguono dritto per la loro strada. Lo spot termina con un messaggio: sono un imprenditore immigrato, i lavoratori migranti producono il 10% del Pil nazionale, riconoscerne l'importanza significa riconoscere un'opportunità.



sabato 22 giugno 2013

Il dibattito sulla cittadinanza




In occasione di un incontro con gli studenti dei licei di Padova, il Ministro per l'integrazione, Cècile Kyenge, ha parlato dello Ius soli. “E' il Paese che deve dare delle risposte alla nuova fotografia. L'Italia è oggi un Paese meticcio dove convivono persone che vengono da tanti paesi. La forma di ius soli che si troverà darà una risposta a questa nuova fotografia dell'Italia”, ha affermato il Ministro e, a proposito delle scritte ingiuriose nei suoi confronti, ha dichiarato: “ ...Credo si debba cambiare l'ottica di come vengono percepite queste offese, questi insulti. Non sono indirizzati soltanto alla sottoscritta, ma a ogni persona. I giovani ce lo stanno dimostrando, mostrandoci la faccia dell'Italia migliore”.
Intanto il politologo e professore universitario, Giovanni Sartori, sul Corriere della Sera scrive un editoriale - che, però, viene pubblicato sulla destra della pagina - dal titolo: “Ius soli, integrazione e una catena di equivoci” in cui si legge, in riferimento a Cècile Kyenge e al suo ministero: “ Nata in Congo, si è laureata in Italia in medicina e si è specializzata in oculistica. Cosa ne sa di integrazione, ius soli e correlativamente di ius sanguinis?”. Il professore ha, poi, continuato, dicendo: “ La brava ministra ha scoperto che il nostro Paese è meticcio. Se lo Stato italiano le dà i soldi, compri pure un dizionarietto e scoprirà che meticcio significa persona nata da genitore di razze (etnie) diverse. Per esempio, il Brasile è un Paese molto meticcio, ma l'Italia proprio no”.
La “ministra”, come viene spesso chiamata Cècile Kyenge, risponderà a breve a queste affermazioni.
L' associazione nazionale universitaria degli antropolgi culturali (Anuac) ha, invece, espresso solidarietà e sostegno al progetto di integrazione dei cittadini migranti e della loro prole, sostenenedo che, dai processi migratori e dallo scambio planetario delle merci, scaturiscono forme nuove di moltiplicazione della diversità che arricchisce tutti, dal punto di vista culturale. Ma gli antropologi ricordano che possono scaturire anche pratiche di esclusione e di discriminazione. E' necessario, quindi - oltre a una modifica delle norme vigenti per l'acquisizione della cittadinanza italiana da parte dei figli dei migranti - accompagnare il cambiamento con una lotta continua al pregiudizio, al razzismo e alla disuguaglianza sociale.

martedì 14 maggio 2013

I colpi di piccone a Milano


Cinque persone: due morti e tre feriti. Questo il bilancio dell'aggressione avvenuta pochi giorni fa nella zona di Niguarda, a Milano.
Un uomo, armato di piccone, all'alba si è scagliato su cinque persone, un giovane di 21 anni e altri quattro più adulti: l'aggressore è un extracomunitario, Mada Kabobo, proveniente dal Ghana.
Kabobo, trentun anni, era giunto in Italia, da irregolare, nel 2011; sbarcato probabilmente sulle coste pugliesi, ha fatto richiesta di asilo politico, riuscendo ad ottenerla per un breve perdiodo durante il quale, però, è stato segnalato per reati contro il patrimonio, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Allo scadere del permesso di soggiorno, la commissione ha respinto la nuova domanda di asilo politico. Non è stato espulso dall'Italia a causa delle sue pendenze penali.
La follia omicida di Kabobo ha fatto esplodere la polemica politica.
Matteo Salvini, segretario della Lega, ha commentato l'accaduto dicendo: “ I clandestini che il ministro di colore vuole regolarizzare, ammazzano a picconate: Cecile Kyenge rischia di sitigare alla violenza nel momento in cui dice che la clandestinità non è reato, istiga a delinquere. Questo è un caso drammatico, il gesto di un folle. Ma non va trascurato il fatto che sia stato commesso da un clandestino che non avrebbe dovuto essere qua, avrebbe dovuto essere espulso. Altro che abolizione del reato di clandestinità, ci sono già migliaia di gazebo pronti: seppelliremo il Ministro Kuenge con migliaia di firme”.
Le repliche alle parole di Salvini sono state quelle di Nichi Vendola e del deputato del Partito Democratico e Presidente del forum Sicurezza e Difesa, Emanuele Fiano. Vendola ha affermato: “ C'è chi ha accusato cecile Kyenge di essere oggettivamente responsabile della violenza stamani a Milano. Siamo agli archetipi di stupidaggine e cattiveria, gli ingredienti di quella miscela chiamata razzismo”. E Fiano ha aggiunto: “ La politica di queste ore ha il dovere di non fomentare ulteriore violenza anche verbale. L'accusa di istigazione a delinquere, scagliata da Matteo Salvini contro il Ministro Cecile Kyenge per il terribile omicidio, è un'accusa vergognosa che respingiamo al mittente, proferita da chi ha gevernato questo Paese, la Regione Lombardia e la città di Milano per anni e anni senza risolvere mai nessuno dei grandi problemi connessi al tema dell'immigrazione”.
Kabobo ha ripetuto ai carabinieri, in un primo momento, di non avere fissa dimora, di non dormire mai e di avere fame e poi di sentire “delle voci”.