Visualizzazione post con etichetta fondamentalisti. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fondamentalisti. Mostra tutti i post

martedì 23 dicembre 2014

Capire cosa accade in Siria, oggi.




Per fare il punto sulla situazione siriana (e del Medioriente) l'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato il giornalista Shady Hamadi, autore del saggio La felicità araba. Storia della mia famiglia e della rivoluzione siriana, per Add editore.

Ringraziamo sempre Shady Hamadi per la sua disponibilità.





Cosa, gli analisti occidentali, non hanno voluto vedere a proposito di ciò che è accaduto e che accade in Siria?



La prima questione odierna è la presenza di una società civile in Siria e le motivazioni vere che hanno mobilitato la società siriana che è uscita da un regime dopo quarant'anni e dopo averci provato varie volte, nel 2000 e nel 2005, ma anche nell'82 con la strage di Hama: nonostante ci siano state colpe acclarate dei Fratelli Musulmani, una certa parte aveva scelto la strada del dialogo. E, secondo me, oggi, non bisogna trovare una sorta di dicotomia tra regime e fondamentalisti.



Il suo racconto parte da lontano, da suo nonno e da suo padre: parla di loro per arrivare a capire il Presente...



Recentemente ho fatto una riflessione, sul Corriere della sera, riguardo al senso della Storia applicato in Siria e sarebbe un discorso da approfondire.

Mio padre è cresciuto, per volontà di mio nonno, presso una scuola salesiana vicino a Talkalakh e allora c'era un sistema di istruzione che funzionava, anche perchè era un retaggio del colonialismo.

La differenza, invece, tra la sua generazione e quella odierna è che quella di oggi è stata indottrinata per quarant'anni e non ha una conoscenza della Storia dalla quale viene, i loro piedi non affondano bene nelle radici storiche e questo si sta presentando in ciò che avviene in Siria: invece, dovremmo guardare, ad esempio, agli anni'50 quando un Cristiano era Primo Ministro. L'incosapevolezza crea un problema e lo creerà anche in futuro.



I giovani che hanno lottato per il Presente, lo hanno fatto, quindi, senza conoscere il Passato?





All'inizio c'era una élite consapevole (e lo dicevano anche gli slogan “Il popolo siriano conosce la Storia”), ma c'è anche una facilità di radicalizzazione nei ragazzi che ha due motivazioni: la prima, è che la Siria è stato costituita, durante l’era della famiglia al Asad, su un sistema comunitario e confessionale, mettendo, per la prima volta nella storia contemporanea del paese, le minoranze al potere. Questo ha prodotto che l'80% della popolazione si sentisse esclusa dalla possibilità di gestire il potere, creando quel risentimento che poi si è concretizzato. La seconda motivazione è lo smantellamento della scuola, per cui quello che accade oggi ai giovani siriani è comprensibile se noi guardiamo a quello che è accaduto negli ultimi quarant'anni.



In contrapposizione a questi ragazzi, troviamo una piccola élite di giovani,anche sunniti, che sostengono il regime perchè hanno guadagnato dei benefit e si sono, in qualche modo, occidentalizzati. Questa piccola élite non guarda alla mancanza di diritti politici e di libertà ma ha scelto di accontentarsi di una libertà apparente: una modernità, fatta di discoteche e belle macchine, priva di ogni pensiero critico verso il brutale status quo imposto dal regime.




Come si può avviare, allora, una transizione verso una forma democratica di governo?



Jawdat Said, una guida religiosa sunnita, ha detto che la democrazia è come una ruota: una volta inventata, tutti la vogliono.

Io penso che la democrazia, prima di tutto, nasca da una cultura, nel senso che ci deve essere rispetto reciproco per le idee. Invece la società mediorientale è una società che non nasce da un'esperienza di confronto, ma è repressa. La mancanza di dialogo fa sì che non ci sia un'autocritica: ad esempio, non c'è una riforma religiosa perchè il governo vieta una critica e non c'è nemmeno la possibilità di progredire in altre maniere. Se noi vediamo la produzione di papers accademici delle università del mondo arabo, è molto più bassa rispetto a quella di alcuni Paesi africani.

La democrazia, quindi, è un percorso ed è necessario un dialogo interno.



Ci racconta la vicenda del vignettista Alì Ferzat?



Alì Ferzat, un po' come tutti gli intellettuali, nel 2011 si è schierato e ha iniziato a parlare apertamente contro il regime siriano: è stato caricato su una camionetta, da parte dei servizi segreti, e gli hanno spezzato le mani proprio perche faceva il vignettista. Questo è un messaggio simbolico sull'impossibilità di avere qualsiasi tipo di espressione che possa prescindere da quella che è la dottrina del regime.



Qual è la situazione in Siria, oggi e quali saranno, a suo parere, gli scenari futuri?



In Siria c'è una mancanza di senso storico, ma c'è un profondo senso nazionale, nonostante la disgregazione su base confessionale.

Per il futuro prevedo che ci sarà un perenne stato di conflitto che può durare dieci, forse vent'anni, ma che si dovrà poi risolvere. Come? Ad esempio, guardando a quelli che sono stati gli accordi di Ta'if, quelli libanesi, dove si può creare una Camera Alta a elezioni universali e una Camera Bassa a elezioni confessionali.

Non credo che lo Stato Islamico resisterà o creerà un califfato perchè le loro prime vittime sono gli stessi musulmani in quanto i musulmani che non sono d'accordo con loro vengono chiamati “apostati”, tagliati a pezzi e crocefissi.

Un'altra possibilità per il futuro della Siria è che possa rimanere Assad, che si crei uno Stato confessionale, con una piccola percentuale di sunniti, e rimanga lì a baluardo delle necessità della Russia o dell'Iran; penso che questa ipotesi sia lontana e credo, invece, che arriveremo ad un dialogo, ma non so se questo dialogo porterà all'estromissione degli Assad (perchè non c'è la volontà internazionale) oppure se si arriverà ad una Siria federale in senso confessionale per poi trovare una unità.



Perchè la comunità internazionale non si occupa della Siria?

 

Prima di tutto, gli americani lo avrebbero fatto se ci fosse stato, in Siria, il petrolio. In secondo luogo, Obama non ha una politica estera credibile in Medioriente, invece Putin ha le idee molto chiare su quello che c'è da fare. E come se si fosse ricreato un muro di Berlino a Damasco...

Non sottovalutiamo, inoltre, l'Iran che è una Repubblica imperialista, ma teocratica, che adopera lo scontro tra sciiti e sunniti per costruire le sue aree di influenza.

Infine, l'Unione Europea non ha una politica estera comune: vediamo che la Francia fa una cosa e l'Italia un'altra, ad esempio. E, come detto, gli Stati Uniti aspettano.


martedì 22 luglio 2014

L'orrore, il fondamentalismo e poi la verità




Da poco uscito nelle librerie italiane, L'ultimo lenzuolo bianco. L'inferno e il cuore dell'Afghanistan (Ed. Guaraldi) di Farhad Bitani con la prefazione di Domenico Quirico, racconta, senza fare sconti, di un ragazzo vissuto nella violenza. Capitano dell'esercito afghano, figlio di un generale mujaheddin, Bitani ha combattuto contro i talebani, ma ha visto tutto l'orrore che un uomo può vedere. E ha anche fatto del male.

Si racconta, nel libro, e racconta di un Paese martoriato, ma di un popolo che, nonostante tutto, ha nel cuore quell'umanità che permette di far sopravvivere la speranza.



Abbiamo rivolto alcune domande a Farhad Bitani e lo ringraziamo molto per le riflessioni che condivide con noi.





Qual è, per lei, il vero Islam e quale, invece, quello della propaganda ?



Il vero Islam purtroppo si trova raramente in questo mondo. Il vero Islam è non uccidere, non prendere la vita delle altre persone, aiutare i bisognosi, fare fratellanza con le altre religioni. Il vero Islam è non pensare solamente al tuo benessere personale, ma pensare anche agli altri. Purtroppo adesso questo non esiste. L'Islam della propaganda lo vediamo ogni giorno in tv: tagliare le teste in nome della religione, corruzione e violenze in nome della religione. È molto facile per me parlare dell'Islam della propaganda, perché è l'ambito in cui sono cresciuto: quello dell'Afghanistan, dove sono nato, dell'Iran, dove sono cresciuto, e quello di tutti gli altri posti in cui ho avuto amici fondamentalisti. Vedendo questo Islam mi viene da pregare Dio perché aiuti tutti i fondamentalisti a uscire dalla cella buia in cui sono rinchiusi. Nessuna religione del mondo parla della violenza: la religione viene data da Dio per indicare la strada dell'umanità e mettere la verità nel cuore degli uomini. Praticando la vera religione anche il deserto diventa un paradiso. Purtroppo in questo periodo noi non vediamo tantissime persone veramente religiose, sono poche persone nel mondo, e l'ingiustizia è così grande che quelle poche persone sono considerate bugiarde. Il mio libro è un piccolo esempio di questo: io non ho inteso fare altro che raccontare la verità, quello che ho visto e vissuto, ma persone che vivono nella falsità mi hanno accusato di mentire. Questa è la falsità che vediamo anche in tanti politici in tutto il mondo.



Nel suo libro c'è un capitolo intitolato: “L'inganno della democrazia”: a cosa si riferisce quando parla di “inganno”?



L'inganno della democrazia esiste in tantissimi paesi musulmani e in molti paesi poveri nel mondo. Parlo dell'Afghanistan perché è il paese dove sono cresciuto, dove ho amici fondamentalisti, che hanno grandi quantità di soldi nelle banche svizzere. Dio non ha buttato i soldi dal cielo: sono soldi rubati in nome della democrazia. Parliamo di giornalisti falsi, che diffondono notizie false. Parliamo di associazioni a scopo fintamente benefico che fanno grandi raccolte di fondi all'estero e se li distribuiscono tra loro in Afghanistan, che fanno grandi pubblicità per attirare l'attenzione su presunte minoranze perseguitate. Parliamo di elezioni truccate, dove ci sono criminali appoggiati dall'estero che si mascherano da difensori del diritto e comprano i voti con le minacce, nel mio libro io ho smascherato tante di queste persone. Per questo quando sento parlare di democrazia mi viene da ridere. Qualcuno pensa che io rida perché non credo alla democrazia: no, io credo alla democrazia e dico che in Afghanistan non esiste. La democrazia per me è come un albero che ha tante radici: se tu tagli una radice l'albero inizia a seccare. In Afghanistan tutte le radici sono state tagliate, l'albero è secco e qualcuno appiccica le foglie finte per far vedere che l'albero è vivo, ma chi applica le foglie sono le persone che usano il nome della democrazia per opprimere i poveri.



Purtroppo, per tanti bambini afghani si deve parlare di infanzia negata...



Io sono stato bambino in Afghanistan e so di che cosa si parla. Io da bambino volevo diventare un guerriero come mio padre e tanti amici volevano diventare come i loro padri, dei comandanti, dei potenti. In Afghanistan a 14 anni sei un uomo, devi fare in fretta a diventare quello che vuoi. Nel nostro paese le persone più violentate sono i bambini. La vita dei bambini è difficile, perché il bambino è obbligato a fare quello che fanno i grandi senza avere la forza degli adulti. Tanti bambini sono mandati nelle scuole coraniche dove subiscono il lavaggio del cervello; quando un bambino nasce, Dio gli regala un cuore pulito, quando è obbligato a frequentare le scuole coraniche il suo cuore diventa nero, impara la violenza. Il bambino non sa distinguere il bene dal male e se si mette nella sua testa l'informazione sbagliata è possibile usarlo per i propri scopi. In questo momento si sentono notizie di bambini usati per fare gli attentatori suicidi. Un bambino afghano non conosce i giochi, ma conosce le armi e la violenza. Il desiderio di tutti i bambini in Afghanistan è diverso dal desiderio dei bambini europei: un bambino afghano pensa a diventare ricco, possedere armi e fare la guerra. Un bambino europeo ha il desiderio di diventare un calciatore o comprarsi una motocicletta. Confrontare questi due esempi fa capire la differenza tra l'infanzia in Afghanistan e l'infanzia nei paesi occidentali.



Lei è di etnia pashtun: che rapporti ha con gli hazara e cosa pensa della loro discriminazione?



La parola discriminazione per i fratelli hazara è sbagliata. In Afghanistan tutte le etnie subiscono “discriminazione”. Io mi arrabbio sempre e mi viene da piangere per questa enorme falsità: quando uno di noi dice “nella mia etnia siamo tutti innocenti perseguitati”. Tutti abbiamo fatto violenza gli uni sugli altri: nella guerra civile i pasthun hanno tagliato le teste, i tagiki hanno violentato le donne e i bambini, gli hazara hanno bucato le teste e così via.

Quando viaggio in tanti paesi europei mi accorgo che c'è tanta cattiva informazione. In Italia sento sempre che gli hazara sono perseguitati, in Olanda sento che i pashtun sono perseguitati, in Germania che i tagiki sono perseguitati, ma queste informazioni vengono da quelle poche persone false che guadagnano dal mettere in giro queste dicerie. Io dico questo perché intorno al tavolo di casa di mio padre si organizzava la guerra civile afghana. Dobbiamo essere tutti onesti e non parlare bene della nostra etnia, ma parlare bene della giustizia e della verità. Come ho deciso di fare io: per la verità sono andato contro la mia famiglia, perché so che sono ingiusti. Chiedo a tutti i fratelli pashtun, tagiki, hazara di non mettere in giro la voce che “noi siamo bravi e gli altri cattivi”, perché non esistono i bravi e i cattivi. Invece di fare questo devono combattere per la verità: questa è la cosa bella nel mondo, non l'etnia, non la razza. Chi insiste sulla differenza delle razze non è perdonato da Dio.



Quali sono le contraddizioni dell'Occidente: ad esempio, se ci può raccontare cosa accade all'Accademia di Modena...



La prima contraddizione dell'Occidente si evidenzia nella falsa strategia applicata in Afghanistan. La strategia dell'Occidente in Afghanistan è pessima a causa dell'ignoranza: sono stati spesi miliardi di dollari per la ricostruzione dell'Afghanistan e questi soldi sono spariti. Sono state appoggiate persone che per anni hanno compiuto sopraffazioni e violenze. Sono date opportunità a tutti i fondamentalisti e ai potenti, che vengono a studiare in Occidente, entrano nella accademie e nelle università saltando le selezioni, conseguono titoli di studio e tornano in Afghanistan a compiere gli stessi delitti. Per esempio quando sono entrato in Accademia io pensavo di essere l'unico ad accedere senza esame, poi ho incontrato altri figli di fondamentalisti, miei amici, che erano nella mia stessa situazione; la stessa cosa avviene negli altri paesi europei. Alcuni giovani fondamentalisti sono analfabeti e studiano in famose università.

In Occidente esiste la corruzione come in Afghanistan, ma all'interno dell'Occidente stesso questa corruzione ha un argine: chi compie ingiustizie prima o poi deve risponderne; invece dove l'Occidente si relaziona con l'Afghanistan, un posto in cui non c'è una giustizia a cui rispondere, la corruzione si esprime in pieno.



Ha avuto il coraggio di ammettere di aver partecipato alle lapidazioni: come è riuscito a fare i conti con il suo Passato? E come è riuscito a tornare ad avere un “cuore bianco” dopo aver visto e vissuto tante atrocità?



Questo è un dono di Dio. Tutti noi umani abbiamo un dono da parte di Dio. A tante persone Dio dà soldi, a tanti uomini dà una bella ragazza, a tanti dà la felicità. A me ha dato questo dono: indicarmi la strada vera. Chi crede profondamente in Dio capisce subito le mie parole. Per chi non crede faccio una similitudine. Immaginate di essere innamorati pazzi di una persona: fareste di tutto per avere quella persona. Io sono innamorato di Dio e della strada della verità e farò tutto quello che Dio mi comanda. Tutti possiamo cambiare se vogliamo, perché il bene viene sempre dato da Dio. La verità è sempre bella, ma accettarla è molto difficile. Io non ho dimenticato la mia infanzia. Io non ero solo: milioni di persone in Afghanistan hanno visto quello che ho visto io, ma io ero tra i capi. Metà della popolazione afghana ha partecipato alle lapidazioni, tutti hanno visto la violenza. Quando tu cresci in un ambito così, per te la violenza diventa normale, come andare a prendere il caffè al bar la mattina. Ci sono tantissime persone che hanno avuto la vita peggiore della mia, che sono stati violentati, ma Dio non ha donato a loro di raccontare la verità. La vita che faccio adesso, che combatto per la verità, è un dono di Dio, che ogni giorno mi dà più forza. Ogni giorno ho davanti molti ostacoli, molte persone sono contro di me e mi accusano con tante falsità. Io combatto contro tutti i fondamentalisti, ma non mi sento stanco, perché dietro di me c'è un mano, che è la mano della verità.

lunedì 26 maggio 2014

Padre Dall'Oglio forse è stato ucciso. Un duro colpo per tutto il mondo



Prima timidamente, poi in maniera sempre più deflagrante si è diffusa, sui media italiani, la terribile notizia: Padre Paolo Dall'Oglio è stato ucciso.
Il religioso gesuita, negli anni '80, aveva riformato in Siria la comunità cattolico-siriaca Mar Musa presso il Monastero di san Mosè l'Abissino, situato nel deserto a nord di Damasco e da allora era diventato un punto di riferimento fondamentale nel dialogo interreligioso con gli esponenti dell'Islam.
Il suo attivismo lo aveva reso inviso al governo siriano tanto da essere espulso dal regime di Assad nel 2012. Rientrato in Siria nel 2013, Dall'Oglio si era immediatamente recato nel nord, controllato dai ribelli, per impegnarsi in difficili trattative per la liberazione di un gruppo di ostaggi, a Raqqa, e per tentare di ristabilire il rapporto tra jihadisti e curdi. Ma il 27 luglio 2013 viene rapito da un gruppo di fondamentalisti vicini ad al-Quaida.
Questa mattina, 26 maggio 2014, il sito TahrirSy è stato il primo a battere la notizia della morte, per impiccagione, del sacerdote ad opera proprio di un membro di un gruppo fondamentalista islamico (il SIS).
Pare che la fonte della tragica notizia sia un cittadino siriano che dice di non averlo detto prima per paura di essere ucciso a sua volta.
Usiamo il condizionale, usiamo cautela perchè è una notizia ancora da verificare definitivamente.
Un pensiero o una preghiera per ringraziare, da oggi e per sempre, Padre Paolo Dall'Oglio, un padre di tutti e per tutti. Sperando che la notizia sia infondata.