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martedì 23 giugno 2015

Ucraina, la guerra che non c'è







Due giovani giornalisti, 40 giorni tra l’orrore dei due fronti.



Al di là delle questioni geopolitiche e della guerra diplomatica fra Nato e Putin cosa avviene davvero in quella landa alla periferia dell’Europa? Questo libro è un reportage esclusivo, scritto da Andrea Sceresini e Lorenzo Giroffi, per Baldini & Castoldi, che per un mese e mezzo hanno vissuto lungo le due sponde del fronte. Da Donetsk a Lugansk, passando per Kiev, un’odissea fra trincee, battaglie e posti di blocco, miliziani dal volto umano, ufficiali alcolizzati e cocainomani, volontari di mezza Europa ubriachi di ideologia, bombardamenti e bordelli militari. L’obiettivo, osservare il vero volto della guerra: senza pregiudizi né retorica, ma con lo spirito un po’ incosciente di chi cerca la verità.




L'Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande ai due giornalisti. Li ringraziamo molto.



Si tratta della prima guerra civile in Europa del XX secolo: potete raccontarci quali sono state le premesse?


In seguito alle proteste di piazza Maidan e alla caduta del governo Yanukovich, nel febbraio 2014, la situazione in Ucraina orientale ha iniziato a surriscaldarsi. Migliaia di manifestanti filo-russi, intimoriti dalla svolta filo-occidentale che la nuova giunta di Kiev stava imprimendo alla nazione, hanno preso d'assalto i palazzi governativi a Donetsk, Lugansk e in altre città del Donbass. A marzo a Russia ha occupato la Crimea, che con un referendum-lampo si è dichiarata indipendente dall'Ucraina, mentre all'inizio di maggio, nella città di Odessa, una quarantina di manifestanti filo-russi sono stati uccisi dai militanti dell'estrema destra ucraina nella Casa dei Sindacati. Questi due fatti hanno contribuito a esacerbare ulteriormente gli animi, fomentando gli opposti nazionalismi e facendo divampare la guerra civile. Donetsk e Lugansk si sono costituite come repubbliche indipendenti, dotandosi di una propria milizia armata e unendosi nella repubblica di Novarossia che è il nome di una vecchia entità territoriale dell'epoca zarista. Queste, grosso modo, sono le premesse.




L'Ucraina si trova in una posizione geopolitica interesante per molti: quali sono le posizioni delle grandi potenze ?

Dietro gli opposti contendenti ci sono - in modo molto evidente - gli interessi economici e geopolitici delle grandi potenze: Stati Uniti ed Europa da una parte, Russia dall'altra. Il punto del contendere riguarda, in buona sostanza, l'ingresso dell'Ucraina nella Nato e - dunque - nella sfera di influenza occidentale: una prospettiva che Putin non potrebbe mai accettare, perché significherebbe avere il "nemico" alle porte. Perciò sono stati fomentati i nazionalismi locali - che prima di oggi non erano in pratica mai esistiti - e sono stati massicciamente riforniti, con armi e supporto logistico, i due schieramenti in campo. Gli ucraini sono spesso foraggiati con materiale di fabbricazione statunitense, mentre i separatisti possono contare sul supporto di decine di consiglieri militari e centinaia di "volontari" russi. Insomma: la guerra civile ucraina altro non è che la proiezione locale di uno scontro a bassa intensità tra le grandi potenze. Chi ci guadagna – oltre agli strateghi internazionali - sono gli oligarchi e i lobbisti, che a loro volta si sono schierati da una parte o dall'altra.

Chi ci perde sono i cittadini locali, i soldati mandati la macello, i lavoratori e gli idealisti di tutte le risme, massacrati sotto le bombe e nelle trincee.




Voi siete stati sulle due sponde del fronte: cosa potete dirci di diverso rispetto alle notizie che abbiamo letto sulla stampa ufficiale?

Che le guerra si combatte ogni giorno, a dispetto delle varie tregue e dei cessate-il-fuoco. E che è una guerra terribile, combattuta senza pietà. Abbiamo vissuto a Donetsk per diverse settimane. Molte notti le abbiamo trascorse svegli, mentre le artiglierie bombardavano la città. Parliamo di bombardamenti massicci, con una esplosione ogni quattro o cinque secondi. Le fabbriche sono state chiuse e i pensionati hanno smesso di ricevere i sussidi. Questo è ciò che i giornali non dicono: la guerra ci viene spesso descritta come una funambolica partita a dama tra stati maggiori, diplomatici e strateghi militari. E' anche questo, certo, ma soprattutto - e te ne accorgi con sgomento quando ti ci trovi dentro - è un grande mare di merda: uno scontro di morti di fame contro altri morti di fame, il cui inutile sacrificio si trasforma in guadagni per gente che si trova comodamente seduta a una scrivania, a centinaia di chilometri di distanza. Siamo stati all'obitorio di Donetsk, che è uno dei luoghi più educativi che abbiamo visitato: vuoi capire cosa sia la guerra? Ti bastano cinque minuti lì dentro. Chi ci lavora è perennemente ubriaco di vodka. Iniziano a bere la mattina alle sette, perché nessuno, da sobrio, sarebbe tanto pazzo da trascorrere le sue giornate oltre quella soglia.




Perchè il titolo del libro recita: “...La guerra che non c'è”?


Perché la guerra nel Donbass è una guerra dimenticata, di cui si è parlato poco, e solo a sprazzi, in occasione dei grandi meeting internazionali, delle principali battaglie e delle elezioni ucraine. Eppure si combatte alle porte dell'Unione Europea, a poche ore di volo dalle nostre città. La guerra macina ogni settimana decine di morti, il cui dramma sembra non interessare a nessuno. Quando siamo tornati dal nostro viaggio, nel novembre 2014, ricordo che la stampa italiana si stava accapigliando sul caso del cono gelato del ministro Madia. Come degli zombie, ci siamo messi a sfogliare i quotidiani in cerca di un reportage, un articolo, un trafiletto, qualunque straccio di notizia che parlasse di ciò che avevamo appena abbandonato: non abbiamo trovato nulla. Anche per questo abbiamo deciso di cominciare a scrivere...









sabato 27 dicembre 2014

In piedi nella neve: ricordare la Storia ai ragazzi, con un romanzo





Cari lettori, abbiamo rivolto alcune domande a Nicoletta Bortolotti sul suo ultimo romanzo per ragazzi intitolato In piedi nella neve, che uscirà il prossimo febbraio per Einaudi.



L'Associazione per i diritti umani sta organizzando alcune presentazioni nelle scuole del precedente lavoro della Dott.ssa Bartolotti dal titolo: Sulle onde della libertà. Se interessati, cercate l'articolo qui sul sito e scriveteci alla mail peridirittiumani@gmail.com



Ringraziamo Nicoletta Bortolotti anche per questa intervista.



Il romanzo si basa su un fatto storico: ce lo può ricordare?



Siamo a Kiev, nel 1942. La città è stata occupata dalla Wermacht di Hitler nel settembre dell’anno precedente con la crudele Operazione Barbarossa, uno dei momenti più drammatici della Seconda Guerra Mondiale. Questo romanzo si propone di narrare attraverso lo sguardo disincantato di una ragazzina tredicenne, Sasha, un episodio singolare ed emozionante avvenuto durante l’avanzata tedesca sul fronte orientale: la partita di calcio disputata fra ucraini, ex campioni del Dinamo, e nazisti, che rimarrà nella storia come la tragica “partita della morte”.

«Giocate per perdere, se vincete morite». Sasha sente l’ufficiale tedesco minacciare i macilenti avversari. E suo padre. Perché lei è figlia del portiere Nikola Trusevich, costretto a fare il panettiere per sopravvivere nella città occupata, prima da Stalin e poi da Hitler.

A tutt’oggi l’incontro, ripreso in alcuni docu-film e nell’hollywoodiano Fuga per la vittoria con Sylvester Stallone, che però ne stravolge del tutto la verità storica, non è mai stato raccontato in un libro per ragazzi e da una voce femminile.



La Storia passata si intreccia al Presente, anche alla luce di quello che sta accadendo in Ucraina, una nazione poco conosciuta, forse, dal punto di vista storico e geopolitico: come si è documentata per la stesura di questo libro?



Nei due anni che mi ci sono voluti a scriverlo, tra la prima e la seconda stesura, ho praticamente vissuto a Kiev tramite libri, articoli e immagini online e nelle infinite steppe ucraine coperte in inverno di neve e in estate di girasoli e spighe di grano.

La storia di questa partita è interessante per comprendere le spinte indipendentiste ed europeiste del popolo ucraino, nonché il suo rapporto con la Russia.

Non bisogna infatti dimenticare che l’Ucraina, dopo il passato glorioso della Rus’ di Kiev e dei Cosacchi, era entrata nel 1922 a far parte dell’URSS come Repubblica socialista sovietica ucraina, sotto l’Armata Rossa di Stalin. Stalin confiscò le terre ai contadini per collettivizzarle, deportò e uccise gli agricoltori ribelli, distrusse oltre 250 chiese e provocò una carestia che costò al paese circa 10 milioni di morti.

Non deve sorprendere pertanto che nel 1941, quando Kiev fu invasa dai tedeschi, in principio l’Esercito Insurrezionale Ucraino salutò i nazisti come liberatori dal giogo sovietico. Ma poi combatté sia l’Armata Rossa di Stalin sia la Wermacht di Hitler.

Alla resistenza partigiana per le strade della città parteciparono distinguendosi alcuni giocatori del Dinamo Kiev, la squadra di calcio più forte dell’Ucraina. Gli atleti erano considerati nemici di Hitler e del Reich, poiché, durante l’occupazione sovietica, nella rigida struttura sportiva voluta da Stalin, per poter essere tesserati nelle squadre più prestigiose, dovevano collaborare con la polizia segreta sovietica, l’NKVD, e con il Partito Comunista.

E forse fu proprio questa la loro condanna, anche se la verità è molto difficile da accertare, al di là delle leggende e del negazionismo dell’una e dell’altra parte.





Vediamo i protagonisti: Sasha è una ragazza, una femmina che ama il gioco del calcio. Maxsym è un maschio, ma ama ballare. Come possono superare i pregiudizi e le convenzioni?



Il pregiudizio culturale molto radicato negli anni ’40, ma ancora oggi duro a morire, per cui esistono sport o giochi rigidamente di genere, porta spesso i ragazzi a nascondere o a non sviluppare parti di sé per il timore del giudizio sociale. Il calcio è da “maschi” e la danza da “femmine”. Si potrebbe pensare che questo modo di ragionare così schematico sia superato, ma non è così: fino ai quindici anni di età, per esempio, esistono ancora oggi solo squadre di calcio maschili, mentre ai corsi di hip-hop i maschi sono ancora pochi. Ma per fortuna la situazione sta lentamente cambiando… I due protagonisti del racconto, Sasha e il suo migliore amico Maxsym, cercheranno con l’ingenua “disperazione” della gioventù di realizzare il loro destino e i loro sogni, nonostante “entrambi amino cose che non possono amare”…


Quali sono i valori veicolati da questo racconto?



La necessità talvolta drammatica di superare la “linea d’ombra” per usare una metafora conradiana e di crescere, di lasciarsi alle spalle l’adolescenza, di prendere posizione, esponendo se stessi. E un amore immaginato. Il calcio e lo sport come strumenti di riscatto, da sempre nei sogni dei ragazzi. Perché gli ultimi minuti del secondo tempo scorrono veloci, non solo in partita ma anche nella vita. A volte è il pallone a decidere. E in quel memorabile 9 agosto del 1942, a pochi metri dalla rete, la sfera di cuoio sembra gridare a Sasha: io non spreco le mie occasioni…





Un libro per ragazzi, ma non solo: si tratta, infatti, di una riflessione sulla memoria storica, sul riscatto e sul senso di responsabilità...



Quando ho scritto questo libro stavo pensando anche a situazioni del presente, vicine a noi, in cui la giustizia viene sistematicamente calpestata e i diritti negati. Non si tratta solo di guerre o genocidi eclatanti ed esplosivi come quelli che insanguinano buona parte del mondo, ma anche di tragedie silenziose, invisibili, “senza sangue”, ma non per questo meno dolorose, come per esempio, quella dei giovani precari.

Rispondo alla tua domanda con un brano tratto dal romanzo che forse ne racchiude lo spirito e il senso. Affido i lettori alle parole di Sasha:



Mi era venuto l’impulso di afferrare il barattolo e di aprirlo e di fare volare via la farfalla. Ma, come gli altri, ho tenuto le mani in tasca.

Se avessi aperto il barattolo, la professoressa si sarebbe arrabbiata e mi avrebbe rimproverata. E se poco fa Maksym avesse preso le mie difese, Oleh gli avrebbe mollato un calcio negli stinchi o un pugno in mezzo alle scapole, di quelli che ti fanno mancare il respiro, e poi lo avrebbe preso in giro fino alla fine dell’anno scolastico.

Ho pensato questo, ho pensato che ha ragione Kordik. Una volta l’ho sentito parlare con mio padre delle persone che vengono portate via su un autobus per andare nei treni diretti ai campi di prigionia e dei lavoratori ebrei che vengono licenziati e non hanno più lo stipendio, e dei loro colleghi che stanno a guardare. Guardano e basta.

Kordik ha detto a mio padre: «Tra la voglia di fare una cosa giusta e farla davvero c’è un viaggio lunghissimo.» E poi ha detto: «In questo viaggio devi calcolare quello che hai da perdere e da guadagnare. Magari la vita.»

Ecco perché Oleh mi ha dato una scarpata sulla mano e la farfalla è morta nel barattolo e Hitler è venuto a Kiev senza che noi lo avessimo invitato e Maxsym non ha detto niente per difendermi da Oleh, anche se è mio amico. Quando c’è da aprire un barattolo e magari puoi fare volare via una farfalla, questa paura non te lo fa aprire.

sabato 22 febbraio 2014

Cosa succede in Ucraina


Si contano 100 vittime tra i protestanti, in Ucraina, mentre il Presidente Yanucovich annuncia, in un comunicato, l'accordo tra il governo ucraino, l'opposizione, l'Unione europea e la Russia: l'intesa prevede elezioni anticipate, un governo di coalizione e una riforma della Costituzione.

In Italia è arrivata la figlia della leader dell'opposizione Yulia Timoshenko, Yevhenia, che che ha affermato: “Questa guerra civile non è tra fratelli, ma tra il regime e il suo popolo. Se non ci sarà un cambiamento le proteste continueranno. Perchè bisogna sentire le richieste del popolo, serve un cambiamento politico con nuove elezioni e riforme. Non si può consegnare il Paese alla Russia...il cambiamento è chiesto dal popolo e la Russia deve accettarlo”.

Ma per comprendere meglio cosa sia accaduto e cosa stia succedendo in Ucraina vi proponiamo un video del tg2 (del 19 febbraio scorso) con l'intervento di Marianna Soronevych, giornalista impegnata nel sostegno della comunità ucraina in Italia.


giovedì 13 febbraio 2014

Aggiornamento Ucraina e i Giochi olimpici di Sochi




Quella in atto nelle ultime settimane in Ucraina è la più imponente mobilitazione cittadina dai tempi della Rivoluzione arancione del 2004 e nasce dalla volontà, da parte di chi è sceso nelle piazze del Paese, di entrare in Europa e di non fare più parte dell'orbita russa attraverso l'unione doganale voluta da Putin.

Nei giorni scorsi i dimostranti anti-governativi avevano attuato uno sgomebro del Ministero della Giustizia e questo ha prodotto due effetti: le dimissioni del Premier Azarov e l'abolizione, da parte del Parlamento, di 9 delle dodici leggi anti-manifestazioni - approvate il 16 gennaio – tra cui quella che prevedeva la pena di quindici anni di reclusione per i trasgressori dei divieti sulla partecipazione alle dimostrazioni.

Il Presidente, Viktor Yanukovich ha proposto, inoltre, un patto all'opposizione: l'amnistia per gli antigovernativi arrestati in cambio che tutti gli edifici occupati siano sgomberati. Nonostante questo, però, in molte regioni gli scontri tra rivoltosi e forze dell'ordine continuano a Kiev e in altre zone, in particolare nell'area ovest del Paese.

Il leader del Cremlino, Vladimir Putin, non ha gradito l'ingerenza americana e europea nella situaizone in Ucraina: “Posso solo immaginare come i nostri patners europei avrebbero reagito se, in piena crisi a Cipro o in Grecia, il nostro Ministro degli esteri fosse andato in visita facendo appelli antieuropei”, ha affermato Putin, per poi continuare col dire: “ Pensiamo che non sia positivo, in generale e, considerando certe relazioni speciali esistenti tra Russia e Ucraina, è semplicemente inaccettabile per noi. Ecco perchè la Russia non interverrà in Ucraina...Riguardo a dare consigli su cosa fare e come penso che il popolo ucraino se la possa cavare da solo”.

E, a proposito di Russia: mentre sono stati inaugurati i Giochi olimpici invernali Sochi 2014, Amnesty International lancia una campagna mondiale per porre i riflettori, non sullo sport, ma sulle continue violazioni dei diritti umani. “La fiamma olimpica può gettare luce sulle violazioni dei diritti umani che le autorità preferirebbero nascondere dietro le decorazioni celebrative. E' importante che tutti coloro che hanno un interesse ai Giochi siano a conoscenza delle restrizioni imposte dalle autorità russe alla società civile e ai cittadini comuni e usino la loro influenza per opporvisi”, queste le parole di John Dalhuisen, direttore del programma Europa e Asia centrale.

La campagna di Amnesty prevede di puntare l'attenzione su:
  • tre prigionieri di coscienza, Vladimir Akimenkov, Artiom Saviolov e Mikhail Kosenko, detenuti da oltre un anno solo per aver esercitato pacificamente i loro diritti alla libertà di espressione e di riunione. Nel maggio 2012, sono stati arrestati in piazza Bolotnaya a Mosca, tra l'ondata di proteste di massa che è seguita alle tanto contestate elezioni parlamentari e presidenziali del 2011 e 2012. Tredici persone sono sotto processo a Mosca in relazione alle proteste di piazza Bolotnaya e molti altri sono ancora in attesa di processo su questo caso.
  • La legislazione che limita le proteste pacifiche impone severe ammende agli organizzatori di manifestazioni per violazione di una lista restrittiva di norme e regolamenti, spesso applicate arbitrariamente. Nel 2013 più di 600 persone sono state arrestate nel corso di 81 eventi nella sola area della città di Mosca.
  • La legislazione sugli "agenti stranieri" del 2012 ha scatenato un giro di vite sulle ong in tutto il paese, inclusa l'ispezione dell'ufficio di Amnesty International a Mosca. Casi portati in tribunale dalla Procura contro le ong hanno portato a multe salate contro diverse organizzazioni e i loro leader. Molte più ong in tutta la Russia hanno ricevuto la richiesta ufficiale di registrarsi come "agenti stranieri" o affrontare sanzioni simili.
  • La legislazione omofobica introdotta nel 2013 è usata per limitare i diritti alla libertà di espressione e di riunione delle persone lesbiche, gay, bisessuali, transessuali e intersessuate (Lgbti) e ha già incoraggiato la violenza omofobica in tutta la Russia. Eventi Lgbti sono stati interrotti da contromanifestanti e vietati dalle autorità, con i partecipanti detenuti per la promozione di "propaganda di rapporti non tradizionali tra minori". Chiunque violi la legge, inclusi gli stranieri, affronta multe fino a 3000 dollari.
  • La legge sulla "blasfemia" introdotta dopo che il gruppo punk Pussy Riot ha messo in scena una breve e pacifica, sebbene provocatoria, performance politica nella principale Chiesa ortodossa russa a Mosca nel 2011. Due degli interpreti stanno attualmente scontando una condanna a due anni di carcere dopo un processo politicamente motivato: una di loro, Nadezhda Tolokonnikova, è in sciopero della fame ed è detenuta in isolamento dopo essersi lamentata delle condizioni carcerarie.
  • Il fallimento di indagare efficacemente sugli omicidi di giornalisti e attivisti per i diritti umani. Anna Politkovskaya è stata uccisa nel 2006, ma la mente della sua uccisione non è mai stata identificata. Nessuno è stato assicurato alla giustizia per le uccisioni di Natalia Estemirova, Khadzhimurad Kamalov e Akhmednabi Akhmednabiev, tra gli altri.