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lunedì 22 dicembre 2014

Jimmy's Hall - Una storia d'amore e libertà







Ken Loach è tornato. Non solo il suo ultimo film nelle sale cinematografiche, ma il suo Cinema impegnato e sociale, la sua poetica graffiante e qui dolce allo stesso tempo, il suo sguardo sui valori più alti, come quelli della Libertà e dell'Amore, citati nella traduzione italiana del titolo: Jimmy's Hall – Una storia d'amore e libertà.

Loach lavora ancora con il suo fidato sceneggiatore, Paul Laverty, e insieme raccontano una storia realmente accaduta, poi trasposta in opera teatrale e adesso in film. Si tratta della vicenda di Jimmy Gralton che, tra gli anni '20 e '30 diventò leader sindacale e politico. Era comunista, Gralton, ma un comunismo basato sulla convinzione sincera di uno spirito solidale e attento alle necessità dei più deboli.

Il film è ambientato nell'Irlanda del 1932, poco anni più tardi rispetto alla guerra d'Indipendenza dalla Gran Bretagna, dove si respira ancora l'afflato della possibilità di scelta e lo spirito rivoluzionario anche se le speranze di tanti sono state disilluse dal governo di Eamon de Valera. E proprio per ribellarsi alle vessazioni della Chiesa cattolica e dei grandi proprietari terrieri, Gralton ricorda agli appartenenti alla classe operaia quali sono i loro diritti e per cosa devono continuare a lottare, ma lo fa in un modo del tutto anticonvenzionale: attraverso la musica jazz e il ballo importanto dall'America. Sì, perchè Jimmy è da poco tornato da New York dove era scappato per fuggire alla violenza di O'Keefe, il capo dell'Ira, l'esercito repubblicano (e non quello che decenni dopo opererà nell'Ulster).

Proprio la colonna sonora, nell'ultimo lavoro del regista britannico, diventa anch'essa protagonista: un mix di jazz e musica tradizionale irlandese, un mix – metaforico – tra Passato e Presente. Il jazz appartiene alla contemporaneità, le note sincopate fanno parte dello spirito moderno e aperto al futuro e ai cambiamenti senza, però, dimenticare la tradizione, quella che dovrebbe ricordare che tutti sono degni di rispetto e dignità, anche i poveri, i contadini, gli umili.
   
 
 
Il film è stato presentato all'ultima edizione del festival di Cannes dove Loach ha dichiarato: “ Se oggi Jimmy fosse vivo, si opporrebbe al neo-liberismo, alle lobby e alle multinazionali che controllano tutto, anche la democrazia...Gli appartenenti alla classe operaia in quel periodo erano considerati alla stregua di delinquenti, ma non era così. Erano contadini e navigatori, ma sapevano anche fare poesia e arte, danzare, ballare ed esprimere la propria coscienza politica e far valere le proprie esperienze”.

E, a proposito di poesia, Jimmy e i suoi amici leggono Yeats e la sua Canzone di Aengus il vagabondo: ” Sono invecchiato vagabondando per vallate e colline...”, rileggerla, oggi, fa venire ancora i brividi.


lunedì 25 agosto 2014

La Cattolica per i piccoli siriani



Un progetto ludico-ricreativo dell’Unità di ricerca sulla resilienza con Fondazione L’Albero della Vita per accogliere i minori in fuga dalla Siria che transitano dalla stazione centrale di Milano. Il contributo degli studenti-volontari dell’ateneo



Arrivano ogni giorno alla stazione Centrale di Milano. Sono minori siriani, quasi sempre con la famiglia, in transito dal luogo dello sbarco in Italia verso i paesi del Nord Europa. A Milano sono di passaggio e restano mediamente cinque giorni nella speranza di raggiungere, grazie all’aiuto di conoscenti o parenti, Paesi europei che idealmente offrono maggiori opportunità di lavoro. La situazione all’arrivo in stazione è difficile e pericolosa a causa di traffici illeciti, offerte di passaggi clandestini che tolgono ai profughi i pochi soldi rimasti, e della mancanza di beni di prima necessità come cibo, vestiti, un riparo per la notte.



Il progetto “Emergenza Siria”, promosso dalla Fondazione
L’Albero della Vita Onlus e dall’Unità di ricerca sulla resilienza dell’Università Cattolica insieme al Centro di Ateneo per la Solidarietà internazionale (Cesi), è nato a ottobre 2013 con l’esplodere dell’emergenza, per dare sostegno ai minori siriani sempre più numerosi in arrivo sul territorio milanese e accolti presso i centri di accoglienza di via Aldini e via Salerio, gestiti rispettivamente dalla Fondazione Progetto Arca e dalla Cooperativa Farsi Prossimo per conto del Comune di Milano. Qui lavora un gruppo di operatori volontari, studenti dell’Università Cattolica e studenti arabi iscritti a diverse facoltà degli atenei milanesi, appartenenti al gruppo Swap (Share With All People). Questa associazione studentesca nata in seno all’Università Cattolica e guidata dal docente di lingua araba Wael Farouq, si propone di favorire uno scambio interculturale tra studenti provenienti da ambienti diversi.



In questi centri sono stati attivati spazi ludico-creativi per i bambini, dove si svolgono attività specifiche di sostegno e recupero della quotidianità nel momento transitorio. Da ottobre ad oggi questi centri sono stati frequentati da 2200 bambini. Ogni giorno si lavora con un numero di ragazzi, tra i 5 e i 14 anni, variabile tra 10 e 40 per ogni centro, anche se spesso sono presenti bambini dai 2 anni di età, a cui sono proposte attività specifiche più adatte a loro. Le fasi del progetto, partito nei giorni scorsi e attivo sicuramente fino a metà ottobre, sono quattro.



La prima prevede un percorso di formazione gestito dall’Unità di resilienza della Cattolica rivolto a tutti i volontari coinvolti nel progetto, sulla base dell'esperienza maturata nell'ambito di progetti di sostegno psicosociale di minori siriani rifugiati in Libano e Giordania e di altri progetti condotti con minori in contesti di emergenza (Gaza, Haiti, Abruzzo, Molise, Sri Lanka, Cile, Cambogia, Pakistan...). La seconda fase consiste nell’attivazione di un intervento ludico-creativo in uno spazio dedicato, predisposto dall’Albero della vita, dove l’Unità di resilienza mette a frutto le competenze psicologiche e le conoscenze maturate nel corso dei tanti progetti elaborati in situazioni di emergenza.A questo segue l’attivazione di un percorso laboratoriale di promozione della resilienza condotto da studenti e tirocinanti della Cattolica. L’ultima fase è quella di ricerca, strettamente legata alle attività dei laboratori: utilizzando anche questionari, indaga i fattori che permettono ai bambini di superare in modo positivo i propri vissuti ed è finalizzata ad individuare buone pratiche educative e psicologiche di sostegno alla crescita. Una volta analizzati i risultati dell’indagine si procederà con un aggiornamento della formazione dei volontari che collaborano al progetto.



In particolare le attività ludiche utilizzano principalmente il disegno e la manualità, attraverso lavori che richiedono, oltre ai pennarelli e alle matite colorate, l’utilizzo di colla e carta crespa. Tutti questi strumenti contribuiscono a individuare le paure e le difficoltà incontrate dai bambini a fronte degli aiuti e della protezione che hanno ricevuto; a scoprire le risorse interne che aumentano l’autostima e la condivisione con gli altri; a percepire la propria storia attraverso ricordi positivi e negativi e a esprimere sogni e desideri per una rappresentazione positiva di sé nel futuro; a descrivere il periodo post migratorio e a rafforzare la propria identità culturale.



Nei momenti di attività nei due centri di accoglienza che si alternano tra mattina e pomeriggio da lunedì a venerdì sono presenti a turno 2 operatrici e 15 volontari de L’Albero della Vita e 2/3 studentesse e tirocinanti della Cattolica (facoltà di Psicologia e Scienze della formazione), accompagnate da un mediatore. I mediatori linguistici (9 in tutto, appartenenti al gruppo Swap) sono figure fondamentali in questo progetto perché la brevità del soggiorno dei profughi non consente un intervento approfondito e l’uso della lingua madre facilita la comunicazione immediata sia dei bisogni sia delle risposte.


SIRIA, LE CIFRE DI UN’EMERGENZA

Il numero dei profughi della guerra che dal marzo del 2011 sta dilaniando il Medio Oriente è allarmante: nel 2013, 10.552 siriani sono approdati sulle coste del nostro paese, di cui 3.523 minori. Solo da gennaio a maggio 2014 sono stati riscontrati 6.620 arrivi di cui 1.542 minori (364 non accompagnati). Gli ultimi dati del Comune di Milano parlano di 14.500 profughi siriani accolti da metà ottobre 2013 al 9 luglio 2014, di cui 10.500 negli ultimi due mesi e 3.836 bambini. Il 61% sono diretti in Scandinavia, il 26,5% in Germania e il 9,3% nei Paesi Bassi.

(Comunicato su www.unicatt.it)

sabato 1 febbraio 2014

Le donne in piazza per il diritto all'aborto




YO DECIDO - DECIDO IO”: LE DONNE DI MILANO IN PIAZZA SABATO 1° FEBBRAIO AL CONSOLATO SPAGNOLO. APPUNTAMENTO ALLE 14,30 IN PIAZZA CAVOUR.

Oggi,1° febbraio 2014, in molte città europee si manifesterà sotto le ambasciate e i consolati di Spagna in solidarietà con le donne che in quel paese si oppongono al progetto di riforma della legge sull’aborto, che smantella la legge Zapatero, autorizzandolo solo in caso di stupro o di grave rischio per la salute fisica o psichica della donna certificato da due medici.

Le associazioni di donne manifestano anche contro il Parlamento Europeo che ha respinto la mozione Estrela in difesa dei diritti sessuali e riproduttivi. Ma la manifestazione avrà anche un contenuto più legato alla realtà italiana, dove di giorno in giorno viene messa in discussione dall’obiezione di coscienza (per lo più strumentale), la legge che permette un aborto sicuro e gratuito.

La mobilitazione, organizzata dalla rete WOMENAREUROPE, a Milano è stata promossa da un ampio cartello di associazioni: UsciamodalSilenzio, Libera Università delle Donne, Consultori Privati Laici, Giulia-giornaliste unite libere autonome, La città delle donne di Z3xMi, Tavolo consultori, Casa delle donne Milano, Donne nella crisi, Donne laboratorio dei beni comun, Gruppo Donne comitato zona 3 Milano, DonneInQuota, Donne in rete, Donne della CGIL, Consulta milanese per la Laicità delle Istituzioni, Amici della Consulta Milanese per la Laicità delle Istituzioni, Soggettività lesbica, Unione Atei Agnostici Razionalisti. Tra le prime adesioni Monica Chittò, Sindaco, e la Giunta comunale di Sesto S. Giovanni, Sara Valmaggi Vice Presidente Consiglio Regione Lombardia, Adalucia De Cesaris, Vicesindaco, con le Assessore della Giunta del Comune di Milano, Francesca Zajczyk, Delegata alle Pari Opportunità del Comune di Milano, Anita Sonego, Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano.




Yo decido. E’ questo lo slogan che le spagnole hanno scelto per affermare la libertà e l’autodeterminazione delle donne. Alla fine del 2013, infatti, il governo Rajoy ha presentato una legge che, se venisse approvata, limiterebbe la possibilità di interruzione di gravidanza ai casi di stupro o di pericolo per la salute della madre. Un balzo indietro enorme se si pensa alla legge Zapatero del 2010 all’avanguardia in Europa sulla salute e i diritti riproduttivi delle donne.
In Italia abbiamo assistito alla modifica della legge 194 con la pratica dell’obiezione di coscienza: il controllo del corpo e della vita delle donne è da sempre stato utilizzato da governi laici e confessionali di tutto il mondo, come strumento di controllo sociale. Ma è la libertà delle donne la misura della modernità: non a caso le nuove Costituzioni dei paesi del Magreb vengono lette anche dai costituzionalisti in questa chiave ed è bene ricordare anche che la libertà di essere madri alimenta la democrazia.



Qui di seguito pubblichiamo un'intervista che, alcuni mesi, fa abbiamo fatto alla Dott.ssa Marilisa D'Amico sul suo saggio che affronta, tra tanti, anche questo tema importante.



La laicità è donna: per una rinascita culturale declinata al femminile







E' da poco stato pubblicato, per le edizioni L'asino d'oro, un piccolo, ma importante saggio dal titolo La laicità è donna di Marilisa D'Amico.

Marilisa D'Amico è Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l'Università degli Studi di Milano, avvocato cassazionista, direttore della Sezione di Diritto costituzionale presso il Dipartimento di diritto pubblico italiano e sovranazionale e, dal 2011, è membro del Consiglio comunale e presidente della Commissione affari istituzionali del Comune di Milano. Con questo volume ha voluto analizzare i nodi che intralciano il percorso della piena realizzazione dei diritti delle donne, con particolare riferimento alla mancata applicazione del principio di laicità costituzionale.

Il testo presenta un linguaggio chiaro, approfondimenti interessanti e densi di riferimenti alle esperienze professionali dell'autrice da cui si evince la passione e l'onestà con cui Marilisa D'amico ha voluto esprimere la sua fiducia nelle risorse e nelle energie di tutte quelle donne, giovani e meno giovani, che oggi, come nel passato, si impegnano per una società più equilibrata e giusta.




Perché ha scelto di citare, in apertura del saggio, Teresa Mattei?



La scelta di citare in apertura questo estratto da un intervento in Assemblea costituente di Teresa Mattei è legato in modo profondo alla mia volontà di dedicare questo scritto alle donne della mia vita, quelle che mi hanno aiutato a crescere.

Il brano di Teresa Mattei vuole essere un tributo alle energie e alle capacità femminili, troppo spesso, ancora nascoste e inutilizzate.

Serve a ricordarci l’importanza della partecipazione delle donne alla vita del nostro Paese e quanto ancora lunga sia la strada verso una democrazia, che si dimostri a tutti gli effetti e livelli paritaria.

Teresa Mattei parla di “un cammino liberatore” ed è qui che mi rivolgo alle giovani donne, perché sappiano farsi portavoce della convinzione che la parità, in ogni settore della vita di un Paese, è condizione imprescindibile per la costruzione di una società nuova e più giusta.

Questo brano di Teresa Mattei unisce tutte le donne in un percorso comune, ricordandoci da dove veniamo e dove vogliamo arrivare.


 

Qual è la differenza tra “laicità” e “metodo laico”?

 

La laicità è un principio costituzionale “supremo”, non espressamente scritto nella Costituzione, che la nostra Corte costituzionale ha ricavato da alcuni principi costituzionali in una fondamentale sentenza del 1989.

Il principio di laicità all’”italiana” è un principio di laicità c.d. “positivo”, che non significa indifferenza dello Stato nei confronti del fenomeno religioso, ma, viceversa, garanzia per la salvaguardia della libertà di religione, in un regime di pluralismo confessionale e culturale.

E’ sulla base di queste affermazione che nel mio scritto descrivo la laicità come “una casa comune”. Una casa comune dove tutti i cittadini siano liberi di scegliere la propria visione della vita, senza prevaricazioni degli uni sugli altri.



Dal principio di laicità discende, allora, quello che io definisco il “metodo laico”.

La laicità costituzionale non è, infatti, da intendersi solo come separazione dell’ordine statale e religioso, ma anche come un metodo che passa innanzitutto attraverso il dialogo e il confronto e che porta all’apertura alle differenti realtà sociali, nel senso della loro inclusione.

Il metodo laico è quel metodo, che dovrebbe essere adottato dalle istituzioni e che garantisce la piena tutela dei diritti fondamentali e la tenuta dell’ordinamento democratico nella difesa della nostra libertà.



Quale può essere il legame tra legislatore, giudice e cittadino?


In uno Stato costituzionale come il nostro, i diritti fondamentali, quelli che toccano più da vicino la vita delle persone, ricevono tutela in spazi e in luoghi diversi.

Gli attori di questa tutela, che spesso assume i caratteri di una contesa, sono il legislatore, i giudici, comuni e costituzionale, i cittadini.

All’interno del nostro ordinamento, infatti, i diritti fondamentali possono ricevere una consistenza diversa a seconda che vengano fatti oggetto della disciplina del legislatore o delle decisioni dei giudici.

Un’ipotesi ancora diversa è quella che si verifica quando siano gli stessi cittadini, attraverso lo strumento del referendum abrogativo, a intervenire a tutela dei propri diritti.

Esiste, dunque, certamente un legame tra i diversi attori dell’ordinamento che porta, però, spesso a situazioni conflittuali in cui i giudici contraddicono o anticipano le scelte del legislatore e, talvolta, sembrano i soggetti migliori per decidere le questioni più controverse


Nel libro sono approfonditi alcuni temi a lei cari, quali: l'interruzione di gravidanza, la fecondazione assistita, i diritti delle donne straniere. Può raccontarci una sua esperienza come avvocato costituzionalista?



Nella mia esperienza come avvocato, credo che uno dei momenti di maggiore soddisfazione sia stata la vittoria ottenuta nel giudizio davanti alla Corte costituzionale, in tema di fecondazione medicalmente assistita.



Nel 2009, insieme ad altri avvocati, sono infatti riuscita a fare dichiarare incostituzionale uno dei limiti più irragionevoli della legge n. 40/2004.

In particolare, era stato chiesto alla Corte costituzionale di pronunciarsi su quella norma della legge n. 40/2004, che limitava a tre il numero massimo di embrioni destinati all’impianto, nell’ambito delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita di tipo omologo.

Si trattava di un limite rigido che aveva ripercussioni notevoli sulla salute psico-fisica della donna e che rendeva molto difficile per le coppie sterili e infertili, a cui pure la legge si rivolgeva, ottenere una gravidanza.

Il limite rigido dei tre embrioni costituiva, inoltre, l’espressione più tangibile dell’approccio ideologico del legislatore del 2004 al tema della procreazione artificiale. Un embrione che, stando alla lettera della legge, avrebbe dovuto ricevere la tutela più forte, in quanto soggetto più debole, rispetto ai diritti di tutti gli altri soggetti coinvolti.



In quell’occasione, la Corte costituzionale ci ha dato ragione, dichiarando incostituzionale quel limite e ridando speranza e consistenza al diritto di tante coppie di poter avere un bambino, avvalendosi delle tecniche di fecondazione medicalmente assistita.



La soddisfazione è stata enorme e, tuttavia, il percorso per arrivare alla Corte è stato lungo, complesso e non privo di difficoltà.

In un sistema come il nostro che non consente al cittadino di rivolgersi direttamente alla Corte costituzionale, la principale difficoltà che mi trovo quotidianamente ad affrontare, come avvocato, riguarda proprio l’accesso al giudizio davanti alla Corte costituzionale.

Di fronte a scelte legislative ideologiche, come nel caso della legge sulla fecondazione medicalmente assistita, l’unica strada per tutelare i diritti fondamentali dei cittadini è, infatti, quella giudiziaria nel tentativo di giungere dinanzi alla Corte costituzionale.

Da qui le difficoltà per noi avvocati, ma anche le soddisfazioni quando, come è accaduto con la decisione n. 151/2009 della Corte costituzionale, riusciamo a portare le istanze dei cittadini davanti alla Corte e ad ottenere la tutela di quei diritti fondamentali di cui il legislatore, sbagliando, si sia disinteressato.



A che punto è il nostro Paese riguardo al rapporto tra laicità e libertà?



Nel libro ho descritto tutta una serie di vicende dalle quali è possibile trarre alcune conclusioni su questo punto.

Lo smarrimento del principio di laicità costituzionale determina conseguenze negative, in primo luogo, sulla libertà dei cittadini, che la Costituzione tutela al suo articolo 2.

Il significato più profondo della laicità si collega, infatti, al termine libertà, espressione del diritto di autodeterminazione dell’individuo, intesa come fiducia nel cittadino di scegliere in base ai propri convincimenti.

Le soluzioni normative di cui si dà ampio conto nello scritto non fanno che evidenziare l’atteggiamento moralizzatore e ideologico di un legislatore, che invece che bilanciare diritti, li gioca gli uni contro gli altri. In luogo dell’individuazione di un punto di equilibrio, di uno spazio comune in cui i diritti fondamentali di tutti possano ricevere tutela, si assiste a soluzioni non laiche, calate dell’alto, che privilegiano i diritti di alcuno contro quelli di altri.

Si pensi alla legge n. 40/2004, in materia di fecondazione assistita, emblematica di come il legislatore scelga di assegnare un’indubbia prevalenza ai diritti dell’embrione a discapito di quelli delle coppie.



Ritengo, in estrema sintesi, che sul tema dei diritti fondamentali dei cittadini il nostro Paese si trovi in una posizione di pericolosa arretratezza, a cui la politica, sinora, non ha saputo fornire risposte adeguate.


Infine, può spiegare il significato del titolo del suo lavoro: La laicità è donna


La scelta del titolo si lega fortemente alla convinzione per la quale ritengo che la perdita della tenuta laica del nostro Stato, che vede sempre più spesso i diritti fondamentali oggetto di una lotta, di una tensione tra visioni diverse e contrastanti, si ripercuota negativamente, in modo particolare, sui diritti delle donne.

Da qui, la scelta di ripercorrere alcune delle principali questioni che sorgono a fronte della confusa e spesso insufficiente applicazione del principio di laicità costituzionale.


Gli effetti di questo smarrimento del principio di laicità sono, infatti, molto chiari se si guarda ad alcuni episodi degli ultimi anni, che hanno visto le donne, loro malgrado, protagoniste.

Mi riferisco alla vicenda della legge sulla procreazione medicalmente assistita, ai tentativi di paralizzare la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, all’assenza delle donne nelle istituzioni.

Esempi dai quali emerge come la crisi del principio di laicità tocchi prima di tutto il ruolo e la posizione delle donne nella società. Donne assenti nelle istituzioni e negli organi decisionali, donne costrette a una visione della maternità come supremo sacrificio, donne private del diritto fondamentale di decidere se portare avanti o meno una gravidanza.

Donne che non possono scegliere, emarginate e, spesso, sole.


Ho scelto di dedicare questo mio lavoro alle donne della mia vita, sentendo in modo molto forte il compito di un mio impegno civile e politico, nella speranza che siano le giovani donne ad accettare e, finalmente, a vincere la grande sfida di costruire una democrazia veramente paritaria.