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domenica 1 febbraio 2015

L'istruzione negata secondo il rapporto Unicef-Unesco


A circa 63 milioni di adolescenti tra i 12 e i 15 anni viene negato il diritto all’istruzione. Sono questi i numeri allarmanti contenuti nel nuovo Rapporto congiunto dell’Istituto per le Statistiche dell’UNESCO e dell’UNICEFFixing the Broken Promise of Education for All: Findings from the Global Initiative on Out-of-School Children”, presentato a Londra in occasione dell’Education World Forum del 19-21 gennaio 2015.
Secondo il Rapporto, nel mondo 1 adolescente su 5 non va a scuola: un tasso doppio rispetto a quello dei bambini in età di scuola primaria (1 su 11). Ciò significa che gli adolescenti hanno il doppio delle probabilità di rimanere esclusi dalla Scuola rispetto ai loro colleghi più giovani. Il Rapporto mostra che, al crescere dell’età, aumentano per i bambini i rischi di elusione e di dispersione scolastica. Sono complessivamente 121 milioni i bambini e gli adolescenti che non hanno mai iniziato la scuola o che l’hanno abbandonata, nonostante l’impegno preso dalla comunità internazionale (Obiettivo di sviluppo del Millennio n.2) di raggiungere l’istruzione per tutti entro il 2015. I dati evidenziano inoltre che dal 2007 non sono stati registrati progressi nella riduzione di questo fenomeno.
In particolare, a essere maggiormente colpiti sono i bambini che vivono in zone di conflitto, quelli che lavorano e quelli che devono affrontare discriminazioni su base etnica, per questioni di genere o per disabilità. Stando ai dati raccolti, se le attuali tendenze continuano, è probabile che circa 25 milioni di bambini (15 milioni dei quali bambine e ragazze) non avranno mai accesso ad una aula scolastica.
Per realizzare la promessa dell’istruzione per tutti, è importante che a livello globale si mobilitino le risorse necessarie per sviluppare interventi mirati che raggiungano i bambini più svantaggiati, che migliorino la qualità dell’apprendimento e che promuovano l’inclusione di tutti i bambini- e in primo luogo delle bambine- nel ciclo scolastico secondario. Per far questo, il Rapporto invita gli Stati a investire soprattutto nel miglioramento della raccolta dei dati statistici, riconoscendo che migliori statistiche e strumenti innovativi possono aiutare i governi e i donatori ad allocare i loro investimenti per l’istruzione in maniera più efficace.

martedì 17 giugno 2014

L'odissea di Jacopo e il diritto allo studio



Jacopo ha 15 anni: fisicamente dimostra più della sua età, ma soffre di una grave forma di autismo.

Terminata la scuola media, il ragazzo non riesce ad inserirsi in un istituto dove poter continuare gli studi: questo non a causa delle sue difficoltà, ma a causa dell'ottusità di alcuni rappresentanti della cosiddetta “società civile”.

Vediamo perchè. I professori della scuola primaria di secondo grado avevano consigliato a Jacopo di iscriversi ad un liceo artistico con indirizzo grafico, il “Valle” di Padova, che lo ha rifiutato adducendo come scusa il fatto di non essere un istituto attrezzato per accogliere ragazzi con la disabilità di Jacopo. I genitori decidono, allora, di tentare con il Centro di formazione professionale “Francesco d'Assisi”, un centro specializzato proprio per l'accompagnamento allo studio di ragazzi con problemi relazionali. L'iscrizione è stata accettata, ma la frequentazione delle lezioni è possibile solo per tre giorni su cinque perchè la scuola non è in grado di trovare un insegnante di sostegno che copra tutta la settimana. Jacopo si trova bene all'istituto “Francesco d'Assisi” perchè ha la possibilità di seguire laboratori manuali, per lui più semplici rispetto ad altre materie curricolari.

Durante lo scorso mese di marzo, un'assemblea istituzionale (a cui non ha partecipato la famiglia) decidie di trasferire Jacopo, per il prossimo anno scolastico, presso un istituto statale per geometri con conseguenti difficoltà sul piano dell'apprendimento e dell'inserimento.

La madre di Jacopo si è, quindi, rivolta all'associazione Autismo Padova Onlus, la cui Presidente, Caterina Di Michele, spiega: “ Jacopo soffre di una forma di autismo grave e le istituzioni non sono ancora riuscite a trovare una soluzione...La madre di Jacopo porta avanti da sola la sua famiglia e ha anche un altro figlio. Avere Jacopo a casa al giovedì e al venerdì significa o non andare a lavorare oppure pagare qualcuno perchè stia con lui” E così è stato.

Speriamo che per il prossimo anno Jacopo e la sua famiglia ricevano l'aiuto necessario per una vita dignitosa. A partire dal diritto allo studio nella scuola più adatta.

La mamma di Jacopo ha lanciato una petizione on-line su change.org (“Permettere a Jacopo, ragazzo autistico, di continuare a frequentare la propria scuola”): vi chiediamo di sottoscriverla e di farla girare.

giovedì 23 gennaio 2014

Se il prezzo per la pace lo pagano le donne



Afghanistan: la scorsa settimana un commando suicida talebano ha provocato la morte di ventuno persone, aprendo il fuoco in un ristorante libanese in pieno centro, a Kabul: hanno perso la vita 8 afghani e 13 stranieri.

A fine gennaio l'esercito italiano lascerà l'ultima base, situata tra Herat e Shindand, e nel 2014 anche gli Stati Uniti ritireranno le loro truppe.

Ma cosa accadrà dopo, soprattutto per quanto riguarda la condizione sociale delle donne?

Grazie alla ratifica della CEDAW (Convenzione sull'Eliminazione di ogni Forma di Discriminazione contro le Donne) del 2003, oggi le donne afghane godono di qualche diritto in più rispetto al passato: godono di un maggior accesso all'istruzione e all'uso delle tecnologie e hanno una migliore assistenza sanitaria mentre, all'epoca del dominio talebano, le donne non potevano studiare, potevano uscire di casa solo se accompagnate da un membro maschile della famiglia ed erano costrette ad indossare il burqa anche all'interno delle proprie abitazioni alla presenza di ospiti estranei.

L'ex Segretario di Stato americano, John Kerry ha dichiarato: “Da quando le donne afghane hanno più diritti, c'è da credere che non vogliono tornare indietro”, aggiungendo: “Dobbiamo essere determinati a non lasciarle sole”. Hillary Clinton, ha ribadito che, grazie ad alcuni donatori internazionali, verranno convogliate risorse economiche per finanziare progetti a favore delle donne anche dopo il 2014.

Intanto, in Italia, la vicepresidente della Camera, Marina Sereni, ha proposto, a Montecitorio, un'indagine dal titolo: Afghanistan, la cultura come sfida per la ricostruzione: opinioni e proposte della società civile sul potere delle donne e lo sviluppo educativo dei bambini e dei giovani nel loro Paese”.

Ho incontrato una giovane donna di 23 anni sposata a un uomo di 60. Vive con lui da nove anni e, mentre parlava con me, tremava: le è proibito avere contatti con chiunque. E' sposata perchè la famiglia l'ha data come 'compenso' dopo un omicidio commesso da suo padre. Il marito non è un pashtun come lei: non parlano la stessa lingua, hanno tre figli, ma non comunicano. Io per prima non sapevo che cio fossero casi così”: questo è un racconto della ricercatrice, Fereshta Abbasi Shahpasandzada che frequenta l'Università di Herat e che ha preso parte all'indagine. Il lavoro è stato curato, infatti, dalle università di Herat, di Strathclyde, di Glasgow, dalla Rebaudengo di Torino e dall'Ong Peacewaves ed è durato per tre anni.

L'attività di ricerca si è svolta nelle aree rurale e metropolitane (Herat, Kabul e Nangarhar) e sono state ascoltate più di 1500 persone diverse per età e professioni. Dai dati raccolti emerge una maggiore consapevolezza dei propri diritti di base, da parte delle donne, e anche del fatto che i bambini non possano essere educati e formati soltanto nelle moschee, ma che abbiamo anche loro il diritto ad un'educazione più ampia per riuscire ad acquisire competenze utili per lavorare in futuro.

Marco Braghero, di PeaceWaves, però sottolinea un risultato ambiguo che riguarda una parte della popolazione giovanile, quella che - nelle scorse settimane - è scesa in piazza a Kabul a manifestare contro l'approvazione proprio della legge che punisce la violenza sulle donne e vieta i matrimoni forzati: “ Nelle risposte al questionario e alle interviste”, spiega Braghero, “ c'è una grande differenza generazionale, dove gli adulti e gli anziani sono più ben disposti verso l'educazione dei bambini e i diritti delle donne rispetto ai ventenni e ai trentenni. Quelle sono le generazioni perdute, cresciute durante 25 anni di guerra”.

C'è, quindi, ancora tanto da fare. “ In dodici anni”, ha commentato Marina Sereni, “ la situazione femminile in Afghanistan è certo cambiata e lo dimostra anche questa ricerca, ma le difficoltà sono ancora enormi. Lo scorso 22 maggio, Human Rights Watch ha reso noto che nell'ultimo anno e mezzo il numero delle donne finite in carcere per i cosiddetti 'crimini morali' è aumentato del 50%. Secondo l'Ong sono tante quelle arrestate per essere scappate dalla violenza domestica e dai matrimoni forzati. Non possiamo abbassare la guardia proprio ora, tenuto anche conto della possibilità che la stabilizzazione del Paese passi per una riconciliazione con parte dell'opposizione armata.”

giovedì 2 gennaio 2014

Si ricomincia !



Cari lettori,
è trascorso quasi un anno da quando, nel febbraio 2013, è stata costituita l' Associazione per i Diritti Umani e, in pochi mesi, abbiamo già avuto tante soddisfazioni: prima fra tutte quella di aver visto crescere il vostro interesse nei confronti di questo " giornale on line". Ogni giorno ci impegniamo per aggiornarlo con articoli nuovi, notizie di attualità, interviste importanti, recensioni di arte e cultura e, ogni giorno, constatiamo che - pur essendo purtroppo, quello dei diritti umani, un argomento di nicchia - ci seguite e trovate anche solo cinque minuti da dedicarci.
Un' altra grande gioia è stata quella di avervi offerto la " Carovana dei diritti" : una serie di appuntamenti con i quali abbiamo presentato saggi, documentari e durante i quali abbiamo avuto l' onore di dialogare con gli autori e, anche in quelle occasioni, la vostra presenza è stata importantissima, sia " dal vivo" sia virtuale, ovvero quando ci avete seguito sul sito o sul nostro canale Youtube. Per questo motivo stiamo organizzando la Carovana dei diritti, parte seconda! Come sempre vi daremo comunicazione, di volta in volta, degli incontri che saranno organizzati a Milano, ma anche in altre cittá della Lombardia e questo dimostra che il nostro lavoro è apprezzato e ci dá la spinta motivazionale a continuare con entusiasmo.
Lavoreremo anche con gli studenti delle scuole, in particolare medie e superiori e speriamo anche con le università, perché il nostro principale obiettivo è quello di far riflettere, attraverso ogni strumento culturale, sui temi legati ai diritti umani, sociali e civili, a partire dalle nuove generazioni perché loro hanno in mano il futuro. Un futuro che deve essere sempre più luminoso.
Vi ringraziamo, quindi, di cuore e speriamo di essere sempre più numerosi in questo viaggio, in questa avventura, in questa carovana che fa un passettino in più giorno dopo giorno.