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lunedì 4 maggio 2015

Il “tira e molla” per i luoghi di culto




A distanza di una settimana dalla ricorrenza del 25 aprile in cui si è manifestato per ogni forma di libertà e a pochi giorni di Expo 2015 a Milano, torna in evidenza, nell'agenda politica, la questione della costruzione di nuovi luoghi di culto, soprattutto in Lombardia e nel capoluogo che accoglierà turisti provenienti da tutto il mondo e di ogni confessione religiosa.

A febbraio (come si legge nella nota in calce) il governo italiano ha impugnato la legge redatta da Roberto Maroni e dal Cosiglio regionale lombardo, legge definita “anti-moschee” in quanto andava ad intervenire con una serie di regole urbanistiche che, secondo Maroni, avrebbero contrastato l'abuso edilizio, mentre secondo gli oppositori, avrebbero violato il diritto di libertà religiosa.

Ovviamente il centrodestra ha fatto sentire la propria voce. “Renzi ormai impugna ogni legge di Regione Lombardia, che si tratti di moschee, sanità o di nutrie. E' solo ritorsione, ma non ci intimidisce”; gli ha fatto eco Matteo Salvini che ha su Facebook ha scritto: “Il governo ha impugnato la legge regionale lombarda che regolamenta i nuovi luoghi di culto, in particolare le moschee. Renzi e Alfano, ecco i nuovi imam”.

Al contrario per il segretario del PD lombardo, Alessandro Alfieri, “l'impugnativa era più che prevedibile perchè legiferare in modo ideologico e populista non può che portare a questi risultati” e Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano ha commentato con un “bravo Renzi” la decisione del governo.

Si prevede ancora battaglia, ma speriamo che le delibere vadano nella direzione della ragionevolezza e del rispetto di tutte le confessioni.




La nota del Governo:
Legge Regione Lombardia n. 2 del 03/02/2015  “
Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi” in quanto alcune disposizioni, al fine di regolamentare la realizzazione di  luoghi di culto e di attrezzature religiose nel territorio regionale, impongono agli enti rappresentanti di organizzazioni religiose una serie di  stringenti obblighi e requisiti che incidono sull’esercizio in concreto del diritto fondamentale e inviolabile della libertà religiosa, in violazione degli artt. 3, 8 e 19 della Costituzione, nonché dell’art. 117,  lett. c),  Cost.,  per invasione  nella competenza esclusiva dello Stato in materia di rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose. Tali disposizioni regionali violano inoltre l’art. 117, primo e secondo comma, lett. a), Cost., per contrasto con i principi  contenuti in trattati europei ed internazionali in materia di libertà di religione e di culto, nonché, prevedendo il coinvolgimento di organi statali preposti alla sicurezza pubblica, l’art. 117, comma 2, lett. h)  Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza e l’art. 118, comma 3, Cost., che affida alla sola legge statale il potere di disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regioni nella materia della sicurezza pubblica.

venerdì 5 dicembre 2014

Sex workers: il corpo e il lavoro




Qualche settimana fa si è tenuto a Milano, nella Sala Alessi del Comune, un convegno sul tema della tratta a scopo sessuale, fortemente voluto dalla Caritas Ambrosiana e a cui hanno partecipato sindacati confederali e il Forum permanente sulla prostituzione.

Perchè questo convegno? Perchè nel Consiglio regionale lombardo è passata la proposta referendaria di riaprire le cosiddette “case chiuse”, già abolite dalla Legge Merlin. La riapertura dei luoghi “di piacere” dovrebbe servire a togliere dalla strada le 4500 ragazze che vendono il proprio corpo in Lombardia e non solo: il provvedimento, infatti, è al vaglio anche in altre Regioni.

Ma questa soluzione non serve a nulla, secondo Don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana, che afferma: “ Creare quartieri a luci rosse non impedisce alle organizzazioni criminali di prosperare, così come le multe contro i clienti e le prostitute sono risultate fallimentari. Si potrebbero avere più risultati creando un'agenzia nazionale anti-tratta”.

Traffici illeciti, spaccio di droga, immigrazione irregolare: questi sono gli altri temi strettamente collegati a quello della prostituzione e vengono approfonditi anche nel saggio dal titolo Vendere e comprare sesso di Giulia Garofalo Geymonat, ricercatrice presso l'Università di Lund, in Svezia, e pubblicato da Il Mulino.

Centrale, nell'analisi della studiosa, il fatto che l'attività di vendità del proprio corpo venga considerata come una fonte di reddito e,quindi, un'attività lavorativa, ma mai si tratta di una scelta libera. Quindi, nel saggio, vengono prese in considerazione le esigenze delle/dei sex workers.

In Italia la percentuale maggiore è data dalle donne, immigrate e non, e dai transessuali che, spesso, si prostituiscono per i bisogni primari: comprare cibo, affittare un alloggio o anche mandare i figli a scuola. Altri motivi riguardano la cura della salute o il pagamento di debiti contratti, anche per motivi di tossicodipendenza.

Sempre in Italia - come in Gran Bretagna, Francia, Danimarca - vengono puniti coloro i quali sfruttano la prostituzione, ma non si riconosce lo scambio prostituzionale. In Svezia, invece, dal 1999 è entrata in vigore una legge molto severa nei confronti dei clienti perchè la richiesta di rapporti a pagamento viene considerata una vera e propria violenza nei confronti delle donne.

In Germania e in Olanda, dove invece il fenomeno è legalizzato, si sono ottenuti buoni risultati in termini di controllo sanitario ed emarginazione sociale. Risulta molto efficace la legge italiana contro la tratta (art.18 legge 40/1998 sull'immigrazione) perchè permette di dare aiuto alle persone immigrate senza doverle rimpatriare: alcune ONG, in collaborazione con le Questure, forniscono agli immigrati alcuni percorsi di protezione che prevedono un sostegno legale, l'alloggio in una casa-rifugio, un medico e, a volte, uno psicologo.

lunedì 4 agosto 2014

Quella mozione omofoba e discriminatoria





Ci è perventa la seguente comunicazione da parte di un ragazzo che si impegna nella tutela dei diritti LGBT e anche noi abbiamo deciso di pubblicare questa petizione già su change.org



La Regione Lombardia ha approvato una mozione, presentato dal capogruppo della Lega Nord Massimiliano e votata da tutto il centrodestra (Fratelli d'Italia, FORZA ITALIA e NCD) che di fatto ricorda quello di Putin in Russia, dietro il titolo "Iniziative per la tutela della famiglia naturale" viene istituzionalizzata l'omofobia e la discriminazione.
Tale mozione non solo svuota le relazioni gay di ogni tutela giuridica. Nega di fatto la loro affettivatà definendo la famiglia eterosessuale, da loro erroneamente chiamata "naturale" come più importante e l'unica degna di essere rispettata, la motivazione di tale comma è la seguente: “Non si può negare il principio che un rapporto fra un uomo e una donna è su un piano superiore da qualsiasi altro tipo di rapporto.“ Questo invito all'omofobia è anche una deriva integralista cattolica visto che la mozione prevede anche: "L'impegno per la Giunta regionale a introdurre il fattore famiglia, a individuare in collaborazione con il Consiglio regionale stesso una data per la celebrazione della Festa della Famiglia, fondata sull’unione tra uomo e donna, promuovendone sia direttamente che indirettamente attraverso scuole, associazioni e Enti locali la valorizzazione dei principi educativi, culturali e sociali. Infine impegna la Giunta regionale a chiedere al Governo centrale la non applicazione del Documento Standard per l’educazione sessuale in Europa, redatto dall’ufficio europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che prevede tra l’altro, nella fascia di età tra i 4 e i 6 anni, l’introduzione della masturbazione infantile precoce e l’identità di genere, ovvero la scelta se essere maschi o femmine."



"La scuola vuole esaltare l'omosessualità e la vita gay. I gay non sono famiglie"
Questa la motivazione che giustifica il fatto che da oggi la Regione Lombardia si propone ad attuare un piano medievale per introdurre nelle scuole, e in altri luoghi pubblici l'educazione all'"omofobia", insegnando di fatto che la diversità è una minaccia per la maggioranza e che la tolleranza e il rispetto sono valori privi di significato, mentre la violenza omofoba serve a difendere l'amore eterosessuale.
La consigliera del M5S Iolanda Nanni , oltre a ricordare che questa mozione è di stampo punitivo verso il PD, Sel, M5S e un esponente Lega che hanno votato a favore del patrocinio regionale per il Gay Pride tenutosi qualche giorno fa a Milano, denuncia l'interpretazione falsaria di alcuni documenti istituzionali, anche sovranazionali come quello europeo.
"La mozione contiene numerose falsità e libere interpretazioni di documenti istituzionali come il documento dell’OMS sulla promozione dell’educazione sessuale in età infantile. Non è vero che il documento invita a insegnare la masturbazione ai bambini, come asserito nella mozione. Questa e' una bufala, peraltro anche datata, senza alcun fondamento in quanto il documento in questione fa solo riferimento alla necessita' di educare il bambino senza che si senta colpevolizzato da questo atto naturale e istintivo. Ma possibile che il Consiglio Regionale debba scadere nel bieco bigottismo del pregiudizio e del ridicolo? Questa non è una mozione che difende le famiglie è una mozione ipocrita contro le varie tipologie di famiglie, fra cui quelle omosessuali. Francamente, certi consiglieri dovrebbero forse aprire gli occhi al mondo reale e all'interno dei loro stessi partiti, dove ad esempio, Salvini, il segretario di Lega Nord, e' divorziato, convivente di fatto e da questa unione ha un figlio. Questa per la Lega non sarebbe famiglia, dato che per loro lo e' solo se benedetta dalla sacralita' del vincolo matrimoniale.”, conclude Nanni.

Numerose le dichiaraizoni omofobe durante la discussione in aula di tale mozione liberticida, ne cito solo alcune fior da fiore:

•“Non si può negare il principio che un rapporto fra un uomo e una donna è su un piano superiore da qualsiasi altro tipo di rapporto. “
•“Lo spot della Findus è un’esagerazione. “
•“Esaltare l’omosessualità e la vita gay portano alla perdita del valore del ruolo paterno che risulterebbe attaccato nella sua autorità.”
•“La scuola vuole esaltare l’omosessualità e la vita gay. I gay non sono famiglie.”
•“Non comprendiamo che senso abbia l’introdurre nelle scuole delle fiabe che invitano a contrastare quello che è il concetto di famiglia naturale. Libro a forte impronta omosessuale e a tratti pornografico, che incita all’omosessualità”.



Questi signori non hanno capito che tale mozione non danneggia
solo le famiglie omosessuali, che già esistono in tutti gli strati della società
e che meritatno di essere rispettate e tutelate, ma crea FIGLI DI SERIE A
(quelli che vivono in famiglie eterosessuali) e FIGLI DI SERIE B (quelli delle
famiglie omoparentali che per la legge lombarda da oggi sono dei fantasmi
privi di DIRITTI GIURIDICI)



In breve la mozione prevede che:
1.La Famiglia eterosessuale viene definita come l'unica "naturale", degna di tutela e più importante di qualsiasi altro tipo di affetto.
2.Piano nelle scuole e tutti gli altri settori pubblici per attuare tale discriminazione sociale
3.Pressioni sul Governo Centrale affinchè respinga lesiglazioni gay friendly, ma anzi si impegni a sostenere una politica retrograda e conservatrice.
4.Fondamentalismo religioso sostenuto dall'introduzione di una Festa dell'unioni Uomo-Donna, per ribadire ancora una volta la loro supremaziona
5.Blindata la regione, e quindi l'impossibilità per comuni aperti come Milano, a riconoscere i matrimonio gay contratti all'estero come hanno fatto altre città come Napoli
6.Libera e sbagliata interpretazione di alcuni importanti documenti, anche Europei, sull'educazione sessuale. Di fatto non si capisce come intende cambiare le cose la Regione su questo tema importantissimo per la maturità dei bambini e ragazzi che vanno istruiti su questi temi come fanno tutte le nazioni civili d'Europa e del mondo.
7.non danneggia solo le famiglie omosessuali, che già esistono in tutti gli strati della società e che meritatno di essere rispettate e tutelate, ma crea FIGLI DI SERIE A (quelli che vivono in famiglie eterosessuali) e FIGLI DI SERIE B (quelli delle famiglie omoparentali che per la legge lombarda da oggi sono dei fantasmi privi di DIRITTI GIURIDICI.
Chiediamo pertanto ai Gruppi della Regione Lombardia di cancellare questo triste mozione e in contemporanea alla Corte Costituzionale di dichiararla incostituzionale in virtù dell'articolo 2 e 3 della costituzione contenuti nei PRINCIPI FONDAMENTALI:
Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.



Inoltre questa mozione va anche contro alcune sentenze della stessa Corte Costizuionale e della Cassazione in materia di Diritti Gay. Ricordo la sentenza n. 170/2014, la n. 138 del 15 aprile 2010 della Costituzionale e la sentenza numero 601 di quella di Cassazione in cui viene istituzionalizzata la necessità di un impegno del Governo Centrale a approvare almeno le Unioni Civili e a legiferare in tema di contrasto all'omofobia. Non solo si ritiene necessario anche legiferare sulle adozioni gay visto che come dice bene la Cassazione "non sono poste certezze scientifiche o dati di esperienza, bensì il mero pregiudizio che sia dannoso per l'equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale".


giovedì 26 giugno 2014

Un ambulatorio popolare per migranti e non solo


Cari lettori,


Pubblichiamo anche noi l'intervento del 6 maggio 2014 a cura dell'Ambulatorio Medico Popolare (www.ambulatoriopopolare.org) di Via dei Transiti di Milano, pronunciato in occasione del presidio contro la riapertura dei CIE e dei CARA a Milano, presidio che si è tenuto davanti alla Prefettura della capoluogo lombardo.

 

L'Ambulatorio Medico Popolare si trova in Via dei Transiti, 28 (MM PASTEUR) a Milano.

Apertura: Lunedì dalle 15.30 alle 19.00 e Giovedì dalle 17.30 alle 20.00

Telefono: 02-26827343

mail: ambulatorio.popolare@inventati.org


L’Ambulatorio Medico Popolare di via dei Transiti è un’associazione che dal1994 porta avanti la battaglia in difesa del diritto alla salute, lottando per un’assistenza sanitaria di base gratuita per tutti e praticando una solidarietà militante perché il fenomeno migratorio non sia affrontato solo come un problema di pubblica sicurezza, ma come esperienza di vita che italiani ed europei in primo luogo sperimentano e hanno sperimentato.

Quest’anno compiremo i 20 anni dall’apertura del nostro ambulatorio, esperienza che tanto ha in comune con molte altre, come quelle del NAGA e di Oikos.

In Italia ai migranti privi di permesso di soggiorno viene negata la tessera sanitaria, quindi per curarsi possono solo richiedere un codice chiamato STP (Straniero Temporaneamente Presente). Questo codice garantisce l’accesso alle cure farmacologiche e specialistiche urgenti ed essenziali, ma non l’assistenza di base: questo comporta l’impossibilità di ottenere le prescrizioni per esami o visite e quindi di mantenere sotto controllo patologie croniche. La regione Lombardia delega ad associazioni di volontariato questo problema, non facendosene carico in alcun modo.

SI nega così il diritto all’accesso alle cure di prima soglia ad un gruppo di uomini e donne, che nell’impossibilità di ottenerle seguendo un percorso sanitario “convenzionale” deve ripiegare su soluzioni di fatto di qualità inferiore, perché su base volontaria, e quindi con garanzie di professionalità e disponibilità relative. Si genera così una sorta di sanità di serie B, un accesso “dal retrobottega” alle cure mediche di base, indispensabili a tutti per garantire un’assistenza sanitaria continuativa e adeguata. Questo vale principalmente per i malati cronici, gli anziani e i bambini; questi ultimi due gruppi di assistiti solo da poco hanno trovato spazio nel SSN, anche se precario e poco garantito.

In questo scenario,l’assistenza sanitaria pubblica di base dipende dal permesso di soggiorno, che è a sua volta vincolato al possesso di un contratto e di un reddito lavorativo: questo spinge ad accettare condizioni di lavoro infime pur di conservare il permesso di soggiorno, un ricatto che trova la sua origine nelle leggi Bossi-Fini eTurco-Napolitano.

La nostra battaglia parte da qui, e date queste premesse, l’Ambulatorio Medico Popolare non può che sostenere la battaglia contro i CIE, che altro non sono se non dei lager di stato dove viene negato un altro diritto fondamentale, il diritto alla libertà.

L’Italia è un Paese senza memoria: ci siamo indignati per il naufragio del 3 ottobre e per il video che mostrava il trattamento di “disinfestazione” dei migranti nel CIE di Lampedusa, ci siamo indignati per la storia di Hellen e Joy, per i suicidi e le proteste delle bocche cucite, ci siamo puliti le coscienze alzando la voce da più parti per denunciare la vergogna di questi fatti. Passata l’indignazione, però, ci siamo di nuovo nascosti dietro parole come “centri di accoglienza” (CARA), per tacitare le nostre coscienze raccontandoci la bugia di strutture umanitarie dove ospitare temporaneamente i migranti, abbiamo ridato spazio e voce a politici e giornali che straparlano di “razzismo contro gli italiani” e di “emergenza migranti”.

Noi oggi siamo qui per fare in modo che la memoria non si perda, per ricordare che i CIE sono una vergogna e un abuso, per protestare, perché questo è l’unico modo per sperare che certi ignobili fatti non si ripetano.

Chiedere accesso alle cure mediche per tutti non significa solo lottare per il diritto alla salute, ma implica per noi sciogliere quel legame infido e infame che lega diritti, libertà, vita, lavoro, possibilità, sogni e aspettative ad un misero pezzo di carta, rilasciato da forze dell’ordine territoriali che nulla sanno di cosa voglia dire migrare o essere liberi, fisicamente e mentalmente.

Dobbiamo chiudere i CIE subito, chiudere i CARA subito, lasciare le persone libere di muoversi sulla terra, perché la terra è di tutti e non saranno i loro muri a fermarci o a dividerci.”


mercoledì 5 marzo 2014

Iscrizione dei bambini stranieri al Servizio Sanitario Regionale

Dal 23 gennaio di quest'anno, i minori di 14 anni anche "irregolari", ovvero figli di genitori non iscritti all'anagrafe, possono ricevere le cure necessarie. La disposizione arriva dopo l'apertura del Servizio civile nazionale agli stranieri.
Per quanto riguarda la possibilità di accedere al Servizio Sanitario Regionale, la decisione affermativa fa seguito all' appello di molte associazioni e da Asgi (Avvocati Per Niente), Naga e Anolf-Cisl che, a dicembre 2013, avevano intentato una causa per discriminazione contro la Regione Lombardia.
I genitori del minore possono recarsi in una Asl che accerta l'età, le condizioni e le circostanze per poi rilasciare un documento cartaceo con cui il paziente potrà essere essere ricevuto da un pediatra, eventualmente sempre lo stesso e anche per un numero di volte illimitato, anche se resta aperta la questione della scelta del professionista. I genitori dei bambini e dei ragazzi stranieri non possono ancora avere libertà di scelta del medico, a differenza di quanto accade per gli italiani. In ogni caso, la visita sarà pagata direttamente dalla Regione.
 


Di seguito le indicazioni in lingua francese e inglese

Per ulteriori informazioni consultare anche il sito del Naga: www.naga.it

Contatti: naga@naga.it , tel- 02.58102599 – 349 1603305












Pediatra per “minori irregolari” YOUTUBE

martedì 4 febbraio 2014

Il punto di Antigone sulla situazione carceri



Il 28 gennaio scorso si è svolto a Milano un incontro, presso l'Urban Center, in cui si è discusso ancora del problema del sovraffollamento delle carceri italiane e, in particolare della situazione dei detenuti negli istituti penitenziari della Lombardia.

Siamo una Regione molto particolare dal punto di vista carcerario” ha affermato Valeria Verdolini, presidente lombardo dell'Associazione Antigone “ con ben 19 diversi istituti detentivi. Un fenomeno di grandi dimensioni, quindi, ma al quale è possibile approcciarsi in maniera costruttiva grazie alla rete esistente a livello locale e che unisce le strutture di volontariato, le associazioni, le istituzioni”.

Antigone monitora periodicamente le carceri e racconta ciò che vede. Nel IX e ultimo rapporto dell'associazione sulle condizioni di detenzione, intitolato “Senza dignità”, i dati riferiscono che le regioni italiane più affollate sono la Liguria, la Puglia e il Veneto; al 31 ottobre 2012 i 66.685 detenuti sono in maggioranza uomini e italiani; le donne rappresentano il 4,2% della popolazione carceraria e il 35,6% è rappresentato dagli stranieri. Le nazionalità più presenti sono quella marocchina, romena, tunisina, albanese e nigeriana. Nel report si ricorda che: “Con una sentenza del 28 aprile 2011 la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato incompatibile con la Direttiva rimpatri l'articolo 14, commi 5 ter e 5 quater, del Decreto Legislativo n. 286/1998, che prevedeva la detenzione in caso di mancata ottemperanza all'ordine del Questore di allontanarsi dal territorio italiano. Dopo una iniziale incertezza, si è di fatto proceduto per decreto legge alla modifica di questo reato, escludendo il ricorso al carcere. Ad oggi, però, la percentuale degli stranieri tra i detenuti è scesa di poco rispetto al dicembre del 2010, quando era del 36,7%”.

La ricerca riporta un dato inquietante: quello relativo agli atti di autolesionismo o ai tentati suicidi; a questo si aggiunge il fatto che il 70% dei detenuti è malato e che le patologie più comuni sono i disturbi psichici, le malattie dell'apparato digerente e le malattie infettive e parassitarie.

Qualche passo avanti è stato fatto, nella tutela dei diritti dei detenuti, con il piano di riorganizzazione avviato a livello ministeriale che ha ridotto il numero di ore che il detenuto deve trascorrere chiuso in cella, a favore di una maggiore possibilità di movimento all'interno della struttura: “Altre iniziative necessarie sono quelle miranti ad ampliare l'offerta di attività formative e ricreative” ha sostenuto Alessandra Naldi, Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Milano e ha aggiunto: “In questo Bollate è diventata un vero e proprio modello per la sua capacità di sfruttare le risorse del territorio; Opera, invece, deve ancora completare questo processo di apertura verso l'esterno”. Diversa la situazione a San Vittore perchè, ha sottolineato sempre il Garante, sono evidenti i problemi igienici e “la popolazione presenta emergenze di carattere sociale, con molti stranieri privi di permesso di soggiorno e detenuti affetti da problemi di salute mentale e di tossicodipendenza”.

Da Milano a Roma: a Rebibbia Antigone, in due anni di attività, ha effettuato 1.149 colloqui e, tra i diritti negati, quelli che più pesano sulle condizioni dei detenuti riguardano la lontananza dai propri affetti e il diritto alla salute.

Infine, un grande ostacolo al miglioramento delle condizioni di vita negli istituti carcerari è costituito dalla mancanza di fondi: “ Assistiamo a un estremo impoverimento del sistema penitenziario”, ha affermato Daniela Ronco, coordinatrice dell'Osservatorio Nazionale sulle condizioni di detenzione di Antigone, "mancano i fondi per qualunque tipo di attività all'interno del carcere, per il lavoro, per lo studio e per tutti gli altri progetti che potrebbero rendere meno afflittiva la vita nelle strutture detentive”.



giovedì 2 gennaio 2014

Si ricomincia !



Cari lettori,
è trascorso quasi un anno da quando, nel febbraio 2013, è stata costituita l' Associazione per i Diritti Umani e, in pochi mesi, abbiamo già avuto tante soddisfazioni: prima fra tutte quella di aver visto crescere il vostro interesse nei confronti di questo " giornale on line". Ogni giorno ci impegniamo per aggiornarlo con articoli nuovi, notizie di attualità, interviste importanti, recensioni di arte e cultura e, ogni giorno, constatiamo che - pur essendo purtroppo, quello dei diritti umani, un argomento di nicchia - ci seguite e trovate anche solo cinque minuti da dedicarci.
Un' altra grande gioia è stata quella di avervi offerto la " Carovana dei diritti" : una serie di appuntamenti con i quali abbiamo presentato saggi, documentari e durante i quali abbiamo avuto l' onore di dialogare con gli autori e, anche in quelle occasioni, la vostra presenza è stata importantissima, sia " dal vivo" sia virtuale, ovvero quando ci avete seguito sul sito o sul nostro canale Youtube. Per questo motivo stiamo organizzando la Carovana dei diritti, parte seconda! Come sempre vi daremo comunicazione, di volta in volta, degli incontri che saranno organizzati a Milano, ma anche in altre cittá della Lombardia e questo dimostra che il nostro lavoro è apprezzato e ci dá la spinta motivazionale a continuare con entusiasmo.
Lavoreremo anche con gli studenti delle scuole, in particolare medie e superiori e speriamo anche con le università, perché il nostro principale obiettivo è quello di far riflettere, attraverso ogni strumento culturale, sui temi legati ai diritti umani, sociali e civili, a partire dalle nuove generazioni perché loro hanno in mano il futuro. Un futuro che deve essere sempre più luminoso.
Vi ringraziamo, quindi, di cuore e speriamo di essere sempre più numerosi in questo viaggio, in questa avventura, in questa carovana che fa un passettino in più giorno dopo giorno.

martedì 12 marzo 2013

LIBRO BIANCO sulla condizione dell'infanzia rom a Roma




Nei quarantacinque giorni precedenti le elezioni politiche, l'Osservatorio dell' Associazione 21 luglio (www.osservatorio21luglio.org) ha contato circa 59 episodi, offensivi e potenzialmente incitanti all'odio e alla discriminazione, nei confronti di rom e sinti. E' stato rilevato che molte affermazioni appartengono agli esponenti del partito leghista per cui, a pochi giorni dall'elezione di Roberto Maroni come Presidente della Regione Lombardia, l'associazione gli ha inviato una lettera per invitare gli attivisti e i dirigenti della Lega Nord “ad evitare stigmatizzazioni indistinte e strumentali rivolte ai componenti delle comunità rom e sinte, al fine di evitare il rischio di alimentare tra i cittadini sentimenti di paura, rigetto e intolleranza verso le suddette comunità, lesivi della civile convivenza nel nostro Paese”.
Intanto, a Roma, è stato presentato anche il rapporto Rom(a) Underground. Libro bianco sulla condizione dell'infanzia rom a Roma, sempre redatto dall'Associazione 21 luglio. E' stato preso in considerazione il Piano Nomadi dell'ultima amministrazione del Comune della capitale, in particolare per il periodo compreso tra il 2009 e il 2012, soprattutto in relazione alla tutela dei diritti dell'infanzia e al principio di uguaglianza tra i minori rom e non rom.
Solo nella città di Roma sono circa 3.900 i minori rom in emergenza abitativa e residenti in “villaggi attrezzati” o “campi di tolleranza” con evidenti conseguenze sulle loro condizioni di vita e di salute; sono, infatti state rilevate fragilità aggravate per i bambini e ragazzi disabili, problemi respiratori, dermatiti, stati depressivi e ansiogeni. Gli sgomberi forzati (quasi 500 negli ultimi tre anni) hanno, inoltre, influito negativamente sul loro diritto ad un alloggio e all'istruzione.
Nella prefazione al Libro bianco,Vincenzo Spadafora, l' Autorità Garante per l'infanzia e l'Adolescenza, scrive: “Attraverso le loro parole (dei minori rom) capiamo che cosa implica essere spostati in campi attrezzati fuori dal Grande Raccordo Anulare, essere accompagnati a scuola in un “pulmino speciale”, non avere spazi e tempi per giocare con i compagni non rom e quale sia l'impatto della vita nei campi attrezzati sulla loro salute fisica e psicologica”. Per un bambino rom o sinti, infatti, nascere in Italia significa avere una vita segnata all'origine in quanto, secondo alcuni, appartiene ad un popolo inadatto alla vita stanziale, disposto ad avere un'esistenza in cui sono costantemente sospesi i diritti fondamentali. Ma la realtà è un'altra e i diritti di base vanno garantiti a tutti, in special modo ai minori.