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martedì 8 dicembre 2015

Nicole, 4 ori contro i pregiudizi



«Adoro la vita, mi piace vincere»

Il record ai Mondiali per atleti down in Sudafrica: «Lo dedico a mia nonna»


di Elena Tebano (dal Corriere della sera.it)




Avvolta nel tricolore sul podio più alto dei Mondiali, in Sudafrica, Nicole Orlando ha alzato gli occhi al cielo e ha iniziato a piangere. Lacrime di gioia e commozione. «Stava pensando alla nonna, che è morta l’anno scorso e avrebbe dovuto accompagnarla nella trasferta africana», racconta la madre, Roberta Becchia. «Però c’era il nonno, che ho convinto io a venire perché all’inizio non voleva: sono molto fiera di lui» ribatte Nicole, 22 anni. Di lei, che la settimana scorsa si è portata a casa 4 ori (100 metri, salto in lungo, triathlon, con record del mondo, staffetta 4 per 100) e un argento (nei 200) è orgoglioso il premier Matteo Renzi: ieri l’ha ringraziata su Facebook per «aver reso onore all’Italia» insieme agli altri atleti della Federazione Italiana Sport Disabilità Intellettiva Relazionale, che in tutto hanno conquistato 27 titoli nell’atletica leggera e 5 nel tennis tavolo. Nicole ha la sindrome di Down e tra le sue vittorie c’è anche quella di abbattere un bel po’ di pregiudizi. «Sono contenta: mi piace vincere le medaglie» dice al telefono da Biella, dove vive, in una pausa tra l’allenamento di nuoto e quello di atletica. Guarda al prossimo traguardo: «Mi devo preparare alle Olimpiadi di luglio, a Firenze».

 



Nicole Orlando, 22 anni, si commuove sul podio dopo aver vinto la sua prima medaglia d’oro ai Mondiali del Sudafrica. Nicole fa parte della Nazionale degli atleti con disabilità intellettive o relazionale (foto Mauro Ficerai)



E aggiunge con tutta la sincerità del mondo che sì, a Bloemfontein in Sudafrica «mi aspettavo di vincere». «Io l’avevo avvertita: guarda che ci sono le messicane che sono molto forti, sarà dura — dice la madre Roberta —. Mi ha risposto di non preoccuparmi. Lei è così, molto determinata: il suo allenatore assicura che se tutti i suoi sportivi avessero la stessa concentrazione, vincerebbero molto di più. Lo spirito agonistico non le manca: suo fratello e sua sorella non le hanno mai fatto passare niente e lei ha sempre cercato di competere». Lo sport l’ha bevuto con il latte: il padre Giovanni ha giocato a calcio in serie C, la madre a pallacanestro, sempre in serie C. Il resto lo ha fatto una famiglia che si è rifiutata di guardare alla disabilità come alla fine di tutto. «Ci avevano detto che i ragazzi Down hanno i legamenti laschi e quindi sono lenti e pigri. Per stimolarla, l’abbiamo portata in piscina che aveva appena un anno. Quando ha iniziato a camminare è stata la volta della ginnastica artistica». Nicole ha avuto un’allenatrice d’eccezione: Anna Miglietta, 71 anni, ex atleta e poi coach della nazionale di ritmica.

«Era stata la mia insegnante di educazione fisica: sapevo che era molto severa e che le sue regole erano le stesse per tutti. Se Nicole provava ad arrampicarsi sulla spalliera le correva dietro. Ha imparato subito, e grazie ai suoi legamenti laschi era la più brava a fare le spaccate» ricorda la madre. Nicole è entrata nel gruppo dei normodotati: «Era il modo migliore per aiutarla a maturare — racconta Miglietta —. Non facevo fatica a insegnarle: aveva questa voglia enorme di riuscire, gli occhi grandi sempre spalancati a cercare di capire tutto». E un’energia incontenibile come la sua voglia di vivere: dalla ginnastica è passata al nuoto e all’atletica. La settimana scorsa i Mondiali. «E adesso Nicole parteciperà al musical che mettiamo in scena venerdì con i ragazzi della palestra». È ispirato alla serie tv Glee. Nicole ha già imparato a memoria le battute: «Perché mi dite così? Perché sono diversa? In che senso diversa? — recita precisa al telefono —. Non posso anche esser stupida, cicciona, prima donna o lesbica? O devo essere sempre solo quella con la sindrome di Down?». Oggi, intanto è una campionessa della Nazionale.


venerdì 4 dicembre 2015

Giornata internazionale per le persone disabili

"La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è un punto di riferimento
fondamentale per la tutela dei loro diritti verso una piena inclusione e partecipazione nella società. Troppe barriere sono ancora di ostacolo alla piena fruizione dei diritti di cittadinanza da parte di chi è portatore di una disabilità, sia essa fisica, mentale o relazionale": queste le parole del Presidente Sergio Mattarella in occasione, oggi, della Giornata Internazionale per le persone con disabilità; un tema, questo, che a noi è molto caro e di cui ci siamo occupati più volte (vedi articoli e interviste pubblicate nei mesi scorsi).
Secondo una recente indagine dell'Istat, nel nostro Paese vivono oltre tre milioni di persone gravemente disabili: solo 1,1 milione di loro percepisce l'indennità di accompagnamento, uno su cinque è inserito nel mondo del lavoro, meno di sette su 100 riceve un aiuto domestico.
Il Presidente ha aggiunto: " E' compito della società nel suo insieme, delle istituzioni, dei corpi intermedi, delle famiglie, dei singoli abbattere questi muri e far crollare le barriere, fisiche e culturali, che impediscono una piena partecipazione alla vita della società. la diversità, delle scelte e delle abilità, è un patrimonio comune. la vita di tutti ne uscirà arricchita": parole importanti, che ci chiamano in causa direttamente perché, sempre come ha ricordato Mattarella, " la capacità di rispondere ai bisogni delle persone con disabilità è il metro attraverso cui si misura la nostra convivenza civile".

 

lunedì 5 ottobre 2015

Se Arianna: una madre e una figlia disabile


 


Un testo delicato, profondo, vero: Anna è la madre di una ragazza con un grave problema cerebrale. Arianna dipende in tutto dalla mamma e da altre persone e questa madre ha deciso di raccontare la quotidianità della figlia e di una famiglia “diversamente normale”. Ogni capitolo del libro intitolato Se Arianna (edito da Giunti) racconta un episodio, un aneddoto che vede protagonista la ragazza e i suoi familiari: difficoltà, gioie, ostacoli e conquiste. Quella di Arianna è una storia che appartiene a tanti, ma non tutti hanno il coraggio di raccontarla al pubblico, anche se hanno la forza di affrontarla.



L'Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande ad Anna Visciani e la ringrazia moltissimo per questo suo contributo.



 

Può raccontarci come si è venuti a sapere del problema di Arianna e quali sono tate le prime reazioni dei suoi familiari?



Nostra figlia Arianna è nata alla 30° settimana, quindi con un’importante prematurità, ma nonostante il suo basso peso alla nascita respirava autonomamente.

In quarta giornata è subentrata un’emorragia cerebrale come spesso accade nei prematuri.

Abbiamo subito capito che ci sarebbero stati problemi se fosse sopravvissuta, ma dato che in questi bimbi le possibilità di recupero sono elevate, abbiamo sperato che il danno subìto dal suo cervello fosse compatibile con una vita parzialmente autonoma.

Ci siamo resi conto della sua gravità con il tempo, constatando che le tappe del normale sviluppo psicomotorio non venivano raggiunte (non riusciva a stare seduta, non gattonava, non faceva i versetti che tutti i piccoli fanno per comunicare).

I nostri famigliari, come noi, a lungo sono rimasti in attesa di qualche miglioramento, sospesi tra la speranza e la preoccupazione.

Con dolore è dunque arrivata la consapevolezza del suo stato di grave deficit ed è iniziato il processo di elaborazione e accettazione di questa nostra nuova condizione.



Come si svolge la comunicazione con Arianna?



La comunicazione con Arianna è molto difficile, perché non parla e ha un problema di distonia dello sguardo, per cui non riesce a fissare un oggetto stabilmente, ma solo per pochi secondi. Questo ha reso complicato qualunque tentativo di interagire con lei attraverso la vista.

I canali preferenziali che utilizziamo con lei sono perciò quello uditivo e quello tattile: con pazienza e modulazione della voce, cercando di attirare la sua attenzione, si cerca di farla partecipare a quello che avviene intorno a lei. Oltre alle stimolazioni sensitive più complesse (suoni e colori associati), coccole e carezze non mancano mai.

Arianna ama molto la musica (abbiamo dedicato un capitolo a questo argomento) che ha il potere di rilassarla e di renderla serena. Con piacere abbiamo scoperto che ha dei gusti musicali molto precisi!!!


La sua famiglia riceve aiuti da parte delle istituzioni? E si può parlare di “solidarietà” da parte, invece, della rete sociale?


Arianna ha un’invalidità del 100% per cui le sono riconosciute la pensione e l’indennità di accompagnamento, essendo impossibilitata a svolgere da sola qualunque attività quotidiana.

Fin da quando era piccola abbiamo sempre avuto una rete di persone per farci dare una mano (in particolare dopo la nascita dei gemelli), ma sono state sempre pagate da noi.

Saltuario l’intervento di soccorso da parte di parenti, amici e vicini e solo nei casi di emergenza.

Non abbiamo mai trovato “volontari” disponibili ad aiutarci, forse perché le persone si spaventano davanti alla grave disabilità di Arianna.

In realtà per quanto riguarda l’inserimento sociale di Arianna siamo stati molto fortunati: ha frequentato la scuola materna con l’ausilio di una persona di supporto esterna (pagata con un sussidio della Provincia di Milano) e poi la scuola elementare con un orario leggermente ridotto, ma affiancata da un insegnante di sostegno del Provveditorato (lo stesso per tutti e cinque gli anni) e nelle ore rimanenti da un assistente del Comune di Milano.

Alla fine di questo percorso è stata inserita nella scuola elementare “speciale” della Fondazione Don Gnocchi dove ha trovato insegnanti davvero preparate e amorevoli. Qui è rimasta fino al compimento dei 18 anni, quando è passata al Centro Diurno della stessa struttura: la figura dell’insegnante è stata sostituita da quella dell’educatore e il numero dei ragazzi accuditi è più alto, ma l’attenzione e la dedizione ricevute sono le stesse.

Arianna riconosce il suo ambiente abituale e dimostra piacere (la sua tranquillità e i suoi sorrisi ne sono la prova) a frequentare il centro, dove ritrova i suoi compagni e le sue persone di riferimento.



Nella presentazione del libro, parla anche di situazioni grottesche...ci può fare un esempio?



Quando abbiamo cominciato a scrivere il nostro libro ci siamo resi conto che qualche volta c’eravamo trovati in situazioni drammatiche parecchio lontane da quello che una persona normale può immaginare. Situazioni paradossali risolte in modo rocambolesco, che a distanza di tempo ci sembrano addirittura grottesche.

Gli episodio più buffi sono legati ai pasti di Arianna preparati al ristorante dell’albergo al mare dove facevamo le vacanze, quando la preparazione della sua pappa frullata passava attraverso molti tentativi ed errori prima di arrivare alla consistenza adeguata (il racconto è fatto dal fratello più piccolo).

Uno degli inconveniente più singolari invece risale a qualche anno fa quando, sempre in vacanza al mare, si staccò (nell’ascensore dell’albergo!) il poggiatesta della sedia a rotelle essendosi tranciate le viti che lo tenevano ancorato allo schienale. Momenti drammatici non solo perché Arianna non aveva modo di stare seduta, ma anche perché non sapevamo come e da chi far aggiustare la sua carrozzina.

Il racconto del papà ben evidenzia lo smarrimento e la sensazione di impotenza di quei momenti, finché non gli venne l’idea di portare la carrozzina dal ciclista del paese: “Mentre Anna continua a tenere in braccio Arianna, con Daniele vado al negozio di biciclette e pedalò in riva al mare: li vendono, li affittano e li riparano, ci sarà pure qualcuno in grado di trovare una soluzione, d’altra parte stiamo pur sempre parlando di un mezzo su ruote senza motore!”

Oggi ripensandoci possiamo persino riderci su.



Che significato ha la parola “dignità”?


Dignità è fornire a un individuo una vita rispettosa della persona, una vita in cui non solo sono soddisfatte le sue esigenze primarie di sopravvivenza, ma sono anche garantiti i diritti per la sua salvaguardia e per il suo inserimento nella società.


mercoledì 9 settembre 2015

Monica Priore si racconta: la malattia, lo sport, la vita









Monica Priore: all’età di 11 anni comincia ad avvicinarsi al mondo sportivo entrando a far parte di una squadra di pallavolo. La sua militanza nella squadra cessa quando nessun medico vuole prendersi la responsabilità di rilasciarle il certificato di idoneità medica di cui necessita. Decide allora di cambiare sport ed inizia a praticare nuoto. Nel febbraio 2004 partecipa al suo primo campionato regionale aggiudicandosi una medaglia di bronzo. Il 23 Aprile 2007 ha ricevuto la targa del CONI di Brindisi la “Forza dello Sport”.

Monica Priore racconta la sua storia nel libro intitolato “Il mio mare ha l'acqua dolce”, edito da Mondadori e l'Associazione per i Diritti Umani l'ha intervistata per voi. 



“Ero una bambina con i riccioli, volevo costruire castelli di sabbia in spiaggia con mio fratello e i miei cugini, ma ho dovuto cambiare programma. Siamo tornati in città e le vacanze le abbiamo passate nel reparto di Diabetologia per adulti. Avevo braccia lunghe e magre, livide dal gomito in giù: mi facevano un buco ogni due ore. Ora le mie braccia sono remi: sento la forza che irradiano, sento i muscoli tendersi, le spalle ruotare, le mani irrigidirsi nell'impatto con l'acqua. A ogni spinta avanzo, a ogni spinta mi allontano dalla Monica che ha sofferto, che si è sentita in colpa per essersi ammalata, che si è sentita vittima. Toccare riva è il mio riscatto, la mia conquista. Poche bracciate ancora e sono libera: libera dalla mia rabbia, libera dall'idea di me come malata. Libera di essere solo Monica, la fondista, la prima donna diabetica di tipo 1 in Europa ad avere attraversato a nuoto lo stretto di Messina." Se Monica Priore avesse dato retta ai medici, oggi non sarebbe più sana e nemmeno più felice. Impugnando la diagnosi di diabete di tipo 1, la medicina ufficiale la obbligava a una specie di vita a ostacoli: dieta ferrea, tanta insulina, orari rigidi e una blanda attività fisica per scongiurare il rischio di crisi ipoglicemiche. Un vero inferno. Ma Monica ha sempre sentito nel profondo della sua anima che, se avesse imparato a gestire la sua malattia, avrebbe potuto condurre una vita quasi normale”.

Quando si è ammalata aveva cinque anni e, forse, i ricordi non sono vividi, ma cosa le hanno raccontato i suoi familiari di quel primo periodo ?


Del primo periodo effettivamente ricordo poco, ero piccola avevo 5 anni, i miei raccontano che non feci una piega quando gli infermieri cominciarono a bucarmi, per i prelievi e per le iniezioni di insulina, piangevo solo quando le braccine erano oramai livide e non reggevo più il dolore. Mi chiedevo perché fosse accaduta quella cosa a me e spesso sfogavo la mia rabbia con la mamma dicendole che era colpa sua se avevo il diabete, mortificandola ulteriormente.


Che sentimenti prova quando pensa alla sua infanzia e adolescenza ?


I sentimenti sono diversi, ma quello più forte è la tristezza, perché se all'epoca fossi stata la persona che sono oggi, avrei vissuto meglio quei periodi ed avrei sofferto meno.


Che cosa le avevano detto i medici, all'inizio, riguardo al suo futuro?


I medici non parlavano mai del futuro, ma solo del presente, perché le conoscenze sul diabete mellito di tipo 1 erano poche, e credo che neanche loro sapessero con esattezza come sarebbe potuta essere la mia vita.

In che modo ha deciso di gestire la malattia?

Ho deciso di gestire la malattia con lo sport, non piangendomi a dosso e dando sempre il massimo delle mie potenzialità in ogni circostanza. Il diabete è un ostacolo in più, ma la vita è sempre vita, magari la si guarda da una prospettiva diversa, ma sempre vita è.


Che donna è, oggi?


Oggi sono Monica, una donna tenace, testarda e un po guerriera, non so come sarei stata senza il diabete, ma so che è merito suo se oggi sono più forte.
   

venerdì 21 agosto 2015

Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile





"Metà di quello che ho scritto è uscito in una notte. Il resto sul tram, mentre andavo al lavoro" racconta Massimiliano Verga, padre di Jacopo, Cosimo e Moreno, un bellissimo bambino di otto anni, nato sano e diventato gravemente disabile nel giro di pochi giorni. "Così ho raccolto gli odori, i sapori e le immagini della vita con mio figlio Moreno. Odori per lo più sgradevoli, sapori che mi hanno fatto vomitare, immagini che i miei occhi non avrebbero voluto vedere. Ho perfino pensato che fosse lui ad avere il pallino della fortuna in mano, perché lui non può vedere e ha il cervello grande come una Zigulì. Ma anche ai sapori ci si abitua. E agli odori si impara a non farci più caso. Non posso dire che Moreno sia il mio piatto preferito o che il suo profumo sia il migliore di tutti. Perché, come dico sempre, da zero a dieci, continuo a essere incazzato undici. Però mi piacerebbe riuscire a scattare quella fotografia che non mi abbandona mai, quella che ci ritrae quando ci rotoliamo su un prato, mentre ce ne fottiamo del mondo che se ne fotte di noi." Dalla quarta di copertina del libro Zigulì. La mia vita dolceamara con un figlio disabile, di Massimiliano Verga (Mondadori).




L'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato per voi l'autore e lo ringrazia moltissimo per il suo racconto e la sua testimonianza.



Quando siete venuti a conoscenza della disabilità di vostro figlio, come avete iniziato a “prepararvi” alla situazione?


Preparati mai. Moreno ha quasi 12 anni e c'è stato un percorso di conoscenza e, rispetto all'inizio, è tutta un'altra cosa, anche per merito suo.

Di fronte a una disabilità o fragilità, nessuno può avere l'arroganza o la presunzione di sentirsi preparato.

Moreno è nato sano, poi si è ammalato di un “qualcosa” che non so, a un mese di vita: è stato ricoverato in patologia neonatale ed è tornato a casa con gli esiti che ho raccontato nel libro. Non abbiamo una diagnosi e il fatto che Moreno non sarebbe più stato il bambino che ho cominciato a conoscere quando è nato, l'abbiamo saputo il giorno della dimissione e dopo alcuni mesi abbiamo scoperto che Moreno era anche non vedente.


Voi familiari avete fatto un percorso psicologico oppure avete affrontato tutto da soli?


Non abbiamo fatto nulla: io no, ma credo nemmeno la mamma (io e la mamma non viviamo più insieme). Anche i fratelli di Moreno non sono seguiti perchè è una situazione che hanno imparato a gestire con loro stessi in modo relativamente sereno.

Sono contrario ad un percorso che possa etichettarli e farli sentire i “fratelli di” quando, invece, stanno cercando di uscirne per conto loro.


Quali sono i sentimenti che ha provato da quando è nato Moreno e quali quelli che prevalgono?


Sono molto banale in questo, ma uno su tutti è l'amore. Poi, certo, c'è un contorno di rabbia e di frustrazione legato a quell'impreparazione di cui parlavamo prima.



Siete aiutati da servizio sanitario e dalle istituzioni?

Sono abbastanza fortunato rispetto alle altre realtà che conosco di situazioni di abbandono. E' noto che le istituzioni siano molto deficitarie, ma ho avuto fortuna nel senso che, fin dall'inizio, abbiamo trovato una brava fisioterapista che da subito ha seguito Moreno e anche il servizio scolastico è stato buono perchè alla materna ho trovato delle maestre molto attente. Adesso Moreno frequenta una scuola speciale in cui i bambini hanno una disabilità grave e mi trovo benissimo; avrà capito che sono favorevole alle scuole speciali perchè ci sono dei bambini che possono essere accolti solo in luoghi costruiti e pensati per loro.


Stanno aiutando Moreno a diventare più autonomo?


La parola “autonomo” per Moreno è una parola grossa perchè non lo sarà mai: ha bisogno che ci sia sempre una persona a mezzo metro da lui, ma il fatto che abbia imparato a riconoscere un water, che salga sul camper da solo, che si muova nello spazio in modo più sicuro lo devo alla testa dura mia e di sua madre, alla scuola, alla terapista e a tutti coloro che lo seguono.


Gli altri due fratelli come si rapportano a Moreno?


Chiaro che per loro è molto difficile. Moreno è un “alieno”: non parla, urla, sbatte. E' molto difficile avvicinarsi e interagire con lui.

I fratelli hanno delle modalità differenti legate non tanto all'età (il grande ha 13 anni e il più piccolo ne ha 8), ma perchè il grande ha visto nascere Moreno e ha vissuto insieme a noi e insieme a lui gli anni più duri e, quindi, prova sentimenti diversi rispetto al fratello piccolo che si è trovato un fratello “alieno” senza provare lo shock della scoperta della sua disabilità.



Perchè ha deciso di raccontare la vostra storia pubblicamente?


Zigulì era il mio diario nel quale mi sono sfogato, nel giro di una notte, come è scritto in quarta di copertina. Quando l'ho ripreso in mano ho pensato, forse con un po' di presunzione, che potesse essere utile per qualcun altro.

L'idea che quei sentimenti e quei frammenti potessero essere condivisi da altri genitori mi ha portato a pubblicarlo. Il riscontro è enorme e non me lo aspettavo: ricevo tantissime mail, ho fatto un centinaio di incontri pubblici, mi invitano. Mi sembra di aver raccontato qualcosa che appartiene a tante persone ma io, forse, ho avuto un pizzico di coraggio in più nel raccontare la realtà per quella che è.


Parliamo, infine, del tema dell'accettazione...


L'accettazione non riguarda il bambino, riguarda i genitori: tu devi imparare ad accettare te stesso come genitore di quel bambino.

Il bambino, ovviamente, è accettato, è tuo figlio, ma il genitore deve fare i conti con se stesso e questo è l'aspetto che a volte, purtroppo, crea atteggiamenti di chiusura. Peggio ancora nei casi in cui i genitori sono lasciati da soli per cui per loro è ancora più difficile: su questo dovremmo lavorare come comunità.





domenica 9 agosto 2015

Mario, disabile superabile







E' un racconto autobiografico, Mario disabile superabile, narrato in terza persona dell'evoluzione della vita di un ragazzino nato verso la fine della seconda guerra mondiale nella bassa pianura padana del secolo scorso, un posto dove la vita scorreva coi ritmi medievali della campagna.
Quando Mario comincia a camminare a circa un anno, uno zio materno si accorge che il bimbo ha un problema all'occhio sinistro. Una visita medica oculistica constata la presenza di una cateratta congenita al bulbo oculare: è nato monocolo.
Anche vedendo con un solo occhio si può vivere e Mario cresce: ha visto dalla nascita con un solo occhio, quello destro, e per lui quella del monocolo è una vita "normale".
Verso i tre anni e mezzo ha una forte febbre che dura quasi un mese: il medico del paese dice che è un'indigestione e prescrive purga e riposo.
Passata la febbre Mario si alza dal letto ma la gamba destra non funziona più come prima e comincia a zoppicare: dapprima leggermente e poi in maniera sempre più evidente.
Si stanca facilmente a camminare: strano perché prima della febbre correva sempre, però nessuno capisce la causa della zoppìa di Mario.
Dopo sei mesi dalla guarigione dalla febbre Mario viene accompagnato in ospedale dove viene visitato da un luminare ortopedico il quale diagnostica immediatamente la malattia che, a quei tempi ed in quei posti, pochi conoscevano: poliomielite.
Per Mario inizia la vita del disabile in un contesto povero, ignorante ed aggravato dal pensiero fascista dominante che, in quei tempi, arrivava a prescrivere la soppressione dei bambini soggetti a gravi forme di disabilità.
In quel contesto nessuno ha tempo per i bambini e Mario capisce in fretta che nascere in un posto povero è già una bella rogna, avere a che fare con persone rozze è ancora peggio ed essere disabile, in aggiunta alle prime due calamità, è il peggio che possa capitare.
Questo è solo l'inizio del racconto di Germano Turin - raccontata nel libro intitolato Mario disabile superabile edito da Sottosopra - al quale abbiamo rivolto alcune domande.




Si tratta di un racconto autobiografico: come vivere una situazione di “disabilità” in un contesto difficile come quello successivo alla Seconda guerra mondiale?



Alla mia nascita, a dicembre del '42, il babbo era in guerra come fante dell'Esercito Italiano. Anche a casa era tempo di guerra: dalla strada sterrata a fianco a casa passavano tedeschi, fascisti, carri agricoli. Ad aprile del '45 cominciò a passare anche qualche camionetta degli Alleati. Nella casa dove sono nato c'era miseria, ignoranza, emarginazione e la mamma che mi partorì in casa aiutata dalla “levatrice”, come si faceva a quei tempi. Uno dei danni procurati dalle “leggi razziali” del regime fascista fu che la disabilità comportava, secondo loro, una “vita indegna di essere vissuta” e che questo concetto era anche accettato dal collettivo. I più “buoni” tolleravano che “anche i disabili potessero vivere”, però era meglio che lo facessero di nascosto, rendendosi il più possibile “invisibili”.



Ci può spiegare che tipo di educazione ha ricevuto (in famiglia, a scuola)? E quanto è importante proprio l'educazione per i bambini e i ragazzi che hanno una compagna/o disabile?



Nessuno mi spiegava nulla perché nessuno era in grado di farlo. Il babbo tornò dalla guerra e dalla prigionia quando avevo due anni. Ma non cambiò nulla perché dovette tornare a lavorare sui campi: del padrone naturalmente, dato che era salariato agricolo. Gli insegnanti, a cominciare dalla scuola elementare, avevano studiato durante il regime fascista, quindi era già tanto se erano delle persone “equilibrate”. Anche dopo la liberazione, avvenuta nel Veneto nel '45, non è che tutti gli italiani, con un colpo di bacchetta magica, diventarono dei ferventi repubblicani. I compagni di scuola erano, nella maggioranza, figli di braccianti agricoli: diffidenti verso tutto e tutti. Alcuni compagni di scuola erano figli o nipoti di ex gerarchi fascisti: i più “buoni” mi sussurravano che “non era giusto che, in quanto ragazzo con disabilità” fossi bravo a scuola. Per loro era uno spreco.

Alcuni erano addirittura aggressivi nei miei confronti perché non ammettevano che fossi più bravo di loro a scuola. Da piccolo presi anche delle botte: quando non ce la facevano a picchiarmi singolarmente ci si mettevano anche in due o tre per sopraffarmi.



Essere disabili è anche una ricchezza: a suo parere, è cambiata la mentalità in questo senso?


Essere persone con disabilità può essere una ricchezza se l'ambiente che ti circonda ti permette di sviluppare la ricchezza che è in te e che devi scoprire un pezzo alla volta. Se devi usare tutte le tue forze per galleggiare e sopravvivere ai bisogni primari non è una ricchezza. La mentalità sta cambiando, è vero, però non con la velocità con la quale si espande la disabilità che, sappiamo tutti, è in continua espansione.

 

Nel libro racconta di averel subito anche atti di bullismo: cosa vorrebbe dire ai bulli di oggi e alle vittime?

 

Vorrei poter dire che il problema non ero io ma loro. Io non volevo nulla da loro: erano loro a ritenere che certe mie caratteristiche spettassero a loro.


Grazie a chi e a cosa è cambiata la sua vita?

 

Non lo so quali siano state le cause che hanno cambiato la mia vita e con quale incidenza vi abbiano contribuito. Credo una miscellanea di volontà, capacità di sfruttare “in tempo reale” la maggior parte delle occasioni che mi si prospettavano e… una dose massiccia di Provvidenza di riuscire a fare il tutto.

mercoledì 29 luglio 2015

Solidarietà per il guerriero di Scampia






  (da Il fattoquotidiano.it)





Lo diceva Henry David Thoureau: “La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai”. Da questa convinzione, da questo sentimento nasce l’appello per sostenere economicamente i genitori di Ivan Grimaldi Anna e Antonio, che vivono ancora a Scampia, senza Ivan, il figlio disabile morto il 5 luglio per il quale Vittorio Passeggio del Comitato delle Vele di Scampia, insieme a Lorenzo Liparulo e Omero Benfenati, è stato in prima fila, anzi, accanto a Ivan nella sua lunga battaglia.

Genitori senza un lavoro e in attesa per settembre 2015 di un nuovo alloggio che – come gli altri 5 casi di disabilità dei nuclei delle Vele – gli verrà consegnato nei prossimi mesi. L’ha dichiarato Luigi De Magistris in una recente intervista: “A settembre la famiglia di Ivan avrà un alloggio nuovo. Il Comune darà case ai disabili di Scampia”. Fa piacere a tutti sapere che finalmente la famiglia di Ivan riceverà quello per cui lottava. Una lotta in cui Ivan, va ricordato, mai dimenticato, è stato sempre attivo, non solo per se stesso – raccontava con il suo carattere, forte e generoso – ma anche per le persone con la sua stessa vita.



Eppure oggi l’amarezza è tanta, uno stato d’animo condiviso tra chi conosceva la storia di Ivan. Stringe il cuore sapere che in questo passaggio dall’alloggio nelle Vele a un altro più dignitoso non ci sarà a varcarne la soglia lui, “il guerriero di Scampia”, ma solo il suo ricordo ad accompagnare la famiglia.

Stringe il cuore, sì, ma pensiamo a chi resta, a chi è qui, vivo e continuerà a lottare: pensiamo ai genitori di Ivan. Oggi nelle Vele, va ricordato, sono rimasti loro. Non hanno lavoro e vivono senza sostegni economici.

Dimenticare Ivan e la sua battaglia non sarà possibile. “Il guerriero di Scampia”, così piace a tutti ricordarlo, continuerà a esistere nella memoria e nelle battaglie che verranno portate avanti. Ma a partire da un profondo senso di solidarietà, dal valore della sua lotta, dalla cura per chi resta, dal pensiero di Anna e Antonio che dopo il funerale hanno passeggiato dietro il carro funebre fino alla Vela Gialla, perché la salma di Ivan passasse per l’ultima volta lì dove è nato e cresciuto, a partire da tutto questo così come è avvenuto nel 2011 sosteniamo di nuovo, con forza, questa famiglia.

L’appello invita dunque istituzioni, fedeli sostenitori di Ivan, amici, conoscenti, associazioni, stampa e chi vorrà esprimere solidarietà a effettuare una donazione libera prendendo informazioni direttamente da questo link, dove tra i primi firmatari compaiono: Maurizio De Giovanni, scrittore; Erri De Luca, scrittore; Domenico Lopresto, Unione Inquilini Napoli; Vittorio Passeggio, Comitato delle Vele di Scampia; Toni Pellicane, Comitato di Lotta per la Casa 12 luglio.

Dopo due giorni in cui la salma è stata esposta presso la camera ardente all’interno dell’Ottava Municipalità di Napoli, a Scampia, il quartiere di Ivan, domenica 19 luglio i funerali si sono svolti presso la chiesa del Buon Rimedio del Don Guanella. Accanto alla famiglia Vittorio Passeggio, del Comitato delle Vele di Scampia, delegati del sindaco Carmine Piscopo, Assessore all’Urbanistica, Arnaldo Maurino e Maria Teresa Caiazzo, Consigliere Comunale. Angelo Pisani, Presidente dell’VIII Municipalità, Domenico Lopresto, Segretario Unione Inquilini Napoli, Chiara Ciccarelli, Comitato Territoriale Mammut...

sabato 4 aprile 2015

Sull'autismo è quasi legge



Il 2 aprile ricorre la Giornata mondiale dell'Autismo: una sindrome di cui si sa ancora troppo poco e troppo confuse sono le informazioni vere che circolano sulle cause.

Quest'anno, la Commissione della Sanità del Senato ha approvato all'unanimità la prima legge su questo stato d'essere, legge che dovrà passare anche alle Camere. Si tratta di un primo risultato con cui vengono propossi percorsi di diagnosi precoce e di terapie intensive e continuative oltre a percorsi di formazione e vicinanza dedicati ai familiari delle persone autistiche.

I finanziamenti necessari per la neuropsichiatria - e quindi anche per l'autismo - arriveranno attraverso i Livelli essenziali di assistenza (LEA) che il Patto della salute (tra Ministero e Regioni) attribuisce agli organi locali e, in particolare, alle Regioni stesse.

La legge, presentata dai senatori Emilia De Blasi, Venera padua e Lucio Romano, è composta da soli quattro articoli in cui si pone al centro la dignità delle persone, e in particolare dei bambini, con la richiesta di cure farmacologiche, psicologiche e sociali: importantissimo questo ultimo punto perchè queste persone non devono essere lasciate sole e, compatibilmente con le loro possibilità, devono essere inserite anche nel mondo del lavoro per una loro maggiore autonomia.



Oltre a questa novità, l'Associazione per i Diritti Umani vuole segnalare il libro Baci a tutti edito da Sperling&Kupfer, di Andrea Antonello. Suo papà, Franco, aveva già dato alle stampe un bellissimo testo intitolato Se ti abbraccio non aver paura in cui racconta il lungo viaggio per gli Stati Uniti con il figlio Andrea, affetto dalla sindorme autistica. Oggi è lo stesso ragazzo, che ha vent'anni anni, a proporci i suoi pensieri, scritti al computer e in solitudine. 

Andrea è bello, alto, capelli mossi e lunghi e spesso abbraccia le persone, quando invece i ragazzi autistici fanno fatica a stabilire un contatto fisico con gli altri. Andrea ci racconta il suo mondo fatto non tanto di parole, ma di gesti e di sguardi, di quella comunicazione non verbale che “noi” non capiamo o che trascuriamo.

Andrea fa fatica a mettere in ordine, il nostro ordine, frasi, parole, ringraziamenti: ha un suo codice personale, un suo mondo interiore e, con questo libro, prova a raccontarlo per farsi capire un po' di più. Certo, lui ha una famiglia grandiosa alle spalle che lo ha sempre aiutato, supportato, spinto a fare nuove esperienze, senza remore e senza tabù. E questa è la strada giusta da percorrere: non fermarsi davanti agli ostacoli, anche se ce ne sono tanti, e mai sentirsi “diversi”. E' vero i ragazzi e i bambini autistici sono “diversi”, ma in base a quale normalità? Basterebbe trovare un nuovo modo di parlare, di rapportarsi con l'esterno, di scrivere e tutto torna a essere “normale”: lo hanno già insegnato Gianni Rodari, Munari, Calvino con le loro poesie, con le filastrocche, con i disegni...Ecco Andrea insegna a usare i colori del mondo in un modo “altro”, le facce buffe, le risate improvvise. Perchè essere autistici, forse, vuol dire anche essere un po' più profondi e saper cogliere il vero e il genuino dietro a tanta superficiale banalità.

mercoledì 25 marzo 2015

Disabilità, lavoro e riforma dell' ISEE




Partiamo dall' ISEE. Di cosa si tratta? Dell'Indicatore della situazione economica equivalente: la sua revisione rischia di sfavorire, in particolare, le persone affette da grave disabilità. La dichiarazione Isee è indispensabile per l’accesso a prestazioni sociali agevolate e aiuti per le situazioni di bisogno. Le novità sono entrate in vigore solo a inizio 2015, dopo che a novembre un decreto del ministero del Lavoro ha predisposto i nuovi modelli per la dichiarazione sostitutiva unica (Dsu) a fine Isee e tali novità sono state inserite per evitare elusioni e abusi, ma diverse associazioni hanno presentato tre ricorsi al Tar, la cui sentenza è attesa a breve.

Gli aspetti della riforma dell'ISEE più criticati riguardano, prima di tutto, i contributi: sebbene il decreto del 2013 prevedesse di prendere in considerazione tutti i trattamenti pensionistici, le indennità e gli assegni percepiti, il modello approvato a dicembre indica, invece, solo gli aiuti erogati dall’Inps, come le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento. Rimangono, così, esclusi nel computo del reddito i contributi erogati dagli enti locali, come per esempio quelli per la rimozione delle barriere architettoniche, per i progetti di vita indipendente, per il trasporto o la social card, tutti cambiamenti che andrebbero nella direzione del miglioramento della qualità della vita delle persone disabili.

E’ assurdo dal punto di vista giuridico che tali entrate vengano equiparate al reddito da lavoro – sostiene Silvana Giovannini, referente del coordinamento Disabili Isee No Grazie -. Disabilità e lavoro sono la stessa cosa?”.

Altro punto critico riguarda il tetto da 5mila euro per le spese che si possono detrarre nel calcolo dell’Isee, come quelle mediche o per l’acquisto di cani guida. “Anche questa è una illegittimità palese – continua la Sig.ra Giovannini: “Una persona disabile di solito è costretta dalle sue condizioni a cure particolari e costose”. Per la richiesta di prestazioni sociosanitarie il nuovo Isee dà poi la possibilità ai disabili maggiorenni, senza coniuge e senza figli, che vivano con i genitori, di indicare un nucleo familiare ristretto, composto dalla sola persona con disabilità senza i genitori. Un vantaggio che non hanno, invece, i disabili minorenni e quelli anziani, che nel calcolo del loro reddito devono considerare anche quello di coniugi e figli non conviventi. “Se parliamo di non autosufficienza – sostiene Giovannini – non fa differenza essere minorenni o meno. Perché un disabile minorenne o anziano devono essere penalizzati? Non si possono considerare in modo diverso stati di disabilità identici”.

Le associazioni che si sono rivolte al Tar si battono anche per l’innalzamento delle soglie di accesso alle prestazioni sociali agevolate presso gli enti locali altrimenti si rischia l’esclusione dai servizi essenziali di persone in uno stato di povertà e con disabilità gravi.




domenica 1 febbraio 2015

L'istruzione negata secondo il rapporto Unicef-Unesco


A circa 63 milioni di adolescenti tra i 12 e i 15 anni viene negato il diritto all’istruzione. Sono questi i numeri allarmanti contenuti nel nuovo Rapporto congiunto dell’Istituto per le Statistiche dell’UNESCO e dell’UNICEFFixing the Broken Promise of Education for All: Findings from the Global Initiative on Out-of-School Children”, presentato a Londra in occasione dell’Education World Forum del 19-21 gennaio 2015.
Secondo il Rapporto, nel mondo 1 adolescente su 5 non va a scuola: un tasso doppio rispetto a quello dei bambini in età di scuola primaria (1 su 11). Ciò significa che gli adolescenti hanno il doppio delle probabilità di rimanere esclusi dalla Scuola rispetto ai loro colleghi più giovani. Il Rapporto mostra che, al crescere dell’età, aumentano per i bambini i rischi di elusione e di dispersione scolastica. Sono complessivamente 121 milioni i bambini e gli adolescenti che non hanno mai iniziato la scuola o che l’hanno abbandonata, nonostante l’impegno preso dalla comunità internazionale (Obiettivo di sviluppo del Millennio n.2) di raggiungere l’istruzione per tutti entro il 2015. I dati evidenziano inoltre che dal 2007 non sono stati registrati progressi nella riduzione di questo fenomeno.
In particolare, a essere maggiormente colpiti sono i bambini che vivono in zone di conflitto, quelli che lavorano e quelli che devono affrontare discriminazioni su base etnica, per questioni di genere o per disabilità. Stando ai dati raccolti, se le attuali tendenze continuano, è probabile che circa 25 milioni di bambini (15 milioni dei quali bambine e ragazze) non avranno mai accesso ad una aula scolastica.
Per realizzare la promessa dell’istruzione per tutti, è importante che a livello globale si mobilitino le risorse necessarie per sviluppare interventi mirati che raggiungano i bambini più svantaggiati, che migliorino la qualità dell’apprendimento e che promuovano l’inclusione di tutti i bambini- e in primo luogo delle bambine- nel ciclo scolastico secondario. Per far questo, il Rapporto invita gli Stati a investire soprattutto nel miglioramento della raccolta dei dati statistici, riconoscendo che migliori statistiche e strumenti innovativi possono aiutare i governi e i donatori ad allocare i loro investimenti per l’istruzione in maniera più efficace.

domenica 7 dicembre 2014

Persone, non pesi: parlare di disabilità



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Persone, non pesi " è la campagna lanciata il 1 dicembre dalla FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap , in occasione della Giornata Internazionale ed Europea delle Persone con Disabilità del 3 dicembre che punta a sensibilizzare tutti i cittadini sulle discriminazioni vissute da molte persone con disabilità.

L'obiettivo della campagna è di informare l'opinione pubblica, tramite varie iniziative di comunicazione, sul fatto che la privazione dei diritti delle persone con disabilità ne provoca l'esclusione e la discriminazione, trasformando appunto quelle stesse persone in "pesi".

C'è tempo ancora fino a lunedì 8 dicembre per compiere un gesto concreto e donare 1 euro, inviando un SMS al numero 45593 da cellulare personale TIM, Vodafone, WIND, 3, PosteMobile, CoopVoce e Nòverca. Sarà, invece, di 2 euro per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa TeleTu e TWT e di 2 o 5 euro per ciascuna chiamata fatta allo stesso numero da rete fissa Telecom Italia e Fastweb.

Persone, non pesi ha anche lo scopo di realizzare nuovi servizi informativi e fornire alle persone con disabilità e alle loro famiglie strumenti sempre più accurati e autorevoli, che consentano loro di essere consapevoli dei propri diritti e delle opportunità di inclusione e partecipazione alla vita sociale. Solo infatti se si conoscono al meglio i propri diritti e li si afferma nel modo più corretto, si può riuscire a migliorare la propria condizione di vita, ad essere Cittadini e non "pesi".
A fianco della FISH c'è anche la Lega Calcio di Serie A, che dedicherà all'evento il fine settimana del 5-8 dicembre, con messaggi audio/video e striscioni negli stadi, senza dimenticare le Grandi Stazioni, società di servizi del Gruppo Ferrovie dello Stato e i Centri Commerciali del Gruppo IGD a Catania, Livorno, Guidonia (Roma), Milano e Quarto di Napoli.
Tra le iniziative collaterali alla campagna la Fish ha promosso poi la  mostra fotografica intitolata "Nulla su di noi, senza di noi!", anche in versione video, realizzata dalla Federazione in collaborazione con Contrasto, che racconta in una ventina di città italiane come le persone con disabilità "vivevano ieri, vivono oggi e talora riescono anche ad essere protagoniste", avvalendosi anche degli scatti di celebri creatori d'immagine, come Gianni Berengo Gardin e Massimo Sciacca. Nella giornata del 3 dicembre la video mostra è stata e sarà proiettata nei Centri Commerciali del Gruppo IGD, in importanti eventi, cui di volta in volta parteciperanno prestigiosi esponenti istituzionali, accademici e del mondo della disabilità: ad Ascoli Piceno e Genova dall'1 al 7 dicembre; a Martina Franca (Taranto) il 2 dicembre; all'Aquila, Aosta, Asti, Brugherio (Monza-Brianza), Lamezia Terme (Catanzaro), Legnano (Milano), Mantova, Milano, Palazzolo Acreide (Siracusa), Roma e Sassari il 3 dicembre; a Lodi e Terni il 4 dicembre; nonché, sempre il 3 dicembre, nella Repubblica di San Marino e anche a Cagliari, Caserta, Palermo, Perugia, Potenza e Ragusa.
 
Si può inoltre sostenere la FISH anche prima, durante e dopo le date della campagna, con un versamento sul conto corrente bancario della stessa FISH, presso la Banca Popolare Commercio Industria (IBAN IT81C0504801672000000038939).

Inoltre, tramite UBI Banca, clienti e non clienti potranno sostenere la FISH direttamente in filiale, effettuando un bonifico con azzeramento delle commissioni, oppure, per i clienti che hanno attivato l'internet banking Qui UBI, utilizzando la funzione Bonifico per iniziative solidali.


domenica 23 novembre 2014

Tutti diversi, tutti uguali


 
TUTTI DIVERSI, TUTTI UGUALI
sabato 29 novembre 2014 - ore 19,00
presso
CENTRO ASTERIA
Piazza Carrara 17.1, ang. Via G. da Cermenate, 2 – Milano (MM2 Romolo)






In occasione della Giornata internazionale del disabile la curatrice del progetto “DIVERSO DA CHI? Per una nuova cultura del rispetto” , Eva Schwarzwald, esperta in educazione ai media, introdurrà la proiezione di alcuni cortometraggi adatti alle scuole e alle famiglie.



Quindici racconti sulla disabilità, sui sentimenti e sul rispetto della vita delle persone con bisogni speciali, una guida per gli insegnanti ed attività didattiche complementari compongono il DVD, offrendo la possibilità, attraverso i film, di imparare, capire e combattere gli stereotipi sulla disabilità.








Agli insegnanti che prenotano la propria partecipazione alla serata verrà consegnato in omaggio una copia del dvd per la loro scuola!















Per informazioni e prenotazioni: peridirittiumani@gmail.com


sabato 1 novembre 2014

Tutti diversi, tutti uguali



D(i)RITTI AL CENTRO

TUTTI DIVERSI, TUTTI UGUALI

sabato 29 novembre 2014 - ore 19,00

presso

CENTRO ASTERIA

Piazza Carrara 17.1, ang. Via G. da Cermenate, 2 – Milano (MM2 Romolo)





In occasione della Giornata internazionale del disabile la curatrice del progetto “DIVERSO DA CHI? Per una nuova cultura del rispetto” , Eva Schwarzwald, esperta in educazione ai media, introdurrà la proiezione di alcuni cortometraggi adatti alle scuole e alle famiglie.



Quindici racconti sulla disabilità, sui sentimenti e sul rispetto della vita delle persone con bisogni speciali, una guida per gli insegnanti ed attività didattiche complementari compongono il DVD, offrendo la possibilità, attraverso i film, di imparare, capire e combattere gli stereotipi sulla disabilità.




Agli insegnanti che prenotano la propria partecipazione alla serata verrà consegnato in omaggio una copia del dvd per la loro scuola!



Per informazioni e prenotazioni: peridirittiumani@gmail.com




    

 
 
                                             
                                               


  
 

sabato 5 luglio 2014

Per parlare di disabilità oltre i preconcetti



Oltre le barriere è il nome del programma radiofonico ideato e condotto da Andrea Ferrero e Andrea Mameli per Radio X Cagliari Social Radio (96,8 Mhz, live e podcast dal sito http://www.radiox.it). L’idea è nata dopo che Andrea Mameli ha ascoltato Andrea Ferrero parlare in pubblico della sua disabilità (nel 1998 la retinite pigmentosa gli ha portato via, gradualmente, la vista) e i due hanno deciso di portare in radio le storie di chi non si arrende di fronte a ostacoli di varia natura e di chi aiuta a superarli.
Radio X con il progetto Cagliari Social Radio è stato il naturale approdo di questo progetto: dal 18 giugno 2014 la trasmissione va in onda ogni mercoledì alle 20 (e in replica il giovedì mattina e la domenica mattina).
La prima puntata era dedicata alla storia di Andrea Ferrero (intervistato da Andrea Mameli) e al superamento delle barriere che un non vedente incontra ogni giorno.
Ospite della seconda puntata (andata in onda il 25 giugno) era Cinzia Mocci: una dipendente dell’Università di Cagliari che già da studentessa si era battuta per il superamento delle barriere architettoniche che impedivano alla sua sedia a ruote di raggiungere le aule per le lezioni e gli esami.
Nella terza puntata (mercoledì 2 luglio) Andrea Ferrero e Andrea Mameli intervistano il radiocronista Vittorio Sanna, voce storica del Cagliari nei campionati di calcio, il quale racconta la sua storia professionale e spiega come la voce può consentire di “vedere” gli eventi sportivi.
Seguiranno altre 4 puntate, fino a tutto luglio, nelle quali Andrea Ferrero e Andrea Mameli intervisteranno altre persone che hanno lottato per superare difficoltà di vario genere connesse con la disabilità ma anche istruttori sportivi e formatori impegnati nel fornire preziose indicazioni per il superamento delle barriere.
«Oltre le barriere» è anche un blog –
http://oltrelebarriereradiox.blogspot.it/ – nel quale saranno raccolti altri contributi sul tema, interviste, approfondimenti, link.
Per commentare le puntate o per suggerire temi da affrontare:
oltrelebarriere@radiox.it
 


(da: danielebarbieri@wordpress.com)

martedì 17 giugno 2014

L'odissea di Jacopo e il diritto allo studio



Jacopo ha 15 anni: fisicamente dimostra più della sua età, ma soffre di una grave forma di autismo.

Terminata la scuola media, il ragazzo non riesce ad inserirsi in un istituto dove poter continuare gli studi: questo non a causa delle sue difficoltà, ma a causa dell'ottusità di alcuni rappresentanti della cosiddetta “società civile”.

Vediamo perchè. I professori della scuola primaria di secondo grado avevano consigliato a Jacopo di iscriversi ad un liceo artistico con indirizzo grafico, il “Valle” di Padova, che lo ha rifiutato adducendo come scusa il fatto di non essere un istituto attrezzato per accogliere ragazzi con la disabilità di Jacopo. I genitori decidono, allora, di tentare con il Centro di formazione professionale “Francesco d'Assisi”, un centro specializzato proprio per l'accompagnamento allo studio di ragazzi con problemi relazionali. L'iscrizione è stata accettata, ma la frequentazione delle lezioni è possibile solo per tre giorni su cinque perchè la scuola non è in grado di trovare un insegnante di sostegno che copra tutta la settimana. Jacopo si trova bene all'istituto “Francesco d'Assisi” perchè ha la possibilità di seguire laboratori manuali, per lui più semplici rispetto ad altre materie curricolari.

Durante lo scorso mese di marzo, un'assemblea istituzionale (a cui non ha partecipato la famiglia) decidie di trasferire Jacopo, per il prossimo anno scolastico, presso un istituto statale per geometri con conseguenti difficoltà sul piano dell'apprendimento e dell'inserimento.

La madre di Jacopo si è, quindi, rivolta all'associazione Autismo Padova Onlus, la cui Presidente, Caterina Di Michele, spiega: “ Jacopo soffre di una forma di autismo grave e le istituzioni non sono ancora riuscite a trovare una soluzione...La madre di Jacopo porta avanti da sola la sua famiglia e ha anche un altro figlio. Avere Jacopo a casa al giovedì e al venerdì significa o non andare a lavorare oppure pagare qualcuno perchè stia con lui” E così è stato.

Speriamo che per il prossimo anno Jacopo e la sua famiglia ricevano l'aiuto necessario per una vita dignitosa. A partire dal diritto allo studio nella scuola più adatta.

La mamma di Jacopo ha lanciato una petizione on-line su change.org (“Permettere a Jacopo, ragazzo autistico, di continuare a frequentare la propria scuola”): vi chiediamo di sottoscriverla e di farla girare.

mercoledì 11 giugno 2014

Casa e disabilità

Cari lettori,
ci è appena giunta questa comunicazione: un convegno che si terrà domani a Milano sul tema del diritto alla casa, delle barriere architettoniche e della disabilità.




mercoledì 30 gennaio 2013

Cittadinanza e disabilità: il caso del ragazzo di origini albanesi, affetto dalla sindrome di Down



“Sono una cittadina albanese che vive regolarmente in Italia da molti anni. Mio figlio è nato qui e ha appena compiuto 18 anni, ma è affetto dalla sindrome di Down. Può diventare cittadino italiano entro il compimento del suo diciannovesimo compleanno? Posso presentare io per lui la domanda al Comune di residenza?”.
Questa è la lettera riportata da varie testate e anche dal sito www.stranieriinitalia a cui ha fatto seguito la risposta, anch'essa rimbalzata su vari giornali e sul sito del Corriere della Sera: la risposta alla domanda posta dalla signora è negativa. La richiesta di cittadinanza, da parte del figlio, è stata respinta perchè il ragazzo down è considerato “incapace di intendere e di volere” e, perciò, non idoneo a presentare tale richiesta.
Il Dott. Gaetano De Luca - avvocato della Ledha (Lega per i diritti delle persone con disabilità) - ha spiegato che: “Lo scoglio sta nel giuramento, passaggio imprescindibile quando si vuole ottenere la cittadinanza per un diciottenne straniero nato in Italia. Si tratta di un atto personalissimo e dunque nessuno, neanche il genitore o un amministratore di sostegno nominato dal Tribunale, può pronunciarlo per conto di un figlio o di un tutelato”
Anna Contardi, coordinatrice nazionale Aipd (Associazione Nazionale italiana Persone Down) ha aggiunto: “ Riteniamo grave negare il diritto di cittadinanza a una persona straniera con sindrome di Down per un pregiudizio di incapacità di effettuare il giuramento richiesto. Tra le persone con sindrome di Down c'è una grande variabilità e, negli ultimi anni, abbiamo visto alcune persone affette dalla sindrome, andare a lavorare e crescere in autonomia. Crediamo che questo episodio cozzi con lo spirito di accoglienza verso i giovani stranieri auspicato di recente dallo stesso Presidente Napolitano e tanto più necessario nei confronti di persone in difficoltà: il nostro Paese è noto per le sue scelte inclusive nei confronti di persone con disabilità e non vogliamo tornare indietro”.
Questa situazione non riguarda solo il ragazzo di origini albanesi, ma molte altre persone (ad esempio Cristian, di madre colombiana e nato in Italia); così come i 10.500 alunni immigrati con disabilità intellettiva delle scuole italiane, secondo i dati del Ministero dell'Istruzione, relativi all'anno scolastico 2009-2010.
L'associazione Ledha fornirà supporto legale alla madre e al ragazzo di origini albanesi e, sempre secondo l'opinione dell' avvocato De Luca: “Basterebbe che l'Italia rispettasse la Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, ratificata nel nostro Paese con la legge n.18 del 2009. Tale legge obbliga gli Stati firmatari a riconoscere alle persone disabili il diritto di cambiare cittadinanza”.