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giovedì 3 dicembre 2015

“So Dukhalma – Quello che mi fa soffrire”, il nuovo rapporto dell’Associazione 21 luglio sul disagio interiore dei minori e delle famiglie rom

Come vivono i minori rom all’interno di un ghetto, isolati dal centro abitato e senza spazi per giocare ed esprimere la propria personalità? Quali disagi provocano la povertà, la discriminazione della società e la mancanza totale di stimoli e riconoscimenti all’interno del proprio contesto abitativo?
Sono questi gli interrogativi alla base di “So Dukhalma – Quello che mi fa soffrire, il nuovo rapporto dell’Associazione 21 luglio sul disagio interiore dei minori e delle famiglie rom residenti negli insediamenti istituzionali che verrà presentato giovedì 10 dicembre alle ore 17.30, presso l’aula V della facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università la Sapienza di Roma (città universitaria), in Piazzale Aldo Moro, 5.
La ricerca ha sviluppato un’indagine su un campione di minori tra gli 8 e i 15 anni che vivono nel “villaggio della solidarietà” di Castel Romano, comparando dati e osservazioni con le famiglie rom che vivono in abitazioni convenzionali.
 
Interverranno alla presentazione del rapporto:
 
Carlo STASOLLA, presidente dell’Associazione 21 luglio
Natale LOSI, antropologo-medico e direttore della Scuola Quadriennale di Psicoterapia Etno Sistemico Narrativa di Roma
Angela TULLIO CATALDO, autrice della ricerca, Associazione 21 luglio
 
Ai partecipanti sarà distribuita copia gratuita del reportage fotografico ispirato alla ricerca, “So Dukhalma –Quello che mi fa soffrire“.
La ricerca è stata realizzata con il sostegno della Fondazione Bernard Van Leer.
L’autrice del testo, Angela Tullio Cataldo, ha condotto la ricerca con il supporto di Luca Facchinelli, Cristiana Ingigneri, Emiliana Iacomini e sotto la supervisione scientifica di Natale Losi, direttore della Scuola Quadriennale di Psicoterapia Etno Sistemico Narrativa di Roma.
Le fotografie del reportage sono state scattate da
Stefano Sbrulli, photoreporter e digital designer, presso il “villaggio della solidarietà” Castel Romano e presso le famiglie rom residenti in abitazioni private a Roma.

giovedì 23 aprile 2015

Nomadi per forza: l'ultimo rapporto del Naga




Mentre Salvini dichiara di voler spianare i campi rom, l'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato Norina Vitali del Naga, in occasione dell'uscita dell'ultimo rapporto dell'associazione, intitolato “Nomadi per forza: indagine sull'applicazione delle linee guida Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Milano”.



 



Come avete raccolto i dati per questa indagine?



Abbiamo iniziato questa indagine nel marzo 2013 e l'abbiamo terminata alla fine di settembre 2014. “Medicine di strada” è uno dei gruppi del Naga ed è un camper che esce sul territorio per dare assistenza sanitaria e, negli ultimi dieci anni, si è concentrato sui cmpi irregolari rom.

Per l'indagine abbiamo realizzato delle interviste alle famiglie che sono passate attraverso i Centri di Emergenza sociale (CES) di prima accoglienza, istituiti dopo che sono state approvate le linee guida dal Comune, nel novembre del 2012. in questi centri vengono accolte le famiglie rom sgomberate: però non tutte, perchè i centri possono accogliere 270 persone in totale, ma le persone sgomberate sono molte di più. C'è stato, comunque, un cambiamento: mentre con la precedente amministrazione, dopo gli sgomberi, le persone non venivano accolte in alcun modo, ora ci sono questi centri che accolgono uomini, donne e bambini.

Le interviste sono state fatte anche agli enti gestori e all'assessore Granelli e al suo staff, l'assessorato alla sicurezza.



Quali sono gli stereotipi e i pregiudizi che ancora sussistono nei confroti di queste etnie?



Ci accorgiamo che ce ne sono tantissimi, anche guardando dentro noi stessi. La situazione dei Rom è la cartina di tornasole della democrazia di un Paese. Sono stata insegnante per quarant'anni e, quando sono andata in pensione, ho deciso di lavorare con i Rom e, nonostante la mia famiglia fosse di sinistra, ho litigato con mio padre ed è stato proprio a causa di questa scelta.

Granelli e Majorino (assessore alle Politiche sociali) hanno detto di dover trattare questa questione come se i Rom fossero dei senzatetto, come qualsiasi altra persona, ma è anche vero che i Rom sono davvero un popolo con abitudini diverse dalle nostre, con le proprie tradizioni ed è un'etnia che va riconosciuta. Alcuni aspetti della loro cultura non li condivido, ma va data loro la possibilità di esistere.



Quali sono le risorse messe in campo a livello locale?  
 
 



Poco dopo l'approvazione delle linee guida, nel 2013, c'è stata una riunione tra il Comune e la Prefettura per decidere come finanziarle ed è stato deciso di utilizzare i fondi rimasti dei famosi 13 milioni del piano Maroni “Emergenza nomadi”. Di quel denaro, stanziato per Milano, erano rimasti circa 5 milioni e la differenza è stata spesa dall'amministrazione precedente per attuare gli sgomberi.

Al di là delle condizioni in cui si buttano le persone che vengono sgomberate, fare gli sgomberi costa e non è efficace: le persone non si possono eliminare (come è successo durante il nazismo), quindi si spostano, si disperdono e formano altri insediamenti. E il problema non si risolve mai.

L'attuale amministrazione ha continuato con gli sgomberi e ha creato i cenri di emergenza sociale che sono una soluzione temporanea. I Rom che possono o accettano di entrarci, possono rimanere per un periodo limitato.



Quali sono le restrizioni e, una volta scaduto questo periodo, cosa succede?



Una volta scaduto il periodo ritornano sul territorio.

Per entrare nei CES i Rom devono firmare un contratto che, in realtà, è un elenco di regole da rispettare, scritto in italiano. Consideriamo che spesso i Rom di una certa età o sono analfabeti o non conoscono la lingua italiana. Questo regolamneto è rinnovabile di 40 giorni in 40 giorni per un periodo massimo di 200 giorni. All'interno dei CES (di Garibaldi e Lombroso) non c'è privacy, dormoni in stanzoni comuni di 20-30 persone proprio perchè questa non deve essere considerata una soluzione abitativa fissa.

Ci sarebbe, poi, la possibilità di intraprendere percorsi di inclusione lavorativa e scolastica: ottima intenzione sulla carta, ma per tutte le persone che sono passate dai CES (dall'aprile 2013 alla fine del nostro reporto, nel 2014) in realtà solo 9 progetti sono andati a buon fine e i lavori erano sempre stagionali, sul breve periodo e la maggioranza veniva pagata in nero. Infine, delle 43 persone che si sono trovate a lavorare molte hanno dichiarato di essere romeni e non Rom proprio a causa dei pregiudizi ancora in corso nei loro confronti.

domenica 1 febbraio 2015

L'istruzione negata secondo il rapporto Unicef-Unesco


A circa 63 milioni di adolescenti tra i 12 e i 15 anni viene negato il diritto all’istruzione. Sono questi i numeri allarmanti contenuti nel nuovo Rapporto congiunto dell’Istituto per le Statistiche dell’UNESCO e dell’UNICEFFixing the Broken Promise of Education for All: Findings from the Global Initiative on Out-of-School Children”, presentato a Londra in occasione dell’Education World Forum del 19-21 gennaio 2015.
Secondo il Rapporto, nel mondo 1 adolescente su 5 non va a scuola: un tasso doppio rispetto a quello dei bambini in età di scuola primaria (1 su 11). Ciò significa che gli adolescenti hanno il doppio delle probabilità di rimanere esclusi dalla Scuola rispetto ai loro colleghi più giovani. Il Rapporto mostra che, al crescere dell’età, aumentano per i bambini i rischi di elusione e di dispersione scolastica. Sono complessivamente 121 milioni i bambini e gli adolescenti che non hanno mai iniziato la scuola o che l’hanno abbandonata, nonostante l’impegno preso dalla comunità internazionale (Obiettivo di sviluppo del Millennio n.2) di raggiungere l’istruzione per tutti entro il 2015. I dati evidenziano inoltre che dal 2007 non sono stati registrati progressi nella riduzione di questo fenomeno.
In particolare, a essere maggiormente colpiti sono i bambini che vivono in zone di conflitto, quelli che lavorano e quelli che devono affrontare discriminazioni su base etnica, per questioni di genere o per disabilità. Stando ai dati raccolti, se le attuali tendenze continuano, è probabile che circa 25 milioni di bambini (15 milioni dei quali bambine e ragazze) non avranno mai accesso ad una aula scolastica.
Per realizzare la promessa dell’istruzione per tutti, è importante che a livello globale si mobilitino le risorse necessarie per sviluppare interventi mirati che raggiungano i bambini più svantaggiati, che migliorino la qualità dell’apprendimento e che promuovano l’inclusione di tutti i bambini- e in primo luogo delle bambine- nel ciclo scolastico secondario. Per far questo, il Rapporto invita gli Stati a investire soprattutto nel miglioramento della raccolta dei dati statistici, riconoscendo che migliori statistiche e strumenti innovativi possono aiutare i governi e i donatori ad allocare i loro investimenti per l’istruzione in maniera più efficace.

mercoledì 19 marzo 2014

Il rapporto "Senza luce" dell'Associazione 21 luglio

L'Associazione 21 luglio ha redatto l'ultimo rapporto dal titolo “ Senza luce” in cui dichiara che l'approccio della Giunta Marino nei confronti dei rom e sinti è stato caratterizzato, ancora una volta, da politiche emergenziali, misure segregative e discriminatorie, da una mancanza di strategia e da spreco di ingenti risorse pubbliche. Se, da un lato, l’Amministrazione capitolina ha espresso a più riprese la volontà di attuare anche a Roma la Strategia Nazionale d’Inclusione dei Rom, Sinti e Caminanti, dall’altro gli interventi realizzati vanno nella direzione opposta rispetto a quanto sancito dal documento adottato dall’Italia in sede europea nel 2012.

L’attuale Amministrazione ha condotto, infatti, 17 sgomberi forzati e non ha presentato un piano per superare la politica dei “campi”, come chiede la Strategia Nazionale. Al contrario, le autorità capitoline hanno affermato di voler ricostruire il “campo” della Cesarina e, nelle parole dell’Assessore Cutini, hanno manifestato l’intenzione di «superare i campi immaginando di creare campi di medie dimensioni». Da un monitoraggio anche della terminologia, si è notato che i membri delle istituzioni hanno continuato a usare il termine “nomadi”, sia nei discorsi che negli atti pubblici, sebbene la Strategia parli di “nomadismo” come «termine superato sia da un punto di vista linguistico che culturale».

Secondo l’Associazione 21 luglio, il luogo simbolo che incarna le conseguenze delle azioni realizzate a Roma in questi mesi verso i rom e sinti in emergenza abitativa è il centro di accoglienza “Best House Rom”. Nel centro, situato in via Visso 14, nella periferia est della Capitale, vivono circa 320 rom, tra cui 200 minori, e vi sono stati trasferiti i 120 rom sgomberati nelle scorse settimane dal “villaggio attrezzato” della Cesarina e i 47 da via Belmonte Castello. Il “Best House Rom”, si legge nel rapporto, non possiede i requisiti minimi previsti dalla Legge della Regione Lazio 41/2003 sui centri di accoglienza. Lo stabile, un capannone industriale, è infatti classificato come “locale utilizzato per il deposito delle merci”, è caratterizzato da spazi ridotti e inadeguati, inferiori anche rispetto agli standard per le strutture detentive, e le stanze, dove vivono in media 5 persone, sono prive di finestre o punti luce. In più, ospitando esclusivamente persone rom, il centro si configura come luogo di segregazione ed esclusione sociale, operata su base etnica con un chiaro profilo discriminatorio.

Per accogliere una famiglia di 5 persone nel “Best House Rom”, l’Amministrazione comunale spende quasi 3 mila euro al mese, per un totale di oltre 2 milioni di euro all’anno per i 320 rom. Secondo i dati contenuti nel rapporto, per ricollocare una famiglia rom di 5 persone nel nuovo «villaggio attrezzato» di via della Cesarina il Comune di Roma spenderà, dopo un'accoglienza di 6 mesi presso il "Best House Rom", una cifra stimata di 61.000 euro, con la prospettiva di dover individuare nuove voci di spesa per la gestione e l'assistenza dei rom nel nuovo insediamento per un periodo di tempo indeterminato. L’anno scorso, per formare al lavoro e assegnare un'abitazione in affitto a una famiglia rom di 5 persone, il Comune di Messina, con il progetto “Casa e/è Lavoro”, ha speso una cifra di 12.500 euro. «Dall'insediamento della Giunta Marino le gravissime e improrogabili problematiche legate alla cosiddetta "questione rom", che andrebbero affrontate in maniera decisa e rapida, si sono scontrate con l'inadeguatezza di quanti, politici e tecnici, hanno in mano tale questione. Facciamo per questo appello al sindaco Marino per un suo intervento diretto volto a dare spinta ad una strategia politica verso le comunità rom e che sinora si è dimostrata vuota, inconcludente e dagli altissimi costi economici», afferma Carlo Stasolla, Presidente dell’Associazione 21 luglio.


Vi aspettiamo questa sera alle ore 20.30,al Cineteatro S. Maria Beltrade di Milano, per la presentazione del documentario CONTAINER 158, nell'ambito di Sguardialtrove filmfestival.





giovedì 13 marzo 2014

Nuovo rapporto Unicef e una canzone per la pace




Ogni bambino conta: rivelare la disparità, promuovere i diritti dei bambini”: questo il titolo dell'ultimo rapporto Unicef sulle condizioni dei minori nel mondo. Tessa Wardlaw, durante la presentazione dell'indagine a New York, ha sottolineato l'importanza delle statistiche per portare alla luce le situazioni in cui diventa urgente intervenire e per sostenere campagne di sensibilizzazione.

Le statistiche, infatti, hanno rilevato che alcuni segnali positivi ci sono: è aumentata, ad esempio, negli ultimi vent'anni, la frequenza della scuola primaria nei Paesi più poveri, ma sono ancora troppi i problemi gravi da risolvere per salvare la vita a tanti altri bambini o per migliorarne la qualità.

Solamente nel 2012, infatti, sono deceduti circa 18 mila bambini al giorno sotto i cinque anni per cause prevedibili (malattie infettive o malnutrizione); il 15% dei minori, in tutto il mondo, è costretto a lavorare; l'11% delle bambine si sposa prima di aver compiuto i quindici anni con uomini molto più grandi di loro che usano violenze fisiche e psicologiche sulle giovanissime mogli; in alcune nazioni, ad esempio in Ciad, 100 maschi frequentano la scuola secondaria, solo 44 le femmine.

Il continente africano, purtroppo, è ancora quello che detiene il primato più triste per quanto riguarda la mortalità infantile, mortalità dovuta a numerose cause: come detto, le malattie e la fame, ma anche la violenza a cui i minori sono sottoposti soprattutto se cresciuti in zone di guerra: vengono uccisi anche perchè arruolati fin da piccoli nelle fila degli eserciti tribali. I Paesi africani maggiormente colpiti da queste piaghe sono: la Sierra Leone che dal 2012 ha contato 182 vittime su mille; l'Angola, la Somalia e il Congo.



Proprio per promuovere la pace tra Cristiani e Islamici nella Repubblica Centrafricana Youssou N'Dour e Idylle Mamba hanno realizzato un video musicale con la canzone “One Africa”. Lui senegalese musulmano, lei centrafricana cristiana: due artisti che, attraverso la loro creatività, cercano di avviare il dialogo tra le due comunità religiose.

E' del 7 febbraio scorso la notizia del linciaggio di un musulmano che, cercando di fuggire dalla capitale della Repubblica centrafricana, Bangui, con altre migliaia di persone, è caduto dal camion su cui viaggiava ed è stato barbaramente ucciso. Sicuramente una canzone non è sufficiente per risolvere una situazione complessa e incancrenita come quella in atto da sempre in quest'area del mondo, ma il messaggio può arrivare forte e chiaro: le immagini del video mostrano manifestanti cristiani e islamici, imam e sacerdoti uniti in un abbraccio per lottare, insieme, per la pace mentre le parole del testo ricordano la storia del Senegal, nell'epoca in cui le persone che professavano le due religioni si rispettavano e vivevano in armonia. E il ritornello ripete: “Cristiani e Musulmani sono dello stesso sangue”...



 

mercoledì 22 maggio 2013

Se dico rom...Indagine sulla rappresentazione dei cittadini rom e sinti nella stampa italiana

Dal giugno 2012 al marzo 2013, i volontari dell'associazione Naga (Associazione volontaria di Assisetnza Socio-Sanitaria e per i Diritti di cittadini stranieri, rom e sinti) hanno analizzato gli articoli realtivi ai cittadini rom e sinti pubblicati su nove testate giornalistiche italiane: Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, il Sole 24 ore, Il Giornale, Libero Quotidiano, La Padania, La Prealpina, Leggo, edizione di Milano.
Uno dei risultati emersi è che sia molto diffusa la pratica di inserire i rom in articoli che parlano di fatti negativi. Vengono, infatti, associati a criminalità e degrado anche i cittadini rom che compiono atti che non costituiscono reato (ad esempio, lavarsi ad una fontana) oppure che sono del tutto neutri (passare per un luogo o camminare). Ormai è sufficiente essere rom per essere qualcosa di negativo: lo stereotipo è talmente radicato che ha raggiunto un livello ontologico. Natascia Curto, una delle volontarie che ha curato la ricerca ha scritto, nel rapporto intitolato Se dico rom...Indagine sulla rappresentazione dei cittadini rom e sinti nella stampa italiana (che vede l'introduzione di federico Faloppa): “Abbiamo analizzato gli articoli per descrivere alcuni dei meccanismi attraverso i quali questo processo avviene e per capire quale sia il nesso tra rappresentazione negativa e discriminazione...Spesso queste associazioni raggiungono livelli discriminatori e vengono fatte ricorrendo a dichiarazioni riportate tra virgolette. Inoltre, un'altra modalità riscontrata nel trattamento dei rom nella stampa è quella di creare una separazione, un noi e un loro, i “cittadini” e i rom: due gruppi diversi...che non si intersecano e il cui benessere è alternativo”. O stiamo bene noi, quindi, oppure stanno bene loro.
Dall'analisi quantitativa, effettuata da Cristina Ferloni e Fanny Gerli, emerge che nel 30% degli articoli sono presenti dichiarazioni che si possono considerare discriminatorie. Hanno detto affermato le volontarie: “ La maggior frequenza di articoli che parlano di rom è riconducibile alle testate nazionali, con una significativa prevalenza per il Corriere della Sera e La Repubblica, seguiti da Libero nella sua edizione milanese. Le dichiarazioni discriminatorie analizzate rimandano in prevalenza a racconti di intolleranza sociale e discriminazione (37,2%), seguti da quelli che fanno emergere una differenziazione tra un “noi” e un “loro” (32,3%)”.
Il trattamento che la stampa fa dei rom ha l'effetto di creare, nell'opinione pubblica, un'idea negativa di queste persone, rinforzando le barriere che impediscono la piena fruizione dei diritti civili e sociali da parte dei rom. Ma la stampa, di contro, può essere anche veicolo di conoscenza e di avvicinamento. Cinzia Colombo, Presidente del Naga, ha chiesto ai singoli giornalisti, ai titolisti, alla Federazione Nazionale della Stampa e agli editori di rispettare e applicare le linee-guida per l'applicazione della Carta di Roma; di dar voce ai cittadini rom e sinti e ascoltarli come fonti; e, infine, di firmare l'appello dal titolo “I media rispettino il popolo rom”, lanciato dai giornalisti contro il razzismo.
Ogni singolo cittadino, infine, nella quotidianità, quando parla con gli amici, nei discorsi in famiglia, ha l'occasione di confermare o contrastare gli stereotipi e i pregiudizi che circolano sui rom e sinti: è importante avviare un lavoro culturale, capillare e costante.


martedì 23 aprile 2013

Rapporto nazionale sugli alunni con cittadinanza non italiana: anno scolastico 2011 – 2012




Gli alunni con cittadinanza non italiana costituiscono una realtà ormai strutturale nel nostro Paese. Il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca (MIUR) e la Fondazione Ismu hanno presentato, a marzo, i dati del rapporto “Alunni con cittadinanza non italiana. Approfondimenti e analisi. A.s. 2011/2012 “, un rapporto corredato di tabelle e mappe ragionate che permettono di delineare il fenomeno nel dettaglio.
Nella presentazione del volume - curata da Giovanna Boda, Direzione Generale per lo Studente, e da Vincenzo Cesareo, Fondazione Ismu - si legge che: “Nel complesso, sono risultate poco più di quattrocento le scuole con una percentuale di alunni stranieri del 50% e oltre. Esse costituiscono il segmento più critico e di maggiore complessità, in particolare se collocate in contesti di disagio sociale. Questo tipo di scuole sarà anche al centro di una ricerca-azione nazionale, che avrà inizio nei prossimi mesi, in collaborazione con il Ministero dell'interno (Fondo europeo di integrazione - Fei), con l'obiettivo di realizzare interventi formativi per gli operatori impegnati nelle realtà più difficili e azioni di sistema con le famiglie, le associazioni, gli enti locali”.
Riportiamo alcuni dati che emergono dal rapporto. Nell'anno scolastico preso in considerazione, gli alunni stranieri nati in Italia rappresentano il 44,2% sul totale degli alunni con cittadinanza non italiana: il loro numero è cresciuto nelle scuole primarie ed è raddoppiato in quelle secondarie di primo e di secondo grado.
E questo è molto importante, soprattutto nell'ottica di una urgente riforma della normativa sull'acquisizione della cittadinanza.
Le province italiane con il maggior numero di scuole con almeno il 50% di alunni stranieri sono: Milano, Torino, Brescia e la regione con più alunni stranieri, in valori assoluti, è la Lombardia.
Quanto alle principali nazionalità, si legge: “ Rumeni, albanesi e marocchini si confermano come i gruppi più numerosi e distribuiti su tutto il territorio azionale, anche nelle aree più periferiche e nelle province minori. Dietro ad esse, i cinesi presentano una discreta diffusione nel Centro e nel Nord Italia. Vi sono, poi, alcune provenienze (Moldova in Veneto; Filippine a Milano e Roma; Ecuador a Genova e Milano; Ucraina in Campania; Tunisia nelle aree di Trapani e Ragusa) che sono concentrate in alcune grandi città o in alcune province storiche di immigrazione”.
Il rapporto propone anche un focus dedicato agli alunni rom, sinti e caminanti (quasi la metà dei quali è di cittadinanza italiana) e che si confermano, per il sesto anno consecutivo, il gruppo nazionale più numeroso nelle scuole italiane. Contro i pregiudizi e gli stereotipi comuni.