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giovedì 19 novembre 2015

Far luce sul rimpatrio di venti giovani donne nigeriane potenziali vittime di tratta




Barbara Spinelli (GUE/NGL) ha presentato un’interrogazione scritta alla Commissione europea per chiedere che venga fatta luce sul rimpatrio di venti giovani donne nigeriane, potenziali vittime di tratta di esseri umani, in violazione della sospensione di rimpatrio rilasciata a loro nome dal Tribunale di Roma (Prima Sezione).

L’interrogazione è stata firmata, tra gli altri, da Claude Moraes, presidente della Commissione Libertà civili, giustizia e affari interni del Parlamento europeo, e dagli eurodeputati Elly Schlein, Ignazio Corrao, Laura Ferrara, Fabio Massimo Castaldo, Marina Albiol Guzman, Malin Björk, Marie-Christine Vergiat e Cornelia Ernst.


Il testo dell’interrogazione:


“Lo scorso 17 settembre circa venti donne nigeriane, potenziali vittime di tratta di esseri umani, sono state rimpatriate in Nigeria dall’aeroporto romano di Fiumicino. Man mano che giungeva copia delle notifiche di sospensione – emesse dal Tribunale nel mentre si svolgevano le procedure di rimpatrio e prontamente inviate alla Questura dagli avvocati e della Clinica Legale dell’Università di Roma 3 – attivisti radunati all’aeroporto chiedevano alla Polizia di Frontiera che le persone interessate venissero fatte scendere dall’aereo. Tuttavia una sola donna nigeriana cui era stata concessa dal Tribunale la sospensione dell'esecutività del rimpatrio è stata fatta sbarcare. Almeno altre due destinatarie di un ordine analogo – notificato alle 13.43 dagli avvocati alla Questura di Roma, dunque ben prima che l’aereo lasciasse il territorio italiano, alle 15.30 circa – sono state rimpatriate, contravvenendo alla pronuncia del Tribunale.

Chiediamo alla Commissione di far luce su questi recenti episodi e valutare se ciò costituisca una violazione dell'articolo 19 (2) della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, degli articoli 9 e 13 §2 della direttiva 2008/115/CE sui rimpatri e degli articoli 20 e 21 della direttiva “qualifiche” 2011/95/UE.

Barbara spinelli, Matt Carthy, Neoklis Sylikiotis, Malin Björk, Kostandinka Kuneva, Eleonora Forenza, Patrick Le Hyaric, Luke 'Ming' Flanagan, Younous Omarjee, Marie-Christine Vergiat, Josep-Maria Terricabras, Jean Lambert, Beatriz Becerra, Sophie in 't Veld, Juan Fernando Lopez Aguilar, Claude Moraes, Jude Kirton-Darling, Julie Ward, Ana Gomes, Nessa Childers, Elly Schlein, Alessia Maria Mosca, Laura Ferrara, Fabio Massimo Castaldo, Maria Arena, Angelika Mlinar, Mary Honeyball, Ignazio Corrao, Cornelia Ernst, José Inácio Faria, Marina Albiol Guzman

Al link seguente, la lettera di denuncia che Barbara Spinelli ha inviato all’agenzia europea Frontex, al Ministero dell’Interno e, per conoscenza, al Mediatore europeo Emily O’Reilly e al sottocomitato ONU contro la tortura:



https://drive.google.com/file/d/0B5OywtprZA1veXNaOEZRQ3d4Q0U/view?usp=sharing






lunedì 19 ottobre 2015

Barbara Spinelli denuncia l’operazione di rimpatrio di venti donne nigeriane potenziali vittime di tratta




Barbara Spinelli, eurodeputato al Parlamento Europeo GUE/NGL denuncia l’operazione di rimpatrio di venti donne nigeriane potenziali vittime di tratta effettuata il 17 settembre a Roma.


Bruxelles, 15 ottobre 2015

 

Dopo il rimpatrio forzato di circa venti donne nigeriane vittime di tratta, avvenuto il 17 settembre a Roma, BarbaraSpinelli ha inviato una lettera di denuncia al Viminale, all’agenzia europea Frontex e, per conoscenza, all’Ombudsman e al sottocomitato Onu contro la tortura.

 

Le donne soggette a procedura di rimpatrio facevano parte di un gruppo di sessantanove nigeriane soccorse in mare, sbarcate a Lampedusa e Pozzallo e condotte nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma) il 23 luglio scorso. Tutte avevano dichiarato di aver subito violenza dall’organizzazione Boko Haram, o di essere state comprate da trafficanti per poi essere vendute sul mercato europeo della prostituzione. Tutte avevano subito ricatti psicologici e molte portavano il segno di cicatrici, ustioni e torture inflitte dai loro aguzzini per essersi ribellate.

La maggior parte aveva fatto richiesta di protezione umanitaria e ricevuto un diniego da parte della Commissione territoriale, contro il quale gli avvocati avevano presentato ricorso.


Il rimpatrio del 17 settembre è stato programmato nonostante fossero in corso le pratiche per la sospensione del diniego e – cosa ancor più grave – è stato eseguito malgrado il contemporaneo pronunciamento del Tribunale di Roma, prontamente comunicato alla Questura dagli avvocati della Clinica Legale dell’Università di Roma 3. Nonostante la pressione esercitata dagli attivisti nell'aeroporto di Fiumicino, una sola donna nigeriana cui era stata concessa dal Tribunale la sospensione dell'esecutività del rimpatrio è stata fatta sbarcare. Almeno altre due destinatarie di un ordine analogo – notificato alle 13.43 dagli avvocati alla Questura di Roma, dunque ben prima che l’aereo lasciasse il territorio italiano, alle 15.30 circa – sono state rimpatriate, contravvenendo alla pronuncia del Tribunale.

Nello stesso giorno, sono stati emessi altri dodici provvedimenti di sospensione.

 
Barbara Spinelli ha chiesto di conoscere le modalità, la pianificazione e i responsabili dell'esecuzione dei provvedimenti di allontanamento forzato, i relativi costi e il personale impiegato nell’operazione, il numero esatto delle persone rimpatriate e le motivazioni per ogni singolo caso, con specifico riferimento all’effettiva salvaguardia del diritto alla difesa e alle ragioni per cui non si è ritenuto di attendere l’esito delle richieste di sospensione del rimpatrio.

Nella lettera si chiede se l’aereo decollato da Roma per Lagos fosse un volo charter coordinato da Frontex con altri Stati membri, se una squadra dell’Agenzia si trovasse effettivamente nel centro da dove è partita l’operazione, come riportato da testimoni, e, in questo caso, con quali compiti e mandato.

 
L'eurodeputato chiede infine come Frontex intenda garantire la trasparenza nelle procedure – in particolare l’accesso agli organi della giurisdizione nazionale per salvaguardare il diritto a un ricorso effettivo (sancito dall’art. 13 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo e dall’art. 13 del Regolamento frontiere Schengen e come prescritto nel Return Handbook della Commissione europea) – in caso di respingimento alla frontiera.

 
Nella lettera si sottolinea il ruolo di garanzia e controllo che deve essere svolto dalle associazioni della società civile, che sempre più vengono invece tenute all’oscuro delle operazioni di rimpatrio, malgrado i ripetuti richiami da parte dell’Ombudsman e gli impegni dichiarati dall’agenzia Frontex.



A questo link,  la lettera

venerdì 5 dicembre 2014

Sex workers: il corpo e il lavoro




Qualche settimana fa si è tenuto a Milano, nella Sala Alessi del Comune, un convegno sul tema della tratta a scopo sessuale, fortemente voluto dalla Caritas Ambrosiana e a cui hanno partecipato sindacati confederali e il Forum permanente sulla prostituzione.

Perchè questo convegno? Perchè nel Consiglio regionale lombardo è passata la proposta referendaria di riaprire le cosiddette “case chiuse”, già abolite dalla Legge Merlin. La riapertura dei luoghi “di piacere” dovrebbe servire a togliere dalla strada le 4500 ragazze che vendono il proprio corpo in Lombardia e non solo: il provvedimento, infatti, è al vaglio anche in altre Regioni.

Ma questa soluzione non serve a nulla, secondo Don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana, che afferma: “ Creare quartieri a luci rosse non impedisce alle organizzazioni criminali di prosperare, così come le multe contro i clienti e le prostitute sono risultate fallimentari. Si potrebbero avere più risultati creando un'agenzia nazionale anti-tratta”.

Traffici illeciti, spaccio di droga, immigrazione irregolare: questi sono gli altri temi strettamente collegati a quello della prostituzione e vengono approfonditi anche nel saggio dal titolo Vendere e comprare sesso di Giulia Garofalo Geymonat, ricercatrice presso l'Università di Lund, in Svezia, e pubblicato da Il Mulino.

Centrale, nell'analisi della studiosa, il fatto che l'attività di vendità del proprio corpo venga considerata come una fonte di reddito e,quindi, un'attività lavorativa, ma mai si tratta di una scelta libera. Quindi, nel saggio, vengono prese in considerazione le esigenze delle/dei sex workers.

In Italia la percentuale maggiore è data dalle donne, immigrate e non, e dai transessuali che, spesso, si prostituiscono per i bisogni primari: comprare cibo, affittare un alloggio o anche mandare i figli a scuola. Altri motivi riguardano la cura della salute o il pagamento di debiti contratti, anche per motivi di tossicodipendenza.

Sempre in Italia - come in Gran Bretagna, Francia, Danimarca - vengono puniti coloro i quali sfruttano la prostituzione, ma non si riconosce lo scambio prostituzionale. In Svezia, invece, dal 1999 è entrata in vigore una legge molto severa nei confronti dei clienti perchè la richiesta di rapporti a pagamento viene considerata una vera e propria violenza nei confronti delle donne.

In Germania e in Olanda, dove invece il fenomeno è legalizzato, si sono ottenuti buoni risultati in termini di controllo sanitario ed emarginazione sociale. Risulta molto efficace la legge italiana contro la tratta (art.18 legge 40/1998 sull'immigrazione) perchè permette di dare aiuto alle persone immigrate senza doverle rimpatriare: alcune ONG, in collaborazione con le Questure, forniscono agli immigrati alcuni percorsi di protezione che prevedono un sostegno legale, l'alloggio in una casa-rifugio, un medico e, a volte, uno psicologo.

lunedì 17 novembre 2014

Premio nazionale Paolo Borsellino: "Confessioni di un trafficante di uomini"




Siamo lieti di comunicarvi che il Premio nazionale “Paolo Borsellino” è stato vinto da Andrea Di Nicola, coautore insieme a Gianpaolo Musumeci del saggio Confessioni di un trafficante di uomini e, in questa occasione, l'Associazione per i Diritti Umani vuole riproporvi l'intervista che abbiamo fatto a Giampaolo Musumeci all'uscita del libro.


Confessioni di un trafficante di uomini è il titolo di un libro-inchiesta (edito da Chiarelettere) in cui gli autori, Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci, hanno percorso le principali vie dell’immigrazione clandestina, dall’Europa dell’Est fino ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo per scoprire cosa e chi dirige i viaggi della “speranza” di tutti quei migranti che sono costretti ad abbandonare i propri luoghi d'origine: si racconta di soldi, di un network di trafficanti, di una vera e propria organizzazione criminale. La testimonianza dei protagonisti conduce il lettore in un mondo parallelo che nessuno conosce, nemmeno le istituzioni. O forse sì.





Abbiamo intervistato per voi Giampaolo Musimeci che ringraziamo molto.




Come siete riusciti a reperire il materiale per questo libro-inchiesta?



E' stato un lavoro di due anni e mezzo che ha fatto tesoro anche degli anni precedenti. Gli anni precedenti miei, perchè dal 2006 ho lavorato sulle rotte dei migranti come fotografo; Andrea Di Nicola, che è criminologo, studia il traffico di persone.

Ci occupiamo di snubbing che - a differenza del trafficking che rieccheggia il termine “tratta” - sarebbe il “contrabbando” di persone: lo scafista, dietro pagamento, mi consente di passare le frontiere irregolarmente. Abbiamo lavorato su due binari: quello giudiziario (studio di atti processuali e interviste in carcere ad alcuni scafisti) e poi il viaggio (in Italia, Francia, Egitto, Tunisia, Libia) per incontrare trafficanti a piede libero. Ci siamo presentati come giornalisti e non è stato facile perchè non è facile far parlare un criminale; il criminale ti racconta la SUA storia, la SUA verità, ma resta valida come testimonianza. E' comunque la prima volta che si indaga in questo mondo nascosto.




Come avviene il “contatto” tra migranti e trafficanti?



E' molto semplice: noi, nel libro, utilizziamo la metafora dell'agenzia di viaggi. Un trafficante che abbiamo incontrato in Egitto ha una rete commerciale, una serie di agenti, di ragazzi “svegli, ma non troppo”, come dice lui. Devono, cioè, essere efficienti, ma non devono fare domande. Questi ragazzi intercettano la domanda di emigrazione, poi mettono in contatto le persone con il trafficante il quale le fa passare tra Egitto e Libia e li mette nelle mani dei libici che li fanno salire sui barconi. Lui è un collettore, ha la sua forza vendita sul territorio: in ogni villaggio ha un suo uomo e, quando uno di loro chiama perchè ci sono persone pronte a partire, inizia ad organizzare la macchina o il furgone. Quando ne ha 5, 10, 20 si mette d'accordo con i colleghi che stanno sulla frontiera tra Egitto e Libia, corrompe eventualmente le polizie e fa arrivare i migranti ai porti.

I trafficanti sono imprenditori senza scrupoli e con grandissime abilità. Il Mediterraneo vale centinaia di migliaia di euro per queste organizzazioni e noi dobbiamo capire questo per comprendere l'entità del problema e prendere le decisioni corrette: arrestare cento scafisti non serve a niente perchè la rete non viene smantellata. Anche il pattugliamento e la chiusura delle frontiere non serve a nulla perchè i trafficanti fatturano anche di più in quanto la rotta diventa più lunga e i migranti pagano di più.

Come fanno i trafficanti a sfuggire ai controlli? Si può parlare di una vera e propria mafia?



Il termine “mafia” è molto usato dai migranti stessi: due anni fa ero al confine tra Grecia e Turchia per fare un servizio su Frontex e i migranti mi dicevano: “Do you know mafia?, Do you know agent?”, gli agenti, la mafia per loro sono i trafficanti. In realtà non ha niente a che vedere con la mafia nostrana, nel senso che non c'è una cupola, una regia unica, ma sono tante organizzazioni transnazionali, sono tante reti.

Un grosso trafficante, a Il Cairo, ci ha detto che non c'è un leader, uno più bravo degli altri, ma che sono in tanti e che si aiutano tra di loro. Uno scafista, invece, ci ha detto che loro sono i “facebook” dei trafficanti, tanti nodi di una rete e, a volte, i rapporti sono di natura tribale, a volta di natura amicale...Il nostro tentativo è stato quello di rifare la “filiera” a ritroso, per andare alla fonte.

I trafficanti riescono sempre a sfuggire ai controlli. Quando un trafficante è di base a Karthoum, come fa un poliziotto italiano ad intercettare il suo telefono? Con quale banda armata parliamo in Libia, se vogliamo arrestare qualcuno? Sono tante reti, sono troppi e non c'è collaborazione a livello internazionale, alcuni Paesi non collaborano. Lo scafista è il pesce piccolo ed è rimpiazzabilissimo. Molti scafisti non sanno nemmeno per chi lavorano e alcuni grossi trafficanti subappaltano il viaggio dei migranti.


Cosa occorerrebbe, a livello di politica italiana e internazionale, per bloccare il traffico di persone?



Parlo anche a nome di Andrea perchè la pensiamo allo stesso modo. E' impensabile che dei richiedenti asilo si mettano nelle mani dei trafficanti. Si potrebbe pensare, per esempio, a un cordone umanitario, oppure si potrebbero usare i traghetti di linea o le navi da crociera perchè il viaggio costerebbe anche meno (questa è una proposta fatta da un vescovo...).

Abbiamo capito che la chiusura delle frontiere europee serve solo ad alimentare il traffico: potrebbe, invece, funzionare il dialogo tra Paesi per cui, se io so che c'è un grosso trafficante turco, devo poter parlare con le autorità turche...So che qualcosa in questo senso si sta muovendo perchè un magistrato con cui abbiamo parlato, era a Istanbul un paio di mesi fa e stava cercando di rafforzare la cooperazione internazionale con quel Paese.

Ricordiamoci anche che l'immigrazione è la più formidabile leva politica che ci possa essere, uno dei temi più strumentalizzati: forse l'Europa non fa abbastanza nella prima accoglienza, però la Germania, la Norvegia, l'Inghilterra accettano la maggior parte delle richieste di asilo. I migranti non rimangono da noi, quindi non si deve gridare all'emergenza perchè questa è la barzelletta italiana. Oltretutto, non esiste solo Lampedusa in Italia: la maggior parte dei migranti arriva a Fiumicino con un passaporto falso oppure passano da Trieste, dalla rotta balcanica.

Il nostro libro serve proprio a cambiare la prospettiva: quello del traffico di persone non è un affare improvvisato, ma è un'organizzazione enorme che ricicla denaro e l'Euroa sta mettendo in atto risorse che non sono adeguate.










mercoledì 1 ottobre 2014

Giustizia per i Nuovi Desaparecidos




Cari lettori, ci è giunta questa comunicazione, anche per noi importante:



Roma, 20 settembre 2014



Gli aderenti alla Campagna “Giustizia per i nuovi desaparecidos”, riuniti in assemblea il 20 settembre 2014 presso il Teatro di Villa Torlonia, Roma, nell’esprimere la loro profonda indignazione di fronte all’ininterrotto susseguirsi di morti di richiedenti asilo e migranti, malgrado i salvataggi portati a termine dalla Marina Militare italiana nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum,affermano che tale strage e il suo prolungarsi hanno come causa primaria l’inserimento dell’immigrazione irregolare tra le categorie da fronteggiare nell’ambito della Politica di Sicurezza e Difesa comune dell’Unione europea, alla pari con il terrorismo o la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Si tratta di una visione doppiamente fuorviante, in primo luogo in quanto vi sono inclusi gruppi che, anziché costituire un reale pericolo per l’Unione europea, sono essi stessi estremamente vulnerabili e bisognosi di protezione internazionale, e, in secondo luogo, in quanto accomuna artificiosamente migranti e richiedenti asilo, di fatto indistinguibili nel corso del viaggio verso le nostre coste; constatano che da questa criminalizzazione deriva un sistema di attività normative, pattizie ed operative (anche per omissione) messe in atto dalla totalità degli Stati mediterranei dell’Unione europea, di concerto con gli Stati della sponda africana del Mediterraneo, il cui combinato disposto comporta nei fatti la chiusura di qualunque via di scampo legale a richiedenti asilo e migranti; denunciano i crimini di lesa umanità comportati da una situazione che riduce a res nullius le persone prese di mira, ponendole alla mercé di predoni, milizie e Stati canaglia (o comunque non democratici ) di attraversamento, analogamente a quanto accadeva agli ebrei costretti alla disperata ricerca di una via di fuga nell’Europa occupata dalle truppe nazifasciste.

Ravvisando in tutto ciò il riaffiorare di un’ideologia razzista che minimizza e giustifica qualunque abuso, ivi compresi lo sterminio e la sparizione, di chi viene semplicemente identificato come “altro”: non ariano ieri, non europeo oggi chiedono al Governo italiano che, nell’esercizio della Presidenza europea, si attivi per l’esclusione dell’immigrazione irregolare dall’elenco dei pericoli da affrontare nell’ambito della Politica di Sicurezza e Difesa comune, e dia in ogni caso istruzioni alle proprie ambasciate nei Paesi di transito, affinché - insieme alle rappresentanze in loco di UNHCR - vengano aperti canali umanitari che permettano l’afflusso di richiedenti asilo e migranti in pericolo di vita, facilitando il loro arrivo in Italia e/o nei Paesi di destinazione. Non sussistono difficoltà a tale fine: basterebbero la concessione di visti di protezione umanitaria e l’organizzazione del viaggio da parte di UNHCR; pongono il governo italiano di fronte alle responsabilità che gli deriverebbero se, conformemente a quanto dichiarato, interrompesse l’operazione Mare Nostrum intrapresa dalla Marina Militare italiana a seguito della strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013: un’operazione che non può certamente di per sé sanare la gravissima situazione che vi è a monte, ma che almeno ne tampona alcune delle conseguenze a valle; si dichiarano decisi ad attivare tutte le vie legali, a livello nazionale ed internazionale, per porre fine all’impunità di coloro che risultino coinvolti, sia in passato che attualmente, nella formulazione e nell’attuazione della politica di morte sopra tratteggiata.



(approvato all’unanimità, Teatro di Villa Torlonia, Roma, 20 settembre 2014)