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giovedì 10 dicembre 2015

10 dicembre: Giornata internazionale dei Diritti Umani






10 DICEMBRE

GIORNATA INTERNAZIONALE DEI

DIRITTI UMANI



Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.

(Art. 1 Dichiarazione Universale dei Diritti Umani)



Perché questa giornata?



La Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo approvata il 10 dicembre 1948 dalle Nazioni Unite proclama solennemente il valore e la dignità della persona umana e sancisce al tempo stesso l’inalienabilità degli universali diritti etico-civili.

La storia dell'ultimo cinquantennio è tuttavia segnata da non poche violazioni di questi principi rimaste impunite.

Quali sono le cause?

Perché molti Stati non rispettano i diritti che stanno alla base di ogni individuo?



 



Quali sono i tuoi diritti umani?





LIBERTA’ UGUAGLIANZA

DIRITTO ALLA VITA DIRITTO AL RICONOSCIMENTO DELLA PERSONALITA’ GIURIDICA

UGUALIANZA DAVANTI ALLA LEGGE LIBERTA’ DI MOVIMENTO

DIRITTO ALLA CITTADINANZA DIRITTO DI PROPRIETA’

DIRITTO ALL’ISTRUZIONE LIBERTA’ DI PENSIERO

LIBERTA’ DI RIUNIONE E ASSOCIAZIONE PACIFICA LIBERTA’ DI OPINIONE E ESPRESSIONE
e ...diritto al lavoro
diritto ad avere un tenore di vita sufficiente a garantire salute e benessere proprio e della sua famiglia

 





CONTATTACI:




venerdì 4 dicembre 2015

Giornata internazionale per le persone disabili

"La Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità è un punto di riferimento
fondamentale per la tutela dei loro diritti verso una piena inclusione e partecipazione nella società. Troppe barriere sono ancora di ostacolo alla piena fruizione dei diritti di cittadinanza da parte di chi è portatore di una disabilità, sia essa fisica, mentale o relazionale": queste le parole del Presidente Sergio Mattarella in occasione, oggi, della Giornata Internazionale per le persone con disabilità; un tema, questo, che a noi è molto caro e di cui ci siamo occupati più volte (vedi articoli e interviste pubblicate nei mesi scorsi).
Secondo una recente indagine dell'Istat, nel nostro Paese vivono oltre tre milioni di persone gravemente disabili: solo 1,1 milione di loro percepisce l'indennità di accompagnamento, uno su cinque è inserito nel mondo del lavoro, meno di sette su 100 riceve un aiuto domestico.
Il Presidente ha aggiunto: " E' compito della società nel suo insieme, delle istituzioni, dei corpi intermedi, delle famiglie, dei singoli abbattere questi muri e far crollare le barriere, fisiche e culturali, che impediscono una piena partecipazione alla vita della società. la diversità, delle scelte e delle abilità, è un patrimonio comune. la vita di tutti ne uscirà arricchita": parole importanti, che ci chiamano in causa direttamente perché, sempre come ha ricordato Mattarella, " la capacità di rispondere ai bisogni delle persone con disabilità è il metro attraverso cui si misura la nostra convivenza civile".

 

lunedì 30 novembre 2015

29 novembre: Giornata Internazionale di solidarietà con il popolo palestinese

di Monica Macchi


Il 29 novembre 1947 con la risoluzione 181, l’Assemblea Generale dell’Onu ha approvato il Piano di partizione della Palestina con cui si stabiliva la creazione di due Stati, uno ebraico e uno arabo, con Gerusalemme sotto regime internazionale speciale….una delle tante risoluzioni mai implementate.





 
Situato a est di Qalqilia, Kufr Qaddum è un villaggio palestinese di circa 4000 abitanti con una superficie di 24.000 donum: in base agli Accordi di Oslo è stato suddiviso in “area B” (circa 8.384 dunum dove l’Autorità Nazionale Palestinese ha il controllo sulle questioni civili, e Israele continua ad avere la responsabilità della sicurezza) e “area C” dove Israele ha il pieno controllo sia sulla sicurezza che sulla gestione amministrativa sia di questa area che degli insediamenti illegali che la circondano (Kedumim, Kedumim Zefon, Jit Mitzpe Yisha, e Giv'at HaMerkaziz che costituiscono la colonia di Ariel Kedumim abitata da circa 3000 coloni).

Attorno al villaggio c’è il muro di Separazione (che Israele chiama “Barriera di Sicurezza) che isola 7.175 dunum (38,2% della superficie totale) e impedisce ai contadini di accedere alle loro terre (il 70% degli abitanti lavorano anzi lavorerebbero nell’agricoltura!) e ci sono molte bypass road (strade costruite dagli israeliani per collegare gli insediamenti in Cisgiordania a Israele). De iure secondo gli accordi di Oslo, i palestinesi avevano il permesso di utilizzare queste strade ma dopo lo scoppio della Seconda Intifada, Israele ne ha chiuso l’accesso ai palestinesi per “ragioni di sicurezza” ossia per proteggere insediamenti e coloni. Questo ha creato moltissimi problemi sia per l’economia (l’agricoltura è in ginocchio) sia per la libertà di movimento per i lavoratori, gli studenti e anche i malati, costretti ad andare all’ ospedale di Darweesh Nazzal a una trentina di chilometri o negli ospedali di Nablus a una ventina… su percorsi alternativi e di fortuna su stradine non asfaltate continuamente interrotte da check-point anche improvvisati.

Così il 1 luglio 2011 è iniziata una resistenza popolare, sotto forma di una marcia pacifica dopo la preghiera del Venerdì per rivendicare il diritto e la libertà di movimento chiedendo la riapertura delle strade che collegano direttamente Kufr Qaddum agli altri villaggi palestinesi. Da allora ogni venerdì tutto il villaggio, compresi attivisti stranieri e pacifisti israeliani marciano non solo perchè le strade sono rimaste chiuse ma anche per denunciare il taglio di acqua ed elettricità che Israele usa come forma di punizione collettiva per fiaccare la resistenza.

 

Ed ecco con le parole di Murad Shtaiwi coordinatore dei movimenti popolari di resistenza non violenta, la situazione di Kufr Qaddum:


 




lunedì 19 ottobre 2015

Barbara Spinelli denuncia l’operazione di rimpatrio di venti donne nigeriane potenziali vittime di tratta




Barbara Spinelli, eurodeputato al Parlamento Europeo GUE/NGL denuncia l’operazione di rimpatrio di venti donne nigeriane potenziali vittime di tratta effettuata il 17 settembre a Roma.


Bruxelles, 15 ottobre 2015

 

Dopo il rimpatrio forzato di circa venti donne nigeriane vittime di tratta, avvenuto il 17 settembre a Roma, BarbaraSpinelli ha inviato una lettera di denuncia al Viminale, all’agenzia europea Frontex e, per conoscenza, all’Ombudsman e al sottocomitato Onu contro la tortura.

 

Le donne soggette a procedura di rimpatrio facevano parte di un gruppo di sessantanove nigeriane soccorse in mare, sbarcate a Lampedusa e Pozzallo e condotte nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma) il 23 luglio scorso. Tutte avevano dichiarato di aver subito violenza dall’organizzazione Boko Haram, o di essere state comprate da trafficanti per poi essere vendute sul mercato europeo della prostituzione. Tutte avevano subito ricatti psicologici e molte portavano il segno di cicatrici, ustioni e torture inflitte dai loro aguzzini per essersi ribellate.

La maggior parte aveva fatto richiesta di protezione umanitaria e ricevuto un diniego da parte della Commissione territoriale, contro il quale gli avvocati avevano presentato ricorso.


Il rimpatrio del 17 settembre è stato programmato nonostante fossero in corso le pratiche per la sospensione del diniego e – cosa ancor più grave – è stato eseguito malgrado il contemporaneo pronunciamento del Tribunale di Roma, prontamente comunicato alla Questura dagli avvocati della Clinica Legale dell’Università di Roma 3. Nonostante la pressione esercitata dagli attivisti nell'aeroporto di Fiumicino, una sola donna nigeriana cui era stata concessa dal Tribunale la sospensione dell'esecutività del rimpatrio è stata fatta sbarcare. Almeno altre due destinatarie di un ordine analogo – notificato alle 13.43 dagli avvocati alla Questura di Roma, dunque ben prima che l’aereo lasciasse il territorio italiano, alle 15.30 circa – sono state rimpatriate, contravvenendo alla pronuncia del Tribunale.

Nello stesso giorno, sono stati emessi altri dodici provvedimenti di sospensione.

 
Barbara Spinelli ha chiesto di conoscere le modalità, la pianificazione e i responsabili dell'esecuzione dei provvedimenti di allontanamento forzato, i relativi costi e il personale impiegato nell’operazione, il numero esatto delle persone rimpatriate e le motivazioni per ogni singolo caso, con specifico riferimento all’effettiva salvaguardia del diritto alla difesa e alle ragioni per cui non si è ritenuto di attendere l’esito delle richieste di sospensione del rimpatrio.

Nella lettera si chiede se l’aereo decollato da Roma per Lagos fosse un volo charter coordinato da Frontex con altri Stati membri, se una squadra dell’Agenzia si trovasse effettivamente nel centro da dove è partita l’operazione, come riportato da testimoni, e, in questo caso, con quali compiti e mandato.

 
L'eurodeputato chiede infine come Frontex intenda garantire la trasparenza nelle procedure – in particolare l’accesso agli organi della giurisdizione nazionale per salvaguardare il diritto a un ricorso effettivo (sancito dall’art. 13 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo e dall’art. 13 del Regolamento frontiere Schengen e come prescritto nel Return Handbook della Commissione europea) – in caso di respingimento alla frontiera.

 
Nella lettera si sottolinea il ruolo di garanzia e controllo che deve essere svolto dalle associazioni della società civile, che sempre più vengono invece tenute all’oscuro delle operazioni di rimpatrio, malgrado i ripetuti richiami da parte dell’Ombudsman e gli impegni dichiarati dall’agenzia Frontex.



A questo link,  la lettera

sabato 21 marzo 2015



Giornata mondiale contro il razzismo

La Milano dell’EXPO e la Milano dei Rom



Incontro con l’europarlamentare Soraya Post

Con Dijana Pavlovic, Consulta Rom e Sinti, e le donne rom di Milano





Sabato 21 Marzo 2015, Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, alle ore 12 presso la Sala Gialla di Palazzo Marino la Consulta Rom e Sinti di Milano organizza una conferenza stampa con l’europarlamentare Soraya Post sul tema:

La Milano dell’EXPO e la Milano dei Rom: diritti strabici

Nelle molte Milano parallele “l’EXPO dei popoli” può essere un’occasione d’incontro con un popolo escluso per definizione, bersaglio prediletto del razzismo nostrano? Un confronto con e tra donne Rom per un percorso e obiettivi possibili.


Soraya Post, padre ebreo, madre rom che subì a soli 21 anni la sterilizzazione forzata dal governo, una pratica toccata a molte donne rom e saami interrotta solo nel 1974, è la prima donna dichiaratamente femminista e rom ad avere un seggio a Bruxelles. Leader del partito svedese Iniziativa Femminista che non ha ricevuto alcun finanziamento pubblico, propone un programma basato sul rispetto dei diritti umani e sulla parità di genere.

All’incontro partecipano Dijana Pavlovic, portavoce della Consulta Rom e Sinti di Milano, Basilio Rizzo, presidente del Consiglio comunale di Milano, Anita Sonego, presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano. Saranno presenti le donne delle comunità rom del Comune di Milano.

È stata invitata l’onorevole Giovanna Martelli, delegata del governo italiano per le Pari Opportunità.




Per informazioni: +39.3397608728 - +32. 491743678 - +39.3391170311



L' appello per il riconoscimento delle etnie Rom e Sinta




L' 8 aprile, “Giornata internazionale del popolo rom”, inizia la campagna per la legge di iniziativa popolare per il riconoscimento della minoranza rom e sinta contemporaneamente in tutta Italia. Il comitato promotore è costituito da rom e sinti depositari della proposta di legge e da personalità e forze politiche e sociali che sostengono la necessità di riconoscere la minoranza rom e sinta come passo fondamentale per contrastare la discriminazione e favorire l’inclusione sociale e culturale della nostra comunità.




APPELLO



Rom e Sinti sono la più grande minoranza europea – oltre 12 milioni distribuiti in tutti i Paesi; non hanno una terra di riferimento, neppure l’India delle lontane origini, non hanno, come altre minoranze, rivendicazioni territoriali, quindi non hanno mai fatto guerre per rivendicare una patria, non hanno sedi di rappresentanza, sono cittadini del luogo nel quale vivono. Rappresentano quindi il perfetto popolo europeo, ma ciononostante sono il popolo più discriminato d’Europa.



In Italia sin dal 1400 Rom e Sinti sono la minoranza storico-linguistica più svantaggiata e più stigmatizzata nonostante gli obblighi internazionali e comunitari dell’Italia e gli interventi di numerose organizzazioni internazionali, tra cui il Consiglio d’Europa, l’OSCE e l’Unione europea. In Italia Rom e Sinti sono circa 150.000, oltre metà cittadini italiani, ma ciononostante continuiamo ad essere considerati fondamentalmente come “estranei” e “nomadi”. Il “nomadismo” moderno è piuttosto rappresentato dall’essere ancora un popolo che vive ai “confini”, non solo fisici, nel tentativo di costruire dei rapporti di pacifica convivenza e di mantenimento della propria identità, che consiste anche in una concezione di vita, che si può anche definire uno stato dell’anima, un modo di vedere il mondo, lo spazio e il tempo che non si possono omologare.



Anche per questa “irriducibilità” all’omologazione, le amministrazioni pubbliche non hanno mai fatto una politica che non fosse quella del contenimento e della marginalizzazione delegandone la gestione al privato sociale. Eppure la partecipazione di rom e sinti alla vita collettiva con il proprio contributo umano e culturale è fondamentale per superare l’esclusione, la marginalizzazione di un popolo che ha attraversato secoli di discriminazione fino allo sterminio razziale e che non deve rimanere confinato nei ghetti fisici e spirituali, nei quali troppo spesso viene relegato destinandolo all’assistenza e non alla propria responsabilità.


La proposta di legge di iniziativa popolare “NORME PER LA TUTELA E LE PARI OPPORTUNITA’ DELLA MINORANZA STORICO-LINGUISTICA DEI ROM E DEI SINTI “ presentata da 14 cittadini italiani in rappresentanza di 47 associazioni rom e sinte il 15 maggio 2014 presso la Corte di Cassazione vuole realizzare gli articoli 3 e 6 della Costituzione che prevedono la pari dignità sociale e l’eguaglianza davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di etnia, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali; la tutela di tutte le minoranze storico-linguistiche con apposite norme; contrastare discriminazione e pregiudizio nei confronti della minoranza rom e sinta che sono causa della scarsa integrazione nella società e soprattutto della marginalizzazione sociale ed economica anche per il loro mancato riconoscimento istituzionale come minoranza.


Il disegno di legge di iniziativa popolare si articola in diversi punti:




la specifica tutela del patrimonio linguistico-culturale della minoranza rom e sinta, con istituti analoghi a quelli previsti dalla legge n. 482/1999 per tutte le altre minoranze (diritto allo studio e all’insegnamento della lingua, diffusione della cultura e delle tradizioni storico-letterarie e musicali);



l’incentivo e la tutela delle associazioni composte da Rom e Sinti, conforme alla libertà di associazione prevista dall’articolo 18 della Costituzione per favorire la partecipazione attiva e propositiva alla vita sociale, culturale e politica del Paese;


il diritto di vivere nella condizione liberamente scelta di sedentarietà o di itineranza, di abitare in alloggi secondo una pluralità di scelte secondo le norme della Convenzione-quadro per la tutela delle minoranze nazionali di Strasburgo dell’1 febbraio 1995, le raccomandazioni del Consiglio d’Europa, dell’OCSE e della Commissione europea e la Strategia nazionale d'inclusione dei Rom, dei Sinti e dei Caminanti;


norme che sanzionino le discriminazioni fondate sull'appartenenza ad una minoranza linguistica in attuazione del principio costituzionale di eguaglianza senza distinzione di lingua e di etnia.




Chi condivide questo appello condivide la convinzione che il riconoscimento della minoranza rom e sinta, della sua storia, della sua cultura, insomma della sua identità consente di accogliere rom e sinti nella comunità più generale insieme con tutte le altre identità che costituiscono il nostro patrimonio nazionale.



Promotori della proposta di legge di iniziativa popolare:




Dijana Pavlovic, Davide Casadio, Saska Jovanovic, Ernesto Grandini, Manuel Solani, Cen Rinaldi, Yose Bianchi, Giorgio Bezzecchi, Concetta Sarachella, Donatella Ascari, Massimo Lucchesi, Carlo Berini, Paolo Cagna Ninchi, Alessandro Valentino




Adesioni:

Alma Adzovic (mediatrice), Osmani Bairan (AIZO), Rita Bernardini (segretaria nazionale Radicali Italiani), Antun Blazevic (Associazione TheaterRom), Paolo Bonetti (Università Bicocca di Milano), Luca Bravi (storico), Marco Brazzoduro (Associazione Cittadinanza e Minoranze), Alberto Buttaglieri (SOS razzismo), Giuseppe Casucci (Dipartimento immigrazione UIL), Roland Ciulin (giornalista), Giuseppe Civati (parlamentare), Furio Colombo (giornalista), Giacomo Costa (Fondazione San Fedele), (Kurosh Danesh (Dipartimento immigrazione CGIL), Chiara Daniele (ricercatrice), Giancarlo De Cataldo (scrittore), Michele Di Rocco (campione europeo pesi leggeri), Roberto Escobar (Università Statale Milano), Paolo Ferrero (segretario Partito della Rifondazione comunista), Eleonora Forenza (europarlamentare), Mercedes Frias (Associazione Prendiamo la parola), Dori Ghezzi (Fondazione Fabrizio De André), Alfonso Gianni (Fondazione Cercare Ancora), Graziano Halilovic (Associazione Roma onlus), Laura Halilovic (regista), Selly Kane (Dipartimento immigrazione CGIL), Curzio Maltese (europarlamentare), Luigi Manconi (presidente Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani), Filippo Miraglia (ARCI), Moni Ovadia (autore-attore), Francesco Palermo (parlamentare), Marco Pannella (Presidente del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito), David Parenzo (giornalista), Loris Panzeri (GRT), Pino Petruzzelli (autore-attore), Marco Revelli (storico e sociologo), Paolo Rossi (autore-attore), Giuseppe Sangiorgi (Istituto Luigi Sturzo), Angela Scalzo (Dipartimento immigrazione UIL), Pietro Soldini (CGIL nazionale), Giovanna Sorbelli (Associazione EU Donna), Barbara Spinelli (europarlamentare), Santino Spinelli (docente, musicista), Gennaro Spinelli (Associazione FutuRom), Carlo Stassolla (Associazione 21 luglio), Voijslav Stojanovic (Associazione Nonsolorom), Vladimiro Torre (Associazione Them Romanò), Antonio Tosi (Politecnico di Milano), Elena Valdini (Fondazione Fabrizio De André), Tommaso Vitale (Direttore scientifico Master “Governing the Large Metropolis” Sciences Po, Parigi), Alex Zanotelli (missionario comboniano), Alessandra Montesanto (Associazione per i Diritti Umani) Giacomo Costa (Aggiornamenti sociali), Dario Fo (premio Nobel)






domenica 8 marzo 2015

Le donne non si toccano: Diana Battaggia racconta la violenza domestica

In occasione dell'8 marzo, l'Associazione per i Diritti Umani vi propone il video dell'incontro sulla violenza domestica alla presenza di Diana Battaggia: una raccolta di testimonianze raccolte dalle giornaliste de La 27ma ORA. Un incontro emozionante e ricco di riflessioni.






Domani -  9 marzo, alle ore 18.30 presso il Centro Asteria di Milano - continueremo la riflessione sulla condizione femminile con MONICA LANFRANCO a partire dal saggio "Uomini che odiano (amano) le donne"

giovedì 18 dicembre 2014

Crimini contro l'ospitalità. Vita e violenza nei centri per stranieri







Da poco uscito per le edizioni Il Melangolo, il saggio Crimini contro l'ospitalità. Vita e violenza nei centri per stranieri, di Donatella Di Cesare, tra politica e reportage filosofico, è un viaggio in un centro di identificazione e espulsione, quell'Ade invisibile e nascosto dove vengono relegate le scorie umane della globalizzazione. Ma il viaggio diventa occasione per riflettere sui campi per gli stranieri, sulla retorica ambigua dell' accoglienza. Dove finisce la protezione umanitaria e dove comincia il controllo poliziesco?
Il neorazzismo è la convinzione che ciascuno debba vivere nel proprio paese, la reazione alla mobilità degli esseri umani, la pretesa di bandire gli indesiderabili. Mentre mette allo scoperto il dispositivo dell'immigrazione, l'autrice indica gli effetti perversi di una politica che fa appello alla paura e si interroga sui pericoli di una democrazia che non conosce il valore della coabitazione.



L'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato la Prof.ssa Di Cesare. La ringraziamo molto per questo suo intervento.





Lei parla, nel saggio, di “retorica ambigua dell'accoglienza”: ci può spiegare a cosa si riferisce?



Mi riferisco a quel linguaggio apparentemente benevolo con cui sono stati coperti gli abusi, sono state dissimulate le illegalità. A partire dall’inizio degli anni novanta, da quando è iniziata in Italia la cosiddetta “emergenza sbarchi” si è spacciato per azione etica l’intervento della polizia. I profughi, soccorsi in mare, accolti al centro di Lampedusa, hanno potuto poi essere spediti nei CIE. Per questo nel mio libro mi sono chiesta: in che modo il soccorso diventa pretesto per legittimare l’internamento? Perché si consegnano esseri umani, inermi e spogliati di ogni diritto, al dominio burocratico degli agenti?





Per riprendere una sua domanda: dove finisce la protezione umanitaria e dove inizia il controllo poliziesco?



Protezione umanitaria e controllo di polizia sono, a ben guardare, termini che dovrebbero essere antitetici. E invece sono stati invece saldamente uniti nel modello italiano di gestione degli “indesiderabili”. Da una politica dell’eccezione si è passati all’eccezione come politica. È così che quelle misure, che per la Costituzione sarebbero eccezionali, sono divenute ordinarie. I centri di detenzione amministrativa per stranieri sono stati apparentemente accettati come una banale norma. Quasi si trattasse di un espediente inevitabile, dettato dalle circostanze. Ma dietro la facciata di legalità affiora continuamente quella sorta di infra-diritto amministrativo che domina sovrano nei centri e che null’altro è se non arbitrio poliziesco.

Terra di emigrati, l’Italia di tutto il dopoguerra non aveva leggi che riguardassero la presenza di stranieri sul territorio nazionale. Per anni e decenni ha prevalso il diritto di polizia. Lo straniero era un sospetto da tenere sotto sorveglianza e affidare alla disciplina delle forze dell’ordine. Da allora il diritto di polizia ha improntato la legislazione e, più in generale, l’atteggiamento verso gli stranieri immigrati.

Già la legge Martelli, che ha contribuito a regolamentare il soggiorno degli stranieri, era dettata dalla logica poliziesca: prevedeva misure di contrasto all’immigrazione “illegale” mentre non considerava né i diritti umani né l’inserimento degli stranieri nella società civile. Tra esigenze di ordine pubblico e emergenza umanitaria, la legislazione che, da un decreto all’altro, si è andata sviluppando nel corso degli anni novanta, ha introdotto l’obbligo di dimora in vista di “accertamenti supplementari” per stabilire l’identità e procedere all’espulsione.

La parola “centri” compare per la prima volta nella legge Puglia che dopo l’internamento degli albanesi nello stadio di Bari mirava a disciplinare la gestione degli sbarchi; nascono di qui i centri di accoglienza, nell’ambiguità, tra assistenza e controllo.

La detenzione amministrativa degli stranieri è stata introdotta dalla legge del 6 marzo 1998, detta Turco-Napolitano. Al respingimento e all’espulsione si aggiunge la possibilità che lo straniero possa essere trattenuto, per un massimo di trenta giorni, in un “centro di permanenza temporanea” (CPT). La decisione viene attribuita al questore. Sorgono in tal modo, con un successivo cambio di acronimo, i CIE.

Com’è noto, la legge Bossi-Fini ha inasprito ulteriormente le misure contro l’immigrazione, estendendo il periodo di trattenimento nel CIE e privilegiando l’espulsione. Di fatto ha confermato la logica poliziesca, sottesa già alla legislazione precedente, affidando la “detenzione umanitaria” ai burocrati della sicurezza. I centri per identificare e espellere gli stranieri sono stati così sottratti al diritto e lasciati al controllo e alla discrezione delle forze di polizia.




Su quali basi poggia la politica della paura nei confronti degli stranieri poveri? E quali sono le conseguenze di questa politica?



La battaglia contro la criminalità, accortamente spettacolarizzata, ha assunto un rilievo smisurato rispetto ai grandi problemi sui quali dovrebbe piuttosto concentrarsi l’attenzione pubblica. Non ci si interroga sulle cause e tutto viene ridotto a drastiche prese di posizione. Così viene messo in scena un mondo suddiviso tra criminali e custodi dell’ordine. E si punto l’indice contro l’estraneo che è il sospetto, lo straniero che è il nemico, l’immigrato che è il criminale.

La difesa dell’identità territoriale passa attraverso la messa al bando di quegli “scarti” che invadono le vie delle metropoli: mendicanti molesti, lavavetri, zingari, profughi, extra-comunitari, migranti da espellere. I media, a loro volta, amplificano e drammatizzano contribuendo efficacemente alla stigmatizzazione. La lotta alla criminalità diventa spettacolo mediatico, mentre si fa labile il confine tra i “fatti di cronaca” riportati dal Tg e la trama del telefilm dove eroici detective rischiano la vita per la sicurezza di tutti. La paura cresce. Si può parlare di una politica della paura, oculatamente alimentata, effetto di una quotidiana orchestrazione mediatica.

La retorica dell’invasione va letta nel contesto di questa più ampia politica della paura. Non si tratta solo di trasformare gli stranieri – alcuni e non altri – in comodi nemici. Si tratta anche di imporre a tutti i cittadini il “noi” delle élite egemoni, preoccupate per le rivendicazioni di giustizia sociale che le migrazioni mettono in moto. Chi è dunque il noi che ha paura? È quello di chi vorrebbe occultare le disuguaglianze del mondo globalizzato rimuovendo così anche le proprie responsabilità politiche. Gli stranieri non sono infatti esclusi, ma sono invece attratti e respinti secondo un complesso dispositivo con cui si vuole governare la mobilità dei migranti e ottenere la flessibilità di tutti.





Qual è la sua opinione riguardo all'operazione “Mare Nostrum”?



Io penso che il dovere dell’ospitalità, che per secoli non è mai stato messo in discussione, sia il pilastro di una società civile. E penso anche che non si possa limitare il diritto alla mobilità di nessun essere umano. In crisi sono oggi i diritti umani che sono tutelati solo dagli stati-nazione. Chi non appartiene a uno stato, chi si trova senza cittadinanza e senza passaporto, è escluso anche dai diritti umani. Occorre in tal senso ripensare i diritti umani. E occorre inoltre interrogarsi sul razzismo. C’è chi crede che razzismo sia la convinzione che esistono le razze. Direi che il razzismo, eredità del passato ultimo europeo, è la pretesa di scegliere con chi coabitare. Su questo ho insistito nel mio libro. “Mare nostrum” è il minimo che si possa fare. Ma dopo aver salvato una vita in mare, non la si può segregare in un campo.




giovedì 20 novembre 2014

Guida psicosociale per operatori che si occupano di Minori Stranieri non Accompagnati


In occasione della Giornata mondiale dell'infanzia e dell'adolescenza l'Associazione per i Diritti Umani propone una settimana di proiezioni cinematografiche presso il cinema Beltrade di Milano, in collaborazione con il C.O.E. (Centro Orientamento Educativo) che ringrazia.



E, di seguito, un articolo sulla Prima guida psicosociale per Operatori impegnati nell'accoglienza dei Minori Stranieri Non Accompagnati.

Minori non accompagnati (MSNA): l'importanza dell'ascolto



Dobbiamo iniziare da alcuni dati statistici: il 23,1% dei minori stranieri non accompagnati registrati risulta irreperibile; dei 9.337 minori segnalati, 693 sono ragazze e bambine; di queste, 176 sono scomparse. In generale, circa un quinto dei migranti che arrivano in Italia è costituito proprio da individui al di sotto della maggiore età.
Arrivano spesso da soli - o affidati a persone estranee - e senza un adeguato accompagnamento pratico e psicologico, come afferma Federica Giannotta, Responsabile Advocay e Programmi Italia di Terres des Hommes: “Nelle strutture deputate alla primissima accoglienza di questi ragazzi non sono previsti servizi di adeguata assistenza psicologica e psicosociale in grado di ascoltare i bisogni più profondi di questi minori estremamente vulnerabili...Ansia, paura, depressione, rabbia, confusione, persino paranoia, accompagnano questi giovani che hanno come unico obiettivo iniziare prima possibile il progetto di vita per il quale hanno lasciato tutto. Se non si sentono ascoltati, compresi o supportati o riscontrano una carenza d'informazioni sui propri diritti, sono spinti alla fuga”. Da qui nasce la Prima Guida psicosociale per Operatori impegnati nell'accoglienza dei Minori Stranieri Non Accompagnati, realizzata proprio da Terres des Hommes grazie al finanziamento della Fondazione Prosolidar e scaricabile sul sito www.terresdeshommes.it

Come ha recentemente ricordato il Garante per l'infanzia e l'adolescenza, Vincenzo Spadafora: “ Sappiamo tutti in che situazioni emergenziali lavorimo spesso gli operatori impegnati con i minorenni stranieri non accompagnati. Sappiamo quanto pesino la mancanza di un sistema di accoglienza basato sull'interesse dei minorenni in viaggio e la scarsità di fondi. Questa Guida è uno stimolo per tutti noi a fare meglio”. Curatori della Guida sono Giancarlo Rigon, psichiatra e neuropsichiatra infantile, e Federica Giannotta; hanno collaborato anche Alessandra Ballerini, avvocato esperta in Diritto dell'Immigrazione, Lilian Pizzi, psicologa e psicoterapeuta, coordinatrice del progetto Faro a Siracusa e Zouhaira Ben Abdelkader, mediatrice culturale.

L'obiettivo del progetto Faro è quello di “offrire una protezione afficace ai ragazzi e alle ragazze che fuggono da conflitti, violenza, povertà e sfruttamento”, come afferma Vittoria Ardino, Presidente Società Italiana per lo Studio e lo Stress Traumatico, “ Vogliamo evitare che corrano rischi anche nel nostro Paese, per esempio allontanandosi dai centri di accoglienza sentendosi non compresi o trascurati”. La Dott.ssa Ardino, nella prefazione della Guida, infine, ribadisce: “ L'approccio psicosociale, trattandosi di minori in una situazione di emergenza complessa, permette di mettere il bambino in sicurezza mitigando, attraverso un'accoglienza che cura, la riattivazione di sintomi post-traumatici”.

Bambini e ragazzi a rischio, dunque, che vanno sostenuti e aiutati nel loro percorso di adattamento ad una situazione completamente nuova, ma che devono anche elaborare tutto il male che hanno visto e vissuto, pur essendo così giovani.


giovedì 26 giugno 2014

Giornata mondiale contro la tortura


In occasione del 26 giugno, Giornata Mondiale contro la Tortura, la Campagna LasciateCIEntrare vuole lanciare una riflessione sul tema, partendo dalla denuncia di quei luoghi che calpestano la dignità e i diritti delle persone: i CIE.   
I Centri di identificazione ed espulsione rappresentano una violazione dell'articolo 3 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo:
“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”.
Ce lo spiega bene Lassad, che da uomo libero è finito al CIE di Ponte Galeria, vivendo così sulla sua pelle un trattamento inumano che mai dimenticherà. Prima di Ponte Galeria era transitato per Bari e Trapani.
“Mi sono trovato nel CIE con delle persone con le bocche cucite. Mi sono domandato, dove sono? In Afghanistan, a Beirut!? Non è logico che nel 21esimo secolo esistano questi luoghi chiamati CIE e che delle persone per far sentire la propria voce arrivino a compiere gesti estremi, persone che si cuciono la bocca con ago e filo per protesta. Ma dove siamo?!”.
Siamo nei CIE, strutture che nascono per trattenere gli stranieri sottoposti a provvedimenti di espulsione e o di respingimento, ma che in realtà non sono nient’altro che dei lager autorizzati. Gli immigrati reclusi vivono senza dignità, senza diritti.
Entrano ed escono dal CIE: “Non hai un documento e ti mettono li per un anno e mezzo. Massimo 6 mesi a Ponte Galeria. Solo perché non hai documenti devi passare il resto della vita ad uscire e rientrare nei CIE”.
Lassad vive in Italia da 22 anni e questa nazione con la sua politica la conosce bene “il bello della politica italiana: parole parole parole ! I CIE non sono la soluzione! 41 euro, vale così poco la vita umana?
Siamo la Banca d’Italia, entrano soldi, siamo la conseguenza di una causa, dunque siamo un prodotto e come prodotto ha un suo prezzo”.
Vite umane spezzate, rinchiuse senza nessuna colpa, si trovano a dover contare le loro sbarre: “Passo la mia giornata a contare le sbarre che sono attorno al perimetro della mia stanza. Per la precisione sono 206, su 18 passi e mezzo di lunghezza, su 8 passi e mezzi di larghezza, questo è il perimetro della mia stanza” così ci racconta Lassad.
Lassad è ora di nuovo un uomo libero, gli domandiamo “cosa diresti ai tuoi compagni che sono rimasti nei CIE?
L’arma è diventata troppo sottile. Cercano di colpirvi nell’anima, sfiancarvi la resistenza. Questi posti ti spezzano
l’anima... Tenete duro!
La Campagna LasciateCIEntrare chiede che non vengano riaperti i CIE di Gradisca d'Isonzo, Milano, Palazzo S.Gervasio e che chiudano tutte le strutture di detenzione amministrativa per stranieri. #MAIPIUCIE
E’ possibile vedere l’intervista video integrale sul sito: www.lasciatecientrare.it

venerdì 20 giugno 2014

Dall'Afghanistan alla Turchia, direzione Europa: per il diritto alla vita

di Basir Ahang

Ringraziamo tantissimo Basir Ahang per aver scritto per noi il seguente articolo che pubblichiamo in occasione della Giornata mondiale del Rifugiato, oggi 20 giugno 2014. 

La Giornata Mondiale del Rifugiato si celebra in tutto il mondo il 20 giugno. Indetta dalle Nazioni Unite per la prima volta nel 2001 in occasione del cinquantesimo anniversario della Convenzione di Ginevra, questa giornata serve a ricordare ogni anno le milioni di persone che a causa della guerra o delle persecuzioni sono costrette a fuggire dal loro Paese. Oggi vi sono più di 36 milioni di rifugiati nel mondo e il numero sembra tragicamente destinato a salire. In occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato, l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) seleziona un tema comune per coordinare gli eventi celebrativi in tutto il mondo. Quest’anno un tema che molti rifugiati vorrebbero proporre all’UNHCR è quello dei richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan bloccati in Turchia da anni e delle tragedie che colpiscono queste persone quando tentando di raggiungere la Grecia. In Turchia il 12 aprile di quest’anno, i rifugiati provenienti dall’Afghanistan, avevano iniziato una manifestazione pacifica e uno sciopero della fame di fronte all’ufficio dell’UNHCR ad Ankara per protestare contro la mancata verifica delle loro richieste di protezione internazionale e della conseguente situazione di precarietà ed incertezza in cui gli stessi sono costretti a vivere. La manifestazione è stata condotta soprattutto dalle donne, molte delle quali si sono cucite la bocca in segno di protesta. 




 
 

Senza un documento i rifugiati in Turchia non possono lavorare, i bambini non possono studiare e i loro diritti più basilari non vengono nemmeno presi in considerazione. La registrazione dei rifugiati è di vitale importanza anche perché permette il loro reinsediamento in un Paese Terzo. Dal primo dicembre 2012 l’UNHCR ha sospeso la registrazione dei rifugiati provenienti dall’Afghanistan, come si può leggere nell’annuncio esposto sulla porta del loro ufficio ad Ankara. Interrogato sulla vicenda da alcuni giornalisti UNCHR non ha fornito alcuna spiegazione delle nuove politiche da loro adottate nei confronti dei rifugiati. 



Traduzione dell’annuncio: “L’Alto commissariato delle Nazioni Unite ha sospeso la registrazione per la verifica dello status di rifugiato e per il reinsediamento in Paesi Terzi dei rifugiati provenienti dall’Afghanistan. Il provvedimento è stato rinnovato a partire dal 6 maggio 2013”.




La Turchia rappresenta da sempre il corridoio attraverso il quale accedere all’Europa. Dal 2010 Frontex (l’agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea) ha tentato di chiudere le vie di accesso al confine tra Grecia e Turchia, ma ciò non ha comunque impedito ai richiedenti di continuare a rischiare la loro vita per fuggire dalla guerra e dalle persecuzioni. In Grecia i rifugiati subiscono ogni tipo di angherie e di violenza da parte della polizia greca. Un caso in particolare è tragicamente salito alle cronache. Nel gennaio di quest’anno un gruppo di rifugiati che stava tentando di raggiungere le coste greche è stato respinto in mare con la forza dalla guardiacostiera greca. Durante il respingimento la barca si è rovesciata e molte donne e bambini a bordo sono caduti in acqua; quando chi stava annegando ha tentato disperatamente di aggrapparsi all’imbarcazione dei guardiacosta, gli uomini a bordo li hanno rigettati in mare ed hanno impedito ai rifugiati di salvare i loro cari minacciandoli con delle pistole. Alla fine nove bambini e tre donne sono morte, uccise dalla guardiacostiera greca.




Uno degli intervistati del seguente video era riuscito in precedenza a raggiungere la Norvegia, Paese dal quale era stato rimpatriato in Afghanistan. Dall’Afghanistan, l’uomo, assieme alla sua famiglia aveva tentato nuovamente di fuggire con la speranza di salvarsi la vita. 

Questa situazione non riguarda solo i rifugiati provenienti dall’Afghanistan, ma anche quelli che fuggono dalle altre guerre che insanguinano oggi il nostro mondo. Non resta che augurarsi che arrivi presto il giorno in cui non occorrerà più una giornata mondiale per ricordare i morti ed i vivi a cui non è concesso vivere.



English version: 
 
From Afghanistan to Turkey, Europe direction: for the right to life.
By Basir Ahang


We’d like to thank very much Basir Ahang for writing the following article that we are going to publish today, 20th June 2014, on the occasion of the World Refugee Day.

The World Refugee Day is celebrated worldwide on June 20th. Held for the first time in 2001, by the United Nations, on occasion of the 15th anniversary of the Geneva Convention, this day celebrates the million people who are forced to leave their countries, every year, because of wars or persecutions. Today there are more than 36 million refugees in the world, and this number seems tragically destined to rise. On the occasion of the World Refugee Day, the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) selects a common theme to coordinate the celebratory events throughout the world. This year, a theme that many refugees would like to propose to UNHCR, is that of asylum seekers from Afghanistan, who have been blocked in Turkey for years, and of the tragedies that affect these people when they try to reach Greece. In Turkey, this year, on 12th April, the refugees from Afghanistan started a peaceful demonstration and a hunger strike in front of the UNHCR office in Ankara, to protest against the lack of verification of their applications for international protection and the resulting situation of precariousness and uncertainty in which they were forced to live. The event was carried out mainly by women, many of them with their mouths sewn in protest.

In Turkey, without any document, refugees cannot work, children cannot study and their most basic rights are not even taken into consideration. The registration of refugees is vital, also because it allows them to resettle in a Third Country. From 1st December 2012, the UNHCR has interrupted the registration of refugees from Afghanistan, as it is written in the notice on the door of their office in Ankara. When questioned on the matter by some journalists, UNCHR did not provide any explanation of the new policies adopted by them

concerning refugees.


 
 
Translation of the announcement: "The High Commissioner of the United Nations has suspended the registration for the verification of refugee status and resettlement in third countries of refugees from Afghanistan. The measure has been renewed since May 6, 2013”.

Turkey has always been the corridor for access to Europe. Since 2010, Frontex (European Agency for the Management of Operational Cooperation at the External Borders of the Member States of the European Union) has been attempting to close the access to the border between Greece and Turkey, but this has not prevented the applicants to keep on risking their lives to escape from war and persecution. In Greece, the refugees suffer all kinds of harassment and violence by the Greek police. In particular, a case has tragically gone up to the news. Last January, a group of refugees trying to reach the Greek coasts was violently rejected by the Greek coast guard. During the rejection the boat capsized and many women and children on board fell into the water. Those of them who were drowning, desperately tried to cling to the boat of the coast guards, but they were thrown again into the sea by the men on board, who also prevented refugees to save their relatives and friends threatening them with guns.

Finally, nine children and three women died, killed by the Greek coast guard.

One of the protagonists of the following video had once been able to reach Norway, country from which he had been repatriated to Afghanistan. Once in Afghanistan, he had tried to escape again, with his family, hoping of saving his life.

This situation affects not only the refugees from Afghanistan, but also the ones escaping from the several wars that afflict our world today.

Our hope is that, one day, to have a world day to remember dead people and living ones who are not allowed to live, won’t be necessary any more.

 

domenica 8 giugno 2014

Per la Giornata mondiale del rifugiato: una prima comunicazione


Anche oggi pubblichiamo una comunicazione che speriamo possa interessare a molti.

Domani ricominciamo ad aggiornarvi con le interviste, gli articoli e gli approfondimenti. Buona giornata!



venerdì 7 marzo 2014

Festa della donna, domani 8 marzo 2014: iniziative a Milano e un invito a Roma



A MILANO


Sabato 8 marzo 2014 aprirà la Casa delle Donne nella ex scuola di via Marsala 8

Ecco il programma della giornata di inaugurazione, a partire dalle ore 14,30:



Stanza delle parole: Monologhi, letture, interpretazioni di ex allieve della scuola Paolo Grassi, una giovane attrice iraniana, le comiche del gruppo ‘Le Brugole’, le attrici di teatro Arianna Scommegna, Lella Costa, Ottavia Piccolo, Angela Finocchiaro. Ospite d’onore l’attrice Lucilla Morlacchi.



Stanza della musica: Pianoforte, violoncello, violino, flauto: musiche da camera di Bach, Schumann, Ravel, Casella suonate dalle allieve della scuola Civica di ; a seguire l’arpa di Floraleda Sacchi, la chitarra e voce di Maria Vittoria Jedlowski.



Stanza del cinema: cortometraggi delle allieve della Scuola Civica di Cinema, filmati e documentari di registe impegnate sulle tematiche delle donne e lo spot girato dall’attrice Angela Finocchiaro per la Casa delle Donne.



Stanza delle arti visive: 24 studentesse dell'Accademia di Brera eseguiranno la performance ‘pelle d'oca’.




Stanza delle domande: Perché una Casa delle Donne oggi a Milano? Quali servizi e attività offrirà? Le responsabili dei gruppi di lavoro della Casa delle Donne dialogheranno con le visitatrici e le socie. Si svolgerà una conversazione tra giovani blogger e giornaliste (Eleonora Cirant, Claudia De Lillo, Camilla Gaiaschi, Carlotta Jesi, Luisa Pronzato) che diranno la loro sulla Casa e sul ruolo delle donne nei nuovi media.



Stanza del ben-essere e movimento: Sarà possibile sperimentare modi diversi di stare insieme attraverso l’utilizzo di diversi strumenti come: Arteterapia, Biodanza, Danza afro -cubana, Yoga, metodo Feldenkrais, ginnastica posturale.


Negli altri spazi della Casa saranno esposte mostre e dipinti: dagli scroll ‘Singing women’ delle donne cantastorie del Bengala, alle fotografie sulla violenza raccolte dell'associazione di giornaliste Giulia. Dalle opere di cinque giovani allieve di Brera agli scatti della freelance italo-giordana-palestinese Fatima Abbadi fino agli ‘Arazzi della legalità’ realizzati dalla sezione femminile del carcere di Bollate con l’aiuto dell’Accademia di Brera.





Inoltre, il Gabinetto del Sindaco ha aperto una nuova casella di posta elettronica (
manifestioffensivi@comune.milano.it) alla quale le cittadine e i cittadini possono segnalare le pubblicità che non rispettano il corpo della donna e la sua dignità.
 
 
 

A ROMA
 

Alle ore 16.00-18.30 presso l’Istituto Nazionale per la Salute Migranti e il Contrasto delle malattie delle povertà per un evento dedicato a Samia Yusuf Omar, atleta somala morta in mare sognando le Olimpiadi di Londra.
Ripercorreremo, attraverso il libro di Giuseppe Catozzella “Non dirmi che hai paura”, la vicenda dell'atleta somala dalle strade di Mogadiscio ai Giochi di Pechino 2008, fino a quell'ultimo fatale viaggio della speranza che l’ha portata sulle rive di Lampedusa.
Benvenuto di Concetta Mirisola, Direttore INMP
Intervengono:
Sen. Yosefa Idem, - Campionessa olimpionica
Giuseppe Catozzella - Autore del libro “Non dirmi che hai paura” (Feltrinelli)
Ana Bulcu Butea - Mediatrice culturale INMP
Kaha Mohamed Aden - Scrittrice somala
Modera Francesca Bellino, giornalista e scrittrice
Saluti finali di Livia Turco e Rosa Russo Iervolino
Proiezione del cortometraggio “Attese” di Emanuela Piovano ispirato al tema della cittadinanza
Istituto San Gallicano, Via di San Gallicano 25/A - Sala Agostini.