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domenica 3 gennaio 2016

Due visite al CIE di Ponte Galeria, le tante ragioni per volerlo chiuso




Il 3 dicembre 2015, una delegazione della Campagna LasciateCIEntrare è entrata nel CIE di Ponte Galeria, grazie alla possibilità venutasi a creare con l’ingresso dell’europarlamentare Elly Schlein (S&D) del deputato Stefano Fassina (SI) della Portavoce dell’europarlamentare Barbara Spinelli, Daniela Padoan.
Si è avuta l’opportunità di restare nel centro per quasi l’intera giornata, visitando con meticolosità tanto il settore maschile che quello femminile. Una visita precedente, sempre della Campagna, si era già svolta il 30 novembre scorso.
E pur apprezzando la disponibilità a garantire l’ingresso nel Centro, ci sembra opportuno segnalare alcuni elementi di estrema gravità.
 
  1. Le condizioni del centro (mancanza di riscaldamento e in alcuni settori di acqua calda, wc alla turca rotti, perdite di acqua anche nei locali mensa, sporcizia e cedimenti strutturali, assenza di adeguate forniture igieniche e di vestiario) sono assolutamente inadeguate a garantire la dignità delle persone trattenute. La direzione ha dichiarato di aver lungamente chiesto un intervento mai effettuato che comunque porterebbe a dover temporaneamente diminuire il numero di persone trattenibili nel centro, oggi quasi al limite della capienza (196 persone sui 250 considerati tetto massimo).
  2. L’altissimo numero di ragazze prevalentemente nigeriane, colpite subito dopo l'ingresso in Italia da provvedimento di respingimento cd. differito e decreto di trattenimento e ristrette al CIE dove, finalmente rese edotte della possibilità di richiedere asilo, hanno tutte inoltrato richiesta di protezione internazionale. In questi giorni le donne sono la maggioranza fra i trattenuti (105 rispetto ai 91 uomini). Queste donne, come tutti i richiedenti protezione, se il loro trattenimento è stato convalidato (come avviene quasi sempre) dal tribunale ordinario, restano rinchiuse nel Cie fino al momento della convocazione in Commissione per l’intervista ed alla successiva decisione.
  3. Nei casi in cui il tribunale non convalida il trattenimento, a detta del direttore del cento il 90%, i richiedenti protezione vengono liberati e tradotti in un Centro di Accoglienza Straordinaria, in attesa della decisione della Commissione territoriale. Nei casi in cui il trattenimento venga convalidato o prorogato (tutti quelli nei quali ci siamo imbattuti) la privazione della liberà può durare - a causa delle recenti modifiche introdotte con l'art. 6 del decreto legislativo 142/2015 - fino 12 mesi, in attesa dapprima della decisione della Commissione e poi, qualora la decisione sia negativa, dell'esito del ricorso avverso il diniego.
  4. Di fatto il CIE di Roma risente dell’effetto “hotspot” per cui diviene il luogo dove rinchiudere in attesa di rimpatrio le persone che, appena approdate dopo essere state salvate in mare anche da navi di soccorso “indipendenti” come quelle di Msf, sono state evidentemente registrate, subito dopo la fotosegnalazione, come “Cat 2” (ingresso irregolare) secondo quanto indicato nella “Road Map Italiana” del 28 settembre 2015 a firma del Ministro dell'Interno (che non ha alcun valore di legge né dovrebbe poter incidere sui diritti inviolabili degli stranieri in ragione della riserva di legge posta dall'art. 10 comma 2 costituzione). In sintesi, appena approdati i profughi vengono divisi (presumibilmente in base alla nazionalità, atteso che non viene fornita loro alcuna informativa sulla possibilità di chiedere protezione) tra “irregolari” e “ricollocabili” ovvero potenziali richiedenti asilo.
  5. Agli irregolari viene prontamente notificato un decreto di respingimento con ordine di lasciare il territorio e fare rientro nel proprio paese entro sette giorni via Fiumicino, e a molti di loro viene anche notificato il decreto di trattenimento sulla base del quale vengono condotti (spesso senza soluzione di continuità) nel Cie di Roma.
  6. Solo qui resi, edotti della possibilità di chiedere protezione messi nelle condizioni di manifestare tale volontà, presentano apposita istanza che comporterà, come detto, specifica ed ulteriore convalida del trattenimento che potrà protrarsi nella peggiore delle ipotesi fino ad un anno, diversamente da quanto accade per gli altri trattenuti per i quali i termini massimo di trattenimento scadono al novantesimo giorno.
  7. E' da segnalare a tale proposito che nei decreti viene indicato come presupposto del trattenimento la pretestuosità della domanda di protezione in quanto presentata dopo il decreto di respingimento quando invece di fatto è stato impedito (anche a causa della mancata ed idonea informativa legale) ai profughi appena approdati di chiedere asilo prima del respingimento. Si tratta di una truccata gara contro il tempo: la pubblica amministrazione notifica immediatamente il respingimento ai profughi di modo da poter indicare come pretestuosa al domanda di protezione fatta dopo e quindi di poter avvalorare il trattenimento fino a 12 mesi e l'eventuale rimpatrio.
  8. Questa operazione non solo è illegittima perché contraria alla normativa in materia di protezione e asilo e posta in violazione di diritti fondamentali della persona, ma è inutilmente costosa. Trattenimenti, udienze, gratuiti patrocini, trasferimenti, scorte, rimpatri, procedimenti giudiziari e amministrativi, costano allo stato italiano molti più soldi della semplice accoglienza dei richiedenti asilo.
  9. Anche alla luce dell’incontro con personale della questura, permane forte il dubbio che ad intervenire almeno in un caso di rimpatrio, quello del 17 settembre verso Lagos, con un volo charter che si è fermato per varie tappe europee, siano stati presenti funzionari di FRONTEX. Un elemento su cui è necessario un chiarimento da parte delle autorità interessate.
  10. Un altro elemento problematico è legato alla presenza di funzionari dei consolati che debbono svolgere il proprio mandato di riconoscimento dei trattenuti e di rilascio di documento di viaggio Alcuni paesi non rispondono a tale richiesta, altri identificano i propri connazionali ma non forniscono poi il nulla osta necessario al rimpatrio, altri ancora effettuano identificazioni sommarie che comportano il rischio - già presentatosi con una presunta minorenne nigeriana - di identificazioni (e conseguenti provvedimenti di rimpatrio) di massa e quindi potenzialmente fallaci, poste anche ai danni di persone ad alto indice di vulnerabilità e dunque potenzialmente inespellibili.
  11. Per quanto riguarda le ragazze nigeriane - la cui età copre generalmente un range che va dai 18 ai 25 anni, anche se molte sembrano minorenni - oltre ad essere quasi sempre vittime di violenze atroci subite in Libia, raccontano frammenti di storie e portano avanti richieste (come quella di acquistare un modesto cellulare per poter utilizzare la scheda SIM di un unico gestore, con numero italiano e contatti già definiti) che sembrano palesi indizi di tratta finalizzata allo sfruttamento per motivi sessuali.
  12. Fra gli uomini, invece, coloro che hanno ricevuto il decreto di respingimento sono decisamente in percentuale inferiore: quasi tutti sono stati colpiti da decreto di trattenimento in seguito a decreto di espulsione. Molti di loro si trovano in Italia da alcuni anni ed erano già titolari di permesso di soggiorno poi venuto a scadere. Continua ad esserci l’afflusso di ex detenuti, non congruamente identificati o privi comunque del nulla osta necessario rilasciato dalle autorità del Paese d'origine per il rimpatrio forzato. Persone che ormai con frequenza vengono tradotte nel CIE, liberate dopo la convalida o la proroga del trattenimento e poi nuovamente fermate e trattenute, a dimostrare di come occorra un cambiamento strutturale della legge.
Gli uomini presenti al momento della visita sono per lo più provenienti da paesi del Maghreb e dall’Africa Sub- Sahariana, meno gli asiatici e gli europei, la loro età media è più alta rispetto alle donne. Abbiamo incontrato fra gli altri gli uomini fermati nel Centro di Accoglienza Baobab il 24 novembre scorso, sono in 11, ognuno con una propria storia particolare. Fra questi un ragazzo della Guinea Bissau, che parla unicamente mandinga e si dichiara ed appare visibilmente minorenne. Nel suo caso l'esame rx del polso si è rivelato una volta di più invasivo e totalmente fallace ai fini dell'accertamento dell'età. L’inattendibilità degli esami radiologici risulta evidente dalla lettura della relazione resa dal Prof. Ernesto Tomei (Radiologo - Professore Associato, Dipartimento di Scienze Radiologiche Università di Roma “La Sapienza” sentito in qualità di massimo esperto in materia anche nella seduta della Bicamerale Infanzia del 25 ottobre 2010) a tenore della quale: L’atlante dell’età ossea di Greulich e Pyle, è il più comunemente usato per la pratica clinica. Il test di Tanner e Whitehouse appare per alcune aspetti più dettagliato ma è meno usato perché considerato più farraginoso. Entrambi si basano sulla radiografia mano/polso (…...) In riferimento alla situazione Italiana ed Europea bisogna considerare che la presenza di immigrati di diversa provenienza rende comunque problematico l’uso di questi atlanti. E’ stato anche proposto di vietarli per legge. Una ricerca su più popolazioni appare complessa e potrà tuttavia essere programmata solo successivamente ad uno studio della popolazione presente in Italia”.
  1. Peraltro già il 9 luglio 2007 era stata emanata una circolare del Ministro dell’Interno, che introduceva nuovi criteri per accertare le generalità in caso di d’età incerta, ed imponeva la presunzione di minore età nel caso di dubbio, proprio per evitare il rischio di adottare erroneamente provvedimenti gravemente lesivi dei diritti dei minori, quali l’espulsione, il respingimento o il trattenimento, anche in considerazione del margine di errore fino a due anni dell'esame tramite misurazione del polso. Il superamento di tale modalità di accertamento dell'età è stato raccomandato da tutte le ong competenti nonché dal Parlamento Europeo (risoluzione 12 settembre 2013)
  2. Erano presenti poi uomini fermati in seguito ad accertamenti anti terrorismo (in moschea o ai danni di uomini “barbuti”) estranei a qualsiasi attività terroristica ma privi di permesso di soggiorno.
  3. Abbiamo avuto conferma che una parte dell’assistenza sanitaria ai trattenuti verrà garantita da ora in poi, attraverso prestazioni dirette della ASL RMD. Il protocollo firmato nello stesso giorno della nostra visita prevede che tale collaborazione riguarderà esclusivamente le visite all’arrivo, finalizzate a alla presa in carico o meno dei singoli nel CIE e le analisi nel corso della detenzione: i detenuti non dovranno più essere portati all’esterno per le analisi in quanto la ASL ha un proprio laboratorio che potrà occuparsi di analizzare i prelievi che saranno svolti internamente dal personale medico del CIE e che saranno poi inviati alla ASL. L’assistenza medica dentro al CIE rimane invece totalmente ed unicamente responsabilità dell’ente gestore con il proprio personale medico-infiermieristico rispetto alla quale molti detenuti han lamentato l’insufficienza e inadeguatezza.
  4. Abbiamo avuto modo di incontrare, tanto nel settore femminile che in quello maschile, numerosi e comprovati casi di vulnerabilità che necessitano di urgentissimo intervento. Stati depressivi o di frustrazione, determinate anche dall'assoluta inadeguatezza dei luoghi a garantire la dignità dei trattenuti, dall'assenza di prospettive future, stanchezza, stato di abbandono e inattività, condizioni tutte in grado di generare fenomeni di autolesionismo e tendenze al suicidio. Più di una delle persone con le quali abbiamo interloquito ci ha manifestato di non poter sopportare un eventuale rimpatrio forzato, per le conseguenze drammatiche e fatali che questo comporterebbe.
  5. Un'attenta analisi merita la questione dell’accesso alla difesa. Molte delle persone incontrate hanno avuto unicamente un avvocato d’ufficio del quale riferiscono di ignorare anche il nome (peraltro in molti dei fogli consegnati ai trattenuti nello spazio bianco in cui dovrebbe essere segnato il nome dell'avvocato designato per la convalida, appare la scritta “ufficio” al posto delle generalità del difensore.) Altro problema serio deriva dal fatto che molte persone, soprattutto le ragazze nigeriane, si sono ritrovate quasi tutte come avvocato assegnato il medesimo difensore, peraltro avvertito quasi contestualmente all'ente gestore dell'invio dei fermati nel Cie
  6. Sempre in base alle testimonianze raccolte, il legale in questione è presente all’atto della convalida (il “gettone” di udienza con il gratuito patrocinio garantisce un introito di 120 euro per ogni singola udienza) ma poi non si impegna con il medesimo zelo nelle fasi successive di eventuali ricorsi avverso il rifiuto di protezione da parte della Commissione, fasi per le quali non risulta esistere alcuna automaticità di accesso al gratuito patrocinio. Comunque la sola presenza delle associazioni di tutela – che operano soprattutto con le donne – e dei legali che ormai gravitano stabilmente intorno al centro risulta insufficiente per garantire quel diritto alla difesa fondamentale per chi al momento è privato della libertà personale ma poi potrebbe anche essere oggetto di rimpatrio forzato.    

lunedì 19 ottobre 2015

Barbara Spinelli denuncia l’operazione di rimpatrio di venti donne nigeriane potenziali vittime di tratta




Barbara Spinelli, eurodeputato al Parlamento Europeo GUE/NGL denuncia l’operazione di rimpatrio di venti donne nigeriane potenziali vittime di tratta effettuata il 17 settembre a Roma.


Bruxelles, 15 ottobre 2015

 

Dopo il rimpatrio forzato di circa venti donne nigeriane vittime di tratta, avvenuto il 17 settembre a Roma, BarbaraSpinelli ha inviato una lettera di denuncia al Viminale, all’agenzia europea Frontex e, per conoscenza, all’Ombudsman e al sottocomitato Onu contro la tortura.

 

Le donne soggette a procedura di rimpatrio facevano parte di un gruppo di sessantanove nigeriane soccorse in mare, sbarcate a Lampedusa e Pozzallo e condotte nel Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma) il 23 luglio scorso. Tutte avevano dichiarato di aver subito violenza dall’organizzazione Boko Haram, o di essere state comprate da trafficanti per poi essere vendute sul mercato europeo della prostituzione. Tutte avevano subito ricatti psicologici e molte portavano il segno di cicatrici, ustioni e torture inflitte dai loro aguzzini per essersi ribellate.

La maggior parte aveva fatto richiesta di protezione umanitaria e ricevuto un diniego da parte della Commissione territoriale, contro il quale gli avvocati avevano presentato ricorso.


Il rimpatrio del 17 settembre è stato programmato nonostante fossero in corso le pratiche per la sospensione del diniego e – cosa ancor più grave – è stato eseguito malgrado il contemporaneo pronunciamento del Tribunale di Roma, prontamente comunicato alla Questura dagli avvocati della Clinica Legale dell’Università di Roma 3. Nonostante la pressione esercitata dagli attivisti nell'aeroporto di Fiumicino, una sola donna nigeriana cui era stata concessa dal Tribunale la sospensione dell'esecutività del rimpatrio è stata fatta sbarcare. Almeno altre due destinatarie di un ordine analogo – notificato alle 13.43 dagli avvocati alla Questura di Roma, dunque ben prima che l’aereo lasciasse il territorio italiano, alle 15.30 circa – sono state rimpatriate, contravvenendo alla pronuncia del Tribunale.

Nello stesso giorno, sono stati emessi altri dodici provvedimenti di sospensione.

 
Barbara Spinelli ha chiesto di conoscere le modalità, la pianificazione e i responsabili dell'esecuzione dei provvedimenti di allontanamento forzato, i relativi costi e il personale impiegato nell’operazione, il numero esatto delle persone rimpatriate e le motivazioni per ogni singolo caso, con specifico riferimento all’effettiva salvaguardia del diritto alla difesa e alle ragioni per cui non si è ritenuto di attendere l’esito delle richieste di sospensione del rimpatrio.

Nella lettera si chiede se l’aereo decollato da Roma per Lagos fosse un volo charter coordinato da Frontex con altri Stati membri, se una squadra dell’Agenzia si trovasse effettivamente nel centro da dove è partita l’operazione, come riportato da testimoni, e, in questo caso, con quali compiti e mandato.

 
L'eurodeputato chiede infine come Frontex intenda garantire la trasparenza nelle procedure – in particolare l’accesso agli organi della giurisdizione nazionale per salvaguardare il diritto a un ricorso effettivo (sancito dall’art. 13 della Convenzione Europea a salvaguardia dei diritti dell’Uomo e dall’art. 13 del Regolamento frontiere Schengen e come prescritto nel Return Handbook della Commissione europea) – in caso di respingimento alla frontiera.

 
Nella lettera si sottolinea il ruolo di garanzia e controllo che deve essere svolto dalle associazioni della società civile, che sempre più vengono invece tenute all’oscuro delle operazioni di rimpatrio, malgrado i ripetuti richiami da parte dell’Ombudsman e gli impegni dichiarati dall’agenzia Frontex.



A questo link,  la lettera

mercoledì 12 agosto 2015

Respingimenti collettivi dalla Grecia


Respingimenti collettivi effettuati dalla Grecia mentre la Turchia si riprende i migranti "illegali". Ma costringe i siriani alla fuga verso l'Europa. E si muore anche sulle strade verso la costa del Mediterraneo.


da Fulvio Vassallo (da diritti e frontiere)







Questa mattina è stato diffuso in rete un grave allarme su un caso di respingimento collettivo effettuato da un mezzo non bene identificato, privo di bandiera, nelle acque dell'Egeo tra la costa turca e le isole greche. E' bene spiegare per chi non sia pratico di quella zona e dei respingimenti che i greci eseguono da anni, come sia facile respingere da un' isola sita a pochi chilometri dalla costa fino alle acque territoriali turche, talvolta basta togliere il motore del mezzo carico di "migranti illegali", rimorchiarlo dino alle acque turche, ed attendere poi che sia la Guardia Costiera turca ad eseguire il salvataggio. Una operazione che si risolve in meno di un'ora.


Abbiamo ricevuto da Nawal e diffondiamo









Dopo quasi un mese di semisilenzio adesso devo raccontare tutto altrimenti non riusciro' a continuare il mio lavoro.
Tra la Turchia e la Greci ci sono degli as...sassini in mare che vestono il ruolo di autorita' Europee e a volte Turche.
In questo momento e in questa posizione( 37°47'57.0"N 27°10'05.0"E) stanno per UCCIDERE 27 persone.
Parliamo di una grande nave militare che arriva nel posto dopo che i migranti lanciano l'sos e invece di salvare fa la seguente:
1 toglie il motore dell'imbarcazione
2 prende la benzina
3 prende le persone a bordo e le persone pensano che questo e' un salvataggio
4 prendono i coltelli e aprono strappano tutti i vestiti fino all'intimo colpendo le persone anche parti sensibili del corpo
5 rubano tutti i soldi e la media di ogni gommone e' 30 mila o 50 mila dollari
6 penserete che dopo tutto questo porteranno i migranti verso la Turchia o la Grecia....
No vi sbagliate!
7 Prendono i telefoni e tolgono le batterie restituendo a volte i passaporti.
8 bucano il gommone con i coltelli
E COME COLPO DI SCENA FINALE RIMETTONO I MIGRANTI IN ACQUA.
9 Come per magia arriva la guardia costiera Turca e prende a bordo i migranti cge a volte sono aggrappati al gommone e a volte nuotano aggrappati al salvagente ( per chi lo ha comprato prima di partire)
10 queste persone fantasma scompaiono con le loro armi in pugno e tutto questo succede con un passamontagna sulla faccia.
A chi puo' interessare la nave adesso e' qui 37°47'57.0"N 27°10'05.0"E
A volte si limitano a togliere solo il motore e spero che oggi si limitino a questo.... perche' dopo che questo e' successo i migranti non mi hanno piu' risposto.
Ah dimenticavo .. due ore prima erano qui 38.548811, 26.344768 e hanno fatto la stessa cosa con un altro gommone.
La foto ritrae una delle navi in questione.
Questo e' una foto scattata dai migranti a bordo del gommone.


Adesso possiamo dire con certezza che il mezzo che ha bloccato il barcone carico di migranti siriani, con uomini dal volto coperto che li hanno poi depredati, appartiene alla Guardia Costiera greca, non ha bandiera, ma i segni della bandiera greca sulle fiancate verso prua sono chiarissimi e dunque si tratta della stessa nave militare o di una nave gemella, comunque sempre appartenente alla Guardia Costiera greca. I segni di bandiera sulle fiancate sono inconfutabili. Il Governo greco deve dunque rispondere di quanto accaduto.


domenica 21 giugno 2015

Ventimiglia: senza solidarietà l'Europa non esiste




di Barbara Spinelli




Bruxelles, 17 giugno 2015




Schierando la Gendarmerie nationale al confine di Ventimiglia, il governo francese afferma di non aver violato né sospeso il Trattato di Schengen, e in questo non è smentito dalla Commissione europea. Di fatto, tuttavia, sta facendo qualcosa che somiglia molto a un blocco, e - più grave ancora - a un’espulsione collettiva attuata sulla base di una identificazione «prima facie» dei profughi che manifestano l’intenzione di andare in Francia, per restarvi o recarsi in altri paesi dell’Unione. Le autorità francesi hanno attuato un respingimento fisico, sommario, senza notificare alcun provvedimento formale, senza procedere a un esame individuale delle istanze, né dare possibilità di ricorso ai respinti. Le forze dell’ordine hanno, letteralmente, fatto muro, ripristinando la frontiera.

Ma l’Unione europea si è data delle regole – ben più salde e costitutive della gabbia tracciata dal Regolamento di Dublino – ed è a queste regole che occorre richiamarsi, perché senza di esse è il significato dell’Unione ad essere colpito. Il governo francese viola sia l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali sia la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Protocollo n. 4 art. 4), ignorando il divieto dei respingimenti collettivi.

Chiedete perdono per le istituzioni e le persone che chiudono le loro porte a gente che cerca aiuto e cerca di essere custodita", ha chiesto il Papa, durante l’udienza generale a San Pietro. Non è indifferente che abbia nominato per prime le istituzioni: sono le istituzioni, infatti, le prime a dover rispondere.

Abbiamo visto, in questi giorni, gli innumerevoli gesti di solidarietà di cittadini italiani e francesi, persino bambini, che continuano a portare cibo e vestiti ai profughi accampati alla frontiera o sugli scogli di Ponte San Ludovico. Ma non abbiamo visto la solidarietà degli Stati. Dobbiamo essere consapevoli di quanto questo sia gravido di conseguenze, perché la solidarietà tra Stati membri – anche finanziaria - è inscritta nei trattati: senza solidarietà, l’Europa non esiste.


giovedì 21 agosto 2014

Il caso della donna siriana e i respingimenti



Lei, Suha Al Hussein, 22 anni. Lui, Omar Jneid, 33 anni. Tre figli e uno in arrivo. Scappano, insieme al padre anziano di Omar, dalla Siria, dall'inferno. Su un barcone arrivano in Italia, a Perugia, ma non fanno richiesta di asilo perchè vorrebbero raggiungere altri parenti in Germania. Ma il loro sogno si infrange in Svizzera quando alcuni poliziotti fermano 36 profughi e li riaccompagnano forzatamente alla frontiera di Vallorbe.

Qui inizia il calvario della giovane donna: si sente male, ma viene portata, come gli altri, in un centro di identificazione e chiusa in una cella per quattro ore. Le si rompono le acque. Il marito chiede aiuto o l'intervento di un medico, ma il viaggio ricomincia. I profughi, compresa Suha, vengono caricati su un treno e rispediti in Italia. Tutto questo è accaduto lo scorso 4 luglio.

All'arrivo a Domodossola, gli agenti prestano i primi soccorsi, poi la donna viene trasferita in ospedale, ma ormai la bambina che portava in grembo è morta.

La famiglia Hussein è intenzionata a chiedere giustizia: vuole denunciare la Polizia elvetica, quella francese e si rivolgerà anche alle Nazioni Unite. Il Parlamento italiano ha avviato un'interrogazione ed è stata aperta un'inchiesta.

Il medico italiano che ha preso in cura la donna ha affermato: “ Se la donna fosse stata aiutata in Svizzera, si sarebbe potuto evitare la disgrazia”.


Il caso di Suha e del marito Omar ha riacceso i riflettori sulle pratiche dei respingimenti e noi vi vogliamo riportare la storia di una manifestazione.

#NoBordersTrain - La cronaca della giornata dai confini dell’Europa


Conquistato, violando in maniera collettiva la frontiera, il diritto a chiedere asilo senza essere respinti dalla Svizzera (già su www.meltingpot.it)


Il giorno seguente alla celebrazione della giornata mondiale del rifugiato, attivisti e migranti hanno raggiunto la stazione di Milano partendo in carovana da diverse parti d’Italia, per raggiungere con il No Borders Train il confine svizzero ed iniziare a dare concretezza a quell’asilo europeo invocato da molti ma ancora ostaggio degli egoismi nazionali degli stati, conquistando con la mobilitazione di poter presentare la domanda d’asilo senza essere respinti.
Una vittoria importante considerate le
prassi arroganti con cui le autorità svizzere respingono i richiedenti verso l’Italia.
Una conquista materiale che assume un grande nella battaglia dello spirito della Carta di Lampedusa.
Dopo essersi concentrati all’esterno della Stazione di Milano nel primo pomeriggio gli attivisti e i rifugiati sono entrati ed hanno dato vita ad una conferenza stampa per spiegare, attraverso molti interventi, le ragioni dell’iniziativa.
Si sono poi recati ai binari, presidiati dalla polizia, per prendere il treno, denunciando la militarizzazione costante che accompagna il muoversi dei migranti e dei rifugiati.
Ai binari la polizia e la Digos hanno cercato di impedire l’accesso alle carrozze ma la determinazione dei manifestanti è stata più forte dei cordoni delle "forze dell’ordine" e tutti insieme sono saliti sul #noborderstrain" che è partito verso Chiasso.
All’arrivo del #noborderstrain in territorio elvetico la polizia di frontiera avrebbe voluto dividere gli italiani dai rifugiati che secondo le autorità dovrebbero essere rinchiusi in strutture ad hoc ma i manifestanti compatti hanno continuato a restare tutti insieme ed imporre che la domanda d’asilo fosse accettata senza restrizioni della libertà.
Dopo ore di protesta, occupato con interventi e slogans la stazione elvetica il #noborderstrain ha raggiunto una grande conquista: si è ottenuto di poter presentare la domanda d’asilo senza essere respinti.
I manifestanti hanno lasciato la stazione in corteo per andare ad accompagnare i richiedenti asilo e raggiungere una festa etica in cui sono stati salutati da slogans e applausi e poi il #noborderstrain è ripartito verso Milano.
In serata intanto ad
Ancona gli attivisti delle Ambasciate dei diritti hanno riaperto le reti del Porto dando vita ad iniziative proprio in una zona, oggi sottratta ai cittadini anconetani per nascondere gli altri respingimenti, quelli che l’Italia continuamente pratica nei confronti di chi fugge dalla Grecia.
Una giornata di lotta, nello spirito della Carta di Lampedusa , che dopo l’occupazione dei consolati, continua un percorso di lotta europea verso il
26 e 27 giugno quando mentre il Consiglio europeo si riunirà a Bruxelless per discutere di frontiere, pattugliamenti e nuove regole operative, arriverà nella capitale belga la “Marcia dei rifugiati” .
Un commento con Nicola Grigion alla conclusione dell’importante giornata di mobilitazione che si inserisce nelle mobilitazioni europee.


martedì 27 maggio 2014

Quale protezione?



 La protezione internazionale tra recepimento delle direttive rifuse e prassi amministrative

ASGI e ASMiRA vi invitano a partecipare al seminario formativo Quale Protezione? La protezione internazionale tra recepimento delle direttive rifuse e prassi amministrative, organizzato in collaborazione con ASGI, che si terrà venerdì 30 maggio a partire dalle ore 10.30, presso l’aula 208 dell’Università degli Studi di Milano, via Festa del Perdono 7.




PROGRAMMA DEL SEMINARIO:




Ore 10.30: L’accesso alle frontiere ed il sistema di protezione europeo comune d’asilo


Presiede e modera: Alessia Di Pascale, Università degli Studi di Milano

Respingimenti e operazioni di controllo delle frontiere: Luca Masera, Università degli Studi di Brescia

Una panoramica sulle riforme del sistema europeo comune d’asilo: Giuseppe Morgese, Università degli Studi di Bari Aldo Moro


Il regolamento Dublino III: applicazione e tutela giurisdizionale: Maria Cristina Romano, Avvocato Foro di Milano





Ore 14.00: L’accesso alla domanda e i diritti dei titolari di protezione internazionale



Presiede e modera: Gianfranco Schiavone, Consorzio Italiano di Solidarietà – Ufficio Rifugiati Onlus

 L’accesso alla domanda di protezione internazionale: Livio Neri, Avvocato Foro di Milano

Esaminare le domande di protezione internazionale: la rifusione della Direttiva Qualifiche: Francesca Paltenghi, Componente ACNUR della Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale di Milano


Il contenuto della protezione alla luce della trasposizione della nuova Direttiva Qualifiche: Noris Morandi, Avvocato Foro di Firenze


Ore 16.00: Tavola rotonda tra operatori sociali e legali ed azioni strategiche a tutela dei richiedenti e titolari di protezione

 Presiede e modera: Livio Neri

Dichiarazione di ospitalità tra prassi, previsioni normative e azioni legali: Louise Glassier, Naga

Ampliamento sistema SPRAR e nuove emergenze: Beppe Traina, SPRAR



Gli operatori nei CIE e nei CARA: previsioni sulla riapertura milanese: Luca Bettinelli, Caritas



Ore 18.00
Conclude: Paolo Bonetti, Università degli Studi di Milano-Bicocca

 Al fine di partecipare al seminario è richiesta l’iscrizione entro mercoledì 28 maggio 2014, compilando l’
apposito modulo.
La quota di iscrizione, pari a €10, può essere corrisposta tramite bonifico bancario o in contanti il giorno del seminario. I soci di ASMiRA e di ASGI, esenti dal pagamento della quota di iscrizione, sono pregati di fornire un documento giustificativo della loro adesione ad una delle due associazioni.

 Sarà possibile registrarsi a partire dalle ore 9.30.






venerdì 22 febbraio 2013

Rapporto Human Rights Watch: l'Italia respinge in Grecia i minori non accompagnati




La Grecia e l'Italia affrontano continuamente pressioni migratorie perchè sono Paesi alle frontiere esterne dell'Unione europea.
Ahmed è uno dei tanti migranti. E' riuscito a nascondersi sotto un camion e salire a bordo di un battello diretto verso un porto italiano. Dopo 18 ore di viaggio, incastrato tra la cima di una scatola ed un asse, è riuscito ad arrivare in Italia, ma qui la polizia lo ha arrestato. Ahmed era un minorenne, scappato dall'Afghanistan che racconta di non aver avuto un traduttore a disposizione che lo aiutasse a spiegare la sua storia: in Italia non ha mai avuto né un avvocato, né un rappresentante di una Ong che lo informassero sui suoi diritti. Dopo quattro ore dal suo arrivo, Ahmed è stato rispedito in Grecia sulla stessa nave sulla quale era arrivato.
Questa è una delle storie riportate dal sito di Human Rights Watch su cui si può leggere il rapporto, pubblicato il 22 gennaio scorso, sui respingimenti in Grecia degli stranieri che chiedono asilo nel nostro Paese.
Basato su 29 interviste a migranti e richiedenti asilo – uomini e ragazzi – che sono stati rispediti in Grecia da parte dei funzionari di frontiera italiani (oltre che sugli interventi di operatori e funzionari di governo), il rapporto documenta le procedure burocratiche a cui vengono sottoposte le persone che, ogni anno, raggiungono il suolo italiano nascoste sui traghetti, dopo viaggi pericolosi e interminabili.
Nonostante le indicazioni del Comitato delle Nazioni Unite sui Diritti dell'Infanzia e il Piano d'Azione dell'UE sui Minori non accompagnati, molti dei migranti intervistati hanno lamentato di essere stati confinati in cattive condizioni e di essere stati addirittura ammanettati per tutta la durata del viaggio di ritorno in Grecia senza avere la possibilità di accedere a cibo, acqua e servizi igienici.
Si sono verificati, inoltre, numerosi casi di errori nella procedura di screening del minore (per esempio nel rilevamento dell'età) che si aggiungono, come detto, alla mancanza di fornitura di avvocati, interpreti, servizi che vadano a protezione della persona e dei suoi diritti.
In base al diritto internazionale, invece, l'Italia “ha l'obbligo di verificare se chi esprime il timore di una persecuzione qualora respinto abbia invece bisogno delle protezioni internazionali accordate ai rifugiati”. Le norme internazionali statuiscono anche che un minore non accompagnato debba essere accolto affinché ne vengano garantiti i migliori interessi”, sempre come si legge sul rapporto di Human Rights Watch.
Una volta ritornati in Grecia non esistono strutture di accoglienza adeguate, per cui molte persone respinte dall'Italia sono abbandonate a se stesse oppure destinate ai centri di detenzione e qui le loro condizioni sono state definite dal Commissario europeo per gli Affari Interni, Cecilia Malmstrom, “semplicemente terribili”.