Domani 28 marzo alle 15 Forza Nuova intende allestire un banchetto in Piazza Oberdan, a Milano, sul quale distribuirà una lista di libri che a loro giudizio diffondono la cosiddetta "ideologia gender" tra i bambini, con esplicito invito ai genitori di bruciarli.
Si tratta di un gesto
gravissimo che ricorda fin troppo da vicino le azioni dei
nazisti:
gli antifascisti e antirazzisti milanesi non possono tollerare che nella nostra città vengano organizzati o suggeriti roghi di libri. Invitiamo, quindi, tutte e tutti a mobilitarsi con la presenza domani in Porta Venezia e dando la massima diffusione alla notizia attraverso tutti i canali disponibili (mailing list, facebook e twitter, contatto diretto). Portate e dite di portare un libro dedicato ai temi della lotta al fascismo, al razzismo, all'omotransfobia. In allegato l'articolo del "Giorno" sul banchetto di domani. |

"...Non si potrà avere un globo pulito se gli uomini sporchi restano impuniti. E' un ideale che agli scettici potrà sembrare utopico, ma è su ideali come questo che la civiltà umana ha finora progredito (per quello che poteva). Morte le ideologie che hanno funestato il Novecento, la realizzazione di una giustizia più giusta distribuita agli abitanti di questa Terra è un sogno al quale vale la pena dedicare il nostro stato di veglia".
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venerdì 27 marzo 2015
Rogo di libri? E' inaccettabile !
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martedì 27 gennaio 2015
Deportati per omosessualità
Partiamo da un film: Paragraph 175 è un documentario, diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, che raccoglie la testimonianza di diversi uomini e donne che furono arrestati dai nazisti per omosessualità in base al paragrafo 175, la legge contro la sodomia del codice penale tedesco, che risaliva nella prima stesura al 1871, e che fu inasprito dai nazisti.
Tra il 1933 e il 1945, 100.000 persone furono arrestate in base al paragrafo 175.
Alcuni di essi vennero imprigionati, altri mandati in campo di concentramento. Solo 4.000 sopravvissero.
Fino al 2000 erano ancora in vita meno di dieci di questi uomini: cinque di loro raccontano, nel documentario, la propria esperienza. Queste testimonianze sono considerate le ultime del Terzo Reich.
L'elemento fondante della Shoà fu quello proprio di ogni forma di razzismo: l'intolleranza nei confronti dell' “Altro a sè” e questa intolleranza fu esasperata dal nazismo fino alle estreme conseguenze. “Altro da sè”, quindi, furono considerate, ad esempio, le persone appartenenti ad etnie “inferiori” (i Rom, Sinti e Caminanti ad esempio), oppure gruppi di individui, come gli omosessuali.
Secondo la mentalità nazista l'omosessualità era considerata una devianza sì e anche una malattia contagiosa (come ancora oggi si sente affermare da qualcuno), guaribile in pochi casi, almeno per coloro per la quale non era una condizione innata. Numerose le testimonianze di medici e di “pazienti” su esperimenti e test attraverso la somministrazione di ormoni; ma le “terapie” prevedevano anche incontri con prostitute o lavori forzati massacranti per vedere se potessero riportare all'eterosessualità.
All'interno dei campi di concentramento gli omosessuali venivano classificati secondo tre categorie: gli incalliti (quelli che amavano ricamare, come primo segno della loro “devianza”), gli irrequieti (quelli ambigui) e i problematici (ma recuperabili dal punto di vista psicologico). Gli omosessuali uomini a cui venivano somministrate dosi massicce di ormoni o sottoposte alle altre “cure” considerate efficaci, morirono in una percentuale dell'80% e il restante 20% non cambiò il proprio orientamento.
L'omosessualità maschile si differenziava da quella femminile in quanto “ad essere danneggiata è la fertilità poiché, usualmente, costoro non procreano...Il vizio è più pericoloso tra uomini piuttosto che tra donne”. Nel 1935, un anno prima la promulgazione delle leggi razziali, il governo nazista scrisse il Paragraph 175 e vi si legge: “ Un uomo che commetta un atto sessuale contro natura con un altro uomo o che permetta ad un altro di commettere su di sé atti sessuali contro natura sarà punito con la prigione. Qualora una delle due persone non abbia compiuto i ventun anni di età al momento dell'atto, la Corte può, specialmente nei casi meno gravi, astenersi dall'irrogare la pena”.
Ma ricordiamo che, alla base delle pratiche naziste contro l'omosessualità, vi era una concezione semplicistica e conservatrice della natura umana, strumentalizzata a fini politici e di gestione del potere: l'uomo doveva combattere e la donna generare affinchè il popolo tedesco potesse moltiplicarsi. Ecco perchè, a confermare questa ideologia aberrante, si legge nei documenti del Partito nazista: “ E' necessario che il popolo tedesco viva. Ed è solo la vita che può lottare perchè vita significa lotta. Si può lottare soltanto mantenendo la propria mascolinità e si mantiene la mascolinità con l'esercizo della disciplina specie in materia di amore. L'amore libero e la devianza sono indisciplina...Per questo respingiamo ogni forma di lascivia, specialmente l'omosessualità, perchè essa ci deruba della nostra ultima possibilità di liberare il nostro popolo dalle catene che lo rendono schiavo”.
In questa dichiarazione delirante, le parole “vita e amore” sono usate in maniera impropria: ed è questa la vera devianza.
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venerdì 25 aprile 2014
Festa della Liberazione
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Una questione privata (anzi no)
25 aprile: nella giornata per la festa della Liberazione dal nazifascismo vogliamo ricordare un romanzo che, più di molte narrazioni, ha parlato della Resistenza senza retorica, con spietata lucidità, intrecciando una vicenda privata alla grande Storia.
Stiamo
parlando de Una questione
privata di Beppe Fenoglio,
un libro “costruito con la geometrica tensione d'un romanzo di
follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l'Orlando Furioso, e
nello stesso tempo c'è la resistenza proprio com'era, di dentro e di
fuori, vera come non mai era stata scritta, serbata per tanti anni
limpidamente dalla memoria fedele e, con tutti i valori morali, tanto
più forti quanto impliciti, e la commozione e la furia”. Con
queste parole un altro autore importantissimo, Italo Calvino, nella
prefazione a Il sentiero dei
nidi di ragno, presenta il
testo di Fenoglio, in cui Milton, il protagonista, è
accecato
dall'amore per Fulvia e ossessionato dal dubbio del tradimento con
Giorgio, il suo migliore amico. Tra fango e nebbia Milton vuole
cercare Giorgio e, con lui, la verità e scopre che l'uomo è stato
rapito ad Alba dai fascisti: Milton, allora, organizza uno scambio
facendo prigioniero un sergente nemico che, però,si troverà
costretto ad uccidere. Milton non si rassegna: torna alla villa con
la speranza di incontrare di nuovo la sua amata, ma trova una colonna
nazista che lo costringe ad una fuga disperata... fino all'epilogo.
Nel XI
capitolo Milton dice: “Vengo da Santo Stefano, per una questione
privata”: da qui Calvino, dopo la morte prematura di Fenoglio,
decide di dare al libro il titolo Una
questione privata, libro
che, infatti, fu pubblicato postumo nel 1963.
Il
viaggio, come viaggio mentale e di formazione, è sicuramente uno dei
topoi narrativi. E poi l'amore, un amore malato, un'ossessione, come
puo' esserlo anche quello verso un'ideologia; e la Resistenza che fa
da contesto storico alla vicenda ed è raccontata nella maniera più
sincera e umana possibile. I partigiani sono, prima di tutto, persone
con pregi e difetti, punti di forza e fragilità. E, infine, Fulvia:
Fulvia, la donna, la speranza. La speranza (e la volontà) di trovare
la verità, di trovare un senso per la vita umana e per la Storia.
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martedì 28 gennaio 2014
La shoah dei bambini
Continuiamo
il nostro percorso sull'importanza della memoria con la segnalazione
del libro intitiolato La
Shoah dei bambini
di Bruno Maida, edito da Einaudi. Il saggio è stato presentato lo
scorso 19 gennaio presso la Casa della Cultura di Milano.
Un
libro che riattraversa «con occhi di bambino» le tragiche vicende
della persecuzione antiebraica: per i bambini «ariani», cresciuti
nell'educazione al razzismo e alla guerra e, soprattutto, per i
bambini ebrei, allontanati da scuola, testimoni impotenti della
progressiva emarginazione sociale e lavorativa dei genitori, quando
non della distruzione e dell'eliminazione fisica della propria
famiglia. Da questa prospettiva - peculiare, e tuttavia
indispensabile per comprendere l'essenza di una persecuzione
razziale, dunque fondata propriamente sulla nascita - la storia che
abbiamo alle spalle assume nuovi significati e stratificazioni. In
bilico tra due registri - narrativo e storiografico - il libro si
colloca in un filone d'indagine che vede crescere a livello
internazionale l'interesse verso la storia dell'infanzia nel
Novecento.
Abbiamo
intervistato il Prof. Maida che ringraziamo molto per la sua
disponibilità.
Ogni
anno, il 27 gennaio, si parla della Giornata della memoria, ma che
cos'è la memoria storica e quanto è importante per il Presente e
per il Futuro dell'umanità?
La
memoria non è la Storia, sono due cose differenti. La memoria è una
fonte straordinaria per la Storia, per la possibilità di
raccontarla, soprattutto nel caso della Shoah dove molte prove sono
state cancellate e distrutte e, quindi, è molto difficile
ricostruirne il processo.
Nel suo
libro affronta il tema dell'Olocausto da un punto di vista inusuale:
quello dei bambini. Perchè questa scelta?
Per due
ragioni, fra le molte importanti: una è che la Shoah dei bambini è
la Shoah. Perchè, se il tentativo era quello di distruggere
completamente un gruppo, di annientarlo, uccidere i bambini era la
condizione primaria. In secondo luogo, più in generale, perchè
parlare dei bambini significa attribuire un protagonismo all'infanzia
e, quindi, considerare i bambini non soltanto come oggetto della
Storia, ma come soggetto protagonista della Storia.
Cosa
significa essere genitori di bambini perseguitati?
Vuol
dire, prima di tutto, essere perseguitati in prima persona e,quindi,
essere soggetti che progressivamente si indeboliscono e perdono
quella possibilità e capacità di proteggere, di difendere i propri
figli. Nello stesso tempo significa, come è accaduto in quella
vicenda, riuscire a far emergere straordinarie energie, oltre alla
capacità di costruire quel simulacro di normalità nel clima di
persecuzione e, così, di garantire ai propri figli una condizione
meno brutta possibile.
Anche i
bambini ariani, in fondo, sono stati vittime dell'educazione
nazista...
Il
nazismo educò alla morte, all'intolleranza, alla violenza.
Sicuramente i bambini educati all'ideologia nazista furono anch'essi
vittime, in molti modi differenti: lo furono perchè si formarono su
alcuni sistemi di valori di quel genere, lo furono perchè costretti
anche a combattere, lo furono anche senza essere ebrei perchè alcuni
ariani vennero perseguitati e uccisi solo perchè considerati
inferiori, pensiamo, ad esempio, ai bambini handicappati.
L'ideologia
nazista, infatti, aveva al suo centro l'infanzia e si basava sulla
distruzione di tutte quelle parti d'infanzia che non corrispondevano
al suo modello.
Il suo
saggio è molto documentato: dove ha reperito il materiale per
prepararlo?
Questo
lavoro si è costruito, soprattutto, come la raccolta di voci: voci
di testimonianze orali, di raccolte, di documentazioni scritte. Le
fonti principali sono state il Centro di documentazione ebraica di
Milano e la Fondazione Spielberg che forniscono tantissime storie. Il
mio obiettivo era ricostruire quella vicenda e, contemporaneamente,
ridare voce pubblica a quei bambini.
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