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giovedì 6 agosto 2015

Porajmos, l'olocausto dei rom


Porajmos, l'olocausto dei rom



di Giovanni Princigalli (da il nuovomanifesto.it)



71 anni fa, il 2 agosto 1944, tutti i 2.897 rom dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau furono inghiottiti nei forni crematori. Il 15 aprile del 2015, il Parlamento Europeo ha votato unarisoluzione, che ricordando i 500.000 rom sterminati dai nazisti e da altri regimi» adotta il 2 agostocome «giornata europea della commemorazione dell'olocausto dei rom».Il 15 aprile del 2015, il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione per adottare il 2 agosto come«giornata europea della commemorazione dell'olocausto dei rom». La risoluzione ricorda: «I 500.000rom sterminati dai nazisti e da altri regimi e che nelle camere a gas nello Zigeunerlager (campo degli zingari) di Auschwitz-Birkenau in una notte, tra il 2 e il 3 agosto 1944, 2.897 rom, princip-almente donne, bambini e anziani, sono stati uccisi».Si ricorda altresì che in alcuni paesi fu eliminata oltre l'80% della popolazione rom. Secondo le stimedi Grattan Pruxon, morirono 15.000 dei 20.000 zingari tedeschi, in Croazia ne sono uccisi 28.000 (nesopravvivono solo in 500), in Belgio 500 su 600, ed in Lituania, Lussemburgo, Olanda e Belgio losterminio è totale, il 100% dei rom.La studiosa Mirella Karpati riporta che la maggior parte dei rom polacchi fu trucidata sul posto dalla Gestapo e dalle milizie fasciste ucraine, le quali, in molti casi, uccidevano i bambini fracassando leloro teste contro gli alberi. Le testimonianze raccolte dalla Karpati sui crimini dei fascisti croati (gli ustascia) sono altrettanto aggancianti: donne incinta sventrate o a cui venivano tagliati i seni, neonati infilzati con le baionette, decapitazioni, ed altri orrori ancora. Per tali motivi i rom slovenie croati oltrepassavano clandestinamente il confine con l'Italia, ma finivano in uno dei 23 campi diprigionia loro riservati e sparpagliati sull'intera penisola.La risoluzione del Parlamento europeo prima citata considera l'«antiziganismo» come «un'ideologia basata sulla superiorità razziale, una forma di disumanizzazione e razzismo istituzionale nutrita dadiscriminazioni storiche». Il rom funge da sempre il capro espiatorio, a cui negare il suo carattereeuropeo, per farne una sorta di straniero interno (nonostante le loro comunità, e gli stessi terminirom e zingaro, si siano formati in Europa tra il 1300 ed il 1400).I nazisti-fascisti hanno perfezionato le politiche europee anti-rom dei secoli XVI e XIX. Come ricorda l'antropologo Leonardo Piasere, il maggior numero degli editti anti-rom dell'epoca moderna furonoemanati dagli stati preunitari tedeschi ed italiani. Forse non è un caso, ma saranno proprio Germ-ania ed Italia, secoli dopo, a pianificare l'olocausto rom, oltre che quello ebraico. Secondo StefaniaPontrandolfo, in Italia, tra il 500 e il 700, ad applicare con più zelo tali editti furono gli Stati del Nord,contro una certa tolleranza del Meridione.

«Puri o impuri, comunque asociali»

I nazisti, ossessionati com'erano dalla presunta razza ariana, si erano interessati ai rom a causa dellaloro origine indiana. Li classificarono in quattro categorie, secondo il loro grado di «purezza» o«incrocio» con i non rom. Alla fine ritennero che tutti rom, puri o impuri che fossero, erano«asociali». Da qui la decisione della loro eliminazione. I bimbi rom (ed ebrei) deportati nei campi disterminio erano vittime di esperimenti sadici: iniezione d'inchiostro negli occhi; fratture delle ginocchia, per poi iniettare nelle ferite ancora fresche i virus della malaria, del vaiolo e d'altro ancora.Anche in Italia, come riporta Giovanna Boursier, con “Il manifesto della razza” del 1940, l'antropologo fascista Guido Landra, inveiva contro «il pericolo dell'incrocio con gli zingari» che defi-niva randagi e anti-sociali. Ma già nel 1927 il Ministero dell'interno, ricorda sempre la Boursier,emanava direttive ai prefetti per «epurare il territorio nazionale» dagli zingari e «colpire nel suo ful-cro l'organismo zingaresco».Gli studiosi Luca Bravi, Matteo Bassoli e Rosa Corbelletto, suddividono in quattro fasi le politiche fasciste anti-rom e sinti (popolazioni di origine rom, ma che si autodefiniscono sinti e che vivono trasud della Francia, nord Italia, Austria e Germania): tra il 1922 e il 1938 vengono respinti ed espulsirom e sinti stranieri, o anche italiani ma privi di documenti; dal 1938 al 1940 si ordina la puliziaetnica di tutti i sinti e rom (anche italiani con regolari documenti), presenti nelle regioni di frontieraed il loro confino a Perdasdefogu in Sardegna; dal 1940 al 1943 i rom e sinti, anche italiani sono rin-chiusi in 23 campi di concentramento; dal 1943 al 1945 vengono rom e sinti sono deportati neicampi di sterminio nazisti.La prima fase è segnata da una politica al tempo stesso xenofoba e rom-fobica, per cui si colpisconoquei rom, colpevoli di essere sia zingari che stranieri. In seguito si passa a reprime anche i rom ita-liani. Inoltre, dalla prigioniera nel campo si passa all'eliminazione fisica. Grazie alle ricerche della Karpati, sappiamo che nei 23 campi in Italia le condizioni di vita eranomolto dure. Racconta una donna: «Eravamo in un campo di concentramento a Perdasdefogu. Un giorno, non so come, una gallina si è infiltrata nel campo. Mi sono gettata sopra come una volpe, l'ho ammazzata e mangiata dalla fame che avevo. Mi hanno picchiata e mi son presa sei mesi di galera per furto».Giuseppe Goman a 14 anni fu rinchiuso nel campo nei pressi di Agnone e i fascisti lo vollero fucilare per aver rubato del cibo in cucina, ma all'ultimo momento la pena fu commutata in «bastonature e segregazione». Nel campo di Teramo invece, un tenente dei carabinieri ebbe cosi pietà di quei«rom chiusi in condizioni miserevoli, che dormivano per terra con mangiare poco e razionato che permise alle donne di andare ad elemosinare in paese. Nel campo di Campobasso, Zlato Levak ricorda: «Cosa davano da mangiare? Quasi niente. Il mio figlio più grande è morto nel campo. Era unbravo pittore e molto intelligente».Per i rom italiani, l'essere rinchiusi nei campi di prigionia, non per aver commesso un reato, ma perla loro identità, fu uno shock. E pensare, che a causa della leva obbligatoria, gli uomini avevano servito nell'esercito durante la grande guerra o nelle colonie. Sarà forse per questo trauma, che molti diloro hanno una certa reticenza ad affermare in pubblico la propria identità, ed infatti l'opinione pub-blica italiana ignora che dei circa 150.000 rom e sinti presenti in Italia, ben il 60 -70% sono italianida secoli e sono per lo più sedentari. Ignoriamo anche le vicende di molti rom, che fuggiti dai campi,si unirono alle formazioni partigiane e che alcuni di essi furono fucilati dai fascisti. Luca Bravi e Matteo Bassoli fanno notare che il Parlamento italiano ha approvato nel 1999 la legge sulle minoranze storiche linguistiche (riconoscendone 12) «solo dopo aver stralciato l'inserimento delle comunità rom e sinti» (tra le più antiche d'Italia, dove sono presenti dal XIV secolo).
 
La nostra rimozione
 
La rimozione del nostro contributo ideologico e pratico all'olocausto dei rom, s'inserisce in un'operazione di oblio ben più ampia, che tocca anche i nostri crimini di guerra sotto il fascismo in Africa ed ex Jugoslavia. Come ben spiegato nel documentario Fascist Legacy della BBC, tali crimini non furono compiuti non solo dalle camicie nere, ma anche da soldati e carabinieri, tanto che lostesso Badoglio era nella lista dei primi 10 criminali di guerra italiani da processare. Il processo nonsi è mai svolto, grazie al cambio di alleanza nel 1943 e al nostro contributo di sangue alla lotta nazi-fascista.Ma il paradosso resta: Badoglio il primo capo di governo dell'Italia anti-fascista era stato un criminale di guerra agli ordini di Mussolini. La Legge 20 luglio 2000 sulla «memoria», parla si di olocausto ma non di rom. Su iniziativa dell'on. Maria Letizia De Torre le persecuzioni fasciste contro i romsono finalmente ricordate dalla Camera dei Deputati in un ordine del giorno nel 2009. E pensare cheil parlamento tedesco aveva riconosciuto l'olocausto rom già nel 1979, e nel 2013 una poesia del romitaliano Santino Spinelli (il cui padre fu internato dai fascisti) è incisa sul monumento erettoa Berlino. Molti studiosi ed associazioni, per definire l'Olocausto rom, hanno adottato il termine porajmos, chein romanes significa «divoramento». Fu introdotto nel 1993 dal professore rom Ian Hancock dell'università del Texas, che lo sentì da un sopravvissuto ai campi di sterminio. Il linguista Marcel Courthiade, esperto di romanes, ha proposto in alternativa samudaripen (tutti morti). Per amore del vero, va precisato, che il rom comune, che spesso non s'identifica nelle tante associazioni nazionalio internazionali rom e di non rom, e che resta lontano dai dibattitti accademici, non utilizza alcuno di questi termini.



Il ricordo di Pietro Terracina

Eppure quando pensiamo al 2 agosto 1944, quando tutti i 2.897 rom dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau furono inghiottiti nei forni crematori, ecco che sia «divoramento» che «tutti morti», ci appaiono così adatti ed evocativi. Ma perché ucciderli tutti in una sola notte? Forse sitrattò di una punizione, poiché pochi mesi primi, armati di mazze e pietre, i rom si ribellarono, mettendo in fuga i nazisti.Testimone oculare della notte del 2 agosto fu l'ebreo italiano Pietro Terracina, che ha raccontatoa Roberto Olia : «Con i rom eravamo separati solo dal filo spinato. C'erano tante famiglie e bambini,di cui molti nati lì. Certo soffrivano anche loro, ma mi sembrava gente felice. Sono sicuro che pens-avano che un giorno quei cancelli si sarebbero riaperti e che avrebbero ripreso i loro carri per ritor-nare liberi. Ma quella notte sentii all'improvviso l'arrivo e le urla delle SS e l'abbaiare dei loro cani.I rom avevano capito che si prepara qualcosa di terribile.Sentii una confusione tremenda: il pianto dei bambini svegliati in piena notte, la gente che si per-deva ed i parenti che si cercavano chiamandosi a gran voce. Poi all'improvviso silenzio. La mattina dopo, appena sveglio alle 4 e mezza, il mio primo pensiero fu quello di andare a vedere dall'altra parte del filo spinato. Non c'era più nessuno. Solo qualche porta che sbatteva, perché a Birkenau c'era sempre tanto vento. C'era un silenzio innaturale, paragonabile ai rumori ed ai suoni dei giorni precedenti, perché i rom avevano conservato i loro strumenti e facevano musica, che noi dall'altra parte del filo spinato sentivamo. Quel silenzioera una cosa terribile che non si può dimenticare. Ci bastò dare un'occhiata alle ciminiere dei fornicrematori, che andavano al massimo della potenza, per capire che tutti i prigionieri dello Zigeuner-lager furono mandati a morire. Dobbiamo ricordare questa giornata del 2 agosto 1944».

martedì 27 gennaio 2015

Un appello importante per un memoriale


L'Associazione per i Diritti Umani, per i 70 anni dalla fine dell'orrore della Shoà, aderisce al seguente appello:


APPELLO PER IL MEMORIALE ITALIANO AD AUSCHWITZ


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Data: 2014-11-23Autore: Gherush92

FIRMA ED INVIA IL TESTO SOTTOSTANTE A:
segrmin.gentiloni@esteri.it; presidente@pec.governo.it; ambaroma@msz.gov.plgherush92@gmail.com


​​​​​On.le Paolo Gentiloni
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
segrmin.gentiloni@esteri.it

On.le Matteo Renzi
Presidente del Consiglio
presidente@pec.governo.it

S.E. Woiciech Ponikiewski
Ambasciatore della Repubblica di Polonia in Italia
ambaroma@msz.gov.pl


Premesso che:

- il Memoriale Italiano di Auschwitz ricorda e celebra tutti gli italiani, donne e uomini ebrei, rom, omosessuali, dissidenti politici, deportati nei campi di concentramento nazisti, fra i quali gli stessi autori dell’opera d’arte;

- il Memoriale, e la sua collocazione nel Blocco 21, possiede un alto valore artistico, educativo e di testimonianza diretta;

- il Memoriale è stato ideato e realizzato contestualmente alla dichiarazione di Auschwitz sito UNESCO 1979, e, facendone parte integrante, va considerato patrimonio mondiale dell’umanità;

- strappare il Memoriale dal suo contesto naturale, il campo di sterminio di Auschwitz, per trasferirlo altrove coincide con la distruzione dell’opera e del suo significato;

- i motivi ideologici e politici, che hanno portato alla censura e alla chiusura del Memoriale e che spingono verso la sua rimozione, sono anacronistici ed inammissibili: con essi si cancellano dati e responsabilità storiche, incontrovertibili, dello sterminio e della liberazione, di cui il Memoriale stesso è un documento;

- ravvedo nella rimozione del Memoriale violazioni dei Diritti Umani, del Diritto Internazionale, del Diritto di Proprietà Intellettuale e della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo nonché una violazione della Convenzione Internazionale per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale dell’UNESCO e un crimine di distruzione di beni culturali ed artistici.

Chiedo che:
Il Memoriale non venga rimosso dal Blocco 21 del Campo di Sterminio di Auschwitz, sua parte integrante, e che venga immediatamente riaperto al pubblico, restaurato e integrato con apparati didattici esplicativi e congrui.

Gherush92 Committee for Human Rights
gherush92@gmail.com

Accademia di Belle Arti di Brera

Deportati per omosessualità





Partiamo da un film: Paragraph 175 è un documentario, diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, che raccoglie la testimonianza di diversi uomini e donne che furono arrestati dai nazisti per omosessualità in base al paragrafo 175, la legge contro la sodomia del codice penale tedesco, che risaliva nella prima stesura al 1871, e che fu inasprito dai nazisti.
Tra il 1933 e il 1945, 100.000 persone furono arrestate in base al paragrafo 175.
Alcuni di essi vennero imprigionati, altri mandati in campo di concentramento. Solo 4.000 sopravvissero.
Fino al 2000 erano ancora in vita meno di dieci di questi uomini: cinque di loro raccontano, nel documentario, la propria esperienza. Queste testimonianze sono considerate le ultime del Terzo Reich.



 





L'elemento fondante della Shoà fu quello proprio di ogni forma di razzismo: l'intolleranza nei confronti dell' “Altro a sè” e questa intolleranza fu esasperata dal nazismo fino alle estreme conseguenze. “Altro da sè”, quindi, furono considerate, ad esempio, le persone appartenenti ad etnie “inferiori” (i Rom, Sinti e Caminanti ad esempio), oppure gruppi di individui, come gli omosessuali.



Secondo la mentalità nazista l'omosessualità era considerata una devianza sì e anche una malattia contagiosa (come ancora oggi si sente affermare da qualcuno), guaribile in pochi casi, almeno per coloro per la quale non era una condizione innata. Numerose le testimonianze di medici e di “pazienti” su esperimenti e test attraverso la somministrazione di ormoni; ma le “terapie” prevedevano anche incontri con prostitute o lavori forzati massacranti per vedere se potessero riportare all'eterosessualità.



All'interno dei campi di concentramento gli omosessuali venivano classificati secondo tre categorie: gli incalliti (quelli che amavano ricamare, come primo segno della loro “devianza”), gli irrequieti (quelli ambigui) e i problematici (ma recuperabili dal punto di vista psicologico). Gli omosessuali uomini a cui venivano somministrate dosi massicce di ormoni o sottoposte alle altre “cure” considerate efficaci, morirono in una percentuale dell'80% e il restante 20% non cambiò il proprio orientamento.



L'omosessualità maschile si differenziava da quella femminile in quanto “ad essere danneggiata è la fertilità poiché, usualmente, costoro non procreano...Il vizio è più pericoloso tra uomini piuttosto che tra donne”. Nel 1935, un anno prima la promulgazione delle leggi razziali, il governo nazista scrisse il Paragraph 175 e vi si legge: “ Un uomo che commetta un atto sessuale contro natura con un altro uomo o che permetta ad un altro di commettere su di sé atti sessuali contro natura sarà punito con la prigione. Qualora una delle due persone non abbia compiuto i ventun anni di età al momento dell'atto, la Corte può, specialmente nei casi meno gravi, astenersi dall'irrogare la pena”.



Ma ricordiamo che, alla base delle pratiche naziste contro l'omosessualità, vi era una concezione semplicistica e conservatrice della natura umana, strumentalizzata a fini politici e di gestione del potere: l'uomo doveva combattere e la donna generare affinchè il popolo tedesco potesse moltiplicarsi. Ecco perchè, a confermare questa ideologia aberrante, si legge nei documenti del Partito nazista: “ E' necessario che il popolo tedesco viva. Ed è solo la vita che può lottare perchè vita significa lotta. Si può lottare soltanto mantenendo la propria mascolinità e si mantiene la mascolinità con l'esercizo della disciplina specie in materia di amore. L'amore libero e la devianza sono indisciplina...Per questo respingiamo ogni forma di lascivia, specialmente l'omosessualità, perchè essa ci deruba della nostra ultima possibilità di liberare il nostro popolo dalle catene che lo rendono schiavo”.



In questa dichiarazione delirante, le parole “vita e amore” sono usate in maniera impropria: ed è questa la vera devianza.







martedì 28 gennaio 2014

La shoah dei bambini





Continuiamo il nostro percorso sull'importanza della memoria con la segnalazione del libro intitiolato La Shoah dei bambini di Bruno Maida, edito da Einaudi. Il saggio è stato presentato lo scorso 19 gennaio presso la Casa della Cultura di Milano.

Un libro che riattraversa «con occhi di bambino» le tragiche vicende della persecuzione antiebraica: per i bambini «ariani», cresciuti nell'educazione al razzismo e alla guerra e, soprattutto, per i bambini ebrei, allontanati da scuola, testimoni impotenti della progressiva emarginazione sociale e lavorativa dei genitori, quando non della distruzione e dell'eliminazione fisica della propria famiglia. Da questa prospettiva - peculiare, e tuttavia indispensabile per comprendere l'essenza di una persecuzione razziale, dunque fondata propriamente sulla nascita - la storia che abbiamo alle spalle assume nuovi significati e stratificazioni. In bilico tra due registri - narrativo e storiografico - il libro si colloca in un filone d'indagine che vede crescere a livello internazionale l'interesse verso la storia dell'infanzia nel Novecento.



Abbiamo intervistato il Prof. Maida che ringraziamo molto per la sua disponibilità.



Ogni anno, il 27 gennaio, si parla della Giornata della memoria, ma che cos'è la memoria storica e quanto è importante per il Presente e per il Futuro dell'umanità?



La memoria non è la Storia, sono due cose differenti. La memoria è una fonte straordinaria per la Storia, per la possibilità di raccontarla, soprattutto nel caso della Shoah dove molte prove sono state cancellate e distrutte e, quindi, è molto difficile ricostruirne il processo.

 

Nel suo libro affronta il tema dell'Olocausto da un punto di vista inusuale: quello dei bambini. Perchè questa scelta?

 

Per due ragioni, fra le molte importanti: una è che la Shoah dei bambini è la Shoah. Perchè, se il tentativo era quello di distruggere completamente un gruppo, di annientarlo, uccidere i bambini era la condizione primaria. In secondo luogo, più in generale, perchè parlare dei bambini significa attribuire un protagonismo all'infanzia e, quindi, considerare i bambini non soltanto come oggetto della Storia, ma come soggetto protagonista della Storia.



Cosa significa essere genitori di bambini perseguitati?

 

Vuol dire, prima di tutto, essere perseguitati in prima persona e,quindi, essere soggetti che progressivamente si indeboliscono e perdono quella possibilità e capacità di proteggere, di difendere i propri figli. Nello stesso tempo significa, come è accaduto in quella vicenda, riuscire a far emergere straordinarie energie, oltre alla capacità di costruire quel simulacro di normalità nel clima di persecuzione e, così, di garantire ai propri figli una condizione meno brutta possibile.



Anche i bambini ariani, in fondo, sono stati vittime dell'educazione nazista...



Il nazismo educò alla morte, all'intolleranza, alla violenza. Sicuramente i bambini educati all'ideologia nazista furono anch'essi vittime, in molti modi differenti: lo furono perchè si formarono su alcuni sistemi di valori di quel genere, lo furono perchè costretti anche a combattere, lo furono anche senza essere ebrei perchè alcuni ariani vennero perseguitati e uccisi solo perchè considerati inferiori, pensiamo, ad esempio, ai bambini handicappati.

L'ideologia nazista, infatti, aveva al suo centro l'infanzia e si basava sulla distruzione di tutte quelle parti d'infanzia che non corrispondevano al suo modello.



Il suo saggio è molto documentato: dove ha reperito il materiale per prepararlo?

Questo lavoro si è costruito, soprattutto, come la raccolta di voci: voci di testimonianze orali, di raccolte, di documentazioni scritte. Le fonti principali sono state il Centro di documentazione ebraica di Milano e la Fondazione Spielberg che forniscono tantissime storie. Il mio obiettivo era ricostruire quella vicenda e, contemporaneamente, ridare voce pubblica a quei bambini.







lunedì 27 gennaio 2014

Un genocidio quasi dimenticato

In attesa dell'importante intervista che pubblicheremo domani, oggi - in occasione della Giornata internazionale della Memoria - vi riproponiamo due video sul genocidio degli armeni, per ricordare, oltre all'Olocausto degli ebrei, anche altri drammi che hanno , purtroppo, segnato il '900.
I due filmati - interessanti sia dal punto di vista del contenuto sia da quello artistico - sono stati realizzati da un ragazzo che frequenta la scuola media, in onore della sua nonna armena: per conoscere, per capire, per divulgare la Storia. Storia che appartiene a tutti.


(Ricordiamo che tutti i nostri contributi video sono anche disponibili sul canale dedicato YOUTUBE dell'Associazione per i Diritti Umani)

giovedì 31 gennaio 2013

Breve cronaca della situazione dei ROM: nomadi per necessità

Nel luglio dello scorso anno, a Roma, la giunta Alemanno aveva chiesto prima lo sgombero dei rom dall'ex cartiera di via Salaria, poi la loro espulsione. E Sveva Belviso, vicesindaco, il 4 gennaio di quest'anno ha dichiarato: " Chiederò al Prefetto il decreto di espulsione per 319 di loro con l'allontanamento coatto. Non è una forma di cattiveria, ma bisogna capire che così non si può andare avanti, non possiamo permettercelo".
Di contro, l'Associazione 21 luglio - che svolge attività di ricerca sulle condizioni degli insediamenti rom in Italia, con particolare attenzione ai diritti dell'infanzia - ha verificato che, tra le persone soggette al decreto di espulsione vi siano: una donna in stato di gravidanza, una coppia giovanissima e una persona invalida al 50% e ha dichiarato: " Sfugge il senso logico di un Piano Nomadi che non è diventato altro che lo specchio di una schizofrenia che ha investito gli amministratori locali, proiettati a barattare il facile consenso con operazioni di facciata, piuttosto che interessati a risolvere i problemi reali dei cittadini, rom e non rom, presenti nella città".
Ma la questione non riguarda solo un'amministrazione di destra: anche a Desio, il sindaco di centrosinistra, Roberto Corti, ha firmato un'ordinanza per vietare l'uso di camper, roulottes e tende nei parcheggi e nelle aree periferiche. Un'ordinanza che è diventata esecutiva perchè alcuni cittadini avevano lamentato la presenza di rifiuti.
Ma, per fortuna, una voce fuori dal coro c'è. Tommaso Claudio Corvatta, sindaco di Civitanova Marche e anche medico, il 29 dicembre 2012 ha messo a disposizione la sua seconda casa a una famiglia rom.
Dopo aver percorso tutte le strade istituzionali - Protezione civile, Prefettura, Provincia - ha valutato che ci fosse un'emergenza umanitaria per le cinque persone, tra cui una donna incinta e un'altra tumorale, costrette a vivere per strada, al gelo. Il sindaco ha spiegato di aver preso la decisione da privato cittadino e da medico.
Dal 5 gennaio la famiglia rom è stata presa in carico dall'attivista Laura Mazzola in attesa che sia pronta una roulotte messa a disposizione da un benefattore. Per gli altri rom - una ventina - presenti sul territorio, Corvatta e la sua amministrazione stanno cercando una soluzione definitiva, dicendo: "Basta con ipocrisie e stupido razzismo".
 Intanto gli esponenti dell'associazione Rom e Sinti di Milano hanno espresso rabbia e disappunto perchè, per il secondo anno consecutivo nella Giornata della Memoria, la giunta si è dimenticata lo sterminio perpetrato contro di loro dai nazisti che li hanno accomunati agli ebrei e che hanno attuato lo sterminio su base razziale, dando il via all'orrore dell'Olocausto.

Quest'articolo è solo un anticipo sul tema: nel prossimo week end verrà pubblicato un approfondimento a cura del NAGA, associazione di volontariato che si occupa, soprattutto dal punto di vista medico-sanitario, dei rom e dei sinti (e non solo).


domenica 27 gennaio 2013

La giornata della Memoria: non solo retorica

Il 27 gennaio è il Giorno della Memoria perchè in questa stessa data, nel 1945, le truppe sovietiche dell'Armata Rossa scoprono il campo di concentramento di Auschwitz e liberano i superstiti.
In Italia gli articoli 1 e 2 della legge n. 211 del 20 luglio 2000 definiscono così le finalità e le celebrazioni del Giorno della Memoria:
  "La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonchè coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.
In occasione del "Giorno della Memoria" di cui all'articolo 1, sono organizzati cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto è accaduto al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti in modo da conservare nel futuro dell'Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinchè simili eventi non possano mai più accadere."

 Ma le ricorrenze non dovrebbero essere un momento di vuota e superficiale retorica, come spesso accade; devono servire a far crescere l'umanità, contribuire alla costruzione del pensiero critico. Si dice sempre che "ricordare il Passato serve a migliorare il Presente e il Futuro", ed è vero: ma in che senso? Nel senso che ciò che è accaduto in Passato - e le persone che hanno vissuto prima di noi - fanno parte della nostra identità, di ciò che noi siamo oggi. Ma gli errori, spesso gravi, sono stati fatti e c'è il rischio di commetterne altri. Giorno dopo giorno, quindi, bisogna riflettere e imparare, chiedere e capire per lasciare alle future generazioni un terreno fertile su cui continuare a vivere con rispetto, equilibrio, onestà.

Durante questo weekend, proprio in occasione della Giornata della Memoria, è uscito nelle sale cinematografiche italiane il film intitolato In Darkness, della regista polacca Agnieszka Holland.                   
Tratto dal romanzo "In the sewers of Lvov" di Robert Marschall, racconta la storia, vera, di Leopold Socha, ladruncolo operaio del sistema fognario della cittadina di Lvov, nella Polonia occupata dai nazisti. In cambio di denaro, un gruppo di uomini-donne-bambini-anziani ebrei, nascosti nelle fogne, baratta con l'uomo il suo silenzio. E lui accetta di nasconderli e di sfamarli.
Anche gli spettatori vengono calati nel buio del sottosuolo (e nell'oscurità di una immane tragedia) tra ratti ed escrementi, urla e rumori di mitra.
La macchina da presa rimane quasi sempre a livello del suolo, come gli ebrei nascosti nei cunicoli, come quegli esseri umani che non possono mai alzare la testa. E la città è come divisa in due: il buio e il terrore sottoterra, la luce accecante e patinata in superficie
Molte le citazioni del celebre Schindler's List di Spielberg: prima di tutto, la trasformazione del protagonista che - insieme alla moglie, bussola morale - arriverà, alla fine, a dire "i miei ebrei": un percorso, quindi, interiore ed etico che dall'individualismo lo porta ad esprimere la compassione e la propria umanità. 
E poi l'uso sapiente della fotografia: le tinte si stemperano nella scena del rastrellamento del ghetto e l'unica nota di colore è data da una giacca blu di una donna ebrea in fuga (omaggio al cappottino rosso della bambina nel film citato del regista americano). Infine, anche la colonna sonora - in un'opera ben scritta come quella della Holland - diventa un elemento non solo stilistico, ma significante: quando i rifugiati ebrei si ritovano sotto la chiesa di Saint Bernard, canti religiosi ovattati giungono alle loro orecchie; ma quelle persone non vedono e non sentono. Sono sepolte vive, come quelle nascoste nel "buio", abbandonate, forse, anche da Dio.
Ma, come abbiamo anticipato, la speranza c'è; la luce torna ad illuminare le coscienze di quelli che hanno preso una decisione. Di coloro che hanno scelto di salvare delle vite e hanno scelto la giustizia e la verità.