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mercoledì 25 giugno 2014

Rosarno: il lavoro degli stagionali


 

Piana di Gioia Tauro, Calabria. Un viaggio che inizia tanti anni fa per documentare il lavoro di “Medici senza Frontiere” e che testimonia la quotidianità dei lavoratori stagionali, migranti e non solo: un posto caldo per dormire, un vestito smesso, qualche ora di lavoro sottopagato, ma pur sempre lavoro...

E una convivenza possibile tra immigrati - dall'Africa e dall'Europa dell'Est - e rosarnesi.

Tutto questo e molto di più nel documentario intitolato Rosarno di Greta De Lazzaris.

Abbiamo intervistato per voi la regista che ringraziamo.




Il progetto del documentario inizia nel 2003, prima che i fatti di cronaca rimbalzassero sui giornali: cos'è cambiato, in questi anni, sia nella vita dei migranti che riescono ad arrivare in Italia, sia nella mentalità degli italiani?

 

Per quello che riguarda Rosarno in particolare, purtroppo si può dire che nulla è cambiato. Se negli anni prima della “rivolta” i migranti vivevano nelle fabbriche abbandonate, nelle case abbandonate delle campagne, sotto i ponti, senza luce ne acqua, oggi vengono accolti nelle tendopoli installate dal Governo l’anno successivo agli scontri. Queste tendopoli, costosissime, sono poi state subito abbandonate dalle autorità e non sono più in grado di garantire le minime esigenze abitative e igieniche. Le tendopoli possono risolvere un emergenza, non possono diventare una soluzione definitiva di accoglienza. E comunque non ce ne sono abbastanza, molti ragazzi rimangono fuori. Quest’inverno ancora e’ morto di freddo un ragazzo della Liberia, aveva 32 anni e dormiva in una macchina. La mentalità degli italiani nel loro confronto non e’ cambiata.

Pero se nulla e’ cambiato, la rivolta a Rosarno e’ servita almeno a risvegliare le conscienze. C’è sicuramente più solidarietà oggi a Rosarno, che nel 2003 e vorrei sottolineare il lavoro enorme dell’associazione SOS Rosarno di Giuseppe Pugliese che segue i migranti a sempre.


Vogliamo ricordare i motivi per cui tante persone lasciano i propri Paesi d'origine? Da cosa fuggono e cosa cercano?


Sono semplicemente persone che fuggono dalle guerre, dalla povertà, dai regimi, dalle minaccie alle liberta individuali Ma in fondo, da cosa fuggono importa poco. Alcuni fuggono semplicemente dalla miseria, e anche se non sono vittime e non sono in reale pericolo fuggono da una vita che non lascia prospettive per il futuro come é giusto che sia.


Quali sono le considerazioni dei migranti che si ritrovano a lavorare come stagionali, in condizioni di sfruttamento? Chi si arricchisce con la fatica dei migranti?


I migranti tendono ad essere omertosi sulle loro condizioni di vità e di lavoro. Sono facilmente ricattabili, hanno paura, e sono spesso pronti alle peggiori umiliazioni pur di non dover tornare al pasese di origine. Ribellarsi è rischioso. Ci sono i caporali, la malavita, le minaccie. Chi si arrichisce é la grande distribuzione, le multinazionali, non certo il piccolo produttore, che, anche se diventando anche lui “sfruttatore” il suo malgrado, subisce la Politica agricola europea.


Nove anni per montare tutto il materiale ripreso dal 2003/2004: perchè tanto tempo? E quali sono le sue riflessioni su ciò che ha visto e sulle testimonianze raccolte?


Non ho impegnato nove anni per fare il film. L’ho lasciato da parte per tutto questo tempo. E stato un lavoro che ho covato per tanto tempo, un pò come la “rivolta” è stata covata per tanto tempo. Quando sono stata a Rosarno per la prima volta nel 2003, ero sicura che questa situazione sarebbe esplosa, ma me lo aspettavo molto prima, perche mi sembrava impossibile umanamente, resistere e soptavvivere in tali condizioni. Pero il motivo principale, che mi ha impedito di montare subito, è stato che mi sembrava che le immagini che ero riuscita a raccogliere, e quelle che mi era stato “consentito” di riprendere, erano troppo lontane ancora della crudelta quotidiana della quale sono stata testimone per 2 mesi.


Com'è la convivenza tra immigrati e rosarnesi, oggi?


Oggi, grazie anche al lavoro delle associazioni di volontari, ho citato ad esempio SOS Rosarno di Giuseppe Pugliese, la convivenza e nettamente migliorata. Ma i problemi gravi persistono. Rosarno è una città che soffre. È una citta nella quale la miseria della nostra economia globalizzata,si è venuta ad aggiungere ad una miseria pre-esistente.


giovedì 20 marzo 2014

Senzatetto non più per strada



Via Aldini 74, Milano: un indirizzo utile e un progetto di recupero. Nel rione Vialba, a Quarto Oggiaro, in una scuola comunale dimessa da oltre sei anni, oggi vengono ospitate persone senza fissa dimora, grazie alla Fondazione Progetto Arca e a Medici Senza Frontiere.

Si tratta della prima esperienza a livello nazionale: l'istituto scolastico è sttao trasformato in una struttura che accoglie circa 90 persone in stato di emarginazione e gravi difficoltà, (italiane e straniere), in un edificio che si va ad aggiungere agli altri già attivi sul territorio milanese, quali: il Centro di Aiuto Stazione Centrale o la Casa dell'Accoglienza di Viale Ortles, 69. Ma il valore aggiunto della “casa” di Via Aldini consiste nel fatto che qui è presente un laboratorio che fornisce l'assistenza sanitaria di base 24 ore su 24: Medici Senza Frontiere, infatti, monitora costantemente la salute degli ospiti e se qualcuno, alla prima visita, ha bisogno di cure approfondite o specialistiche, viene indirizzato presso gli ospedali della città. Al progetto lavorano anche l'associazione Mia Milano in Azione che si impegna ad accogliere i senzatetto e Fondazione Patrizio Paoletti che finanzia il rifornimento dei pasti caldi.

Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia, ha dichiarato: “ Nel 1999, MSF ha inaugurato il progetto Missione Italia per fornire assistenza sanitaria agli stranieri regolari e irregolari che si trovano nel nostro Paese con l'obiettivo di garantire l'accesso alle cure a queste persone e assistere chi sbarcava sulle nostre coste. Oggi, dopo oltre 13 anni di attività, le problematiche sociali, acuite a causa della attuale congiuntura economica, hanno spinto MSF a fare una riflessione sula necessità di intervenire non solo a favore dei migranti, ma delle persone più vulnerabili sul suolo italiano, senza distinzioni. L'invito da parte del Comune di Milano per un intervento medico sanitario all'interno del progetto di assistenza dei senzatetto nel periodo invernale ci è, dunque, sembrata l'occasione migliore per concretizzare un primo intervento di questa natura”. A queste parole si sono aggiunte quelle dell'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino: “ Questa struttura e questo ambulatorio sono un piccolo miracolo, nato da un progetto sinergico che ha coinvolto il Comune e tre associazioni e che da solo rappresenta il modello di politiche sociali che vorremmo. Oltre ad arricchire l'offerta di posti letto nelle settimane di maggiore freddo, questo edificio - per anni inspiegabilmente inutilizzato e recuperato a tempo di record grazie al grande lavoro di numerosi volontari tra cui molti senzatetto - diventerà un punto di riferimento per l'accoglienza di chi si trova in difficoltà tutto l'anno. Abbiamo l'obiettivo di far diventare questo posto un pensionato sociale per famiglie bisognose. Aver recuperato questo grande e spazioso edificio è già un grande passo avanti...Un contributo significativo contro la povertà al di là delle stagioni”.


I numeri utili a cui segnalare casi di persone che dormono per strada o per informazioni sui servizi offerti sono: 02-884.47.645 / 02. 884.47.646 / 02. 884. 47.647 attivi tutti i giorni dalle ore 8.30 alle ore 23.00



 




lunedì 26 agosto 2013

L'uso di gas nervino in Siria




L'Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede a Londra, in un primo momento, aveva parlato di decine di vittime; il coordinamento dell'opposizione locale ha parlato di più di 200 morti; 650 per la coalizione nazionale siriana e 750 per i comitati di coordinamento dei ribelli. Comunque è strage.
Centinaia di persone, tra cui donne e molti bambini, sono decedute negli ospedali siriani in cui lavora Medici senza frontiere. I rappresentanti della Ong hanno dichiarato che queste persone presentavano sintomi neurotossici: pupille dilatate, arti freddi, schiuma alla bocca. Sintomi causati dall'uso di gas nervino.
Questo attacco sarebbe stato lanciato in una roccaforte ribelle della regione di Goutha, ad est della città di Damasco, da parte delle forze del presidente Bashar al-Assad.
Nelle strutture ospedaliere di Medici senza frontiere sono state ricoverate circa 3600 persone e i sanitari hanno confermato la possibilità dell'utilizzo di armi chimiche, scrivendo: “ La sintomatologia, le caratteristiche epidemiologiche, l'afflusso di un numero così alto di pazienti in un lasso di tempo così breve, fanno pensare fortemente all'esposizione massiccia ad un agente tossico”.
La Coalizione Nazionale Siriana - la prima tra le forze di opposizione - ha sollecitato la comunità internazionale ad adottare iniziative ferme per contrastare questo genere di repressione. Ahmad Jarba, presidente della Coalizione, ha affermato: “ Di parole ne abbiamo avute abbastanza e adesso ci occorrono passi e azioni serie...per fermare la continua uccisione di siriani, con armi tanto tradizionali quanto chimiche. Finora, la risposta del mondo all'operato del regime di Bashar al-Assad è stata invece una 'vergogna', giacchè è rimasta ben lungi dal livello etico e legale che il popolo siriano si aspetta”.
A questo appello il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, ha affermato che, qualora si accertasse l'uso di armi chimiche, questo costituirebbe un crimine contro l'umanità e violerebbe il diritto internazionale; il Presidente americano, Barack Obama, ha fatto capire che, prima di una possibile azione - congiunta con l'Inghilterra - azione, chiederebbe l'appoggio della comunità internazionale, aggiungendo: “ Simpatizzo con la posizione del senatore McCain il quale desidera aiutare le persone ad attraversare situazioni estremamente difficili e dolorose, sia in Siria che in Egitto. Dobbiamo pensare strategicamente cosa sarà nei nostri interessi nazionali a lungo termine, anche se al tempo stesso cooperiamo a livello internazionale per fare il possibile per fare pressioni su chi è capace di uccidere civili innocenti”; dall'Europa, e in particolare dalla Germania, la cancelliera Angela Merkel, tramite il portavoce governativo, ha affermato di non voler seguire la strada di una soluzione militare, ma di credere nella possibilità di una soluzione politica. Infine, l'Iran: in caso di intervento americano, le autorità iraniane hanno minacciato ritorsioni.




martedì 19 febbraio 2013

Profughi siriani in Libano: paura, disagi, razzismo


Ventidue mesi di guerra in Siria continuano ad avere conseguenze drammatiche per la popolazione: mancano, in molte aree del Paese, energia elettrica e viveri. Nelle zone in cui sono in corso i combattimenti – che si inaspriscono soprattutto nelle città di Aleppo, Damasco e Homs – il prezzo degli alimenti è aumentato di quasi il doppio e, se i prodotti sono disponibili nei supermercati, le persone non hanno denaro sufficiente per acquistarli.
Il WFP (World Food Programme, Programma Alimentare Mondiale) cerca di prestare soccorso alle persone, lavorando a stretto contatto con il partner locale – la Mezzaluna Rossa Arabo-Siriana – e fornendo assistenza alimentare a gran parte dei 14 governatorati siriani, anche se molte zone sono irraggiungibili per problemi di sicurezza.
Il WFP cerca di dare aiuto alla popolazione rimasta nella case attraverso la distribuzione di buoni pasto che possono essere utilizzati per ottenere formaggio, latte, yogurt e uova, ma è necessario aiutare anche tutti i rifugiati che hanno cercato riparo in Giordania, Turchia, Iraq e Libano.
Riportiamo alcune testimonianze di chi è rimasto in Siria e di chi ha deciso di scappare, raccolte dal sito de La Repubblica nei giorni scorsi:
...Le prime volte che la corrente saltava tutto si fermava, ora si festeggia se c'è energia per un'ora. Ora è arrivato l'inverno e non c'è carburante in città. Il freddo ci ha obbligato a bruciare i mobili per scaldarci”, racconta Mohamed.
...Riuscivo a dormire solo quando ero davvero esausto, poi erano le esplosioni a svegliarmi. La sopravvivenza quotidiana era diventata un lavoro di squadra, come quando a turno, si andava a fare il bucato comune”, dice Rabia.
Vorrei che tutto tornasse come prima, che il tempo andasse all'indietro. Purtroppo so che non può succedere”, queste le parole di Zaher.
Medici Senza Frontiere e altre ONG, spiegano che in Libano la situazione, per i profughi siriani, è ancora più difficile perchè le autorità hanno deciso di non allestire dei campi per loro (soprattutto donne e bambini) per cui i rifugiati sono ospitati da alcune famiglie oppure vivono in alloggi di fortuna, come ad esempio: garage, scuole o altri edifici abbandonati, fattorie. Il problema (e il timore) è che l'arrivo di una gran quantità di rifugiati – per la maggior parte musulmani sunniti – possa alterare gli equilibri all'interno di un Paese, il Libano, in cui un terzo della popolazione è sunnita, un terzo sciita e un terzo cristiana.
A questo si aggiunge la presenza delle milizie e della comunità palestinese, presenti sul territorio dal 1995 a seguito della guerra civile: come dimostra un video di Anti-Racism Movement, l'arrivo dei nuovi profughi desta paure mai sopite e pregiudizi rivolti ai rifugiati siriani, pregiudizi riguardanti, in particolare, i temi del lavoro e delle violenze sessuali.
Una situazione, quindi, che si fa, via via, sempre più complessa e che deve destare preoccupazione e interesse da parte delle forze internazionali.

venerdì 18 gennaio 2013

Emergenza Haiti: tutto come o peggio di prima

Sono trascorsi tre anni da quel 2010 in cui un sisma ha devastato Haiti. Ma non se ne parla quasi più. Eppure l'organo di informazione haitiano Alterpresse fa sapere alla comunità internazionale che “ la realtà non è cambiata per migliaia di giovani,donne, uomini, madri, neonati, anziani”. Ricordiamo che il sisma, all'epoca, aveva causato tantissimi morti e anche un milione e mezzo di sfollati.
Anche il coordinatore degli affari umanitari dell'ONU, Nigel Fisher, ha sostenuto che: “ Non è cambiato davvero nulla nelle condizioni di vita della gente nei campi...Il problema degli alloggi, a cui si aggiungono un sistema sanitario devastato e un'agricoltura in crisi dopo alluvioni alternatesi a periodi di siccità a causa delle tempeste tropicali, Isaac e Sandy”.
L'isola caraibica è anche colpita da una grave epidemia di colera, peggiorata dopo le alluvioni dello scorso autunno che hanno causato lo straripamento delle fogne a cielo aperto, provocando una diffusione maggiore dei batteri.
Le istituzioni del luogo sono deboli, i donatori non hanno mantenuto le loro promesse e i governi della comunità internazionale non sono stati in grado di stabilire le giuste priorità per far fronte a questa situazione complessa e drammatica.
Una delle pochissime organizzazioni attive sul posto è quella di Medici Senza Frontiere (MSF) che continua a gestire un ospedale a Port-au-Prince e due centri di trattamento del colera a Delmas e a Carrefour; mentre gli altri centri presenti sul territorio sono stati chiusi a causa della mancanza di fondi. Le strutture di MSF offrono assistenza sanitaria gratuita, assistenza chirurgica, assistenza materno-infantile 24 ore su 24, ma il lavoro da svolgere è immenso e le forze di aiuto impiegate sono insufficienti.