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domenica 13 dicembre 2015

CHIUDE il campo Rom di Via Idro a Milano


NON MANCATE, come si dice. Anche se la coloratissima locandina prosegue proclamando E’ L’ULTIMA OCCASIONE PER VISITARE IL CAMPO ROM DI VIA IDRO.

Anche questo si dice, pur di richiamare l’attenzione e (mi raccomando!) la presenza.

O forse si tratta di scaramanzia: dirlo per allontanare la possibilità che succeda.

Invece, per quanto ci risulta, il campo comunale di via Idro, uno dei più antichi di Milano; il più bello, con le sue casette immerse nel verde; il più attrezzato, con il suo centro sociale, ormai in rovina per eccesso di manutenzione; quello con più speranze, avendo una volta una cooperativa interna che gestiva serre di piantine e fiori per il Comune di Milano; l’unico difeso dal suo Consiglio di Zona; ma, soprattutto e comunque il più ‘integrato’: non solo scuola, lavori, amicizie, ma parte della festa di via Padova, con mostre, installazioni d’arte, spettacoli, proiezioni, musica…be’, il Comune di Milano lo chiude.


Ci sarà un motivo, direte voi. Noi non lo abbiamo scoperto. Ad ogni buon conto, si ricorre al TAR.

Un risultato c’è: le persone che lì sono cresciute, donne uomini bambini, insieme alle loro case, andando nelle scuole del quartiere, stringendo amicizie, trovando qualche lavoro, finiranno in un CES (l’acronimo è municipale): in container con altre famiglie, separate da tende, con qualche doccia, qualche cucina più o meno funzionante, sradicati da tutto, in condizioni emergenziali e provvisorie. Non c’è altro da aggiungere.
 

lunedì 15 giugno 2015

Meglio tardi che mai ! Il commento del Naga sulla situazione alla Stazione Centrale di Milano



Da un anno e mezzo ogni giorno arrivano cittadini stranieri alla Stazione Centrale di Milano.
Da un anno e mezzo vengono forniti loro un’assistenza di base e beni di prima necessità al mezzanino della Stazione Centrale.
Da un anno e mezzo le persone che arrivano ricevono assistenza sanitaria dalle associazioni di volontariato perché, da un anno e mezzo, la Regione si rifiuta di aprire un presidio sanitario, nonostante gli appelli delle associazioni e del Comune.

In un giorno è cambiato tutto: la situazione in Stazione Centrale diventa la prima notizia su tutti i media, la Regione apre un presidio sanitario, oggi anche l’appello del Papa”, dichiara Luca Cusani, presidente del Naga.

Un’emergenza può essere definita come una circostanza imprevista che richiede un intervento immediato. Questa certo non lo è dato che dura da quasi due anni. Però rimane l’esigenza di un intervento immediato, ma anche duraturo e organizzato nel tempo. Il fenomeno non è destinato a fermarsi, dato che non sono destinate a fermarsi le motivazioni che spingono le persone a lasciare il proprio Paese: guerre, fame, instabilità, paura e la legittima forte volontà di un futuro migliore”, prosegue il presidente del Naga.

Pensavamo che il riconoscimento di diritti fondamentali come quello alle cure o sentimenti di umanità e accoglienza verso persone che, per fortuna, riescono ad arrivare nel nostro Paese senza morire in mare, fossero sufficienti per un’attivazione politica, sociale e umanitaria. Invece ci son voluti dei casi di scabbia - malattia, per fortuna, curabilissima - la visita dell'Assessore Regionale alla salute, che non si era mai visto prima alla Stazione e, poi, anche la visita del cardinale Angelo Bagnasco, per smuovere qualcosa. Meglio tardi che mai”, conclude il presidente del Naga.
Il Naga continuerà a portare assistenza attraverso la sua unità mobile e ad informare i cittadini stranieri che avrà, ancora, il privilegio d’incontrare.

giovedì 23 aprile 2015

Nomadi per forza: l'ultimo rapporto del Naga




Mentre Salvini dichiara di voler spianare i campi rom, l'Associazione per i Diritti Umani ha intervistato Norina Vitali del Naga, in occasione dell'uscita dell'ultimo rapporto dell'associazione, intitolato “Nomadi per forza: indagine sull'applicazione delle linee guida Rom, Sinti e Caminanti del Comune di Milano”.



 



Come avete raccolto i dati per questa indagine?



Abbiamo iniziato questa indagine nel marzo 2013 e l'abbiamo terminata alla fine di settembre 2014. “Medicine di strada” è uno dei gruppi del Naga ed è un camper che esce sul territorio per dare assistenza sanitaria e, negli ultimi dieci anni, si è concentrato sui cmpi irregolari rom.

Per l'indagine abbiamo realizzato delle interviste alle famiglie che sono passate attraverso i Centri di Emergenza sociale (CES) di prima accoglienza, istituiti dopo che sono state approvate le linee guida dal Comune, nel novembre del 2012. in questi centri vengono accolte le famiglie rom sgomberate: però non tutte, perchè i centri possono accogliere 270 persone in totale, ma le persone sgomberate sono molte di più. C'è stato, comunque, un cambiamento: mentre con la precedente amministrazione, dopo gli sgomberi, le persone non venivano accolte in alcun modo, ora ci sono questi centri che accolgono uomini, donne e bambini.

Le interviste sono state fatte anche agli enti gestori e all'assessore Granelli e al suo staff, l'assessorato alla sicurezza.



Quali sono gli stereotipi e i pregiudizi che ancora sussistono nei confroti di queste etnie?



Ci accorgiamo che ce ne sono tantissimi, anche guardando dentro noi stessi. La situazione dei Rom è la cartina di tornasole della democrazia di un Paese. Sono stata insegnante per quarant'anni e, quando sono andata in pensione, ho deciso di lavorare con i Rom e, nonostante la mia famiglia fosse di sinistra, ho litigato con mio padre ed è stato proprio a causa di questa scelta.

Granelli e Majorino (assessore alle Politiche sociali) hanno detto di dover trattare questa questione come se i Rom fossero dei senzatetto, come qualsiasi altra persona, ma è anche vero che i Rom sono davvero un popolo con abitudini diverse dalle nostre, con le proprie tradizioni ed è un'etnia che va riconosciuta. Alcuni aspetti della loro cultura non li condivido, ma va data loro la possibilità di esistere.



Quali sono le risorse messe in campo a livello locale?  
 
 



Poco dopo l'approvazione delle linee guida, nel 2013, c'è stata una riunione tra il Comune e la Prefettura per decidere come finanziarle ed è stato deciso di utilizzare i fondi rimasti dei famosi 13 milioni del piano Maroni “Emergenza nomadi”. Di quel denaro, stanziato per Milano, erano rimasti circa 5 milioni e la differenza è stata spesa dall'amministrazione precedente per attuare gli sgomberi.

Al di là delle condizioni in cui si buttano le persone che vengono sgomberate, fare gli sgomberi costa e non è efficace: le persone non si possono eliminare (come è successo durante il nazismo), quindi si spostano, si disperdono e formano altri insediamenti. E il problema non si risolve mai.

L'attuale amministrazione ha continuato con gli sgomberi e ha creato i cenri di emergenza sociale che sono una soluzione temporanea. I Rom che possono o accettano di entrarci, possono rimanere per un periodo limitato.



Quali sono le restrizioni e, una volta scaduto questo periodo, cosa succede?



Una volta scaduto il periodo ritornano sul territorio.

Per entrare nei CES i Rom devono firmare un contratto che, in realtà, è un elenco di regole da rispettare, scritto in italiano. Consideriamo che spesso i Rom di una certa età o sono analfabeti o non conoscono la lingua italiana. Questo regolamneto è rinnovabile di 40 giorni in 40 giorni per un periodo massimo di 200 giorni. All'interno dei CES (di Garibaldi e Lombroso) non c'è privacy, dormoni in stanzoni comuni di 20-30 persone proprio perchè questa non deve essere considerata una soluzione abitativa fissa.

Ci sarebbe, poi, la possibilità di intraprendere percorsi di inclusione lavorativa e scolastica: ottima intenzione sulla carta, ma per tutte le persone che sono passate dai CES (dall'aprile 2013 alla fine del nostro reporto, nel 2014) in realtà solo 9 progetti sono andati a buon fine e i lavori erano sempre stagionali, sul breve periodo e la maggioranza veniva pagata in nero. Infine, delle 43 persone che si sono trovate a lavorare molte hanno dichiarato di essere romeni e non Rom proprio a causa dei pregiudizi ancora in corso nei loro confronti.

giovedì 26 marzo 2015

NO a manifestazioni nazifasciste in città




Appello al Prefetto di Milano Dott. Francesco Paolo Tronca, al Questore di

Milano Dott. Luigi Savina e al Sindaco di Milano Avv. Giuliano Pisapia:





Non è più tollerabile che Milano debba assistere ogni 29 Aprile alla parata

nazifascista che da anni deturpa la nostra città strumentalizzando il ricordo dei tragici episodi da noi duramente condannati, avvenuti quaranta anni fa, con l’uccisione del giovane Sergio Ramelli. Il 29 aprile prossimo ricorrerà il quarantesimo anniversario della morte di Sergio Ramelli.

L’esperienza degli anni passati lascia certamente presagire che tale pur

legittima manifestazione di ricordo sarà il pretesto, come avvenuto in occasione delle manifestazioni precedenti, per frange di neofascisti di tutta Italia, per inscenare l’ennesima parata militare con l’utilizzo e la magnificazione di simboli neonazisti e neofascisti. Naturalmente, non si vuole mettere in discussione il fondamentale principio di libertà di manifestazione del proprio pensiero sancito dall’art. 21 della nostra Carta Costituzionale.

È altresì vero, tuttavia, che tale principio incontra limiti ben precisi e

anch’essi sanciti per Legge laddove si risolva nella apologia del fascismo.
Tutti noi rivolgiamo un forte appello al Sindaco di Milano e invitiamo il Prefetto e il Questore perchè quest’anno, a soli quattro giorni dal settantesimo della Liberazione, a due giorni dalla Festa del Primo Maggio e dall’inaugurazione di EXPO 2015, con la presenza di un nutrito numero di rappresentanze internazionali, non si ripeta questa grave offesa a Milano Città Medaglia d’Oro della Resistenza e venga impedita l’ennesima manifestazione di aperta apologia del fascismo che si porrebbe in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione repubblicana e con le leggi Scelba e Mancino.

Chiediamo pertanto, alla luce di quanto esposto, che la manifestazione e il corteo vengano vietati dalle Autorità competenti.

Milano, 23 marzo 2015





Sottoscrivono l’appello:

Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ANPI Provinciale di Milano;
Associazione Nazionale Perseguitati Politici Antifascisti – ANPPIA Milano;
Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna – AICVAS;
Associazione Nazionale Ex Deportati – ANED di Milano;
Associazione Nazionale Partigiani Cristiani – ANPC;


Associazione per i Diritti Umani;
Federazioni Italiane Associazioni Partigiane – FIAP Lombardia ;
Camera del lavoro Metropolitana di Milano – CGIL;
CISL Milano Metropoli;
UIL Milano e Provincia;
Partito Democratico Area Metropolitana di Milano;
Partito Comunista d’Italia – Milano;
Partito della Rifondazione Comunista – Federazione di Milano;
Sinistra Ecologia Libertà Milano – SEL;
ACLI Milano; ARCI;
Centro Puecher.

martedì 24 febbraio 2015

Legalità: i Comuni si alleano contro le mafie (e il saggio di Nando Dalla Chiesa)



Anci – in collaborazione con Confcommercio e Klaus Davi – promuove un importante movimento: i sindaci del Centro Nord si sono riuniti, nei giorni scorsi, a Palazzo Marino a Milano, per un confronto tra le municipalità colpite dai fenomeni mafiosi che stanno condizionando le attività politiche e sociali delle amministrazioni attraverso: minacce, estorsioni, tentata corruzione.

Le Regioni che hanno dato vita al Comitato tecnico sono: Lombardia, Toscana, Veneto, liguria, Piemonte, Friuli, Val d'Aosta e Emilia in cui, secondo i dati statistici, stanno operando più di 66 gruppi criminali e i Comuni già sciolti sono una decina.

Antonio Ragonese, di Anci, ha dichiarato: “Raccoglieremo testimonianze e segnalazioni dei sindaci sul territorio. Anci darà inoltre vita a un sito internet specifico. Ad aprile ci sarà poi una manifestazione dei cento sindaci con una proposta concreta sul piano legislativo e degli appalti”.

L'esperienza del territorio”, ha aggiunto Marco Granelli, assessore alla sicurezza e legalità del Comune di Milano, “dimostra la necessità di una semplificazione delle procedure, alla quale deve far da contraltare un rafforzamento delle attività di controllo sul territorio, a partire dalla rilevazione delle irregolarità”.



L'Associazione per i Diritti Umani si occupa anche di Educazione alla legalità per cui vi segnaliamo il seguente saggio di Nando Dalla Chiesa, intitolato “Il manifesto dell'antimafia.

Il manifesto dell'antimafia









Mentre Don Luigi Ciotti viene minacciato da Riina, noi rispondiamo a gran voce con la recensione di un libro importante e ve lo consigliamo di cuore. Stiamo parlando del Manifesto dell'Antimafia del Prof. Nando dalla Chiesa, edito da Einaudi.



Il Professore - docente di di Sociologia della criminalità organizzata presso l'Università degli studi di Milano - ha calcolato, insieme ai suoi studenti, che una tangente pagata alle mafie ha lo stesso valore economico di duemila assegni di ricerca: sostegno allo studio, sostegno al lavoro. Tutto questo sottratto alla società e ai cittadini onesti.



Parte proprio da qui l'ultimo lavoro di Nando dalla Chiesa: dalla mentalità, dalle pratiche quotidiane, diffuse e sotterranee, che alimentano la forza della criminalità. La mafia non è solo al Sud, la mafia non intacca solo politica e finanza; la mafia si annida nella mancanza di valori positivi e di indifferenza verso il Bene comune. Non a caso il professore definisce la 'ndrangheta come una “forza sociale criminale” perchè riguarda i comportamenti sociali, quindi anche quelli di ciascuno di noi.



Le mafie hanno un'anima, si continua a leggere nel testo, un'anima nera che si può tradurre in tabelle e schemi concreti. Si fa riferimento a tre “C” che non vanno sottovalutate: quelle dei complici, del concorso esterno e, soprattutto, dei codardi.



Il saggio si rivolge a tutta la società civile e, in particolare, ai giovani che forse si sentono schiacciati e scoraggiati da quella zona grigia, da quella palude (culturale, politica, istituzionale) che non riesce a sbloccare la situazione, per paura o per interesse...Pensiamo alle vicende che stanno caratterizando l'organizzazione di Expo 2015. Ma sono proprio loro, i giovani, portatori di speranza e di futuro e noi più grandi abbiamo il dovere di indicare e di ricordare che la strada è sempre e soltanto quella dell'etica e della giustizia.

giovedì 11 dicembre 2014

Maledetto amore mio: l'incontro con Pierfrancesco Majorino scrittore



L'Associazione per i Diritti Umani ha incontrato Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali del Comune di Milano, ma in questo caso anche autore del romanzo intitolato Maledetto amore mio, Laurana edizioni.

E' stata l'occasione per parlare di periferie, diritto alla casa, servizi al cittadino, immigrazione, ma anche dei temi cari a Majorino scrittore: il rispetto per la diversità, l'amore come solidarietà e il rapporto tra padri e figli.

 

 
 
 


L'incontro si è svolto presso Spazio Tadini, lo scorso 18 novembre.

Tutti i nostri video, anche quelli della manifestazione "D(i)ritti al centro", sono pubblicati anche sul canale Youtube dell'Associazione per i Diritti Umani. Potete consultarli e condividerli citando, ovviamente, la fonte.
 
 
 
Se apprezzate il nostro lavoro e volete aiutarci, potete fare una piccola donazione, anche di due euro: in alto a destra sulla homepage trovate la scritta “Sostienici”. Cliccate e potrete fare la vostra donazione con Paypall o bonifico. Facile e sicurissimo. GRAZIE!

mercoledì 26 novembre 2014

Brutto episodio razzista a Milano



Venerdì scorso, 21 novembre 2014, si è verificato un brutto episodio razzista, a Milano, che ha visto coinvolto Abdullah Ablo Traorè, musicista e griot.

Abbiamo chiesto al Sig. Traorè di raccontarci la sua esperienza e lo ringraziamo tantissimo per aver accettato. A lui tutta la nostra solidarietà.





Ci può raccontare l' episodio di razzismo di cui è stato vittima?


Premetto che vivo in Italia da 12 anni, sono sposato e sono cittadino italiano. Ho sempre abitato nel quartiere di Precotto, una zona tranquilla dove mi sono bene integrato senza mai avere nessun tipo di problema. Peraltro con il mio lavoro (sono un musicista e faccio parte anche dell'Orchestra di Via Padova), ho relazioni con molte persone, con le istituzioni cittadine e le scuole.

Venerdì pomeriggio mi stavo recando a prendere la metro e passando vicino al parco dove giocano i bambini, alcuni di questi di età compresa tra gli 8 e i 10 anni, mi hanno rivolto pesanti insulti razzisti (terrone, negro, torna al tuo paese, stai rubando agli italiani, ladro, ecc.). Sconvolto, mi sono avvicinato alla panchina dove c'erano degli adulti ed ho chiesto loro chi fossero i genitori di quei bambini e nessuno mi ha risposto. Questo atteggiamento mi ha ferito profondamente, perchè il loro silenzio legittimava la mancanza di rispetto nei miei confronti.
E' la prima volta che mi accade un episodio del genere e spero che non succeda mai più. Mi sono sentito estraneo e sgradito nel quartiere che considero ormai casa mia.




La città di Milano e l' Italia sono ancora indietro in merito a una cultura del rispetto degli altri? O certi episodi si possono riferire anche a una politica che si basa sulla paura e sul pregiudizio?



Ho sempre trovato Milano molto aperta rispetto ad altre città italiane, ma di recente (purtroppo a causa della propaganda politica e dei media che parlano di noi africani solo per i fatti di cronaca e probabilmente anche a causa del disagio sociale derivato dalla crisi economica) vedo che anche qui sta venendo a crearsi una certa deriva razzista. Ovviamente rispetto ad altri paesi Europei, l'Italia è meno abituata all'integrazione e alla convivenza tra culture differenti. Paragonata a Parigi o Londra siamo ancora molto indietro.



Quali sono le buone pratiche per sconfiggere il razzismo ?



Secondo me il razzismo, nella maggior parte dei casi, ha origine dalla paura di quello che non si conosce. Quindi una buona pratica, sarebbe quella di incentivare la conoscenza delle culture diverse e l'incontro tra cittadini di differente provenienza. Soprattutto, bisognerebbe educare i bambini al rispetto per il diverso.





In questi giorni sente la solidarietà dei cittadini?


Ho avuto molte manifestazioni di solidarietà, dai vicini di casa, dai colleghi, dagli amici ed anche dalle istituzioni come il Consiglio di Zona 2 ed il Forum città Mondo del Comune di Milano.


martedì 11 novembre 2014

Via Corelli, non più CIE. (E un'intervista a Pierfrancesco Majorino e Caterima Sarfatti)




E' terminata, finalmente, la polemica sulla riapertura del Cie di Via Corelli ed è terminata con una buona notizia: non più un Cie, ma una struttura di accoglienza composta da 5 aree con 155 posti in camere da quattro letti, servizi sanitari e docce, mensa, un'area riservata ai bambini e una sala medica. Nell'edificio sono presnti cartelli in lingua araba, inglese, francese, tigrigno e italiano in cui viene spiegato come fare richiesta del permesso di soggiorno e gli ospiti possono avvalersi della consulenza di mediatori, assistenti legali e psicologi.

Dal 28 ottobre 2014 sono entrate le prime famiglie composte da profughi siriani. La struttura è stata messa a dispoizione del Comune di Milano, dopo la firma dell'accordo, lo scorso 14 ottobre in prefettura, tra l'amministrazione cittadina e l'ente gestore, la Gepsa S.A. Ad accogliere i profughi in transito nel capoluogo lombardo c'erano l'Associazione Acuarinto (soggetto gestore con Gepsa) e alcuni collaboratori con la Croce Rossa Italiana. “Oggi è un giorno che ricorderemo”, ha affermato Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali: “ l'ex Cie di Via Corelli ha riaperto con la nuova funzione di centro temporaneo di accoglienza e assistenza per chi non vuole rimanere nel nostro Paese, ma dalla nostra città passa ogni giorno. E' un posto in più che si unisce alle strutture già attive da un anno, attraverso cui sono passate sino ad oggi circa 48mila persone, di cui 11mila bambini”. Majorino ha continuato, insieme a Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e Protezione civile: “ Da tempo chiedevamo al Governo un cambio di funzione per quella struttura e un luogo per accogliere le centinaia di profughi che ogni giorno arrivano alla Stazione Centrale. Dopo una trattativa durata mesi, è arrivato il via libera”.



L'Associazione per i Diritti Umani ha realizzato, prima dell'estate, un'intervista sul tema a Pierfrancesco Majorino e a Caterina Sarfatti che vi vogliamo riproporre in questa occasione.









Quante sono ad oggi, in percentuale, le persone che hanno richiesto asilo a Milano e quante sono riuscite a trovare una sistemazione? Qual è la percentuale tra uomini, donne e bambini?




Majorino: Stiamo parlando di dati complessi, comunque l'impressione che abbiamo è che stiamo parlando dello 0,1%, cioè 13-14 persone su 14500 che si fermano qui. Tutti se ne vogliono andare. In prospettiva la percentuale potrebbe modificarsi leggermente se si intensificasse la presenza degli eritrei. A differenza dei siriani - che se ne vogliono andare via tutti - gli eritrei potrebbero richiedere l'asilo qui, ma queste sono nostre supposizioni.



Per quello che riguarda la composizione di genere e generazionale, le cose cambiano molto tra siriani ed eritrei: i siriani hanno circa il 36% composto da bambini e ragazzini, gli eritrei invece sono in grande maggioranza maschi e non ci sono minori.





Dott.ssa Sarfatti, nel libro si è occupata della parte normativa: ci può spiegare, da questo punto di vista, come Milano può dare accoglienza?




Sarfatti: Milano può fare quello che sta facendo perchè, essendo una realtà locale, dal punto di vista normativo, purtroppo, può fare poco: in questo momento stiamo registrando in modo totalmente informale le persone, ma questa registrazione non ha alcun tipo di valore legale perchè la gestione dei flussi è del Paese ospitante o di transito, fin quando l'immigrazione è di competenza nazionale.



Una delle proposte che noi avanziamo nel gestire Milano come Lampedusa è quella di riconoscere alle città europee un ruolo che loro già esercitano de facto nell'accoglienza, ma anche nella gestione dei flussi perchè ormai le grandi metropoli sono punti nodali per il passaggio dei migranti e per l'integrazione.



Come città abbiamo richiesto di procedere a delle ipotesi normative che possano dare protezione a queste persone: l'idea più forte è la direttiva n. 55 del 2001 dell'UE che, se fosse applicata (cosa mai successa), potrebbe dare protezione immediata e temporanea ai profughi provenienti dalla Siria in tutti i 28 Paesi Membri. Oppure, come ultima spiaggia, potrebbe esserci l'applicazione dell'articolo 20 del Testo Unico: è un dispositivo nazionale che potrebbe dare protezione legale e rendere regolari queste persone per 6 mesi rinnovabili tramite un permesso temporaneo. Il governo italiano lo aveva applicato nel 2011 nel caso dei cittadini provenienti dalla Tunisia e aveva avuto una serie di complicanze a livello politico europeo, ma almeno era servito a proteggerli.

 

Che cosa si potrebbe fare di più e cosa possiamo fare noi cittadini milanesi?




Majorino: Per quello che riguarda l'azione dei cittadini, quello che si può fare concretamente è sostenere il percorso di accoglienza, partecipando da volontari, portando vestiti o materiale igienico-sanitario oppure, banalmente, parlarne.



Questo flusso di migranti in transito definisce una nuova categoria nelle politiche riguardanti la migrazione, una categoria che è stata rimossa perchè l'Europa e l'Italia si sono concentrate sulla problematica dell'arrivo e dell'accoglienza stabile e strutturale o del respingimento. Noi oggi, invece, stiamo intercettando una tipologia inedita che deriva dal fatto che la migrazione non è influenzata - come si dice spesso - da quel che succede “al di là” del Mediterraneo, ma da quello che succede “al di qua”: cioè, i Paesi in crisi della vecchia Europa non sono più attrattivi per i migranti, ma dai Paesi in crisi i migranti devono passare. Questo svela l'inappropriatezza delle norme e delle regole che accompagnano i processi di regolarizzazione e integrazione in Europa e,quindi, chiama anche la necessità di azioni differenti oppure chiama il fatto che le poche norme esistenti e utili vengano effettivamente utilizzate.



I cittadini possono parlare di tutto questo e togliere dal cono d'ombra i profughi in transito dai nostri Paesi che rischiano - proprio perchè l'invisibilità si accompagna con l'assenza di scelte politiche - di non essere accompagnati nel loro itinerario di speranza.




Sarfatti: C'è un principio normativo che verrebbe incontro alla situazione che descriveva Pierfrancesco e che è stato proposto dall'Italia all'ultimo Consiglio europeo del giugno scorso, ma che non è stato accettato: si tratta del principio del “mutuo riconoscimento”, quello per cui se io vengo riconosciuto come rifugiato in uno dei Paesi Membri, ho lo stesso identico trattamento in tutti gli altri Paesi Membri. Invece oggi succede che, se vengo riconosciuto come rifugiato, posso transitare regolarmente e fare il turista, ma non sono riconosciuto come cittadino comunitario: non posso lavorare, accedere al sistema sanitario, etc.


Nel dossier sono raccolte molte voci: potete anticiparci, ad esempio, quella di Titty Cherasien o di Christopher Hein?




Sarfatti: Titty Cherasien racconta del suo legame emotivo, oltre che biografico, con la Siria e con i luoghi da cui proviene parte della sua famiglia. Christopher Hein, come Direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati, fa un ragionamento più complessivo su quali siano i problemi e le sfide dell'asilo e dell'accoglienza in Italia.

mercoledì 11 giugno 2014

Casa e disabilità

Cari lettori,
ci è appena giunta questa comunicazione: un convegno che si terrà domani a Milano sul tema del diritto alla casa, delle barriere architettoniche e della disabilità.




venerdì 11 aprile 2014

La moschea a bando pubblico



Expo 2015 sta per arrivare e ci si interroga anche su come accogliere i visitatori di fede islamica e permettere loro di recarsi in un luogo di culto adeguato. “Escludo che si riesca a costruire una moschea entro il 2015. Certo, per quella data, bisognerà comunque trovare un luogo di culto dignitoso”, così ha espresso il proprio parere Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali presso il Comune di Milano.                


Una delle soluzioni prospettate al termine di una consulta con le delegazioni islamiche della città è quella di mettere al bando un'area pubblica, forse sull'area del Palasharp, in Via Sant'Elia. La risposta di Majorino è che dovrebbero essere rispettate alcune condizioni ben precise, quali ad esempio: le spese per l'abbattimento della vecchia struttura non dovranno ricadere sull'Amministrazione, dovrà essere uno spazio aperto e trasparente e dovrà comprendere anche spazi adibiti ad azioni pubbliche, biblioteche, interventi sociali. Un polo culturale, insomma, oltre che un luogo religioso.

Accanto a questa ipotesi si aggiunge quella di utilizzare strutture private oppure altre aree pubbliche dismesse che potrebbero essere ristrutturate sempre a spese di privati che fanno parte del mondo islamico; si è anche pensato, a questo riguardo, ad un intervento delle rappresentanze consolari di Marocco e Giordania per la costruzione di un edificio di culto nei pressi di Viale Certosa.

Sul territorio cittadino sono molto diffusi magazzini, scantinati e uffici che vengono utilizzati come luoghi di preghiera: è bene regolarizzare queste realtà e consegnare, ai cittadini musulmani, uno spazio ufficiale per garantire loro la libertà di culto. Asfa Mahmoud, presidente della Casa della Cultura islamica, però spiega: “ Una sola moschea non risponde alle necessità delle comunità del territorio. In Via Padova preghiamo in tre turni perchè gli spazi non sono sufficienti. Abbiamo bisogno di più luoghi di culto, dignitosi e diffusi in città”.

Uno dei problemi, infatti, che l'Amministrazione deve affrontare consiste nel mettere d'accordo le numerose comunità islamiche presenti a Milano e non appartenenti al CAIM (Coordinamento Associazioni Islamiche di Milano) come quella senegalese, ad esempio. In una recente intervista al Corriere della Sera, Abdeljabbar Moukrim dell'Associazione Al Qafila ha spiegato: “ Non siamo contrari al progetto del CAIM, è giusto dare valore a tutte le realtà presenti. Ma se parliamo di un progetto di moschea che deve nascere su suolo pubblico, nessuno può avere il diritto di parlare a nome di tutti i musulmani e il Comune non può intrattenere il dialogo con un solo interlocutore”.

A tutto questo si aggiunge che, il 27 marzo scorso, sul sito Yalla Italia, il blog sulle seconde generazioni, è comparso un articolo secondo il quale il CAIM sarebbe vicino all'organizzazione dei Fratelli Musulmani e in cui si sostiene, inoltre, che molti rappresentanti del CAIM avrebbero preso parte a manifestazioni in favore di Mursi.

La situazione, dunque, è molto complicata; tante le questioni, anche di origine politico-religiosa, da affrontare. E intanto Expo si sta avvicinando...

mercoledì 9 aprile 2014

Immigrazione e omosessualità



Durante i primi flussi migratori, le persone che lasciavano il Paese d'origine per cercare altrove una vita migliore, erano soprattutto di genere maschile con un progetto di immigrazione a breve termine adesso, invece, le comunità straniere in Italia sono formate da nuclei familiari che vorrebbero inserirsi stabilmente nel tessuto sociale.

In Italia, all'interno di queste comunità, vi è numero sempre più crescente di persone omosessuali o transessuali che, nel loro percorso di inclusione, incontrano ostacoli specifici che si vanno a sommare a quelli già vissuti dagli stranieri.

Nasce, così, nel 2009, uno sportello dedicato alle persone migranti gay-lesbiche, trans e bisessuali (GLBTQ): un'iniziativa a cura di Arcigay Nazionale che ha lo scopo di fornire servizi e supporto specifici attraverso attività culturali per sensibilizzare i cittadini alle problematiche legate alle discriminazioni multiple.

Come si legge, infatti, nel documento di presentazione del progetto: “ ...I servizi rivolti ai migranti sono progettati e forniti senza considerare la dimensione dell'orientamento sessuale e dell'identità di genere. Questo limita l'efficacia della relazione operatore-utente, diminuisce l'incisività di alcuni interventi, (per esempio nel supporto e nell'orientamento) e può addirittura dimostrarsi controproducente (come le campagne sanitarie per la prevenzione delle malattie a trasmissione sessuale pensate per stranieri, ma che non fanno menzione delle possibilità di contagio tra persone dello stesso sesso). Dall'altro lato i servizi forniti dalla comunità LGBT sono fortemente connotati dal modello culturale di uomo-gay e donna-lesbica occidentali, modelli in cui i migranti con comportamenti omosessuali non si riconoscono”.

A questo si aggiunge il fatto che le reti informali interne alle comunità di origine dei migranti non sono accessibili a causa dei tabù o del rifiuto radicale delle tematiche relative all'orientamento sessuale e all'identità di genere, soprattutto in materia di omosessualità.

Ecco, dunque, perchè l'importanza di questo sportello i cui ambiti di intervento sono:

 

- dare voce e visibilità ad un tema spesso misconosciuto e sottaciuto



- introdurre il tema dell' intercultura all'interno del movimento GLBTQ italiano ed il tema dell'orientamento sessuale all'interno del movimento e tra le organizzazioni che si occupano di migranti in Italia



- contribuire a ridurre il razzismo tra le persone GLBTQ italiane e l'omofobia tra le persone migranti nel nostro Paese

 

- fornire aiuto tecnico ed un supporto sociale a quei migranti che si rivolgono allo sportello attraverso la rete creata con le associazioni che nel territorio milanese da anni si occupano di immigrazione



Per informazioni : progettoio@arcigaymilano.org


martedì 25 marzo 2014

Hai dato soldi agli zingari !




Il lavoro delle associazioni, degli organi di stampa, degli insegnanti e di tanti altri è importante soprattutto per abbattere i pregiudizi; è un lavoro necessario se, nel 2014 e in una città grande e cosmopolita come Milano, un ragazzo si rivolge al Sindaco e lo apostrofa con queste parole: “Hai dato i soldi agli zingari e ai rom, sei una merda”.

Certo, si può dissentire dalle scelte politiche e istituzionali che riguardano i cittadini, ma bisogna vedere i modi e le motivazioni.

Nel corso della prima Giornata della legalità, che si è tenuta il 21 marzo presso il Teatro Dal Verme, il sindaco, Giuliano Pisapia, è stato contestato da Alessandro, uno degli studenti in platea. Più volte il ragazzo ha urlato la suddetta frase al primo cittadino che lo ha invitato ad un confronto diretto e più pacato e, una volta impugnato il microfono, Alessandro ha criticato la scelta di aumentare i costi dell'Imu, dell'Irpef e dei biglietti dei trasporti pubblici, aggiungendo che invece siano stati regalati dei soldi agli zingari “mentre vedo nel mio quartiere gente che non arriva a fine mese. Io mi informo”.

Ecco, è un bene che i giovani si informino, ma la responsabilità è degli adulti che si occupano di informazione, che costruiscono le notizie, che formano - con le loro parole - l'opinione pubblica. Mescolare, in maniera superficiale, il tema della crisi economica, con i tagli ai servizi e con gli “zingari” è frutto di malainformazione, di stereotipi e di diffidenza generati dalla mancanza di approfondimento.

Non vogliamo prendere posizione sull'operato di Pisapia, né questa è una difesa d'ufficio, ma siamo d'accordo con lui quando dice, come ha ricordato anche allo studente: “ ...Non bisogna mettere tutti sullo stesso piano, ma bisogna giudicare persone per persona, per l'impegno che ci mette, se fa le cose per se stesso o per gli altri”. Se i soldi non ci sono, non ci sono né per gli italiani, né per gli stranieri. Tutti dobbiamo rimboccarci le maniche e, magari, smettere di alimentare le barriere mentali verso altre persone di diversa nazionalità e di fomentare una guerra tra poveri. Anche di spirito.

domenica 23 marzo 2014

Cercere e dintorni e lo sportello migranti




L'Associazione per i Diritti Umani seguirà il seguente incontro - promosso dall'Ufficio
Garante dei Diritti delle persone private della libertà per il Comune di Milano -
e vi proporrà il video che faremo per voi nell'occasione, ma vi consigliamo di partecipare di persona.


Consigli di lettura su carcere e dintorni

SORVEGLIARE, PUNIRE, CONTENERE
Passato, presente e futuro degli OPG
Milano - martedì 25 marzo 2014 - ore 18
Urban Center - Galleria Vittorio Emanuele II
Il memoriale di un internato, un video clandestino, gli atti di un’inchiesta e del successivo processo che, tra il 1974 e il 1975, svelano la disumana realtà dei manicomi criminali. La stessa che, quasi 40 anni dopo, emergerà dai video choc girati dalla Commissione Marino negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari.
Dai lavori di questa Commissione è stata elaborata una legge che imponeva la chiusura degli OPG entro marzo 2013; poi è stato deciso il primo rinvio di un anno e, a tutt’oggi, gli OPG restano ancora pienamente operativi.
Passato, presente e futuro degli OPG: ne parleremo con Dario Stefano Dell’Aquila e Antonio Esposito autori del libro “Cronache da un manicomio criminale” (edizioni Dell’Asino).


Un'altra comunicazione che riteniamo utile e importante: la creazione dello SPORTELLO MIGRANTI

   
L'Associazione Cad Onlus con il contributo di Fondazione Cariplo ha avviato l'apertura di uno Sportello Migranti, servizi integrati per l'immigrazione in via Wildt, 27 Milano. E' uno sportello gratuito di aiuto e consulenza per i cittadini stranieri, rifugiati e richiedenti asilo.
Lo sportello consiste in un servizio che fornirà gratuitamente agli stranieri, non solo di Milano, consulenze in tema di:
- ricongiungimenti familiari
- invito e visto turistico
- richiesta/rinnovo del permesso, carta e contratto di soggiorno
- regolarizzazione (coesione, decreto flussi, richiesta di asilo politico, art.31)
- cittadinanza
- verifica delle pratiche in sospeso
- accompagnamento alla ricerca di lavoro.

E' necessario fissare un appuntamento chiamando il numero 02.7380529.
Volantino nella sezione "Allegati" del sito web del Forum della Città Mondo.




giovedì 20 marzo 2014

Senzatetto non più per strada



Via Aldini 74, Milano: un indirizzo utile e un progetto di recupero. Nel rione Vialba, a Quarto Oggiaro, in una scuola comunale dimessa da oltre sei anni, oggi vengono ospitate persone senza fissa dimora, grazie alla Fondazione Progetto Arca e a Medici Senza Frontiere.

Si tratta della prima esperienza a livello nazionale: l'istituto scolastico è sttao trasformato in una struttura che accoglie circa 90 persone in stato di emarginazione e gravi difficoltà, (italiane e straniere), in un edificio che si va ad aggiungere agli altri già attivi sul territorio milanese, quali: il Centro di Aiuto Stazione Centrale o la Casa dell'Accoglienza di Viale Ortles, 69. Ma il valore aggiunto della “casa” di Via Aldini consiste nel fatto che qui è presente un laboratorio che fornisce l'assistenza sanitaria di base 24 ore su 24: Medici Senza Frontiere, infatti, monitora costantemente la salute degli ospiti e se qualcuno, alla prima visita, ha bisogno di cure approfondite o specialistiche, viene indirizzato presso gli ospedali della città. Al progetto lavorano anche l'associazione Mia Milano in Azione che si impegna ad accogliere i senzatetto e Fondazione Patrizio Paoletti che finanzia il rifornimento dei pasti caldi.

Loris De Filippi, presidente di Medici Senza Frontiere Italia, ha dichiarato: “ Nel 1999, MSF ha inaugurato il progetto Missione Italia per fornire assistenza sanitaria agli stranieri regolari e irregolari che si trovano nel nostro Paese con l'obiettivo di garantire l'accesso alle cure a queste persone e assistere chi sbarcava sulle nostre coste. Oggi, dopo oltre 13 anni di attività, le problematiche sociali, acuite a causa della attuale congiuntura economica, hanno spinto MSF a fare una riflessione sula necessità di intervenire non solo a favore dei migranti, ma delle persone più vulnerabili sul suolo italiano, senza distinzioni. L'invito da parte del Comune di Milano per un intervento medico sanitario all'interno del progetto di assistenza dei senzatetto nel periodo invernale ci è, dunque, sembrata l'occasione migliore per concretizzare un primo intervento di questa natura”. A queste parole si sono aggiunte quelle dell'assessore alle Politiche sociali, Pierfrancesco Majorino: “ Questa struttura e questo ambulatorio sono un piccolo miracolo, nato da un progetto sinergico che ha coinvolto il Comune e tre associazioni e che da solo rappresenta il modello di politiche sociali che vorremmo. Oltre ad arricchire l'offerta di posti letto nelle settimane di maggiore freddo, questo edificio - per anni inspiegabilmente inutilizzato e recuperato a tempo di record grazie al grande lavoro di numerosi volontari tra cui molti senzatetto - diventerà un punto di riferimento per l'accoglienza di chi si trova in difficoltà tutto l'anno. Abbiamo l'obiettivo di far diventare questo posto un pensionato sociale per famiglie bisognose. Aver recuperato questo grande e spazioso edificio è già un grande passo avanti...Un contributo significativo contro la povertà al di là delle stagioni”.


I numeri utili a cui segnalare casi di persone che dormono per strada o per informazioni sui servizi offerti sono: 02-884.47.645 / 02. 884.47.646 / 02. 884. 47.647 attivi tutti i giorni dalle ore 8.30 alle ore 23.00



 




giovedì 19 dicembre 2013

I detenuti incontrano i cittadini


 

Mentre il Consiglio dei Ministri dà via libera al decreto sulle carceri (di cui parleremo nei prossimi giorni), noi diamo voce anche ai detenuti. L'Associazione per i Diritti Umani, ha partecipato ad un' importante iniziativa per capire meglio come si vive, o meglio si sopravvive, negli istituti penitenziari italiani.
Come si fa a muoversi, per mesi o per anni, in una cella di pochi metri quadri? Fino a ventuno ore al giorno e con cinque persone accanto...Come si fa a far trascorrere un tempo infinito senza avere nulla da fare? Come è possibile salvaguardare la propria dignità?
Queste e molte altre domande hanno dato vita all'incontro che si è tenuto, a fine novembre, presso l'Urban Center di Milano, incontro al quale hanno partecipato
Davide Dutto, fotografo - coautore con Michele Marziani del libro "Il gambero nero" (Edizioni Cibele) e promotore dell'associazione "Sapori reclusi" che, partendo dal comune bisogno
dell'uomo di nutrirsi, vuole riunire uomini e donne che vivono nascosti agli occhi dei più, con il resto della società - e Giorgia Gay, antropologa, giornalista ed autrice dell'e-book ... e per casa una cella - I detenuti e lo spazio: tattiche di reazione e domesticazione, una ricerca sulla percezione e l'utilizzo dello spazio in una comunità ristretta.
La serata ha visto la partecipazione significativa,di due detenuti del carcere di Bollate e di Opera che hanno raccontato la loro esperienza, ma hanno posto l'accento anche sulle difficoltà di coloro che si trovano ancora nelle strutture penitenziarie e di coloro che sono usciti, ma che fanno fatica a reintegrarsi nella società.
Al dibattito sono intervenuti, infine, anche Emilio Caravatti e Lorenzo Consales, docenti a contratto del Politecnico di Milano che hanno raccontato la loro esperienza di interazione tra studenti di architettura e persone detenute sulla riprogettazione degli spazi del carcere.



L'Associazione per i Diritti Umani vi propone il video dei momenti più interessanti. (Vi ricordiamo che potete vedere il materiale filmato della nostra associazione anche sul canale dedicato Youtube)












mercoledì 18 dicembre 2013

Apre a Milano la Casa dei diritti


Venerdì scorso è stata inaugurata a Milano la Casa dei diritti, in Via De Amicis 10, uno spazio annunciato dal palco del Pride lo scorso giugno e che secondo le parole di Pierfrancesco Majorino, assessore alle politiche sociali, “rappresenta il racconto di quello che stiamo facendo e che vogliamo continuare a fare per la promozione della persona”.
Questo luogo di proprietà del Comune segna il patto tra l’amministrazione, l’associazionismo ed il terzo settore con lo scopo esplicito di declinare la parola diritto in varie accezioni e sarà la sede permanente di alcuni servizi: dai centri anti-violenza al testamento biologico, dalla task force contro la discriminazione sull’orientamento sessuale alle attivita’ di 2G, dalle esperienze legate al forum città-mondo (in attesa dell’apertura del museo delle culture) ai percorsi laboratoriali per le scuole milanesi sui diritti umani nel mondo con Survival.
In particolar modo poi, l’intervento del sindaco Pisapia ha sottolineato il fatto che sia l’istituzione ad aprire una casa dei diritti ma che poi la gestirà insieme ai cittadini con due effetti: parlare al Paese, in particolare a Roma per combattere tutte le discriminazioni e parlare al mondo intero, tramite la vetrina di Expo2015 come dimostra l’esempio della Cascina Triulza, struttura che si occupa del tema della fame nel mondo e che nel post-Expo diventerà la Casa delle ong. Il sindaco ha, infatti, illustrato il progetto della Casa dei diritti con queste parole: “Un luogo che riafferma Milano come capitale dei diritti e dell’innovazione sociale. Un luogo da cui far partire anche un’azione di stimolo al Governo e al Parlamento su temi ormai centrali per riallineare il diritto e la politica alla realtà sociale. Mi riferisco alla lotta contro la discriminazione sessuale, al contrasto all’omofobia, alla tutela della donna, tutti temi che non devono più aspettare di diventare emergenze sociali, ma devono far parte dell’agenda ordinaria della politica”.
Nella seconda metà di gennaio si terrà un Forum in cui verrà spiegato alle associazioni come partecipare a questo progetto. E noi attendiamo fiduciosi che venga spiegato a tutte le associazioni che operano a Milano come si può farne parte e qual'è l'iter per proporre le iniziative. 
 
A cura della nostra redazione



lunedì 28 gennaio 2013

Workshop: "Le competenze interculturali dei migranti nei progetti di co-sviluppo"

Il 28 e il 29 gennaio 2013, a Milano - presso la Biblioteca centrale Sala del Grechetto di Corso di Porta Vittoria e presso l'Acquario Civico di Viale Gadio - la Rete Europea per le Migrazioni e lo Sviluppo (EUNOMAD) e il Comune di Milano presentano un programma di incontri per relazionare i risultati del workshop intitolato: "Le capacità interculturali dei migranti nelle pratiche del cosviluppo"
Ma cosa si intende per "capacità interculturali"? Basate sull'appartenenza a culture differenti, esse si riferiscono alla capacità di creare uno scambio tra due o più dimensioni culturali, favorendo idee, proposte, valori.
In questo senso i migranti sono degli attori importanti in grado di avvicinare comunità distanti tra loro e di innescare un'interazione e un arricchimento utili a tutti i gruppi coinvolti. 
I percorsi di cosviluppo condivisi, in particolare, si propongono proprio come azioni rivolte allo sviluppo della cittadinanza attiva dei migranti, sia nei luoghi in cui vivono, sia nei luoghi da cui provengono.
Durante il workshop - proposto nel mese di ottobre 2012 e a cui hanno partecipato molte associazioni e ONG - si è indagato il ruolo delle associazioni stesse di migranti all'interno della cooperazione: a partire dall'analisi delle pratiche, sono stati evidenziati i meccanismi che permettono oppure ostacolano il riconoscimento delle competenze interculturali e l'impatto di queste competenze nelle iniziative di coesione sociale e opportunità socio-economiche.