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lunedì 31 agosto 2015

La Carta delle donne: letteratura, cibo e donne




"Alla fine aprii il cancello e lentamente, con la cartella in mano, varcai il portone e, mentre salivo verso il primo piano, mi arrivò un leggero odore che stava attraversando varie porte di legno e qualche tramezzo e che si trascinava lungo le scale. (...) Qualunque cosa fosse successa, non era così brutta da impedire che mia madre facesse la tortilla di patate del venerdì". I ricordi della romanziera spagnola Clara Sánchez, ne L'odore dei venerdì, una delle novelle dell'antologia culinario-sentimentale che prende spunto dalla "ricetta del cuore" che fa parte di "WE - Women for Expo", un progetto realizzato dal ministero degli Esteri e la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, con guide d'eccezione: Federica Mogherini, presidente; Emma Bonino, presidente onorario; Marta Dassù, presidente esecutivo.

Lo scorso 6 giungo è stata presentata a Expo il documento-manifesto "Women for Expo Alliance", una "Carta di Milano" al femminile contro lo spreco alimentare, per il rafforzamento del loro ruolo nell'agricoltura mondiale; un documento che suggella l'alleanza tra le donne di tutti i paesi partecipanti all'Esposizione nella lotta alla fame. Il docuemnto è stato introdotto alla presenza di Michelle Bachelet, primo presidente donna cileno, e,
dopo la conferma ufficiale da parte della Casa Bianca, Michelle Obama.



La premessa della 'carta delle donne' è che loro siano maggiormente consapevoli, più degli uomini, di quanto l'alimentazione sia un diritto universale e siano più brave dei maschi a preparare, conservare e riciclare le risorse naturali. "Le donne costituiscono ancora la maggioranza di coloro che lavorano la terra nei paesi emergenti, ma sono invisibili. Non hanno accesso al credito né, a volte, al diritto di proprietà", dicono le organizzatrici. Secondo i dati della FAO - l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura - il 43% della forza lavoro globale agricola è costituita da donne, raggiungendo la fascia del 50%-70% nell'Africa subsahariana (Mozambico), le stesse zone, con l'Asia occidentale, dove si concentra anche la fame. "Ogni donna è depositaria di pratiche, conoscenze e tradizioni legate al cibo, alla capacità di nutrire e nutrirsi, di prendersi cura. Non solo di se stesse, ma anche degli altri".

Scaricabile gratuitamente dal sito, arriva l'ebook
Novel of the World, opera corale dedicata al nutrimento del corpo e della mente, scaricabile gratuitamente dal sito. 424 pagine, che vede la partecipazione di 104 scrittrici, provenienti da 100 Paesi, che hanno raccontato in 28 lingue la loro "ricetta del cuore". Dal farsi all'italiano, dall'armeno al bosniaco, dal lettone al mongolo. E poi, le lingue europee e anglosassoni, il cinese, il russo. Il mondo diventa un romanzo e alle autrici, che hanno partecipato senza scopo di lucro, regalando il loro racconto, mettendoci, nella maggior parte dei casi, qualcosa di personale: un ricordo, una confessione, una storia di famiglia.
Tra le autrici ricordiamo: Sánchez , Amélie Nothomb e Banana Yoshimoto. La Sánchez racconta , nella già citata ricetta, la tortilla di patate, specialità di sua madre, che aveva una capacità rara di saltarla in padella. La tortilla era preparata il venerdì, mentre l'autrice tornava da scuola, e la consumavano tutti insieme di sera, in terrazza, tranne un giorno: suo padre aveva avuto un infarto e la mangiarono attorno al suo letto. Basta una frittatina per raccontare il terrore che si prova da bambini davanti alla malattia di un familiare. La Nothomb parla di sé nel racconto
La fame è un'Arte sulle parole che salvano la vita e sulla necessità che l'artista sia sempre affamato di successo e ispirazione. Con un retroscena autobiografico: l'autrice accenna al periodo in cui soffriva di anoressia, quando provava piacere a uccidere se stessa, superato grazie alla scrittura. La Yoshimoto con Quello che nutre l'anima, rievoca, al pari della Sánchez, la malattia del padre: il ristorante vicino l'ospedale è quello in cui andavano tutti e quattro, comprese la madre e sua sorella, a mangiare gli spaghetti di soia.




http://www.we.expo2015.org/sites/default/files/attaches/project/novel_of_the_world_-_we_women_for_expo.pdf


lunedì 26 agosto 2013

L'uso di gas nervino in Siria




L'Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede a Londra, in un primo momento, aveva parlato di decine di vittime; il coordinamento dell'opposizione locale ha parlato di più di 200 morti; 650 per la coalizione nazionale siriana e 750 per i comitati di coordinamento dei ribelli. Comunque è strage.
Centinaia di persone, tra cui donne e molti bambini, sono decedute negli ospedali siriani in cui lavora Medici senza frontiere. I rappresentanti della Ong hanno dichiarato che queste persone presentavano sintomi neurotossici: pupille dilatate, arti freddi, schiuma alla bocca. Sintomi causati dall'uso di gas nervino.
Questo attacco sarebbe stato lanciato in una roccaforte ribelle della regione di Goutha, ad est della città di Damasco, da parte delle forze del presidente Bashar al-Assad.
Nelle strutture ospedaliere di Medici senza frontiere sono state ricoverate circa 3600 persone e i sanitari hanno confermato la possibilità dell'utilizzo di armi chimiche, scrivendo: “ La sintomatologia, le caratteristiche epidemiologiche, l'afflusso di un numero così alto di pazienti in un lasso di tempo così breve, fanno pensare fortemente all'esposizione massiccia ad un agente tossico”.
La Coalizione Nazionale Siriana - la prima tra le forze di opposizione - ha sollecitato la comunità internazionale ad adottare iniziative ferme per contrastare questo genere di repressione. Ahmad Jarba, presidente della Coalizione, ha affermato: “ Di parole ne abbiamo avute abbastanza e adesso ci occorrono passi e azioni serie...per fermare la continua uccisione di siriani, con armi tanto tradizionali quanto chimiche. Finora, la risposta del mondo all'operato del regime di Bashar al-Assad è stata invece una 'vergogna', giacchè è rimasta ben lungi dal livello etico e legale che il popolo siriano si aspetta”.
A questo appello il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon, ha affermato che, qualora si accertasse l'uso di armi chimiche, questo costituirebbe un crimine contro l'umanità e violerebbe il diritto internazionale; il Presidente americano, Barack Obama, ha fatto capire che, prima di una possibile azione - congiunta con l'Inghilterra - azione, chiederebbe l'appoggio della comunità internazionale, aggiungendo: “ Simpatizzo con la posizione del senatore McCain il quale desidera aiutare le persone ad attraversare situazioni estremamente difficili e dolorose, sia in Siria che in Egitto. Dobbiamo pensare strategicamente cosa sarà nei nostri interessi nazionali a lungo termine, anche se al tempo stesso cooperiamo a livello internazionale per fare il possibile per fare pressioni su chi è capace di uccidere civili innocenti”; dall'Europa, e in particolare dalla Germania, la cancelliera Angela Merkel, tramite il portavoce governativo, ha affermato di non voler seguire la strada di una soluzione militare, ma di credere nella possibilità di una soluzione politica. Infine, l'Iran: in caso di intervento americano, le autorità iraniane hanno minacciato ritorsioni.




giovedì 18 aprile 2013

Scontri nel carcere di Guantanamo: l'orrore dimenticato e i dipinti di Botero



Da un po' di tempo le cronache non riportavano più notizie del carcere speciale USA di Guantanamo,a Cuba: altre situazioni, altri fatti hanno oscurato quella realtà e il ricordo di un Passato recente di orrore e di violenza. Ma a Guantanamo sono rinchiusi ancora 166 prigionieri e, qualche giorno fa, almeno 43 di loro ha dato vita ad una rivolta.
Molti, infatti, sono ancora in attesa di un processo e, quindi, hanno intrapreso uno sciopero della fame a oltranza: dopo che le guardie hanno tentato di spostarli dalle celle comuni a celle singole, alcuni prigionieri hanno coperto le telecamere di sorveglianza e hanno aggredito i secondini con armi improvvisate. Da parte loro, le guardie hanno reagito sparando colpi di avvertimento, senza ferire nessuno e il personale medico ha assicurato di aver effettuato controlli su ogni detenuto.
La protesta, però, non nasce solo per il fatto che il comandante del campo abbia deciso di trasferire i detenuti, in sciopero della fame, in un'altra sezione del carcere, ma è determinata soprattutto dal fatto che, secondo i reclusi, i guardiani limitino la loro libertà di culto - monitorando e osservando le persone 24 ore su 24 per assicurare ordine e sicurezza - e confischino oggetti personali, tra cui proprio le copie del Corano.
Secondo Carlos Warner, difensore pubblico dell'Ohio, il comando della prigione avrebbe dovuto cercare di negoziare la fine dello sciopero e, invece, è stato fatto esattamente l'opposto.
Camp X-Ray” resta la “promessa non mantenuta” del Presidente Obama, il quale aveva giurato di chiudere Guantanamo al più presto; ma ciò non è stato ancora fatto a causa dell'opposizione del repubblicani che ritengono i detenuti ancora troppo pericolosi per essere rimessi in libertà.
Questa notizia ha riportato alla mente uno degli ultimi lavori realizzati dal maestro della pittura, Fernado Botero. Cosa c'entra Botero con Guantanamo o Abu Ghraib? L'artista delle forme opulente, dell'inno alla gioia e alla vita, ha mantenuto corpi grandi e forme rotonde dai colori caldi (giallo, ocra, rosso) per disegnare l'orrore della tortura nel “purtroppo celebre” carcere di Abu Ghraib in Iraq. Ha dipinto i prigionieri legati e imbavagliati, bastonati dai militari, ammassati gli uni sugli altri, spaventati dai cani e costretti a perdere la loro dignità di essere umani.
Anche l'Arte, quindi, si conferma come testimonianza, in Occidente come in Oriente, nel Nord e nel Sud del mondo: per non dimenticare e non ripetere gli errori. Mentre l'Italia, finalmente, si accinge a riconoscere il reato di tortura, onorando una convenzione ONU siglata a Roma circa venticinque anni fa.

venerdì 22 marzo 2013

Obama e Miss Israele: non è un gossip (e la recensione del film: Il figlio dell'altra)


Mercoledì scorso il Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, si è recato in Israele per un vertice diplomatico con i capi di Stato di quell'area del mondo - il premier israeliano Netanyahu e il Presidente Peres, il Presidente palestinese Abbas, il premier Fayyad e il re di Giordania - e si è rivolto, in particolare, agli studenti delle università perchè il suo messaggio anche per i giovani. E una ragazza di 21 anni è stata ospite proprio alla cena di gala organizzata da Shimon Peres per l'occasione. Chi è questa ragazza?
Si chiama Yityish Aynaw: Yityish ha lasciato l'Etiopia e, con il fratello, ha raggiunto la nonna in Israele, sulla costa nord di Tel Aviv. Orfana di padre e di madre - il primo è deceduto quando lei aveva due anni, la seconda quando ne aveva dieci - cita come suoi punti di riferimento Martin Luther King e Golda Meier, dicendo di quest'ultima: “La ammiro perchè è stata capace di ammettere gli errori commessi durante la guerra del 1973 e di dimettersi. Da allora le israeliane hanno conquistato sempre di più la parità”.
La Aynaw ha prestato servizio militare come sergente dell'esercito e ora è diventata Miss Israele, al concorso di bellezza nato due anni dopo lo Stato ebraico.
...Spero che le storie come la mia aiutino ad integrarci senza dimenticare chi siamo e da dove veniamo”: anche per queste sue parole proprio Barack Obama l'ha voluta come ospite alla cena ufficiale. Parole che parlano di radici e di identità: oltretutto, in aramaico, il nome Yitysh vuol dire “guardare al futuro”.


Joseph Silberg è un ragazzo israeliano, figlio di un ufficiale e di una dottoressa che gli garantiscono amore e sicurezze; Yacine Al Bezaaz è un palestinese dei territori occupati della Cisgiordania, costretto a diventare uomo troppo in fretta. Il primo è un musicista che vorrebbe entrare nell'esercito e l'altro è uno studente che vive a Parigi e vorrebbe aprire un ospedale.
Nel 1991 - anno della loro nascita, durante la Guerra del Golfo - l'ospedale di Haifa viene evacuato per motivi di sicurezza e, in quell'occasione, i neonati vengono scambiati. La verità sull'errore dell'infermiera emerge durante la visita medica di Joseph per il servizio di leva nell' Areonautica Militare israeliana: risulterà essere figlio biologico di Orith e Alon, i coniugi benestanti che vivono a Tel Aviv; mentre Yacine è figlio dei più poveri Said e Leila Al Bezaaz. La rivelazione crea panico e scompiglio; le due famiglie tentano di accorciare le distanze culturali, politiche e psicologiche. Ma, mentre i padri si rovesciano reciprocamente addosso la rabbia e il dolore dei loro popoli, i due ragazzi si interrogano sulla propria identità e fanno tesoro di questo “scherzo del destino”.
Decidono, infatti, di continuare a frequentarsi, fino a quando non decideranno addirittura di entrare uno nel nucleo familiare dell'altro: nella vita, nelle abitudini, nella mentalità per poi fare ritorno in quella vita che, per caso, è stata assegnata loro.
La regista francese di origini ebraiche, Lorain Lévi con Il figlio dell'altra parte da una situazione privata e dalla quotidianità per affrontare il tema dell'eterno conflitto che affligge l'area mediorientale: se i due popoli - quello israeliano e quello palestinese - nella realtà sono separati da un muro, nella finzione cinematografica possono varcare quell'odiosa linea di confine per mettersi nei panni del “diverso”, per superare pregiudizi e contraddizioni. I due protagonisti, infatti, trovano il coraggio di aprirsi all'Altro da sé, staccandosi dalla propria cultura di appartenenza, per poi ritornarvi con maggiore consapevolezza e onestà intellettuale.
I padri rappresentano un Passato di guerra e di rancore; le madri, invece, l'amore per la vita e per l'umanità tutta,senza distinzioni; i figli sono quelle nuove generazioni che nutrono la speranza del cambiamento. Il finale del film è volutamente aperto perchè il percorso per un futuro di condivisione è ancora in atto.