VI ASPETTIAMO NUMEROSI !!!!

"...Non si potrà avere un globo pulito se gli uomini sporchi restano impuniti. E' un ideale che agli scettici potrà sembrare utopico, ma è su ideali come questo che la civiltà umana ha finora progredito (per quello che poteva). Morte le ideologie che hanno funestato il Novecento, la realizzazione di una giustizia più giusta distribuita agli abitanti di questa Terra è un sogno al quale vale la pena dedicare il nostro stato di veglia".
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sabato 24 ottobre 2015
Il potere della letteratura e i diritti umani
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venerdì 16 ottobre 2015
La crisi dell'attività agricola nelle opere di Moira Ricci
Un
progetto intitolato “Capitale terreno” racchiude due mostre
interessanti dell'artista Moira Ricci, nata nella campagna maremmana
e da sempre fedele alla cultura della (sua) terra. Moira Ricci è
presente a Milano – presso lo Spazio Oberdan, fino al 18 ottobre
2015 – con due lavori: Da
buio a buio e Dove
il cielo è più vicino in
cui, attraverso fotografie, video, installazioni, raccoglie
narrazioni, racconti popolari, testimonianze di un mondo, quello
contadino, in via di estinzione. La sua arte fa riflettere sulle
nuove forme di economia, sulla fine della tradizione, sulla crisi
contemporanea, attraverso metafore e suggestioni che affondano le
radici nel Passato e nell'attualità.
Abbiamo
rivolto alcune domande a Moira Ricci e la ringraziamo.
Qual è
il filo conduttore tra la civiltà contadina e la contemporaneità?
Ogni
civiltà nasce contadina. Mi sembra che l'economia mondiale, basata
su un capitalismo che pensa solo ai consumi, non sia più in grado di
preservare non solo la libertà degli individui e il loro benessere,
ma anche la salute del pianeta stesso. Sarebbe prezioso recuperare un
po' della consapevolezza contadina per ritrovare un equilibrio tra
gli uomini e il mondo che abitano.
Quanto è
importante il recupero della Memoria per porre le basi di un futuro
di uguaglianza e di giustizia (anche nella redistribuzione dei
prodotti della terra)?
Penso
che sia fondamentale tener conto della memoria. Se si conoscesse bene
la storia, non si continuerebbe a sbagliare.
Quale
sarà il futuro dell'attività agricola in Italia?
Purtroppo
io ho una visione pessimistica per l'imminente futuro. Adesso siamo
dentro al passaggio da un'era all'altra e l'impatto con il
cambiamento è stato forte. Credo che sarà un periodo lunghissimo e
molto doloroso. Anche l'agricoltura in questo momento è in piena
crisi grazie alle leggi sempre più stupide da parte dei governi e
delle multinazionali e grazie al quasi totale disinteresse
sull'argomento da parte dei mezzi d'informazione.
Ci può
anticipare una leggenda che ha raccolto durante le ricerche che ha
effettuato per il suo lavoro?
Quelle
che ho conosciuto durante le ricerche sono “l'uomo-cavallo” che
aveva una metà del corpo somigliante ad un equino e “la donna col
foco al culo” (scusate il termine ma la chiamavano così), una
signora che, a seguito dell'incendio alla sua casa nella collina
vicino a casa mia, è scesa di corsa giù verso il mare tutta
infuocata. Era diventata un personaggio pauroso per i bambini della
zona degli anni '50-'60 perchè gli adulti usavano questa storia per
intimorirli. Le storie di cui parlo invece in mostra sono le uniche
quattro che conoscevo fin da piccola.
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lunedì 21 settembre 2015
I frutti del carcere
Milano. La Loggia dei Mercanti, a un passo dal Duomo, ospita - sabato 26 settembre – l’iniziativa “I frutti del carcere”. In programma l’esposizione delle produzioni carcerarie e incontri di approfondimento sui temi della detenzione e delle alternative al carcere. Un’occasione per conoscere il lavoro dei detenuti, le attività svolte nei laboratori degli Istituti di pena con la mostra mercato di mobili, gioielli, accessori, abiti, prodotti alimentari (pane, focacce, dolci) oltre a fiori e piante. Saranno organizzati anche incontri e dibattiti di approfondimento incentrati sui temi della detenzione, del lavoro carcerario e delle misure alternative. A cura associazione di promozione sociale “Per i Diritti”. L’evento è inserito nel calendario di Expo in Città. Ore 10-18.30. Sito: www.comune.milano.it.
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giovedì 17 settembre 2015
Non è tempo di annunci: le proposte #possibili sul caporalato
di Marco Omizzolo (anche su www.possibile.it)
Tutti ora hanno scoperto che nelle nostre campagne esiste il caporalato. E tutti avanzano proposte risolutive del problema con una disinvoltura che lascia esterrefatti. Eppure il problema è noto da anni. La Flai-CGIL da tempo pubblica un dossier dal titolo Agromafie e caporalato con il quale fotografa il fenomeno dello sfruttamento e della riduzione in schiavitù di migliaia di lavoratrici e lavoratori agricoli, soprattutto migranti, denuncia il ricatto sessuale praticato in alcune aree del paese, in particolare in Sicilia, e raccoglie testimonianze anche nel Nord Italia dove ugualmente vige la regola della prevaricazione del più forte sul più debole. Il Nord Italia non è infatti esente dal fenomeno. Area dove la Lega è particolarmente forte, sostenuta anche da quei padroni che la sera urlano contro gli immigrati, ansiosi di accendere ruspe e falò, mentre la mattina raccolgono, coi loro furgoni, braccianti indiani, africani e italiani per farli lavorare nel loro campo a tre euro l’ora.
La pubblicistica in materia ha ormai raggiunto un livello di analisi senza dubbio rilevante. I dossier di Medici senza Frontiere, di Amnesty, della cooperativa In Migrazione, di Medu o di Filierasporca e non solo, hanno denunciato le condizioni di lavoro e di salute di migliaia di braccianti in Italia e le responsabilità di un sistema che comprende molti attori (Migranti e territori, Ediesse editore). Si consideri che il primo dossier di Medici senza frontiere è del 2005 e certo all’epoca la politica non è intervenuta nel merito del problema come poteva e doveva fare. I servizi di Fabrizio Gatti in Puglia già nel 2006 raccontavano l’inferno delle nostre campagne, dove si vive per lavorare e a volte si muore nel silenzio generale. Accade ancora oggi. Appena qualche giorno fa la notizia di un lavoratore migrante morto nelle campagne pugliesi di Rignano Garganico, caduto in uno dei 57 cassoni di pomodori che aveva raccolto durante il giorno. La vittima, originaria del Mali, aveva circa trent’anni e del cadavere per ora non c’è traccia, forse occultato dai caporali o dai padroni. Recentemente la sociologa Fiammetta Fanizza su La Gazzetta del Mezzogiorno si è correttamente domandata dove siano l’Inps, la Guardia di Finanza e gli ispettori del lavoro. Ha ragione Fanizza quando afferma che esiste una catena di caporalato che ha completamente occupato uno spazio di mercato. Ed è per questo che il complesso delle responsabilità e complicità va molto oltre i soli padroni, sfruttatori e trafficanti di uomini e di donne ma coinvolge esponenti politici, impiegati e funzionari pubblici, liberi professionisti, in particolare avvocati, consulenti del lavoro, ragionieri e commercialisti, insieme alla Grande Distribuzione Organizzata, troppo poco chiamata in causa.
Le norme avanzate da tutti i governi nel corso degli anni hanno avvantaggiato il sistema dello sfruttamento, sino a renderlo vincente sul mercato locale e internazionale. Si sono continuati a dare finanziamenti pubblici ad aziende amministrate da truffatori, mafiosi e sfruttatori, si è eluso il problema del caporalato nonostante la relativa legge, impedendo che essa incidesse sui patrimoni dei padroni e delle aziende, si è agevolata la Grande Distribuzione Organizzata nascondendone la centralità, sinonimo di responsabilità diretta, nel sistema di produzione agricolo e di sfruttamento della relativa manodopera. I governi hanno attentamente evitato di attaccare padroni e caporali, e con le loro riforme hanno reso più difficile l’accesso alla giustizia da parte dei lavoratori vittime di questo sistema, delle associazioni e sindacati. La giustizia spesso non funziona e a farne le spese, ancora una volta, sono i più deboli e i più fragili. In provincia di Latina la coop. In Migrazione, ad esempio, ha aiutato un bracciante indiano a presentare denuncia nei confronti del suo datore di lavoro che per ben tre anni gli riconosceva appena 300 euro al mese per dieci ore di lavoro al giorno, sabato e domenica compresi. Sono trascorsi due anni e ancora si deve tenere la prima udienza. E nel frattempo quel lavoratore si è trasferito in altra regione, peraltro insieme ai due testimoni che faticosamente aveva cercato e trovato. È un caso banale ma eloquente. È quello che capita quando lo Stato abdica ai suoi doveri ed è attento solo a difendere imprenditori a prescindere dalle modalità della loro condotta imprenditoriale (etica ed economica) e dal funzionamento delle proprie strutture, soprattutto di quelle periferiche. Ora si apprende che il governo avrebbe dichiarato guerra al caporalato. Non può che essere un bene se ai proclami seguiranno atti concreti.
È tempo dunque di agire ma bisogna farlo con cognizione di causa, evitando scivoloni clamorosi come quello di chi avanza, come recentemente proposto da Roberto Saviano, modelli impresentabili e improponibili come quello californiano, in realtà fondato sullo sfruttamento dei migranti, soprattutto messicani, e sul caporalato. Un sistema figlio della ristrutturazione post-fordista dei sistemi produttivi, come afferma la sociologa Alessandra Corrado, e della trasformazione dei rapporti sociali. Nel modello californiano, solo per informare Saviano, il ricorso al lavoro immigrato si configura come una “necessità strutturale”, come afferma lo studioso Berlan sin dal 2002, in cui i lavoratori devono essere disponibili quando richiesto dalle esigenze della produzione, che non sono programmabili in quanto mutevoli nel tempo e soggetti a variabili non determinabili. Insomma si lavora secondo le necessità proprie della produzione con salari che variano di conseguenza. Una produzione flessibile che rende precario e sfruttato il lavoratore. Un modello da tenere lontano da questo paese.
Esistono però alcune proposte dalle quali partire per un ragionamento nel merito e qualificato. Proposte già avanzate e pubblicate, per esempio nel volume Expo della dignità di Catone e Boschini (Novecento editore).
La prima è di natura politica e prevede di stare al fianco dei lavoratori, di chi vive ogni giorno sul proprio corpo lo sfruttamento, ovunque esso si manifesti, e reagire contro i responsabili (non solo i padroni e i caporali ma anche i molti consulenti del capitale) con una determinazione nuova, ad oggi ancora solo annunciata.
Secondo poi, sebbene il reato penale di “intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” del 2011 sia una vittoria storica fondamentale, esso colpisce i “caporali” e non i datori di lavoro responsabili dello sfruttamento. Il “caporalato” è solo una delle forme dello sfruttamento lavorativo; questo strumento normativo deve essere migliorato. Senza questo cambio di prospettiva, si rischia di arrestare un caporale (italiano o straniero) per sostituirlo con uno nuovo, a vantaggio di imprese che violano i diritti umani insieme a quelli dei lavoratori. Questa proposta forse vedrebbe la netta opposizione di molte categorie datoriali, attente a difendere il made in Italy nelle nostre piazze ma meno i diritti dei lavoratori alle loro dipendenze, ma qualcuno in questa battaglia bisognerà pure con determinazione convincere o scontentare. E ancora, il Decreto legislativo n.109 del 16 luglio 2012 ha introdotto alcune aggravanti al crimine di impiego di lavoratori migranti irregolari, tra cui il caso di “condizioni lavorative di particolare sfruttamento”, e la sanzione accessoria del pagamento del costo di rimpatrio. In realtà, la Legge ha omesso di adottare alcune misure non penali contro i datori di lavoro raccomandate dall’Unione Europea, tra cui l’esclusione dai sussidi pubblici, inclusi i finanziamenti europei, l’esclusione dalla partecipazione ad appalti pubblici, la chiusura degli stabilimenti o ritiro delle licenze e l’imposizione dell’obbligo del pagamento delle retribuzioni arretrate ai lavoratori migranti irregolari. Tali mancanze mettono in discussione il reale effetto protettivo della Legge italiana sui diritti dei lavoratori migranti irregolari, e oggi ne paghiamo le conseguenze.
Un’altra proposta potrebbe riguardare la promozione di un DDL sul mercato del lavoro agricolo, affinché possa essere gestito in modo pubblico e trasparente, e mediante il coinvolgimento dell’Inps fare incontrare in tempi brevi e in modo efficace domanda e offerta. Una proposta di buon senso che il Ministro Poletti potrebbe fare sua.
Sarebbe utile anche il pieno ed effettivo recepimento nella legislazione nazionale delle disposizioni in materia di parità di trattamento sia relativamente all’accesso alle prestazioni assistenziali che a quelle alla sicurezza sociale e la cancellazione definitiva della Bossi-Fini è poi di fondamentale importanza.
Infine, importante sarebbe la riconduzione del reato di caporalato nel 416bis. L’associazione mafiosa è evidente nel momento in cui le modalità di reclutamento e sfruttamento dei lavoratori ne comportano la subordinazione attraverso atti violenti, minacce, percosse continue, reiterate e non contrastate. La politica deve rispondere presto a questa sfida assumendosi una responsabilità storica senza precedenti. Sarà ora la volta buona? L’eventuale fallimento dell’occasione che in queste ore pare aprirsi può comportare una grande reazione civile del mondo del lavoro; una mobilitazione che manifesti tutta l’indignazione di chi ogni giorno è costretto a trascinare sui campi agricoli le catene di questa nuova forma di schiavitù. Proposte insomma che un governo attento dovrebbe cogliere, come dice di voler fare, e sulle quali si potrebbe avviare una riflessione qualificata e ampia. Perché si liberi questo paese dal giogo della schiavitù, dello sfruttamento e delle mafie, e sia resa giustizia a quei lavoratori e lavoratrici morte nei campi agricoli per aver obbedito al loro caporale o padrone. Per loro dovremmo agire quanto prima, andando ben oltre i proclami e gli annunci.
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martedì 8 settembre 2015
Expo in città: a Milano due mostre di Sara Montani sul tema "La carta dei diritti"
14 - 19 settembre 2015 | La Carta dei Diritti | Centro dell’Incisione Alzaia Naviglio Grande
9 - 16 ottobre 2015 | La Carta dei Diritti. Arte e Diritti | Casa dei Diritti - Comune di Milano
La
Carta dei Diritti,
mostra personale dell’artista e operatrice culturale Sara
Montani, è la terza tappa
di un progetto articolato in quattro momenti espositivi per
raccontare attraverso l’arte gli articoli fondamentali della
Dichiarazione universale
dei diritti umani del
1948: due mostre in successione che, partendo da memorie di giochi
infantili, ci parlano del rapporto tra arte e diritti: diritto alla
vita, alla famiglia, al gioco, alla libertà.
Dopo
le precedenti esposizioni tenutesi presso la Galleria delle Lavagne e
la Biblioteca Sormani di Milano, Sara Montani presenta una selezione
di incisioni calcografiche
su fogli di grande formato
realizzate dall’artista attraverso le tecniche dell’acquaforte,
della cera molle e del monotipo, insieme ad alcuni libri d’artista.
Vesti, abiti e presenze vegetali: questi alcuni dei soggetti a cui
l’artista ricorre per portare avanti la sua riflessione e la sua
poetica.
La
personale, a cura di Luca
Pietro Nicoletti
e inserita nel progetto Expo
in Città supportato dal
Comune e dalla Camera di Commercio di Milano, si tiene presso lo
storico Centro
dell’Incisione Alzaia Naviglio Grande,
ospitato all’interno di una casa del XVII secolo affacciata sul
Naviglio. Con inaugurazione
lunedì 14 settembre alle
ore 18, La Carta dei Diritti
sarà aperta al pubblico fino al 19 dello stesso mese in Alzaia
Naviglio Grande 66.
I
temi proposti saranno oggetto della tavola rotonda che si terrà
presso la Sala del Grechetto della Biblioteca Sormani il giorno 28
settembre alle ore 18.15; modererà Vittorio Schieroni (Made4Art),
interverranno Luca Pietro Nicoletti (storico dell’arte), Sara
Montani (artista), Monia Pavone (stampatrice), Susanna Vallebona
(edizioni Esseblu), Anna Maria Gandolfi (Gaia Edizioni).
14 -
19 settembre 2015 | Inaugurazione lunedì 14 settembre, ore 18
La Carta dei Diritti | Centro dell’Incisione Alzaia Naviglio Grande
Alzaia Naviglio Grande 66, 20144 Milano
Un evento: Expo in Città
Da martedì a sabato ore 16 - 19
Tel. / fax: 02.58112621
La Carta dei Diritti | Centro dell’Incisione Alzaia Naviglio Grande
Alzaia Naviglio Grande 66, 20144 Milano
Un evento: Expo in Città
Da martedì a sabato ore 16 - 19
Tel. / fax: 02.58112621
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lunedì 31 agosto 2015
La Carta delle donne: letteratura, cibo e donne
"Alla
fine aprii il cancello e lentamente, con la cartella in mano, varcai
il portone e, mentre salivo verso il primo piano, mi arrivò un
leggero odore che stava attraversando varie porte di legno e qualche
tramezzo e che si trascinava lungo le scale. (...) Qualunque cosa
fosse successa, non era così brutta da impedire che mia madre
facesse la tortilla di patate del venerdì". I ricordi della
romanziera spagnola Clara Sánchez, ne L'odore
dei venerdì, una delle
novelle dell'antologia culinario-sentimentale che prende spunto
dalla "ricetta del cuore" che fa parte di "WE -
Women for Expo", un progetto realizzato dal ministero degli
Esteri e la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, con guide
d'eccezione: Federica Mogherini, presidente; Emma Bonino, presidente
onorario; Marta Dassù, presidente esecutivo.
Lo scorso 6 giungo è stata presentata a Expo il documento-manifesto "Women for Expo Alliance", una "Carta di Milano" al femminile contro lo spreco alimentare, per il rafforzamento del loro ruolo nell'agricoltura mondiale; un documento che suggella l'alleanza tra le donne di tutti i paesi partecipanti all'Esposizione nella lotta alla fame. Il docuemnto è stato introdotto alla presenza di Michelle Bachelet, primo presidente donna cileno, e, dopo la conferma ufficiale da parte della Casa Bianca, Michelle Obama.
La premessa della 'carta delle donne' è che loro siano maggiormente consapevoli, più degli uomini, di quanto l'alimentazione sia un diritto universale e siano più brave dei maschi a preparare, conservare e riciclare le risorse naturali. "Le donne costituiscono ancora la maggioranza di coloro che lavorano la terra nei paesi emergenti, ma sono invisibili. Non hanno accesso al credito né, a volte, al diritto di proprietà", dicono le organizzatrici. Secondo i dati della FAO - l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e l'agricoltura - il 43% della forza lavoro globale agricola è costituita da donne, raggiungendo la fascia del 50%-70% nell'Africa subsahariana (Mozambico), le stesse zone, con l'Asia occidentale, dove si concentra anche la fame. "Ogni donna è depositaria di pratiche, conoscenze e tradizioni legate al cibo, alla capacità di nutrire e nutrirsi, di prendersi cura. Non solo di se stesse, ma anche degli altri".
Scaricabile gratuitamente dal sito, arriva l'ebook Novel of the World, opera corale dedicata al nutrimento del corpo e della mente, scaricabile gratuitamente dal sito. 424 pagine, che vede la partecipazione di 104 scrittrici, provenienti da 100 Paesi, che hanno raccontato in 28 lingue la loro "ricetta del cuore". Dal farsi all'italiano, dall'armeno al bosniaco, dal lettone al mongolo. E poi, le lingue europee e anglosassoni, il cinese, il russo. Il mondo diventa un romanzo e alle autrici, che hanno partecipato senza scopo di lucro, regalando il loro racconto, mettendoci, nella maggior parte dei casi, qualcosa di personale: un ricordo, una confessione, una storia di famiglia.
Tra le autrici ricordiamo: Sánchez , Amélie Nothomb e Banana Yoshimoto. La Sánchez racconta , nella già citata ricetta, la tortilla di patate, specialità di sua madre, che aveva una capacità rara di saltarla in padella. La tortilla era preparata il venerdì, mentre l'autrice tornava da scuola, e la consumavano tutti insieme di sera, in terrazza, tranne un giorno: suo padre aveva avuto un infarto e la mangiarono attorno al suo letto. Basta una frittatina per raccontare il terrore che si prova da bambini davanti alla malattia di un familiare. La Nothomb parla di sé nel racconto La fame è un'Arte sulle parole che salvano la vita e sulla necessità che l'artista sia sempre affamato di successo e ispirazione. Con un retroscena autobiografico: l'autrice accenna al periodo in cui soffriva di anoressia, quando provava piacere a uccidere se stessa, superato grazie alla scrittura. La Yoshimoto con Quello che nutre l'anima, rievoca, al pari della Sánchez, la malattia del padre: il ristorante vicino l'ospedale è quello in cui andavano tutti e quattro, comprese la madre e sua sorella, a mangiare gli spaghetti di soia.
http://www.we.expo2015.org/sites/default/files/attaches/project/novel_of_the_world_-_we_women_for_expo.pdf
domenica 28 giugno 2015
Non solo cibo: l'Arte contemporanea degli artisti romeni a Expo2015
Inaugurazione:
1 luglio 2015, ore 16 00 presso il Padiglione della Romania
testi
a cura di di Tatiana Martyanova - critico d'arte
Per
me i colori sono degli esseri viventi, degli individui molto evoluti
che si integrano con noi e con tutto il mondo. I colori sono i veri
abitanti dello spazio. Yves
Klein
Siamo
nel Padiglione Romania all’Expo 2015 a Milano, all'interno di un
tipico villaggio romeno “nascosto” e “ritrovato” nella
capitale italiana dell’arte contemporanea.
In
questo apparente antagonismo ci troviamo di fronte a opere d’arte,
in un percorso tra passione, energia e contemplazione, tutte create
ad hoc per l’evento unico di Expo 2015.
A
rappresentare gli Artisti romeni in mostra per Expo 2015 ci sono
Cristina Lefter, Calina Lefter, Lavinia Rotocol, Nelu Pascu, Tudor
Andrei Odangiu e Leonard Regazzo, artisti
che da anni vivono nel Belpaese trasmettendo la loro cultura nei
versi delle proprie “poesie visive”.
Nel
continuo divenire artistico, tre donne e tre uomini rintracciano la
propria identità culturale, spesso tramite la commemorazione dei più
grandi personaggi del paese d’origine. Così diversi negli stili e
nelle tecniche, dalla pittura olio su tela, agli smalti e acrilici in
tecnica mista, alla fotografia, gli artisti raccontano le loro verità
del visibile. Il colore è l’unico elemento indispensabile a
metterli tutti in comunicazione.
_______________________________________________
Cristina
Lefter, classe 1976,
presenta in mostra una nuova visione della propria arte. Con la sua
caratteristica tecnica dripping fa gocciolare gli smalti su tela
creando così dei mondi misteriosi. A rispecchiare la sua personalità
artistica forte e passionale sono i colori sgargianti che plasmano
un’evoluzione figurativa dalla tradizione all’astratto action
painting di Jackson Pollock, creando così una magia. Il quadro
presentato all’Expo 2015 infatti nasconde un enigmatico volto e
invita lo spettatore a scoprirlo, velato nelle linee astratte:
vi è Maria Tănase,
la “Edith Piaf” romena. La cantante dipinta così appare
all’Esposizione Mondiale per la seconda volta dopo quella di Parigi
1937 dove rappresentò la Romania.
I
colori dei pensieri, invece, costruiscono i quadri di
Calina Lefter, classe 1978. Con
la tecnica mista su tela l’artista cerca di oltrepassare i confini
della realtà creando attraverso i paesaggi romeni, un ricordo, un
pensiero, un momento. In occasione dell’Expo 2015 l’artista fa
un omaggio al poeta storico romeno Mihai Eminescu,
con dei colori teneri ma d’intensità unica, che ci inoltrano nel
profondo della poesia pura.
Il
lavoro di Lavinia Rotocol (1967) è
una ricerca sulla natura di emozione, che l'artista definisce
“eternità effimera”. Attraverso i colori di struttura leggera e
la pennellata decisa Rotocol fa emergere l’energia, la verità da
qualsiasi momento della vita: come se fossero dei frammenti del
cinema catturati in un attimo fuggente. Entrando nell’atmosfera
delle
emozioni, si crea così l' “Energia”.
Tudor
Andrei Odangiu, nato nel 1976, è
un decoratore e restauratore di opere d’arte, affreschi e mobili.
Questo influenza molto il suo stile: lavora spesso con il passato e
quindi tutta la sua opera artistica ha un forte legame con la
tradizione. Come afferma lui stesso, il particolare interesse verso
la pittura fiamminga lo aiuta a portare la luce all’interno del
quadro. Sono i colori luminosi a trasmettere il carattere e la
passione dell’artista, racchiusi nel tema della lotta, della forza
e della passione. Non a caso a lottare sull’arena dei colori sono
sovente i tori, ciclicamente protagonisti nella storia delle arti
visive, qui studiati con scrupolosa attenzione artistica.
Nelu
Pascu, nato nel 1963, è
un artista affermato in Romania, lavora nell’ambito dell’astratto
concettuale. Spesso però si dedica anche al figurativo dipingendo
soprattutto delle città, a volte facendole vedere come le mappe dei
percorsi quasi planimetrici, come se fossero viste e vissute
dall’alto. La scelta cromatica e quella materica nelle sue opere è
sempre dettata da un bisogno interiore, ribadisce Nelu Pascu, non è
mai la mente a comandare la sua pennellata. La sua arte non è
razionale bensì proveniente dall’animo del pittore con un forte
legame con le proprie radici che senza dubbio influenzano tutto il
lavoro dell’artista, sia a livello della tecnica sia nei temi
elaborati. Il colore nasce dalla luce. Sappiamo che scrivere con la
luce è la prerogativa della fotografia, traendo il significato
dall’etimologia stessa della parola.
Leonard
Regazzo, 1970, dipinge
con la luce – lavora con la fotografia, riflettendo sulla
realizzazione d’immagini fotografiche senza utilizzo della machina
stessa. L’artista elabora quindi la tradizione dei fotogrammi di
Moholy-Nagy come anche dei rayogrammi di Man Ray. Il lavoro di
Regazzo potrebbe essere definito come creazione enigmatica delle
nuove materie (l’artista scansiona le bolle di sapone lanciando una
lunga ripresa ad alta risoluzione): fortemente astratte queste figure
sullo sfondo nero, portano lo spettatore nell’immenso infinito.
Tutti gli artisti romeni in mostra vivono in Italia, sono giovani e
ambiziosi nell’acquisizione del ruolo di messaggeri tra i loro due
paesi, rapportandosi armoniosamente ai valori del proprio patrimonio
culturale. La scoperta del proprio universo artistico nel profondo
dell’anima di ognuno di loro racchiude un contributo alla propria
cultura, una ragione di vita
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mercoledì 27 maggio 2015
La vita non facile dei diritti riscoperti dalle sentenze
di Luigi Ferrarella (da “Corriere della sera” 15 maggio 2015)
Quanti diritti ci possiamo
permettere?
Quanti diritti ci possiamo permettere? Quale dose di giustizia può tollerare il nostro assetto sociale ed economico? Fino a pochi anni fa una domanda simile sarebbe suonata bestemmia. Ora, invece, viene implicitamente declinata ogni volta che dalle Corti (Corte costituzionale, Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, Corte di cassazione) arriva una sentenza all’incrocio di un dilemma: adesso tra rivalutazione delle pensioni e vincoli di bilancio, ma già in passato tra danni dell’inquinamento Ilva alla salute di Taranto e destino degli operai e dell’acciaio italiano, e prima tra ritmi giudiziari delle inchieste anticorruzione e invece esigenze extragiudiziarie di far aprire in tempo Expo 2015, o prima ancora tra impopolarità del tema carceri e condizioni inumane di vita di chi sta in prigione. E si può già scommettere riaccadrà nelle prossime sentenze che scioglieranno nodi sulle questioni di bioetica, o che metteranno il dito nel contrasto tra irrazionalità fiscali e esigenze dell’erario, o che incroceranno assetto degli statali e nuove regole per i dipendenti pubblici.
Sotto sotto, è come se ogni volta ribollisse questo non detto: quanti diritti ci possiamo permettere? Un retropensiero talmente sdoganato da nutrire reazioni sempre più insofferenti alle conseguenze di sentenze ripristinatorie di diritti, che sino a poco tempo fa sarebbero state percepite come ovvie riaffermazioni (di eguaglianza, dignità, equità sociale), e che invece adesso vengono vissute quasi come invasioni di Corti debordanti nel campo della politica, tapina perché commissariata dallo scippo giudiziario della sua facoltà di decidere tra più alternative possibili e di imporre questa scelta senza lacci e lacciuoli.
È un’insofferenza che trasuda già dalle parole usate da governo e parlamentari per definire la sentenza della Consulta sulle pensioni: «danno alla credibilità del Paese», verdetto che «scardina», decisione che (se applicata in toto) causerebbe conseguenze «immorali». Così, dopo ciascuna di queste sentenze, sempre più palese scatta il riflesso automatico di non applicarle, oppure — se proprio non è possibile disattenderle completamente — almeno di contenerle, di arginarne la portata, di neutralizzarne gli effetti, di mitridatizzarne le conseguenze. Plastico l’esempio delle condanne inflitte dalla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo all’Italia per le condizioni inumane e degradanti della detenzione nelle carceri: sentenze alle quali in questi mesi il governo ha ritenuto di adeguarsi con una legge su piccoli «rimedi compensativi» (8 euro al giorno per il passato, oppure lo scomputo di un giorno ogni dieci sulla pena ancora da scontare) dalle maglie normative però talmente strette che l’85 per cento delle domande avanzate a fine 2014 era stata dichiarata inammissibile, e soltanto l’1,2 per cento di richieste di risarcimento era stato accolto. E qualcosa del genere, in attesa che accada per le pensioni, sta avvenendo già in parte con la legge sulla tortura, in teoria introdotta sull’onda di un’altra condanna dell’Italia da parte di Strasburgo (stavolta per il G8 di Genova), ma in realtà parcheggiata (dopo approvazione in prima lettura) in un ramo del Parlamento con un testo di compromesso al ribasso.
Cambiano infatti i casi, ma il denominatore comune resta che la giurisdizione è sottoposta a una pressione sociale molto più insidiosa di passate grossolane ingerenze politiche: il mordere della crisi economica, la coperta corta dei bilanci statali, l’urgenza della disoccupazione, la disabitudine alla ricerca di soluzioni che non siano vendibili in pochi slogan, il fastidio per ciò che inevitabilmente complesso non sia tagliabile con l’accetta, tutto congiura a domandare alle Corti superiori (come in fondo già ai magistrati nei gradi inferiori) di subordinare le proprie decisioni a «compatibilità» con equilibri di volta in volta politici-sociali-economici e di assumere come parametro la «sostenibilità» dei propri atti. Con la conseguenza che non sembra più strano dare esecuzione a queste sentenze soltanto se e nella misura in cui esse siano compatibili con i bilanci statali, o appaiano socialmente accettabili, o risultino «digeribili» dalle esigenze delle imprese, o siano in linea con il momento politico, o siano empatiche con le emozioni dei cittadini.
Il che illumina due sottovalutazioni. La prima, nel presente, è che il ritardo con il quale il Parlamento sta mancando di eleggere i due giudici costituzionali di propria competenza influisce e di fatto altera la vita della Consulta, dove indiscrezioni attribuiscono ad esempio la contestata sentenza sulle pensioni al voto con valore doppio del presidente tra 6 favorevoli e 6 contrari. La seconda sottovalutazione, in prospettiva, è di quanto la combinazione tra nuova legge elettorale e nuovo Senato possa sbilanciare, a favore delle artificiosamente rafforzate maggioranze politiche di turno, le quote di giudici costituzionali e di componenti laici che spetta al Parlamento eleggere rispettivamente alla Consulta e al Consiglio superiore della magistratura.
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lunedì 4 maggio 2015
Il “tira e molla” per i luoghi di culto
A
distanza di una settimana dalla ricorrenza del 25 aprile in cui si è
manifestato per ogni forma di libertà e a pochi giorni di Expo 2015
a Milano, torna in evidenza, nell'agenda politica, la questione della
costruzione di nuovi luoghi di culto, soprattutto in Lombardia e nel
capoluogo che accoglierà turisti provenienti da tutto il mondo e di
ogni confessione religiosa.
A
febbraio (come si legge nella nota in calce) il governo italiano ha
impugnato la legge redatta da Roberto Maroni e dal Cosiglio regionale
lombardo, legge definita “anti-moschee” in quanto andava ad
intervenire con una serie di regole urbanistiche che, secondo Maroni,
avrebbero contrastato l'abuso edilizio, mentre secondo gli
oppositori, avrebbero violato il diritto di libertà religiosa.
Ovviamente
il centrodestra ha fatto sentire la propria voce. “Renzi ormai
impugna ogni legge di Regione Lombardia, che si tratti di moschee,
sanità o di nutrie. E' solo ritorsione, ma non ci intimidisce”;
gli ha fatto eco Matteo Salvini che ha su Facebook ha scritto: “Il
governo ha impugnato la legge regionale lombarda che regolamenta i
nuovi luoghi di culto, in particolare le moschee. Renzi e Alfano,
ecco i nuovi imam”.
Al
contrario per il segretario del PD lombardo, Alessandro Alfieri,
“l'impugnativa era più che prevedibile perchè legiferare in modo
ideologico e populista non può che portare a questi risultati” e
Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali del Comune
di Milano ha commentato con un “bravo Renzi” la decisione del
governo.
Si
prevede ancora battaglia, ma speriamo che le delibere vadano nella
direzione della ragionevolezza e del rispetto di tutte le
confessioni.
La nota del Governo:
Legge Regione Lombardia n. 2 del 03/02/2015 “Modifiche alla legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) – Principi per la pianificazione delle attrezzature per servizi religiosi” in quanto alcune disposizioni, al fine di regolamentare la realizzazione di luoghi di culto e di attrezzature religiose nel territorio regionale, impongono agli enti rappresentanti di organizzazioni religiose una serie di stringenti obblighi e requisiti che incidono sull’esercizio in concreto del diritto fondamentale e inviolabile della libertà religiosa, in violazione degli artt. 3, 8 e 19 della Costituzione, nonché dell’art. 117, lett. c), Cost., per invasione nella competenza esclusiva dello Stato in materia di rapporti tra la Repubblica e le confessioni religiose. Tali disposizioni regionali violano inoltre l’art. 117, primo e secondo comma, lett. a), Cost., per contrasto con i principi contenuti in trattati europei ed internazionali in materia di libertà di religione e di culto, nonché, prevedendo il coinvolgimento di organi statali preposti alla sicurezza pubblica, l’art. 117, comma 2, lett. h) Cost., che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia dell’ordine pubblico e della sicurezza e l’art. 118, comma 3, Cost., che affida alla sola legge statale il potere di disciplinare forme di coordinamento fra Stato e Regioni nella materia della sicurezza pubblica.
venerdì 1 maggio 2015
L'eredità di Expo: la Carta di Milano
Oggi si
apre l'Esposizione Universale, a Milano, tra le polemiche per i
padiglioni non ancora terminati, per gli sponsor che poco hanno a che
fare con la qualità del cibo e altro ancora di cui si sta parlando
già da mesi.
Ma con
Expo si è anche promessa la redazione della Carta
di Milano, un documento,
presentato nei giorni scorsi presso l'Università Statale del
capoluogo lombardo, alla presenza del ministro per le Politiche
agricole, Maurizio Martina, e di Salvatore
Veca, che ha coordinato con la Fondazione Feltrinelli il lavoro sulla
Carta, il quale ha spiegato "che un mondo senza fame sia
possibile" e che le questioni alla base della Carta siano
"questioni di giustizia globale: è un'utopia, ma realistica e
misurata".
La Carta presenta un programma che dovrebbe garantire diritto al cibo e all'energia con i temi relativi al: rispetto della terra e del mare, della biodiversità, della ricerca e dell' innovazione, del riconoscimento del lavoro regolare e del ruolo delle donne, della lotta al lavoro minorile nei campi. Azioni demandate ai governi e azioni quotidiane anti spreco: comprare la quantità di cibo necessaria per evitare di gettare l'eccesso, insegnare anche ai bambini la raccolta differenziata.
La Carta presenta un programma che dovrebbe garantire diritto al cibo e all'energia con i temi relativi al: rispetto della terra e del mare, della biodiversità, della ricerca e dell' innovazione, del riconoscimento del lavoro regolare e del ruolo delle donne, della lotta al lavoro minorile nei campi. Azioni demandate ai governi e azioni quotidiane anti spreco: comprare la quantità di cibo necessaria per evitare di gettare l'eccesso, insegnare anche ai bambini la raccolta differenziata.
Durante
la presentazione ufficiale della testo non sono mancate le
contestazioni, ma vogliamo credere nelle parole del ministro e che
queste diventino realtà. Eccole: “«I popoli, al pari degli
individui, possono quello che sanno». Con questa ispirazione, a
pochi giorni dall’apertura ufficiale di Expo, presentiamo oggi la
«Carta di Milano» l’atto d’impegno che farà da guida ai sei
mesi straordinari che abbiamo di fronte. Sentiamo forte la
responsabilità di animare un dibattito profondo sui contenuti
dirompenti che questa Esposizione ci propone. Perché «Nutrire il
pianeta, energia per la vita» è un titolo importante e la sfida
alimentare globale, con le sue contraddizioni e i suoi paradossi, è
la madre di tutte le questioni geopolitiche cruciali del nostro
tempo. E’ una sfida di equità e giustizia. Di sovranità.
Ce lo dicono drammaticamente,
ancora una volta, i fatti di queste ore nel Mediterraneo e in
Africa. La catastrofe umanitaria cui assistiamo quotidianamente ci
impone l’obbligo della verità; nessuno Stato, per grande e
potente che sia, sarà mai in grado di affrontare da solo un
fenomeno di portata epocale come quello delle odierne migrazioni.
E le cause di questi flussi migratori affondano le proprie radici in Paesi sconvolti dal micidiale connubio di povertà, violenze e guerre, dittature, carestie e malattie. Una demografia esplosiva caratterizza l’Africa sub sahariana le cui sofferenze spingono centinaia di migliaia di giovani a lanciarsi in viaggi della speranza che presto si trasformano in disperazione.
È allora sulla costruzione di alternative possibili che bisogna investire tutte le nostre risorse e il nostro impegno. Il 2015 è l’anno europeo per lo Sviluppo, ma anche quello in cui le Nazioni Unite aggiornano gli Obiettivi del Millennio con l’elaborazione dei Sustainable Development Goals. E’ nostro dovere mobilitarci perché questi atti si traducano in decisioni praticabili e strumenti operativi da parte delle istituzioni internazionali.
È questo il contesto nel quale, ospitando Expo, promuoviamo la «Carta di Milano», non come documento intergovernativo fra addetti ai lavori, ma come vero e proprio strumento di cittadinanza globale. Per la prima volta nella sua storia una Esposizione universale promuove un atto d’impegno verso i governi, che tutti i cittadini potranno sottoscrivere contribuendo alla definizione di precise responsabilità dei singoli, delle imprese e delle associazioni.
Il fondamento della Carta è tanto ambizioso quanto urgente: il diritto al cibo deve essere considerato diritto umano fondamentale e occorre, oggi più che mai, una mobilitazione diffusa per garantire l’equo accesso al cibo per tutti. Gli impegni proposti altrettanto cruciali: lotta allo spreco e alle perdite alimentari, difesa del suolo agricolo e della biodiversità, tutela del reddito di contadini, allevatori e pescatori, investimento in educazione alimentare e ambientale a partire dall’infanzia, riconoscimento e valorizzazione, più di quanto non sia stato fatto sino a qui, del contributo essenziale delle donne nella produzione agricola e nella nutrizione.
E ancora: investire nella ricerca e in tecnologie con un rapporto nuovo tra pubblico e privato, favorire l’accesso all’energia pulita e lavorare per una sempre più corretta gestione delle cruciali risorse idriche, promuovere il riciclo e il riutilizzo, adottare azioni per la salvaguardia dell’ecosistema marino, proteggere con legislazioni adeguate il cibo da contraffazioni e frodi e contrastare il lavoro minorile e irregolare ancora drammaticamente diffuso.
La Carta potrà essere sottoscritta dal 1° Maggio e rimarrà un atto aperto che si arricchirà ancora nei sei mesi espositivi per arrivare alla consegna ufficiale del testo nell’ottobre prossimo, quando il segretario generale dell’Onu farà tappa a Milano. Ci siamo mossi nel solco di quanto detto da Papa Francesco quando, proprio in occasione della prima tappa dell’Expo delle Idee, ha richiamato la comunità internazionale a passare ora «dalle emergenze alle priorità».
La sfida da vincere sull’alimentazione così intesa può unire anche chi si è trovato spesso su fronti opposti nello scacchiere internazionale: la «diplomazia» di Expo offre opportunità inedite per lanciare nuove alleanze in favore di progetti di sviluppo improntati alla sostenibilità.
Continuando a guardare il futuro dalle nostre coste, se ci poniamo la domanda su come riuscire a sfamare miliardi di persone in modo sostenibile per la sopravvivenza stessa della Terra, nella Carta troveremo indicazioni centrali, articolate e certamente non esaustive, ma sicuramente coraggiose. In questo lavoro ci hanno aiutato molto anche le riflessioni mai scontate di una personalità straordinaria come Ermanno Olmi, instancabile difensore della sacralità del cibo.
Interpretando anche così Expo l’Italia può diventare protagonista nella sfida per la tutela del pianeta, non solo per il destino che la geografia ci ha assegnato, ma per una precisa scelta strategica, morale, culturale e politica.
* Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali con delega all’Expo”.
E le cause di questi flussi migratori affondano le proprie radici in Paesi sconvolti dal micidiale connubio di povertà, violenze e guerre, dittature, carestie e malattie. Una demografia esplosiva caratterizza l’Africa sub sahariana le cui sofferenze spingono centinaia di migliaia di giovani a lanciarsi in viaggi della speranza che presto si trasformano in disperazione.
È allora sulla costruzione di alternative possibili che bisogna investire tutte le nostre risorse e il nostro impegno. Il 2015 è l’anno europeo per lo Sviluppo, ma anche quello in cui le Nazioni Unite aggiornano gli Obiettivi del Millennio con l’elaborazione dei Sustainable Development Goals. E’ nostro dovere mobilitarci perché questi atti si traducano in decisioni praticabili e strumenti operativi da parte delle istituzioni internazionali.
È questo il contesto nel quale, ospitando Expo, promuoviamo la «Carta di Milano», non come documento intergovernativo fra addetti ai lavori, ma come vero e proprio strumento di cittadinanza globale. Per la prima volta nella sua storia una Esposizione universale promuove un atto d’impegno verso i governi, che tutti i cittadini potranno sottoscrivere contribuendo alla definizione di precise responsabilità dei singoli, delle imprese e delle associazioni.
Il fondamento della Carta è tanto ambizioso quanto urgente: il diritto al cibo deve essere considerato diritto umano fondamentale e occorre, oggi più che mai, una mobilitazione diffusa per garantire l’equo accesso al cibo per tutti. Gli impegni proposti altrettanto cruciali: lotta allo spreco e alle perdite alimentari, difesa del suolo agricolo e della biodiversità, tutela del reddito di contadini, allevatori e pescatori, investimento in educazione alimentare e ambientale a partire dall’infanzia, riconoscimento e valorizzazione, più di quanto non sia stato fatto sino a qui, del contributo essenziale delle donne nella produzione agricola e nella nutrizione.
E ancora: investire nella ricerca e in tecnologie con un rapporto nuovo tra pubblico e privato, favorire l’accesso all’energia pulita e lavorare per una sempre più corretta gestione delle cruciali risorse idriche, promuovere il riciclo e il riutilizzo, adottare azioni per la salvaguardia dell’ecosistema marino, proteggere con legislazioni adeguate il cibo da contraffazioni e frodi e contrastare il lavoro minorile e irregolare ancora drammaticamente diffuso.
La Carta potrà essere sottoscritta dal 1° Maggio e rimarrà un atto aperto che si arricchirà ancora nei sei mesi espositivi per arrivare alla consegna ufficiale del testo nell’ottobre prossimo, quando il segretario generale dell’Onu farà tappa a Milano. Ci siamo mossi nel solco di quanto detto da Papa Francesco quando, proprio in occasione della prima tappa dell’Expo delle Idee, ha richiamato la comunità internazionale a passare ora «dalle emergenze alle priorità».
La sfida da vincere sull’alimentazione così intesa può unire anche chi si è trovato spesso su fronti opposti nello scacchiere internazionale: la «diplomazia» di Expo offre opportunità inedite per lanciare nuove alleanze in favore di progetti di sviluppo improntati alla sostenibilità.
Continuando a guardare il futuro dalle nostre coste, se ci poniamo la domanda su come riuscire a sfamare miliardi di persone in modo sostenibile per la sopravvivenza stessa della Terra, nella Carta troveremo indicazioni centrali, articolate e certamente non esaustive, ma sicuramente coraggiose. In questo lavoro ci hanno aiutato molto anche le riflessioni mai scontate di una personalità straordinaria come Ermanno Olmi, instancabile difensore della sacralità del cibo.
Interpretando anche così Expo l’Italia può diventare protagonista nella sfida per la tutela del pianeta, non solo per il destino che la geografia ci ha assegnato, ma per una precisa scelta strategica, morale, culturale e politica.
* Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali con delega all’Expo”.
Qui il
link di Repubblica per leggere il testo completo della Carta di
Milano:
http://milano.repubblica.it/cronaca/2015/04/28/news/expo_la_carta_di_milano-113054303/
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giovedì 30 aprile 2015
Festival del Cinema africano, d'Asia e America latina
Nell'anno
e nei giorni in cui l'Esposizione universale viene inaugurata a
Milano, parte in città anche la 25ma edizione del Festival del
Cinema africano, d'Asia e America latina che si terrà dal 4 al 10
maggio in vari luoghi e spazi. Non potevano, quindi, mancare il
contest fotografico dal titolo “ Il cibo più buono del mondo” e
tanti altri riferimenti all'alimentazione, ma il programma della
manifestazione guarda, come sempre, ad altri diritti (spesso negati)
e alle condizioni di vita (o di sopravvivenza) dei popoli del sud del
mondo.
Si
parono le danze, il 4 maggio presso l'Auditorium San Fedele – alle
20.30, con la proiezione di Taxi
Theran, il
film vincitore dell'Orso d'Oro all'ultima edizione della Berlinare
per poi proseguire con lungometraggi, corti e documentari che
provengono, ad esempio, dalla Tunisia (
Le challat de Tunis
di Kauter Ben hania, Pére
di Lofti Achour), dal Marocco (L'homme
au chien
di Kamal Lazraq, The
narrow frame of midnight
di Tala Hadid), dal Perù (El
sueno de Sonia
di Diego Sarmiento), dal Burkina Faso (Oulinine
Imdanate
di Michel K. Zongo). E poi il ritorno di Raul Peck con Meurtre
àu Pacot
e Rachid Masharawi con Letters
from Al Yarmouk.
Ma
questo è solo un assaggio...Numerosi gli eventi collaterali come lo
Spazio scuola con le proiezioni mattutine dedicate agli alunni delle
scuole medie inferiori e superiori e gli incontri alla Casa del pane
(casello di Porta Venezia) con autori, registi, esperti. Oltre alle
sezioni competitive, inoltre, il festival propone la
sezione Flash con anteprime e film evento; Films that
Feed, sezione realizzata in collaborazione con Acra-Ccs e
dedicata ai temi dell'Expo 2015; la sezione Il Razzismo
è una brutta storia in collaborazione
con laFeltrinelli;
Africa Classics, 6 titoli capolavori del cinema africano restaurati dal World Cinema Project di Martin Scorsese, in collaborazione con Mudec - Museo delle Culture.
Africa Classics, 6 titoli capolavori del cinema africano restaurati dal World Cinema Project di Martin Scorsese, in collaborazione con Mudec - Museo delle Culture.
L'Associazione
per i Diritti Umani parteciperà al festival e condurrà la
presentazione della campagna #MAIPIUCIE
con il regista del documantario Limbo,
Matteo Calore.
L'incontro si svolgerà
sabato 9 maggio, alle ore 15, presso la Casa del pane.
|
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giovedì 26 marzo 2015
NO a manifestazioni nazifasciste in città
Appello al Prefetto di Milano Dott. Francesco Paolo Tronca, al Questore di
Milano Dott. Luigi Savina e al Sindaco di Milano Avv. Giuliano Pisapia:
Non è più tollerabile che Milano debba assistere ogni 29 Aprile alla parata
nazifascista che da anni deturpa la nostra città strumentalizzando il ricordo dei tragici episodi da noi duramente condannati, avvenuti quaranta anni fa, con l’uccisione del giovane Sergio Ramelli. Il 29 aprile prossimo ricorrerà il quarantesimo anniversario della morte di Sergio Ramelli.
L’esperienza degli anni passati lascia certamente presagire che tale pur
legittima manifestazione di ricordo sarà il pretesto, come avvenuto in occasione delle manifestazioni precedenti, per frange di neofascisti di tutta Italia, per inscenare l’ennesima parata militare con l’utilizzo e la magnificazione di simboli neonazisti e neofascisti. Naturalmente, non si vuole mettere in discussione il fondamentale principio di libertà di manifestazione del proprio pensiero sancito dall’art. 21 della nostra Carta Costituzionale.
È altresì vero, tuttavia, che tale principio incontra limiti ben precisi e
anch’essi sanciti per Legge laddove si risolva nella apologia del fascismo.
Tutti noi rivolgiamo un forte appello al Sindaco di Milano e invitiamo il Prefetto e il Questore perchè quest’anno, a soli quattro giorni dal settantesimo della Liberazione, a due giorni dalla Festa del Primo Maggio e dall’inaugurazione di EXPO 2015, con la presenza di un nutrito numero di rappresentanze internazionali, non si ripeta questa grave offesa a Milano Città Medaglia d’Oro della Resistenza e venga impedita l’ennesima manifestazione di aperta apologia del fascismo che si porrebbe in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione repubblicana e con le leggi Scelba e Mancino.
Chiediamo pertanto, alla luce di quanto esposto, che la manifestazione e il corteo vengano vietati dalle Autorità competenti.
Milano, 23 marzo 2015
Sottoscrivono l’appello:
Associazione Nazionale Partigiani d’Italia – ANPI Provinciale di Milano;
Associazione Nazionale Perseguitati Politici Antifascisti – ANPPIA Milano;
Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna – AICVAS;
Associazione Nazionale Ex Deportati – ANED di Milano;
Associazione Nazionale Partigiani Cristiani – ANPC;
Associazione per i Diritti Umani;
Federazioni Italiane Associazioni Partigiane – FIAP Lombardia ;
Camera del lavoro Metropolitana di Milano – CGIL;
CISL Milano Metropoli;
UIL Milano e Provincia;
Partito Democratico Area Metropolitana di Milano;
Partito Comunista d’Italia – Milano;
Partito della Rifondazione Comunista – Federazione di Milano;
Sinistra Ecologia Libertà Milano – SEL;
ACLI Milano; ARCI;
Centro Puecher.
sabato 21 marzo 2015
Giornata
mondiale contro il razzismo
La
Milano dell’EXPO e la Milano dei Rom
Incontro
con l’europarlamentare Soraya Post
Con
Dijana Pavlovic, Consulta Rom e Sinti, e le donne rom di Milano
Sabato
21 Marzo 2015, Giornata internazionale per l’eliminazione della
discriminazione razziale, alle ore 12 presso la Sala Gialla di
Palazzo Marino la Consulta Rom e Sinti di Milano organizza una
conferenza stampa con l’europarlamentare Soraya
Post sul tema:
La
Milano dell’EXPO e la Milano dei Rom: diritti strabici
Nelle
molte Milano parallele “l’EXPO dei popoli” può essere
un’occasione d’incontro con un popolo escluso per definizione,
bersaglio prediletto del razzismo nostrano? Un confronto con e tra
donne Rom per un percorso e obiettivi possibili.
Soraya Post, padre ebreo, madre rom che subì a soli 21 anni la sterilizzazione forzata dal governo, una pratica toccata a molte donne rom e saami interrotta solo nel 1974, è la prima donna dichiaratamente femminista e rom ad avere un seggio a Bruxelles. Leader del partito svedese Iniziativa Femminista che non ha ricevuto alcun finanziamento pubblico, propone un programma basato sul rispetto dei diritti umani e sulla parità di genere.
All’incontro
partecipano Dijana Pavlovic,
portavoce della Consulta
Rom e Sinti di Milano, Basilio
Rizzo, presidente del
Consiglio comunale di Milano, Anita
Sonego, presidente della
Commissione Pari Opportunità del Comune di Milano. Saranno presenti
le donne delle comunità rom del Comune di Milano.
È
stata invitata l’onorevole
Giovanna Martelli, delegata
del governo italiano per le Pari Opportunità.
Per informazioni: +39.3397608728 - +32.
491743678 - +39.3391170311
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martedì 16 settembre 2014
Il manifesto dell'antimafia
Mentre
Don Luigi Ciotti viene minacciato da Riina, noi rispondiamo a gran
voce con la recensione di un libro importante e ve lo consigliamo di
cuore. Stiamo parlando del Manifesto
dell'Antimafia del Prof.
Nando dalla Chiesa, edito da Einaudi.
Il
Professore - docente di di Sociologia della criminalità organizzata
presso l'Università degli studi di Milano - ha calcolato, insieme ai
suoi studenti, che una tangente pagata alle mafie ha lo stesso valore
economico di duemila assegni di ricerca: sostegno allo studio,
sostegno al lavoro. Tutto questo sottratto alla società e ai
cittadini onesti.
Parte
proprio da qui l'ultimo lavoro di Nando dalla Chiesa: dalla
mentalità, dalle pratiche quotidiane, diffuse e sotterranee, che
alimentano la forza della criminalità. La mafia non è solo al Sud,
la mafia non intacca solo politica e finanza; la mafia si annida
nella mancanza di valori positivi e di indifferenza verso il Bene
comune. Non a caso il professore definisce la 'ndrangheta come una
“forza sociale criminale” perchè riguarda i comportamenti
sociali, quindi anche quelli di ciascuno di noi.
Le mafie
hanno un'anima, si continua a leggere nel testo, un'anima nera che si
può tradurre in tabelle e schemi concreti. Si fa riferimento a tre
“C” che non vanno sottovalutate: quelle dei complici, del
concorso esterno e, soprattutto, dei codardi.
Il
saggio si rivolge a tutta la società civile e, in particolare, ai
giovani che forse si sentono schiacciati e scoraggiati da quella zona
grigia, da quella palude (culturale, politica, istituzionale) che non
riesce a sbloccare la situazione, per paura o per
interesse...Pensiamo alle vicende che stanno caratterizando
l'organizzazione di Expo 2015. Ma sono proprio loro, i giovani,
portatori di speranza e di futuro e noi più grandi abbiamo il dovere
di indicare e di ricordare che la strada è sempre e soltanto quella
dell'etica e della giustizia.
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venerdì 11 aprile 2014
La moschea a bando pubblico
Expo
2015 sta per arrivare e ci si interroga anche su come accogliere i
visitatori di fede islamica e permettere loro di recarsi in un luogo
di culto adeguato. “Escludo che si riesca a costruire una moschea
entro il 2015. Certo, per quella data, bisognerà comunque trovare un
luogo di culto dignitoso”, così ha espresso il proprio parere
Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche Sociali presso il
Comune di Milano.
Una
delle soluzioni prospettate al termine di una consulta con le
delegazioni islamiche della città è quella di mettere al bando
un'area pubblica, forse sull'area del Palasharp, in Via Sant'Elia. La
risposta di Majorino è che dovrebbero essere rispettate alcune
condizioni ben precise, quali ad esempio: le spese per
l'abbattimento della vecchia struttura non dovranno ricadere
sull'Amministrazione, dovrà essere uno spazio aperto e trasparente e
dovrà comprendere anche spazi adibiti ad azioni pubbliche,
biblioteche, interventi sociali. Un polo culturale, insomma, oltre
che un luogo religioso.
Accanto
a questa ipotesi si aggiunge quella di utilizzare strutture private
oppure altre aree pubbliche dismesse che potrebbero essere
ristrutturate sempre a spese di privati che fanno parte del mondo
islamico; si è anche pensato, a questo riguardo, ad un intervento
delle rappresentanze consolari di Marocco e Giordania per la
costruzione di un edificio di culto nei pressi di Viale Certosa.
Sul
territorio cittadino sono molto diffusi magazzini, scantinati e
uffici che vengono utilizzati come luoghi di preghiera: è bene
regolarizzare queste realtà e consegnare, ai cittadini musulmani,
uno spazio ufficiale per garantire loro la libertà di culto. Asfa
Mahmoud, presidente della Casa della Cultura islamica, però spiega:
“ Una sola moschea non risponde alle necessità delle comunità del
territorio. In Via Padova preghiamo in tre turni perchè gli spazi
non sono sufficienti. Abbiamo bisogno di più luoghi di culto,
dignitosi e diffusi in città”.
Uno dei
problemi, infatti, che l'Amministrazione deve affrontare consiste nel
mettere d'accordo le numerose comunità islamiche presenti a Milano e
non appartenenti al CAIM (Coordinamento Associazioni Islamiche di
Milano) come quella senegalese, ad esempio. In una recente intervista
al Corriere della Sera, Abdeljabbar Moukrim dell'Associazione Al
Qafila ha spiegato: “ Non siamo contrari al progetto del CAIM, è
giusto dare valore a tutte le realtà presenti. Ma se parliamo di un
progetto di moschea che deve nascere su suolo pubblico, nessuno può
avere il diritto di parlare a nome di tutti i musulmani e il Comune
non può intrattenere il dialogo con un solo interlocutore”.
A tutto
questo si aggiunge che, il 27 marzo scorso, sul sito Yalla Italia, il
blog sulle seconde generazioni, è comparso un articolo secondo il
quale il CAIM sarebbe vicino all'organizzazione dei Fratelli
Musulmani e in cui si sostiene, inoltre, che molti rappresentanti del
CAIM avrebbero preso parte a manifestazioni in favore di Mursi.
La
situazione, dunque, è molto complicata; tante le questioni, anche di
origine politico-religiosa, da affrontare. E intanto Expo si sta
avvicinando...
mercoledì 18 dicembre 2013
Apre a Milano la Casa dei diritti
Venerdì
scorso è stata inaugurata a Milano la Casa dei diritti, in Via De
Amicis 10, uno spazio annunciato dal palco del Pride lo scorso giugno
e che secondo le parole di Pierfrancesco Majorino, assessore alle
politiche sociali, “rappresenta
il racconto di quello che stiamo facendo e che vogliamo continuare a
fare per la promozione della persona”.
Questo
luogo di proprietà del Comune segna il patto tra l’amministrazione,
l’associazionismo ed il terzo settore con lo scopo esplicito di
declinare la parola diritto in varie accezioni e sarà la sede
permanente di alcuni servizi: dai centri anti-violenza al testamento
biologico, dalla task force contro la discriminazione
sull’orientamento sessuale alle attivita’ di 2G, dalle esperienze
legate al forum città-mondo (in attesa dell’apertura del museo
delle culture) ai percorsi laboratoriali per le scuole milanesi sui
diritti umani nel mondo con Survival.
In
particolar modo poi, l’intervento del sindaco Pisapia ha
sottolineato il fatto che sia l’istituzione ad aprire una casa dei
diritti ma che poi la gestirà insieme ai cittadini con due effetti:
parlare al Paese, in particolare a Roma per combattere tutte le
discriminazioni e parlare al mondo intero, tramite la vetrina di
Expo2015 come dimostra l’esempio della Cascina Triulza, struttura
che si occupa del tema della fame nel mondo e che nel post-Expo
diventerà la Casa delle ong. Il sindaco ha, infatti, illustrato il
progetto della Casa dei diritti con queste parole: “Un luogo che
riafferma Milano come capitale dei diritti e dell’innovazione
sociale. Un luogo da cui far partire anche un’azione di stimolo al
Governo e al Parlamento su temi ormai centrali per riallineare il
diritto e la politica alla realtà sociale. Mi riferisco alla lotta
contro la discriminazione sessuale, al contrasto all’omofobia, alla
tutela della donna, tutti temi che non devono più aspettare di
diventare emergenze sociali, ma devono far parte dell’agenda
ordinaria della politica”.
Nella
seconda metà di gennaio si terrà un Forum in cui verrà spiegato
alle associazioni come partecipare a questo progetto. E noi
attendiamo fiduciosi che venga spiegato a tutte le associazioni che
operano a Milano come si può farne parte e qual'è l'iter per
proporre le iniziative.
A
cura della nostra redazione
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