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venerdì 9 ottobre 2015

La missione europea contro gli scafisti


La seconda fase della missione europea contro gli scafisti, che prevede il sequestro e la distruzione dei barconi in acque internazionali, "partirà il 7 ottobre" la seconda fase della missione europea contro gli scafisti, che prevede il sequestro e la distruzione dei barconi in acque internazionali: lo ha annunciato nei giorni scorsi l'Alto rappresentante della politica estera Ue, Federica Mogherini,in visita alla sede della missione,a Roma. "La decisione politica è presa,gli assetti sono pronti". L'operazione si chiamerà "Sofia,come la bimba nata su una nave" per "dare un segnale di speranza".


In questa occasione ripubblichiamo una nostro contributo con gli interventi di Mario Poeta e Stefano Liberti, autori del documentario Maybe Tomorrow che ci aiuta ad approfondire la situazione.

Il prodotto dei due giornalisti si inserisce nel progetto Access to Protection del Consiglio Italiano dei Rifugiati . Maybe tomorrow vuol dire “Forse domani” ed è la frase che i migranti si sentono continuamente ripetere, per mesi e mesi, mentre aspettano il “foglio di via”.


Come nasce il progetto di Maybe tomorrow?



Il progetto nasce all'interno di un progetto europeo sull'accoglienza e il salvataggio in mare e, nell'ambito di questo progetto, abbiamo realizzato un documentario breve che cerca di raccontare l'operazione Mare Nostrum, iniziata nel 2013 e condotta per tutto il 2014 dalla Marina militare: abbiamo seguito come vengono intercettati i barconi, come vengono svolti i soccorsi e anche cosa avviene dopo.

Quale può essere il bilancio dell'operazione Mare Nostrum?

Per quello che abbiamo visto noi è un bilancio positivo perchè, nel corso di tutta l'operazione, sono stati soccorsi e portati a terra 170.000 rifugiati e, se non ci fosse stata l'operazione, i morti sarebbero stati di maggior numero; ricordiamo che Mare Nostrum è stata lanciata subito dopo la duplice tragedia dell'ottobre 2013, con un totale di 600 migranti deceduti in mare.

L'operazione ha anche ovviato a un problema fondamentale, ovvero al fatto che – quando si vanno a vedere le nazionalità delle persone che partono e vengono tratte in salvo – si capisce che quelle persone provengono da Paesi in guerra o sono perseguitate per questioni politiche per cui, una volta arrivate in Italia, ottengono la protezione internazionale. Mare Nostrum ha, quindi, svolto le funzioni di una specie di canale umanitario per questi profughi di guerra.

Il sistema di richiesta di asilo, in Italia, funziona?

l'Italia è un Paese di transito e gli immigrati preferiscono andare in Nord Europa dove viene garantita una migliore qualità della vita.



Quindi non si può e non si dovrebbe parlare di “emergenza”...



Non proprio; la gran parte delle persone che arriva in Italia, infatti, non chiede asilo perchè, una volta ottenuto, non c'è un follow up: non vengono garantiti percorsi di inserimento, formazione, coabitazione come, invece, avviene in altri Paesi.

Chi arriva tende a non farsi prendere le impronte digitali e a cercare di richiedere l'asilo politico in Paesi dove il sistema è più accogliente.

Parlare di “emergenza immigrazione” consente di non realizzare mai un sistema strutturato di accoglienza. L'emergenza è qualcosa che avviene e che non è prevedibile. In realtà i flussi migratori verso l'Italia esistono da più di vent'anni e sono facilmente prevedibili anche i numeri che interessano questi flussi per cui parlare di emrgenza consente anche di speculare su questo fenomeno: dare appalti in deroga, superare le normative. Quindi poter lucrare.




Come si svolge la prima accoglienza in Italia?



Sempre per quello che abbiamo visto, chi ha i mezzi finanziari per andarsene, cerca di andare via prima di essere identificato; chi non li ha (come i cittadini dell'Africa subsahariana) viene inserito in un sistema di prima accoglienza molto carente nel quale, per mesi e mesi, non viene informato dei propri diritti e delle tempistiche che riguardano la sua situazione.

Pensiamo anche ai minori stranieri non accompagnati (MSNA): vengono trasferiti in strutture temporanee, in attesa di essere affidati a un tutore per poi iniziare la procedura di richiesta di asilo, cosa che richiede almeno sei mesi di tempo. Questi minorenni vivono in una specie di limbo, di indeterminatezza e non ne capiscono il motivo perchè pensano di essere arrivati in un posto dove i loro diritti vengono garantiti e invece non è così.





domenica 26 luglio 2015

Cento morti sulle coste libiche

(da Avvenire.it)




Almeno un centinaio di morti sono stati raccolti nei giorni scorsi sulle spiagge e nel mare di Tajoura, in Libia. Tra di loro donne e bambine. I corpi sono stati portati nell’ospedale di Tripoli. La notizia è stata lanciata ieri da Migrant Report, organo di informazione con base maltese ed è rimbalzata sui siti di news dell’Africa subsahariana, area da cui proverrebbero le vittime. La fonte citata è un portavoce del dipartimento libico della migrazione. Le autorità, riporta il sito, non sono ancora in grado di comunicare con certezza né il numero esatto dei corpi né la nazionalità delle vittime. Ma se le cifre fossero confermate, sarebbe la tragedia migratoria più grave dopo la morte di almeno 800 persone nel Canale di Sicilia, avvenuta il 18 aprile scorso.


È quasi certo che si tratti dei resti del naufragio di un’imbarcazione (un gommone, probabilmente, dato il numero dei morti) partita dalla città libica, posta a una decina di chilometri da Tripoli, uno dei punti di partenza principali di chi tenta di entrare in Europa. Possibili conferme arrivano dal sacerdote eritreo don Mosè Zerai, riferimento per i profughi del Corno d’Africa diretti in Italia, che racconta di un’imbarcazione salpata il 5 o il 6 luglio scorso, ma di cui mancano informazioni sull’arrivo. Don Zerai conferma la presenza a bordo di molte donne e bambini.


Oggi arriverà a Messina la nave privata My Phoenix, dei coniugi maltesi Catambrone, con a bordo 414 migranti soccorsi in mare. Le partenze dalle coste libiche stanno ormai avvenendo solo su gommoni. Una scelta, quella dei trafficanti dettata in parte dalla contingenza, dato che è sempre più difficile recuperare barconi e pescherecci. Ma ci sono anche altre ragioni, come conferma il Consiglio Italiano per i Rifugiati: «I gommoni sono più economici, e quindi consentono ai trafficanti di aumentare il margine di guadagno. Sono più facili da recuperare, anche sui mercati internazionali. Inoltre i natanti gonfiabili sono quasi invisibili ai radar, sono meno agevoli da intercettare. Ma sono anche le minacce di distruggere le imbarcazioni in Libia a spingere i trafficanti ad adoperarli». I gommoni, inoltre, salpano in massa: «Se partono in tanti è più difficile reagire. Per i prossimi giorni dobbiamo aspettarci altre partenze di questo tipo».


Questi gommoni sono pensati per ospitare una trentina di persone: i trafficanti ci caricano sopra tra i cento e i centoventi migranti. Ma c’è anche un ulteriore aspetto che desta particolare preoccupazione: per i gommoni non servono scafisti. «Non sono necessarie competenze particolari come per le imbarcazioni più grandi. A volte ci sono migranti che già hanno esperienza, altre volte fanno una rapida prova in acqua. Spesso in questi casi chi guida ottiene uno sconto sul passaggio o la gratuità. Ma non servono grandi incentivi: tutti vogliono lasciare la Libia il prima possibile».


Ancora Migrant Report segnala la scoperta di tre corpi nel deserto libico, presso la città di Sabha. Si tratta di una coppia nigeriana e di un terzo uomo di nazionalità incerta. Una ventina di altri corpi sarebbero invece presso l’obitorio dell’ospedale locale. Si tratta di persone cadute nella rete di finti trafficanti che rapiscono i migranti per estorcere denaro alle loro famiglie. Secondo alcuni testimoni, il riscatto richiesto oscilla tra i 200 e gli 8.000 dollari. «Quando il denaro non arriva – dice una fonte locale di Migrant Report – gli ostaggi vengono torturati. A volte vengono uccisi e i loro corpi vengono gettati sul bordo della strada, nel deserto».

domenica 26 aprile 2015

Politiche migratorie: gli errori fatali dell'Europa e dell'Italia




Cari lettori, oggi vi proponiamo il video dell'incontro che l'Associazione per i Diritti Umani ha organizzato con l'Avv. Alessandra Ballerini e Edda Pando sui temi delle migrazioni. Siamo partiti dal saggio intitolato Storie di migranti e di altri esclusi, per le edizioni Melampo, per approfondire quali sono i problemi, le falle e le scelte sbagliate, in termini di politiche migratorie, che hanno portato anche all'ultimo naufragio nel Mediterraneo in cui hanno perso la vita tanti, troppi migranti. Anche bambini.
 
 




L'Associazione per i Diritti Umani organizza e conduce questi incontri anche nelle scuole medie inferiori e superiori e nelle università.



Per informazioni, scrivere a: peridirittiumani.com

giovedì 12 febbraio 2015

Su quelle barche ci siamo Noi!



Martedì 10 febbraio 2015: un'altra strage in mare. Sono 29 le vittime accertate, morte nel Canale di Sicilia per assideramento, altri 22 sono deceduti durante il trasferimento a Lampedusa. I migranti erano partiti, a bordo di un gommone, dalla Libia, erano stati raggiunti dai soccorsi della Guardia costiera, ma molti di loro non hanno retto al freddo e alla pioggia.

Mercoledì 11 febbraio 2015: altre centinaia di viitime, forse 400, a largo di Lampedusa. I migranti sopravvissuti dicono che tutti sono stati minacciati dagli scafisti che hanno intimato loro di imbarcarsi, impugnando le armi. L'UNHCR conferma la morte di 232 persone, ma il numero è destinato a salire.

Tra questi migranti, anche donne e minori.

L'Associazione per i Diritti Umani vi propone, di seguito, il video di un incontro pubblico da noi organizzato sul tema delle migrazioni e il commento all'accaduto da parte del Naga e del suo Presidente, Luca Cusani.



 
Commento del Naga:

Apprendiamo con dolore dei morti e dei dispersi nel canale del Sicilia. Il freddo e la bufera sono gli eventi atmosferici che hanno causato le morti e il naufragio. Sono però le scelte politiche dei Paesi europei le cause profonde che li hanno determinati.” afferma Luca Cusani presidente del Naga.

Sicuramente la nuova missione militare Triton ha dimostrato immediatamente di non essere adeguata al salvataggio dei migranti che cercano di arrivare in Europa e sebbene Mare Nostrum abbia avuto il merito di salvare molte vite umane e una sua riattivazione sia auspicale, crediamo che le morti in mare possano essere evitate solo attraverso un ripensamento generale delle politiche migratorie europee.” prosegue il presidente del Naga.

Crediamo sia necessario scardinare l'intero discorso sull'immigrazione: parlare di persone da accogliere e non di frontiere da controllare; pensare alla sicurezza di chi migra e non solo a quella dei Paesi di approdo; cercare soluzioni strutturali e non di emergenza; pensare alle migrazioni come un prezioso fenomeno del presente e non come ad un fenomeno da reprimere inutilmente. Pensare che su quelle barche non ci sono Loro, ma ci siamo Noi. Tutti.” conclude Luca Cusani.

Come Naga continueremo a fornire assistenza sanitaria, sociale e legale e continueremo a difendere diritti tutte le volte che cercheremo di soddisfare dei "bisogni".



mercoledì 12 novembre 2014

Gli ORIZZONTI dei migranti




Si è tenuta da poco a Milano una mostra intitolata Silent Book Contest in cui sono stati esposti i lavori grafici di bravi illustratori, capaci di raccontare storie senza l'uso delle parole.

A noi ha colpito, in particolare, il progetto ORIZZONTI di Paola Formica a cui abbiamo rivolto alcune domande e che ringraziamo.








Perchè la scelta di questo soggetto?




Era appena avvenuto il drammatico naufragio del barcone proveniente dalla Libia, stracolmo di profughi provenienti da diversi stati africani, dove hanno perso la vita più di 300 persone.

Mi ha davvero sconvolto. Si è scritto e raccontato molto a proposito. Ho pensato che il Silent Book Contest fosse l’opportunità giusta per raccontare la storia di chi è costretto a lasciare alle spalle una parte di sè, raccontarla una volta in più, senza le parole stavolta, per toccare con le sole immagini altre corde.




Come si è sviluppato il progetto grafico? Per realizzarlo, si è ispirata anche alle immagini che scorrono sullo schermo televisivo?




Il progetto l’ho subito avuto chiaro in testa; l’ho poi buttato giù di getto, uno storyboard veloce a matita e le tavole definitive tutte in digitale. Mi hanno suggerito alcuni spunti, per esempio, la scena della barca in mare di notte o il film Terraferma; altre immagini, i volti delle persone, l’espressione dei loro occhi, i mezzi di trasporto stracolmi, viste più e più volte attraverso i media, li ho fissi in mente, indelebili … Il lavoro completo è durato circa due mesi.




Tavole colorate e disegni dal tratto netto: come si può raccontare una storia emozionante senza le parole?




E’ una sfida che si può affrontare essendo emozionati di raccontare qualcosa che può emozionare. “Sentendo” davvero quello che si sta per visualizzare. Forse è così che si riesce a dare alle sole immagini la forza che di solito hanno le parole.





E' un lavoro che si rivolge agli adulti e anche ai più giovani: qual è il messaggio che ha voluto mandare con questo suo lavoro?



E’ un messaggio di apertura, un invito ad ampliare lo sguardo, ad andare oltre al proprio orizzonte e guardare verso l’orizzonte degli altri, visto da altri punti di vista: come limite, punto d’arrivo, miraggio, incognita, incanto di colori, speranza.


martedì 5 agosto 2014

Dietro agli sbarchi cosa c'è ?




Confessioni di un trafficante di uomini è il titolo di un libro-inchiesta (edito da Chiarelettere) in cui gli autori, Andrea Di Nicola e Giampaolo Musumeci, hanno percorso le principali vie dell’immigrazione clandestina, dall’Europa dell’Est fino ai paesi che si affacciano sul Mediterraneo per scoprire cosa e chi dirige i viaggi della “speranza” di tutti quei migranti che sono costretti ad abbandonare i propri luoghi d'origine: si racconta di soldi, di un network di trafficanti, di una vera e propria organizzazione criminale. La testimonianza dei protagonisti conduce il lettore in un mondo parallelo che nessuno conosce, nemmeno le istituzioni. O forse sì.





Abbiamo intervistato per voi Giampaolo Musimeci che ringraziamo molto.




Come siete riusciti a reperire il materiale per questo libro-inchiesta?


E' stato un lavoro di due anni e mezzo che ha fatto tesoro anche degli anni precedenti. Gli anni precedenti miei, perchè dal 2006 ho lavorato sulle rotte dei migranti come fotografo; Andrea Di Nicola, che è criminologo, studia il traffico di persone.

Ci occupiamo di snubbing che - a differenza del trafficking che rieccheggia il termine “tratta” - sarebbe il “contrabbando” di persone: lo scafista, dietro pagamento, mi consente di passare le frontiere irregolarmente. Abbiamo lavorato su due binari: quello giudiziario (studio di atti processuali e interviste in carcere ad alcuni scafisti) e poi il viaggio (in Italia, Francia, Egitto, Tunisia, Libia) per incontrare trafficanti a piede libero. Ci siamo presentati come giornalisti e non è stato facile perchè non è facile far parlare un criminale; il criminale ti racconta la SUA storia, la SUA verità, ma resta valida come testimonianza. E' comunque la prima volta che si indaga in questo mondo nascosto.



Come avviene il “contatto” tra migranti e trafficanti?


E' molto semplice: noi, nel libro, utilizziamo la metafora dell'agenzia di viaggi. Un trafficante che abbiamo incontrato in Egitto ha una rete commerciale, una serie di agenti, di ragazzi “svegli, ma non troppo”, come dice lui. Devono, cioè, essere efficienti, ma non devono fare domande. Questi ragazzi intercettano la domanda di emigrazione, poi mettono in contatto le persone con il trafficante il quale le fa passare tra Egitto e Libia e li mette nelle mani dei libici che li fanno salire sui barconi. Lui è un collettore, ha la sua forza vendita sul territorio: in ogni villaggio ha un suo uomo e, quando uno di loro chiama perchè ci sono persone pronte a partire, inizia ad organizzare la macchina o il furgone. Quando ne ha 5, 10, 20 si mette d'accordo con i colleghi che stanno sulla frontiera tra Egitto e Libia, corrompe eventualmente le polizie e fa arrivare i migranti ai porti.

I trafficanti sono imprenditori senza scrupoli e con grandissime abilità. Il Mediterraneo vale centinaia di migliaia di euro per queste organizzazioni e noi dobbiamo capire questo per comprendere l'entità del problema e prendere le decisioni corrette: arrestare cento scafisti non serve a niente perchè la rete non viene smantellata. Anche il pattugliamento e la chiusura delle frontiere non serve a nulla perchè i trafficanti fatturano anche di più in quanto la rotta diventa più lunga e i migranti pagano di più.

Come fanno i trafficanti a sfuggire ai controlli? Si può parlare di una vera e propria mafia?


Il termine “mafia” è molto usato dai migranti stessi: due anni fa ero al confine tra Grecia e Turchia per fare un servizio su Frontex e i migranti mi dicevano: “Do you know mafia?, Do you know agent?”, gli agenti, la mafia per loro sono i trafficanti. In realtà non ha niente a che vedere con la mafia nostrana, nel senso che non c'è una cupola, una regia unica, ma sono tante organizzazioni transnazionali, sono tante reti.

Un grosso trafficante, a Il Cairo, ci ha detto che non c'è un leader, uno più bravo degli altri, ma che sono in tanti e che si aiutano tra di loro. Uno scafista, invece, ci ha detto che loro sono i “facebook” dei trafficanti, tanti nodi di una rete e, a volte, i rapporti sono di natura tribale, a volta di natura amicale...Il nostro tentativo è stato quello di rifare la “filiera” a ritroso, per andare alla fonte.

I trafficanti riescono sempre a sfuggire ai controlli. Quando un trafficante è di base a Karthoum, come fa un poliziotto italiano ad intercettare il suo telefono? Con quale banda armata parliamo in Libia, se vogliamo arrestare qualcuno? Sono tante reti, sono troppi e non c'è collaborazione a livello internazionale, alcuni Paesi non collaborano. Lo scafista è il pesce piccolo ed è rimpiazzabilissimo. Molti scafisti non sanno nemmeno per chi lavorano e alcuni grossi trafficanti subappaltano il viaggio dei migranti.


Cosa occorerrebbe, a livello di politica italiana e internazionale, per bloccare il traffico di persone?


Parlo anche a nome di Andrea perchè la pensiamo allo stesso modo. E' impensabile che dei richiedenti asilo si mettano nelle mani dei trafficanti. Si potrebbe pensare, per esempio, a un cordone umanitario, oppure si potrebbero usare i traghetti di linea o le navi da crociera perchè il viaggio costerebbe anche meno (questa è una proposta fatta da un vescovo...).

Abbiamo capito che la chiusura delle frontiere europee serve solo ad alimentare il traffico: potrebbe, invece, funzionare il dialogo tra Paesi per cui, se io so che c'è un grosso trafficante turco, devo poter parlare con le autorità turche...So che qualcosa in questo senso si sta muovendo perchè un magistrato con cui abbiamo parlato, era a Istanbul un paio di mesi fa e stava cercando di rafforzare la cooperazione internazionale con quel Paese.

Ricordiamoci anche che l'immigrazione è la più formidabile leva politica che ci possa essere, uno dei temi più strumentalizzati: forse l'Europa non fa abbastanza nella prima accoglienza, però la Germania, la Norvegia, l'Inghilterra accettano la maggior parte delle richieste di asilo. I migranti non rimangono da noi, quindi non si deve gridare all'emergenza perchè questa è la barzelletta italiana. Oltretutto, non esiste solo Lampedusa in Italia: la maggior parte dei migranti arriva a Fiumicino con un passaporto falso oppure passano da Trieste, dalla rotta balcanica.

Il nostro libro serve proprio a cambiare la prospettiva: quello del traffico di persone non è un affare improvvisato, ma è un'organizzazione enorme che ricicla denaro e l'Euroa sta mettendo in atto risorse che non sono adeguate.
















venerdì 4 ottobre 2013

L'ennesima strage, in mare


Scriviamo questo articolo con tanta rabbia e tristezza. Lo pubblichiamo senza immagini, video o fotografiche, in segno di lutto. Un ennesimo lutto del mare.
A distanza di soli tre giorni dal naufragio di Scicli, il Mediterraneo si fa tomba per più di 94 persone mentre 250 sono ancora i dispersi.
Migranti dalla Somalia, ma anche dall' Eritrea e dal Ghana, scappati da Peasi in guerra o sotto dittatura. Tra loro anche donne e bambini: tre, in stato di gravidanza, sono state salvate così come trenta minori, tra cui un neonato di due mesi.
La causa di questo naufragio probabilmente è stato un incendio dovuto ad un cortocircuito a bordo del barcone che si è rovesciato sulla costa dell'isola dei Conigli. Nel tratto di mare circostante, chiazze d'olio, pezzi di legno, giubbotti salvagente: tracce di una tragedia che si ripete ormani troppo spesso, una “tragedia immane”, come l'ha definita anche il Premier Enrico Letta, che getta vergogna e sconforto su chi ha a cuore il destino degli altri.
Su quel barcone erano saliti 500 migranti, mentre ora “ci sono morti ovunque” racconta uno dei soccorritori che aggiunge: “ Sono decide i cadaveri, molti galleggiano. Sembra un incubo”.
L'allarme è stato dato dall'equipaggio, sono sette le motovedette impegnate nel recupero delle persone e alle operazioni hanno partecipato anche i pescherecci e le imbarcazioni da diporto: un enorme dispiegamento di forze che sottolinea la gravità della situazione.
Gli uomini, le donne e i bambini superstiti sono stati portati, in elicottero, presso le strutture ospedaliere dell'isola di Lampedusa e presentano sintomi di disidratazione, problemi alla pelle e altri disturbi derivanti dall'aver ingerito carburante. Oltre, ovviamente, allo stato di shock. Molti corpi di chi non ce l'ha fatta sono stati portati nell'hangar dell'aeroporto perchè nel cimitero cittadino non c'è più posto.
Fermato uno degli scafisti; la procura di Agrigento aprirà un'indagine per omicidio plurimo doloso; il Consiglio d'Europa, proprio mercoledì scorso, ha pubblicato un rapporto in cui viene criticata duramente la politica migratoria nel nostro Paese; Strasburgo ha considerato “sbagliate e controproducenti” le misure prese dai nostri governi per gestire i flussi migratori: eppure nulla cambia e il mare inghiotte giovani vite.

mercoledì 2 ottobre 2013

L'inesauribile dramma dei migranti



(Foto Ansa)

Un perchereccio non cabinato di otto metri trasportava più di 200 persone. Una cosiddetta “carretta del mare” che si è arenata a pochi metri dalla riva, con mare agitato: 13 migranti hanno perso la vita, alcuni sono feriti, altri sono riusciti a salvarsi.
E' successo nei giorni scorsi a Sanpieri, località balneare di Scicli, in provincia di Ragusa.
Alcuni turisti, che hanno subito dato l'allarme, hanno visto la scena del barcone arenato e di alcuni migranti che si buttavano in acqua, cercando di raggiungere la terraferma. Le forze dell'ordine intervenute (carabinieri, polizia, guardia di finanza, 118) hanno recuperato i corpi delle vittime, tutti uomini adulti, ma i sommozzatori cercano altri dispersi. Tra i superstiti, circa venti bambini e giovani donne, tra cui una incinta, che sono stati portati nel centro di Pozzallo.
La dinamica dell'accaduto, purtroppo, riporta alla mente altre sciagure recenti: lo sbarco di Catania del 10 agosto scorso in cui morirono altri sei migranti, così come, nella stessa area di Scicli, nel 2005, persero la vita in venticinque. Il dramma dell'immigrazione, dunque, continua.
Ma la tragedia non finisce qui. Durante l'ultimo naufragio del 30 settembre, uno dei migranti che - una volta raggiunta terra stava tentando di fuggire nelle campagne - è stato travolto da un'auto pirata sulla strada provinciale Ragusana 43 ed ora è ricoverato in rianimazione all'ospedale “Maggiore” di Modica con trauma cerebrale ed emoraggia interna.
Uno dei bagnini che si trovavano sulla spiaggia di Sanpieri ha dichiarato che alcuni “scafisti” hanno preso a cinghiate i migranti per costringerli a buttarsi in mare e altri hanno picchiato i soccorritori. I sette “scafisti” siriani sono stati arrestati con l'accusa di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, ma con la possibilità di essere condannati anche per altri reati.
Il sindaco di Modica, Ignazio Abbate, ha affermato: “ Continua lo stillicidio della tratta degli schiavi e in tutto ciò il governo nazionale sembra totalmente disinteressarsi della questione. Lo Stato ci lascia soli”. E il sindaco di Scicli, Franco Susino, ha aggiunto: “ E' una tragedia, l'umanità è veramente cattiva...Le vittime erano tutte giovani, ma non ci sono donne o bambini. Ora i corpi saranno portati nel centro di Pozzallo. Una volta terminati i rilievi organizzeremo i funerali, sono persone come noi e hanno il nostro stesso sangue”.