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giovedì 10 settembre 2015

Partecipiamo al presidio per dire BASTA alle STRAGI nel MEDITERRANEO !



L'Associazione per i Diritti Umani ha partecipato al presidio che, ogni giovedì, si tiene a Milano, in Piazza della Scala, a partire dalle ore 18.30.

Il presidio, organizzato da MilanoSenzaFrontiere, ha lo scopo di far riflettere su ciò che sta accadendo in Europa e nel mondo; di aprire le coscienze a nuove forme di accoglienza; di far capire ai politici quali sono le conseguenze di leggi e disposizioni errate; di dare dignità ai corpi delle persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo; di stare vicini, anche solo virtualmente, alle famiglie delle vittime e dei dispersi.

Di seguito pubblichiamo alcune fotografie del presidio, fatte dalla nostra associazione, e invitiamo tutti coloro che abitano a Milano a partecipare. Grazie.
 







giovedì 18 giugno 2015

Comunicato congiunto per chiedere attenzione per il problema delle morti in mare





L'Associazione per i Diritti Umani pubblica il seguente comunicato molto importante:




COMUNICATO AGLI ADERENTI




Il 15 giugno 2015 un gruppo di associazioni, tra cui il nostro Comitato, ha depositato presso il Consiglio Per i Diritti Umani delle Nazioni Unite a Ginevra, una Dichiarazione congiunta sul problema delle morti di migranti nel Mediterraneo e nei Paesi di transito, che si trasmette qui di seguito.

Il nostro Comitato è molto grato al CELS di Buenos Aires per la possibilità che ci ha offerto e si augura che la collaborazione possa continuare in futuro.





Consejo de Derechos Humanos, 29a. Sesión

Enhanced interactive dialogue on the human rights of migrants

Ginebra, 15 de junio de 2015





Distinguidos Delegados,



Queremos llamar la atención del Consejo y poner en crisis una tendencia que se traduce en la desprotección de los derechos humanos de las personas migrantes.



En lo que va del año, más de 1500 personas murieron o desaparecieron al intentar cruzar el mar Mediterráneo para llegar a Europa. Entre 2013 y 2014, 6000 migrantes fallecieron en las mismas circunstancias. Estamos frente a una crisis humanitaria, una cuestión política urgente y parte central de la agenda de derechos humanos de nuestros días.



Los migrantes víctimas de redes de ilegalidad que organizan el cruce del mar en condiciones precarias, degradantes y extorsivas. Como respuesta, la Unión Europea fortalece el control migratorio en sus fronteras por medio de fuerzas armadas o de seguridad, implementa mecanismos de devolución al lugar de procedencia y amenaza utilizar material bélico contra barcos ubicados en puertos africanos.



A este preocupante cuadro se agrega la ampliación de las zonas de control migratorio en terceros países y la consolidación de operativos de interceptación de migrantes en el mar. Estas respuestas imprimen a las políticas migratorias un enfoque policial con consecuencias insoportables.



Prácticas similares se verifican en otras latitudes, como en la frontera entre Estados Unidos y México, donde los migrantes son forzados a cruzar por zonas desérticas, deportados por puntos distintos que los que cruzaron, detenidos largamente en la frontera, sometidos a procesos judiciales extreme line en los que el cruce de una frontera es considerado un crimen grave, o expropiados de sus pertenencias.



Es urgente una reformulación mundial de los modos en los que los actores locales e internacionales atienden la situación de los migrantes en las fronteras. En 2014, el Alto Comisionado publicó los Principios y Directrices sobre los Derechos Humanos en las Fronteras Internacionales. Estas normas señalan que los derechos humanos rigen dondequiera que los Estados ejerzan un control efectivo, aun fuera de sus territorios. Exigen también debido proceso, acceso a la Justicia para denunciar abusos y mecanismos de reparación. Sería muy relevante que estas Directrices se establezcan como reglas mínimas de actuación de los Estados, que sean a su vez traducidas en normas internas.



Urge dar prioridad al rescate de personas en peligro, pero es necesario, sobre todo, un replanteamiento de las políticas migratorias para que prevean mecanismos de entrada regulares, la única forma de prevenir otras tragedias y de desmantelar las bandas criminales a las que se ven obligados a recurrir para llegar al continente europeo.



Muchas gracias.





CAREF - Comisión de Apoyo a Refugiados y Migrantes

Centro de Estudios Legales y Sociales (CELS)

Comitato Verità e Giustizia per i Nuovi Desaparecidos

Conectas Direitos Humanos

Corporación Humanas – Centro Regional de Derechos Humanos y Justicia de Género






giovedì 11 giugno 2015

Per il recupero del relitto del naufragio nel Mediterraneo del 18 aprile



Anche l'Associazione per i Diritti Umani aderisce al seguente appello:




Le seguenti associazioni antirazziste siciliane non condividono la scelta della Procura di Catania e del governo italiano di non assumersi la responsabilità di disporre il recupero del relitto del più grande naufragio (almeno 800 morti) nel Mediterraneo dal secondo dopoguerra ad oggi. I principali motivi sono:



I parenti delle vittime vorrebbero verità e giustizia sulla fine dei loro cari; vorrebbero avere la possibilità di procedere alla identificazione delle salme. Vorrebbero piangere i loro scomparsi in un luogo preciso. Inoltre, secondo alcune legislazioni dei paesi d’origine, senza le salme dei defunti non avranno assistenza. Ad un mese dal naufragio i riconoscimenti, anche se costosi, sarebbero possibili.



Bisognerebbe accertare la reale dinamica del naufragio, i pochi superstiti hanno dichiarato che la nave soccorritrice avrebbe più volte urtato il barcone durante le operazioni di soccorso. Occorre dunque un esame approfondito del relitto.



Recuperando il relitto si potrebbero identificare non solo gli scafisti, ma risalire agli organizzatori del viaggio della morte. Sembra infatti che il peschereccio provenisse dall'Egitto.



Alcuni di noi hanno seguito il processo per il naufragio del Natale ’96 a 19 miglia da Portopalo. Dopo 13 anni di processi e grazie alle testimonianze dei superstiti alcuni responsabili furono condannati a Catania a 30 anni; l’allora primo ministro Prodi si rimangiò l’impegno a recuperare il relitto, ma grazie all’impegno di alcuni familiari delle vittime si denunciarono le reti di trafficanti, che lo scomparso Dino Frisullo definiva “holding degli schiavisti”. Senza quell'impegno della società civile non si sarebbe mai fatta giustizia.



A 19 anni da quella tragedia la situazione dei diritti umani delle/i migranti è drammaticamente peggiorata, le legislazioni dei governi europei e dell’UE sono sempre più securitarie e liberticide, anche per i richiedenti asilo. Anziché garantire l’accoglienza a chi fugge da guerre (spesso causate da “interventi umanitari” di Nato, Usa ed UE) i governi europei stanno programmando un intervento, chiaramente militare, per distruggere i barconi dei trafficanti, con quali “danni collaterali”? Non dimentichiamo l’omicidio del cooperante palermitano Lo Porto per un intervento anti-ISIS con i droni, gli aerei senza pilota, dei quali la base di Sigonella è diventata capitale mondiale.



Non condividiamo che si criminalizzino soltanto scafisti, quando non si riesce a perseguire a monte le reti criminali di trafficanti e le mafie del mediterraneo.



I servizi segreti occidentali ed il governo libico di Tobruk sono stati capaci, finora, di delirare su presunti terroristi dell’ISIS, che potrebbero arrivare in Sicilia infiltrandosi fra i migranti. In realtà sono in corso manovre politiche guidate dal governo inglese e sostenute dall'Egitto per legittimare un intervento militare in Libia.



Questo disegno allarmistico, che passa attraverso il controllo dei mezzi di informazione, potrebbe avere effetti devastanti nell’opinione pubblica per giustificare le scellerate politiche di crescente militarizzazione delle nostre coste, del Mediterraneo e della nostra isola.





Rete Antirazzista Catanese, Comitato di base NoMuos/NoSigonella, La Città Felice, Cobas Scuola, LILA, Catania Bene comune, Associazione Altro diritto- Sicilia, Centro Impastato, Casa memoria Felicia e Peppino Impastato (Cinisi); Borderline Sicilia


http://www.nomuos.info/appello-affinche-sia-recuperato-il-relitto-del-naufragio-del-18-aprile/





Hanno finora aderito: ANPI Palermo, ANPI Sicilia, Migralab A.Sayad(Me), Laici missionari comboniani(Pa), Osservatorio contro le discriminazioni razziali Nourredine Adnane(Pa), Comitato Verità e Giustizia per i nuovi desaparecidos del Mediterraneo, Associazione Trama di Terre(Imola), Azione Civile(Ct), “Periferie al Centro” Fuori Binario(Fi), RAP-Casa Rossa(Me),…





Alessio Di Florio, Fulvio Vassallo Paleologo, Anna Puglisi, Umberto Santino, Giovanni Impastato, Alessandra Ballerini, Daniela Padoan, Francesca Costantini, Roberta Radich, Elisa Marini, Benigno Moi, Ottavio Terranova, Barbara Spinelli, Moreno Biagioni, Annamaria Rivera, Anna Di Salvo, Domenico Stimolo, padre Carlo Dantoni, Giuseppe Restifo, Pietro Saitta, Gino Sturniolo,…




Per informazioni e
adesioni.alfteresa@libero.it

giovedì 28 maggio 2015

Diritti dei minori sempre più negati



Un bambino non sorride, non parla, non cerca di socializzare: sono segnali importanti da prendere subito in considerazione. Spesso non si tratta di malattie neurologiche, ma sintomi di maltrattamento. E il maltrattamento non passa solo sul corpo, ma anche sulla psiche e nell'anima.

Il Garante per l'Infanzia e l'Adolescenza, Vincenzo spadafora, ha deciso di realizzare un'indagine, in tutta Italia, per capire dove, come e in che misura le bambine e i bambini vengano maltrattati.

La ricerca è stata curata da “Terres des hommes” e “Cismai” e risultano censiti 91 mila minori.

Purtroppo i dati dicono che gli abusi avvengono più frequentemente al Sud e che le vittime più numerose sono le femmine e gli stranieri.

Ma cosa si intende per maltrattamento? Il termine si riferisce, ovviamente, alle percosse (e nella ricerca si parla - oltre che di schiaffi e pugni - anche di frustate), ma a seguire - e non meno grave - la violenza psicologica. Nel rapporto dell'Authority si leggono altre due forme inquietanti di violenza: la trascuratezza materiale e affettiva e la patologia delle cure. Il primo caso, come ha sostenuto Spadafora: “ E' una forma non evidente di maltrattamento, abusi che non si vedono, ma se ripetuti nel tempo possono creare danni gravissimi” e riguarda quei bambini che non sono amati, tanto trascurati e spesso malnutriti; il secondo caso riguarda quell'atteggiamento secondo il quale gli adulti o trascurano, sottovalutandola, la malattia del minore oppure somministrano a quest'ultimo troppe medicine.

Infine, balza agli occhi il dato che riguarda gli abusi sessuali: sui 91 mila bambini registrati nell'indagine, 3.800 li hanno subìti.

La cura dei più piccoli e degli indifesi dà sempre la misura della civilità di un popolo; continuiamo a monitorare, insieme, l'entità del fenomeno dei maltrattamenti e, quando è possibile, cerchiamo di intervenire. Lo chiediamo a tutti e, in particolare, a chi ha a che fare ogni giorno con i bambini e con i ragazzi, italiani e stranieri: genitori, nonni, parenti, insegnanti, allenatori. Ma, ripetiamo, tutti dobbiamo dare il nsotro contributo per proteggere le future generazioni.

 

Per ulteriori informazioni sull'”Indagine nazionale del maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia:






domenica 10 maggio 2015

Alle madri di ieri e di oggi



Non vogliamo cavalcare la retorica della “Festa della mamma”, ma vogliamo solo rendere omaggio a tutte le madri che hanno perso i figli. Le cause, purtroppo, possono essere tante: malattie, incidenti, errori...In particolare dedichiamo la poesia di Erri De Luca (ne “In nome della madre” edito da Feltrinelli) a tutte le donne che hanno i figli dispersi e che non sanno più nulla di loro. I desaperacidos delle dittature sudamericane, quelli del Messico di oggi e quelli nel Mediterraneo di sempre, alle studentesse rapite in Nigeria, a tutti quelli nelle prigioni perché dissidenti...e va il nostro pensiero.




Canto di Mirìam/Maria


Di chi è questo figlio perfetto,

chiederanno frugandolo in viso,

di chi è questo seme sospetto,

la paternità del suo sorriso?



E' Solamente mio, è Solamente mio,

di nessun'altra carne, è Solamente mio.

E' Solamente mio, è Solamente mio,

finchè dura la notte è Solamente mio.



Chi è questo figlio cometa?

Chi è questo mio clandestino?

Spillato di fonte segreta,

venuto al travaso del vino?



E' Solamente mio, è Solamente mio,

il suo nome stanotte è Solamente mio.

E' Solamente mio, è Solamente mio.

Domani avrà altro nome, adesso è Solamente mio.


domenica 3 maggio 2015

Dire BASTA alle morti in mare con azioni concrete



Per non lasciare cadere nel dimenticatoio il terribile naufragio nel Mediterraneo e affinchè non accadano più disgrazie del genere, vi proponiamo l'importante documento di Watch The Med, alarm phone.



Ferries not Frontex!
10 points to really end the deaths of migrants at sea



On April 20, the Joint Foreign and Home Affairs Council of the EU released a ten-​point action plan outlining their response to the recent deaths of migrants in the Mediterranean Sea. Many other proposals have also been made over the last few days. We are activists who have been involved in the struggles against the European border regime for several years and who have been in touch on a daily basis with hundreds of people who have crossed the Mediterranean through Watch The Med and the Alarm Phone project. Faced with the hypocrisy of the “solutions” that have been proposed so far, we feel compelled to undermine their falsity and attempt to open up an alternative space for reflection and action.

1. We are shocked and angered at the recent tragedies that have claimed at least 1200 lives in the Mediterranean Sea in the last week. We are shocked, although not surprised, by the unprecedented number of deaths in merely a few days. We are angered because we know that without a radical change these are just the first of many more deaths to come in 2015.

2. We are also angered because we know that what is proposed to us as a “solution” to this unbearable situation only amounts to more of the same: violence and death. The EU has called for the reinforcement of Frontex’ Triton mission. Frontex is a migration deterrence agency and Triton has been created with the clear mandate to protect borders, not to save lives.

3. However, even if saving lives was to be its core task, as it was the case for the military-​humanitarian operation Mare Nostrum in 2014, it is clear that this would not bring dying at sea to an end. Those who suggest a European Mare Nostrum should be reminded that even during its mission, the most grandiose rescue operation in the Mediterranean to date, more than 3.400 people died. Is this figure acceptable to the European public?

4. Others have called for an international military operation in Libya, a naval blockade or the further enlisting of African countries for the policing of their own land borders. The history of the last 20 years in the Mediterranean shows that stepping up the militarization of migration routes is only cause to more death. Each and every time a route into Europe has been blocked by new surveillance technologies and increasing policing, migrants have not stopped arriving. They have simply been forced to take longer and more dangerous routes. The recent deaths in the Central and Eastern Mediterranean are the result of the militarization of the Gibraltar Strait, of the Canary Islands, of the land border between Greece and Turkey, and of several land borders in the Sahara. The “successes” of Frontex mean death to thousands of people.

5. International organisations as well politicians from across the whole political spectrum have denounced smugglers as the main cause of death in the Mediterranean Sea. Several prominent politicians have compared the smuggling of migrants to the transatlantic slave trade. There seems no limit to hypocrisy: those who uphold the slave regime condemning the slave traders! We know very well that smugglers operating in the context of the Libyan civil war are often ruthless criminals. But we also know that the only reason why migrants have to resort to them is the European border regime. Smuggling networks would be history in no time if those who now die at sea could instead reach Europe legally. The visa regime that prevents them from doing so was introduced only 25 years ago.



6. Those who have called, once again, for the creation of asylum processing centres in Northern Africa should be reminded of two examples that are the most accurate examples of what these centres would actually mean. First, the Tunisian Choucha camp managed by the UNHCR, which abandoned those who sought refuge there from the Libyan conflict. Even those who were recognized as needing international protections were left behind in the Tunisian desert, often without any other choice than trying to cross the sea. Second, the creation by Australia of offshore processing centres on remote “prison-​islands”, which is now hailed by many as a role model for Europe, only shows how hideous the forceful confinement of asylum seekers can be. These “solutions” serve only to displace the violence of the European border regime away from the eyes of Western publics.

7. Faced with this situation, what is to be done? Comrades and friends with whom we have shared common struggles in the past years have been calling for freedom of movement as the only viable response to this situation. We too make this demand ours, as it is the only one that has managed to open up a space of political imagination in an otherwise suffocating debate. Only unconditional legal access to the EU can end the death of migrants at sea. And yet we think that a general call for the freedom of movement is not enough in the current context. We want to consider the freedom of movement not as a distant utopia but as a practice – enacted by migrants on a daily basis often at the cost of their lives — that should guide our political struggles here and now.

8. These are the reasons why we call for the institution of a humanitarian ferry, that should travel to Libya and evacuate as many people as possible. These people should be brought to Europe and granted unconditional protection in Europe, without undergoing an asylum process which has lost its original purpose to protect and has de facto become yet another tool of exclusion.

9. Is the idea of a ferry unrealistic? In 2011, at the height of the Libyan civil war, humanitarian ferries evacuated thousands of stranded migrants from Misrata to Bengasi, overcoming obstacles such as shelling, constant fire and sea mines. This shows that even in the current volatile situation of Libya, considering such an action is possible. Moreover, ferries would certainly be immensely cheaper than the prospect of a massive rescue mission at sea and of any military solution.

10. The only reality we know is that any solution short of this will continue to lead to more deaths at sea. We know that no process of externalisation of asylum procedures and border control, no amount of compliance with the legal obligations to rescue, no increase in surveillance and militarization will stop the mass dying at sea. In the immediate terms, all we need is legal access and ferries. Will the EU and international agencies be ready to take these steps, or will civil society have to do it for them?

The Alarm Phone
wtm-​alarm-​phone@​antira.​info

domenica 26 aprile 2015

Politiche migratorie: gli errori fatali dell'Europa e dell'Italia




Cari lettori, oggi vi proponiamo il video dell'incontro che l'Associazione per i Diritti Umani ha organizzato con l'Avv. Alessandra Ballerini e Edda Pando sui temi delle migrazioni. Siamo partiti dal saggio intitolato Storie di migranti e di altri esclusi, per le edizioni Melampo, per approfondire quali sono i problemi, le falle e le scelte sbagliate, in termini di politiche migratorie, che hanno portato anche all'ultimo naufragio nel Mediterraneo in cui hanno perso la vita tanti, troppi migranti. Anche bambini.
 
 




L'Associazione per i Diritti Umani organizza e conduce questi incontri anche nelle scuole medie inferiori e superiori e nelle università.



Per informazioni, scrivere a: peridirittiumani.com

domenica 19 aprile 2015

Alarm Phone Press Release: The EU kills Refugees, Ferries not Frontex!



      Last night at least 650 people drowned about 73 nautical miles north of the Libyan coast when seeking to reach Italy. They were on board of a 30 meter long boat that capsized when the container vessel King Jacob approached them for assistance. There were only 28 survivors.

This is the biggest refugee boat catastrophe in the recent history of the Mediterranean Sea. With its decision from the 27th of August 2014 to scale down rescue operations at sea, the EU is responsible for this mass dying. The EU has the means and possibilities to rescue refugees in the Mediterranean Sea. But instead, they let people drown.

Over the last weeks, we, as the Watch The Med Alarm Phone, became direct witnesses of struggles over life and death on these boats and of the relatives’ worries. We also witnessed how the coastguards of Italy and Malta as well as the crews of commercial vessels made great efforts but could often not prevent the dying as they were not sufficiently equipped to conduct rescue operations. And this is due to political decisions made on the level of the European Union.

Fortress Europe has caused ten thousands of deaths in the Mediterranean Sea in the last 25 years.

Those responsible are:

Politicians and police forces that have created, through the Schengen Regime, the general visa-duty and the organised manhunt of refugees and migrants without visas;

The politicians, police and military forces that have established Frontex in the past 10 years and have turned the Mediterranean Sea between Libya and Italy since the Arab Spring into a maritime high security zone;

The EU politicians who decided on the 27th of August 2014 in Brussels to scale down the Italian rescue operation Mare Nostrum in the Mediterranean Sea and enforced a politics of deterrence through Frontex’s Triton operation along the Italian coast!

They carry responsibility for the thousands of deaths that have occurred in the last months in the maritime zone between Libya and Italy.

The dying needs to end:

We demand an immediately created direct ferry line for refugees from Tripoli and other places in Northern Africa to Europe.

We demand safe and legal corridors for refugees to reach a place of refuge without the need to risk their lives.

We call out, beyond all confessions and political sides, to take immediate direct action against these murderous EU policies and politics.


Watch the Med Alarm Phone
http://www.watchthemed.net/
This PM online: http://watchthemed.net/reports/view/110
info@watchthemed.net


Media contact persons:
Hagen Kopp, hagen@kein.org, 00491724008990
Helmut Dietrich, info@ffm-online.org, 0176-35877605

venerdì 13 febbraio 2015

Flashmob per dire basta alle morti nel Mediterraneo

Sabato 14 febbraio, ore 16, in Galleria Vittorio Emanuele a Milano


Continua quotidiano il macabro conteggio dei morti nel Mediterraneo. Ormai è un bollettino di guerra. La guerra che vede l'Europa contro i migranti. Un dramma a cui ci si rischia di abituare, anche perchè di questi morti spesso non ci sono nemmeno le foto dei cadaveri da pubblicare sulle prime pagine dei giornali.


 
Diamoci appuntamento CON UN LENZUOLO BIANCO E UNA RADIO, sabato 14 febbraio, alle 16, in Galleria Vittorio Emanuele a Milano. 

     
 
Aiutateci a essere tanti. Invitate i vostri amici, ci vediamo sabato

domenica 18 gennaio 2015

Tareke Brhane, migrante e poi attivista




Tareke Brhane, Presidente del Comitato Tre Ottobre, è stato premiato, lo scorso dicembre, al summit dei Nobel per la pace. Il Comitato è nato proprio il 3 ottobre 2013, a seguito della strage che ha visto morire nel Mediterraneo centinaia di migranti.


 
 


Tareke è nato in Eritrea, dove studiava e lavorava per mantenere la madre. La maggior parte della sua vita l’ha passata tra un campo per rifugiati e l’altro in Sudan, dove poi sua madre è morta. Ha deciso di lasciare l’Eritrea perché era impossibile rimanere lì: il servizio militare è a vita e i soprusi e le intimidazioni sono infinite.
Per Tareke lasciare il proprio Paese non è stata una scelta facile: ha vissuto per quattro anni tra il Sudan e la Libia, è stato incarcerato nelle prigioni di Gheddafi, ha attarversato il Mediterraneo ed è stato respinto più volte. Alle fine del 2005, finalmente, è riuscito ad approdare in Sicilia. Oggi Tareke vive a Roma dove assiste i richiedenti asilo.
Si è sempre impegnato per aiutare chi, come lui, fuggiva da situazioni indicibili ed è stato mediatore culturale a Lampedusa per Save The Children e Medici Senza Frontiere.



In occasione, oggi 18 gennaio 2015, della Giornata internazionale del migrante e del rifugiato, l'Associazione per i Diritti Umani ha rivolto alcune domande a Tareke Brhane, che ringrazia molto.




Qual'è la procedura in atto per il riconoscimento delle salme dei migranti deceduti nel Mediterraneo?



Il protocollo, secondo quanto stabilito dal Ministero dell'Interno, prevede la visione, da parte dei familiari delle vittime, del materiale documentale con i dati post mortem delle salme, già allestito in un archivio, da confrontare con gli eventuali dati ante mortem acquisiti dagli stessi. Nel caso il confronto porti ad un 'sospetto di identità' saranno effettuati appositi riscontri con metodologia scientifica, individuata caso per caso. Cioè, vengono analizzate, ad esempio, le fotografie per vedere di trovare segni di riconoscimento (un tatuaggio, una cicatrice, etc.); se non si trovano tali segni, si procede al test del DNA.



Quali sono le modalità che potrebbero migliorare il sistema di accoglienza in Italia?



Si potrebbe adeguare il sistema italiano a quello di altri Paesi europei, come la Germania o la Francia ad esempio. Si tratta di elaborare un progetto a lungo termine e non di considerare, invece, l'emergenza di volta in volta. Utilizzare solo le risorse dei bandi garantisce una bassa offerta di servizi, sarebbe necessario utilizzare maggiori risorse per garantire, invece, un'alta qualità dei servizi stessi e nel lungo periodo. In Italia manca una legge organica in tema di accoglienza.



Siete riusciti ad ottenere il riconoscimento della Giornata della Memoria e dell'Accoglienza?



Lo scorso 17 dicembre 2014 quattro Commissioni (costituzionale, di lancio, cultura e sociale) hanno dato parere favorevole e adesso la proposta dovrebbe andare in Assemblea parlamentare per essere discussa e approvata, probabilmente dopo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.




domenica 11 gennaio 2015

#JesuisCharlieEbdo: al consolato francese per Stare ancora Insieme


#JesuisCharlieHebdo: al consolato francese di Milano...Per continuare a stare insieme





Domenica 11 gennaio, a Milano: davanti al consolato francese, per stare ancora insieme.
IL VIDEO:







Ci sono raggruppamenti in tutto il mondo: Charlie è diventato l'altro modo per dire “Libertà”.



Le parole del console francese, Olivier Brochet:




Cari amici italiani,

noi siamo in lutto e quindi dobbiamo ritrovarci tutti insieme per far fronte al dramma...Grazie per questa importante testimonianza di solidarietà e di sostegno al nostro Paese e alla democrazia.

Siamo qui riuniti, per prima cosa, come fratelli europei, per rendere omaggio alle 17 vittime della barbarie terrorista senza dimenticare i numerosi feriti, le famiglie delle vittime nei confronti dei quali vanno i nostri pensieri. E i quattro ostaggi vittime di odioso atto antisemita: una parte della famiglia di una di queste persone vive a Milano e le siamo particolarmente vicini.

... Nello scendere oggi nelle strade a Parigi, in Francia e nel mondo intero, manifestiamo con forza la condanna a questo attentato e il nostro rifiuto della paura che i terroristi ci vogliono imporre. Manifestiamo l'attaccamento ai valori universali che questi assassini vogliono negare: la libertà, l'uguaglianza e la fraternità. Questi valori fondamentali che noi sentiamo che possono essere ancora più attaccati oggi. Quei valori fondamentali di cui la Francia è portatrice con l'Italia, con l'Unione europea, con i Paesi del mondo democratico e con milioni di uomini e donne del mondo intero che si battono ogni giorno per difenderli o per conquistarli.

Pensiamo anche a quei giornalisti e vignettisti che sono uccisi in tutto il mondo ogni anno, a tutte le vittime di Boko Haram in Nigeria. Proclamando “JesuisCharlie” noi non diciamo che aderiamo a tutto quello che ha scritto e che speriamo continui a scrivere, ma diciamo con forza che tutti “Charlie” del mondo intero, chiunque essi siano, possano esistere, si possano creare liberamente, ci facciano ridere, ci sciockino, ci critichino, ci provochino perchè senza la libertà di espressione c'è la minaccia della tirannia. #JesuisCharlie...Sono libero e voglio vivere in pace, qualunque sia la nostra origine, le nostre convinzioni religiose, le nostre scelte poltiche. Vogliamo manifestare la nostra unità, la nostra fierezza di essere francesi ed europei, portatori di questi valori universali per cui 17 di noi sono stati uccisi. Noi dichiariamo la nostra volontà di vivere insieme, in pace, in questa repubblica, democratica, laica che garantisce a ciascuno la libertà. Oggi ci riuniamo a milioni per manifestare il nostro attaccamento alla libertà di espressione, alla libertà di pensiero, e alla libertà di credere. Oggi, riunendoci a milioni, manifestiamo anche il nostro rifiuto del razzismo e dell'antisemitismo...

mercoledì 15 ottobre 2014

Giustizia per i desaparecidos




Cari lettori, riceviamo questa comunicazione importante e giriamo l'invito per la prossima riunione, in particolare agli amici di Roma. Grazie !

Cari tutti,

L’assemblea degli aderenti alla campagna “Giustizia per i nuovi desaparecidos” si è tenuta il 20 settembre scorso presso il Teatro di Villa Torlonia.

Era la prima uscita pubblica dopo la presentazione dell’appello presso la sala stampa della Camera ed eravamo in parecchi.

Soprattutto, chi aveva fatto lo sforzo di essere presente nella mattinata di un sabato ancora estivo era chiaramente consapevole dell'importanza del problema e motivato a partecipare alla nostra attività, come dimostrato anche dal dibattito, che è stato vivace e ricco di suggerimenti.

Si è deciso di procedere alla costituzione dei seguenti gruppi di lavoro:

Gruppo Tribunale con la finalità di avviare la preparazione delle iniziative giuridiche a partire dalla preannunciata sessione speciale del Tribunale Russell. Coordinatori: Arturo Salerni avv.arturosalerni@studiocarso23.it e Francesco Martone francescomartone1@gmail.com;

Gruppo Raccolta Dati/Storie con funzione istruttoria. Coordinatori: Emilio Drudi emiliodrudi@libero.it e Sandro Triulzi sandrotriulzi@gmail.com;

Gruppo Comunicazione, Advocacy e Reti: per sensibilizzare sui nuovi desaparecidos e diffondere la campagna attraverso la creazione di un blog, l’individuazione di eventi, contatti con la stampa e con realtà transnazionali affini. Coordinatrice: Carolina Zincone carolinazincone@yahoo.com;

Segreteria per la gestione unificata dell’account nuovi desaparecidos@gmail.com, dove come noto sono affluite le adesioni e dove gli aderenti potranno continuare ad inviare informazioni o commenti sulla campagna in generale. Coordinatrice: Marina Premoli marinapremoli@fastwebnet.it .

Coloro che fossero interessati a partecipare a uno o più gruppi di lavoro possono mettersi direttamente in contatto con i coordinatori.

Alla fine dei lavori dell’assemblea è stato approvato un comunicato su Mare Nostrum, che trovate in calce.

La prossima riunione è fissata per il 15 ottobre alle ore 16 presso la Fondazione Basso (via della Dogana vecchia n. 5).

venerdì 3 ottobre 2014

A un anno da quei corpi nel Mare Nostrum




Mare Nostrum: non come bene comune, ma nel senso in cui ne parlava Mussolini. Un mare che serviva a colonizzare, a schiavizzare, ad assoggettare. E in quello stesso mare, esattamente un anno fa, il 3 ottobre 2013, sono morte tante, troppe persone: uomini, donne, ragazzi, bambini.


Forse pochi ricordano che la maggior parte di loro proveniva dall'Eritrea, proprio uno dei Paesi dell'Africa orientale vittima delle manie imperialiste, ma così legato all'Italia per la cultura che, per anni, ha caratterizzato le sue città: scuole, monumenti, lingua, letteratura...Quanti eritrei hanno sognato il Belpaese negli anni del Fascismo e quanti, oggi, tentano di venire qui, sognando un futuro migliore, un futuro libero da una nuova, contemporanea dittatura. Ma molti di loro, quel 3 ottobre di un anno fa, non ce l'hanno fatta: sono naufragati, anonimi, in quelle acque che dovevano significare salvezza.

Cosa è cambiato da allora? Frontex si è inasprita, militarizzando terra e mare, invece di aprire corridoi umanitari e ai funerali è stato ufficialmente invitato l'ambasciatore eritreo in Italia, probabilmente complice del dittatore Isaias Afewerki. Quindi poco è cambiato, anzi.

A proposito dei funerali: le commemorazioni delle vittime non sono state fatte a Lampedusa, come logico che fosse, ma ad Agrigento; erano stati annunciati i funerali di Stato, che non sono stati mai effettuati; ma, soprattutto, non sono stati invitati i parenti e gli amici di tutte quelle persone che erano fuggite per cercare rifugio. Nessun rifugio in vita, nessun rispetto in morte.

A loro e ai loro parenti - di cui si stanno cercando le generalità, per dare degna sepoltura ai loro cari - dedichiamo queste poche righe. Perchè almeno la Memoria serva da monito.

martedì 19 agosto 2014

A Lampedusa, dove le donne custodiscono il dolore di altre donne



Di Costanza Quatriglio (già su la27esimaora.corriere.it) 


Ci sono leggi che non stanno né in cielo né in terra perché appartengono al mare


Ci sono leggi che non stanno né in cielo né in terra perché appartengono al mare, quello di sopra e quello di sotto. Lo sanno gli uomini di Lampedusa, i pescatori e i subacquei che conoscono l’orrore a soccorrere corpi nudi e unti di nafta di naufraghi spogliati dei tanti indumenti a strati, unico bagaglio consentito portato addosso come calamita per affondare negli abissi. Poi c’è la legge della terra, che è quella della dimora. Le donne lampedusane, avvisate dai suoni delle ambulanze e dal cielo cupo di sventura, escono di casa e si portano al molo. Lì apprendono il nuovo lutto e si apprestano a dar aiuto, come possono, ai superstiti del nuovo naufragio. Lo si impara subito, a Lampedusa.
Su invito di Paolo Ruffini, neo direttore di Tv2000, con Erri De Luca siamo stati sull’isola a mescolare incontri e ricordi. Un viaggio che avevo rimandato per molto tempo. Sono ancora stordita dal vento e dalle parole di chi cerca di dare un nome alle cose, anche quando un nome non c’è. Rimane un dolore inabissato che non se ne andrà mai, ma anche la gioia delle relazioni affettive che i lampedusani hanno instaurato con chi è sopravvissuto. Adesso che il Centro di primo soccorso e accoglienza è vuoto, le donne di Lampedusa ricordano con dispiacere quel muro issato dallo Stato a dividere i vivi dai morti, inaccessibile agli abitanti dell’isola, isola nell’isola, come un vero centro di detenzione. Mi sento a casa, catapultata ai tempi de L’isola, il mio primo film, in cui Erri De Luca era confinato nel carcere di Favignana. Le nostre testimoni immediatamente mi svegliano dall’incanto di un ricordo così personale. Rievocano ogni dettaglio di ogni singolo ragazzo che hanno accudito, ogni bambino che hanno cullato, ogni uomo a cui hanno dato da mangiare.
Invisibili, come sempre, le donne migranti. Spaurite per le troppe violenze subite, lasciano tracce così flebili che si cancellano con un colpo di vento. Riservate, chiuse, non chiedono nulla. Le donne di Lampedusa corrono in ospedale e ciò che serve portano, indumenti asciutti, scarpe, cibo. Il rito è sempre lo stesso. Prima di tutto le superstiti vanno spogliate dei tanti strati di vestiti zuppi d’acqua salata di cui non si sono liberate.

Lacerazioni, bruciature e ferite inferte da violenze inaudite affiorano sui loro corpi nudi a dire quello che loro non riescono a dire e che forse, non diranno mai. Sono i loro corpi a parlare. Il racconto si fa inaccettabile, eppure è necessario ascoltare. Donne custodiscono il dolore di altre donne. A Lampedusa è la forza d’animo che guida l’agire. Ognuno la chiama come vuole, la fede è un fatto privato. A me piace pensare che la legge del mare e quella della terra siano leggi dell’essere umano. Lo stesso a cui spetta libertà di movimento, di viaggio, di vita.


Costanza Quatriglio è tornata sul set con Erri De Luca, dopo il suo primo film L'isola, per il nuovo lavoro intitolato LampeduSani per parlare dei migranti e con i migranti, per i ricordi di chi li ha accolti, per le coscienze mai assopite. 

giovedì 14 agosto 2014

Il Sudamerica a favore di Gaza




Netta condanna della strage di civili nella Striscia di Gaza da parte di Israele e tantissime mobilitrazioni popolari: così l'America latina si schiera a favore dei palestinesi.

Cuba, Equador, Venezuela, Argentina, e non solo.

Cuba – che ha rotto le relazioni diplomatiche con Israele già a seguito della guerra dello Yom Kippur – chiede alla comunità internazionale di fare pressioni su Tel Aviv per una tregua e “di far cessare immediatamente l'aggressione israeliana contro il popolo di Gaza”.

Il Cile – un Paese che siede tra i dieci membri a rotazione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e nel quale risiedono una grande comunità di palestinesi e una cospicua minoranza ebraica – ha richiamato in patria i propri ambasciatori, così come hanno deciso di fare Perù e El Salvador.

Il Venezuela, attraverso una dichiarazione del Ministero degli Esteri, ha dichiarato: “la sua forte condanna per l'attacco criminale dello Stato di Israele che ha avviato una fase più elevata della politica e del suo sterminio genocida con l'invasione di terra del territorio palestinese, che uccide uomini, donne e bambini innocenti”. Il Venezuela, inoltre, ripudia “le campagne ciniche che cercano di condannare le parti allo stesso modo, quando è chiaro che moralmente non è paragonabile la situazione della Palestina occupata e massacrata rispetto allo Stato occupante, Israele, che ha anche una superiorità militare e agisce al di fuori del diritto internazionale”.

Il governo boliviano ha incluso Israele tra i propri “Stati terroristi” e quello argentino ha chiesto la fine immediata degli attacchi militari israeliani.

Il Presidente dell'Uruguay, José Mujica, ha chiesto il “ritiro immediato delle truppe israeliane e un 'cessate il fuoco' senza condizioni” nella Striscia.

Queste le voci unanime del sudamerica e, in aprticolare, degli Stati goveranti dalla sinistra. L'unica voce discordante è quella della Colombia, in cui il governo di centro-destra (vicino agli Stati Uniti e alleato di Israele) ha escluso di richiamare in patria il proprio ambasciatore.

giovedì 7 agosto 2014

Convenzione per l'istituzione della Corte penale internazionale e altro



Cari lettori, su www.change.org è possibile firmare la petizione (e la lettera) che potete leggere qui di seguito. Noi dell'Associazione per i Diritti Umani lo abbiamo fatto. Fatela girare, grazie.


Gentile Presidente Renzi,

nel Suo discorso post primarie del dicembre 2013 Lei ha ricordato le tragedie del Rwanda e di Srebrenica. Ne fui colpito, positivamente, perché  finalmente un politico italiano dava importanza a quei fatti sempre lasciati ai margini delle cronache. Ma ricordare quelle tragedie ha delle conseguenze, quale il riconoscere il valore della giustizia. Per noi italiani, la giustizia internazionale è davvero molto importante. È stato il nostro Paese, nel 1998, a ospitare la convenzione per l'istituzione della Corte penale internazionale. In quell'occasione fu ribadito che nulla, neppure durante una guerra, può giustificare l'uccisione deliberata o indiscriminata di civili. Anche per questo motivo, credo Lei debba impegnarsi per riaffermare la giustizia internazionale. Le chiedo quindi se ha intenzione di convocare i rappresentanti diplomatici di Israele, Palestina e Siria, e chieder loro cosa stanno facendo per portare di fronte alla giustizia i responsabili di bombardamenti che hanno causato la morte di donne, bambini, malati. E, in mancanza di risposte convincenti, Le chiedo se è disposto a trarne le conseguenze politiche, cioè a protestare con decisione, richiamando – laddove ci sono – i nostri ambasciatori ed espellendo i rappresentanti di Paesi che non intendono perseguire i responsabili di crimini odiosi come l'uccisione di bambini. Può darsi che Lei non sia d'accordo, può darsi che, come tanti rappresentanti del governo italiano che l'hanno preceduta, Lei ritenga che la diplomazia debba muoversi in altri modi. Nel caso, però, La pregherei di evitare in futuro di riferirsi ancora alle vicende del Rwanda e di Srebrenica. Perché prima di condannare il solito immobilismo delle Nazioni Unite, credo sarebbe opportuno pensare alle proprie responsabilità.

1. Daniele Scaglione, scrittore

2. Ascanio Celestini, attore

3. Luca Leone, scrittore

4. Laura Caputo, giornalista

5. Maria Cecilia Castagna, editore

6. Laura Silvia Battaglia, giornalista

7. Isa Ferraguti, già senatrice X Legislatura

8. Enzo Barnabà, scrittore

9. Nadia Ravioli, cittadina

10. Silvia Gaiba, architetto del Ministero Beni Culturali e Ambientali

11. Rocco Cipriano, grafico

12. Marco Mainardi, giornalista

13. Gioacchino Allasia, maestro di Shiatsu e Craniosacrale

14. Michela Iorio, giornalista

15. Roberto Di Giovanbattista, operatore culturale

16. Sandro Ferri, editore

17. Silvia Fabbi, giornalista

18. Stefano Landucci, consigliere comunale di Pisa

19. Maria Frega, sociologa

20. Massimo Ceresa, scrittore

21. Françoise Kankindi, presidente di Bene Rwanda

22. Maurizio Dell’Orso, promotore culturale

23. Stefania Sarallo, giornalista

24. Ada Scalchi, ex sindaco di Albano Laziale (RM)

25. Silvia Cavicchioli, storica

26. Edoardo Montenegro, blogger

27. Giovanni Verga, giornalista

28. Elisabetta Falcioni, editor

29. Matteo Pagliani, cooperante

30. Marina Scaglione, insegnante


A:
Matteo Renzi, Presidente del Consiglio


Palestina, Rwanda, Srebrenica: appello per la giustizia internazionale

Gentile Presidente Renzi,

nel Suo discorso post primarie del dicembre 2013 Lei ha ricordato le tragedie del Rwanda e di Srebrenica. Ne fui colpito, positivamente, perché finalmente un politico italiano dava importanza a quei fatti sempre lasciati ai margini delle cronache. Ma ricordare quelle tragedie ha delle...

Palestina, Rwanda, Srebrenica: appello per la giustizia internazionale

Gentile Presidente Renzi,

nel Suo discorso post primarie del dicembre 2013 Lei ha ricordato le tragedie del Rwanda e di Srebrenica. Ne fui colpito, positivamente, perché finalmente un politico italiano dava importanza a quei fatti sempre lasciati ai margini delle cronache. Ma ricordare quelle tragedie ha delle conseguenze, quale il riconoscere il valore della giustizia. Per noi italiani, la giustizia internazionale è davvero molto importante. È stato il nostro Paese, nel 1998, a ospitare la convenzione per l'istituzione della Corte penale internazionale. In quell'occasione fu ribadito che nulla, neppure durante una guerra, può giustificare l'uccisione deliberata o indiscriminata di civili. Anche per questo motivo, credo Lei debba impegnarsi per riaffermare la giustizia internazionale. Le chiedo quindi se ha intenzione di convocare i rappresentanti diplomatici di Israele, Palestina e Siria, e chieder loro cosa stanno facendo per portare di fronte alla giustizia i responsabili di bombardamenti che hanno causato la morte di donne, bambini, malati. E, in mancanza di risposte convincenti, Le chiedo se è disposto a trarne le conseguenze politiche, cioè a protestare con decisione, richiamando – laddove ci sono – i nostri ambasciatori ed espellendo i rappresentanti di Paesi che non intendono perseguire i responsabili di crimini odiosi come l'uccisione di bambini. Può darsi che Lei non sia d'accordo, può darsi che, come tanti rappresentanti del governo italiano che l'hanno preceduta, Lei ritenga che la diplomazia debba muoversi in altri modi. Nel caso, però, La pregherei di evitare in futuro di riferirsi ancora alle vicende del Rwanda e di Srebrenica. Perché prima di condannare il solito immobilismo delle Nazioni Unite, credo sarebbe opportuno pensare alle proprie responsabilità.


Cordiali saluti,
[Il tuo nome]

domenica 3 agosto 2014

Una dichiarazione su Gaza





Foad Aodi, cittadino italiano, di origini palestinesi, medico fisiatra ortopedico e Presidente della Comunità del mondo arabo in Italia, ci ha fatto pervenire la seguente dichiarazione:




GAZA ,FOAD AODI ,OGGI 61 MORTI ,TOTALE PIU' DI 1700 E 9000 FERITI ,BENE RENZI IN EGITTO ,MA SERVE UN PIANO ITALIANO -EUROPEA PIU' IMMEDIATO ,INCISIVO E COINVOLGENTE.

COSI DICHIARA IL PRESIDENTE DELLA CO-MAI ,COMUNITA' DEL MONDO ARABO IN ITALIA ED AMSI ,ASSOCIAZIONE MEDICI DI ORIGINE STRANIERA IN ITALIA AGGIORNANDO LA SITUAZIONE TRAGICA ODIERNA DI GAZA DOVE CI SONO GIA' PIU' DI 1700 MORTI E 9000 FERITI ED ANCORA SI DISCUTE DEL CESSATE IL FUOCO DOVE GLI OSPEDALI GIA' DISTRUTTI E NON CE' LA LUCE E SPERANZA A GAZA .

APPREZZIAMO E RINGRAZIAMO L'EGITTO E L'ITALIA PER L'IMPORTANTE INIZIATIVA A FAVORE DEL CESSATE DEL FUOCO E DELLA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE MA NOI RIBADIAMO E CONCORDIAMO CON IL PRESIDENTE RENZI SERVE UNA AZIONE FORTE ,UNITARIA ,UMANITARIA E SANITARIA DA PARTE DELLA COMMISSIONE EUROPEA ED AGGIUNGIAMO ANCHE DA PARTE DELL'AMERICA .

CONCORDIAMO CON I PRESIDENTI RENZI ED AL SISI SU L'IMMIGRAZIONE ED AIUTARE GLI IMMIGRATI NEI LORO PAESI TRAMITE UNA FORTE COOPERAZIONE INTERNAZIONE ,PER QUESTO ACCOGLIAMO CON SODDISFAZIONE L'INIZIATIVA ED IL NUOVO NOME DEL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI INVECE INVITIAMO IL MINISTRO ANGELINO ALFANO DI STARE PIU' ATTENTO SULLE PAROLE , I PREGIDIZI E LE DIVISIONI TRA ITALIANI ED IMMIGRATI VISTO SOLO PER FINI ELETTORALE PERCHE' NESSUNO HA INTENZIONE DI RUBARE IL LAVORO AGLI ITALIANI BASTA VEDERE L'ESPERIENZA DI AMSI ,CO-MAI ED UNITI PER UNIRE COSI CHIUDE FOAD AODI PRESIDENTE DEL MOVIMENTO UNITI PER UNIRE.


www.co-mai.org

www.unitiperunire.org

mercoledì 16 luglio 2014

Osservatorio Palestina


Continuiamo le testimonianze sulla situazione in Palestina con un’intervista ad Annalisa Portioli, che racconta le quotidiane violazioni dei diritti e le incursioni in Cisgiordania di cui è stata diretta testimone e segnaliamo che da oggi alle 18.30 su Radiazione (http://www.radiazione.info) di Padova inizierà un programma quotidiano con dirette, interviste e notizie dalla (e sulla) Palestina isolata, assediata e bombardata.

Intervista di Monica Macchi che ringraziamo.

domenica 13 luglio 2014

E' guerra

E' guerra: è cominciato, oggi 13 luglio 2014, l'attacco di terra da parte di Israele. Ieri razzi hanno colpito un ospedale per bambini disabili. E ieri la città di Milano ha indetto una manifestazione a sostegno dei civili a Gaza e per la pace.
Riportiamo alcune foto sulla manifestazione.






(foto di Monica Macchi)

venerdì 11 luglio 2014

Giustizia per i nuovi desaparecidos





L'Associazione per i Diritti Umani di Milano aderisce al seguente appello:


È una tragica routine che si ripete ormai da anni. Immagini di barconi pieni di persone stipate in condizioni disumane, naufragi, morte e disperazione. Noi attivisti, rappresentanti di associazioni di migranti, famiglie dei nuovi desaparecidos, giuristi ed esponenti della società civile riteniamo tutto ciò intollerabile.

Per questo ci rivolgiamo ai governi, all’Unione Europea, agli organismi internazionali, ai movimenti, alle organizzazioni non-governative e a tutti coloro che hanno a cuore la dignità e i diritti delle persone. Lo facciamo all’apertura del semestre italiano di Presidenza dell’Unione Europea perché crediamo che il rispetto e la tutela dei diritti umani, che dovrebbero essere il fondamento del progetto europeo, debbano essere costantemente riaffermati e difesi.

Proponiamo la convocazione di un Tribunale Internazionale di opinione che offra alle famiglie dei migranti scomparsi un’opportunità di testimonianza e rappresentanza; contribuisca ad accertare le responsabilità e le omissioni di individui, governi e organismi internazionali; e fornisca uno strumento per l’avvio di azioni avanti agli organi giurisdizionali nazionali, comunitari, europei e internazionali. Vogliamo ricostruire la verità, sanzionare i responsabili e rendere giustizia a vittime e familiari. Tutto ciò anche nella prospettiva di una diversa, più umana ed efficiente politica di accoglienza, comune e condivisa da tutti gli Stati dell’Unione Europea, e di un nuovo rapporto del Nord nei confronti del Sud del mondo, in modo da porre fine alle situazioni di crisi, guerra e persecuzione che costringono migliaia di persone ad abbandonare il proprio paese.

Chiediamo che le istituzioni si impegnino a garantire con tutti gli strumenti disponibili il riconoscimento dell’identità delle vittime, offrendo ai loro familiari un luogo di raccoglimento e cordoglio che restituisca dignità alle persone scomparse.

Dobbiamo interrompere il ciclo di disinformazione che si fa indifferenza e impotenza. Perciò rivendichiamo il diritto ad essere informati anche sulle forme di cooperazione militare e di polizia instaurate tra gli Stati europei e i paesi di origine e transito dei migranti. Ma occorre mettere insieme una molteplicità di attori, ascoltando, in primo luogo, la voce dei diretti interessati, gli esuli e i migranti, le vittime e i testimoni.

Mercedes Frias, Enrico Calamai, Arturo Salerni, Tsegehans Weldeslassie, don Mosè Zerai e Mehrzia Chargi, madre di un ragazzo tunisino scomparso, presenteranno il nostro appello, che sta raccogliendo molte adesioni, alla conferenza stampa che si terrà il giorno 10 luglio alle ore 11:30 a Roma, presso la Sala Stampa della Camera dei Deputati, in Via della Missione 4.

In questa occasione il numero dei partecipanti sarà limitato dalla capienza della sala, ma stiamo già organizzando per settembre un’assemblea pubblica che possa garantire la partecipazione di tutti coloro che vorranno dare il proprio contributo.


Il Comitato “Giustizia per i nuovi desaparecidos”٭



Roma, 7 luglio 2014



Info e adesioni:

nuovidesaparecidos@gmail.com

٭٭ Andrea Amato, Mario Angelelli, Claudio de Fiores, Emilio Drudi, Mercedes Frias, Gianluca Gatta, Agenzia Habeshia, Francesco Martone, Pasqualina Napoletano, Mauro Palma, Edda Pando, Sara Prestianni, Lucy Rojas, Arturo Salerni, Alessandro Triulzi, Fulvio Vassallo Paleologo, Tsegehans Weldeslassie, Carolina Zincone.