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martedì 13 ottobre 2015

L’ ISLAM NUDO: verso una “Umma dei consumatori”?

di Monica Macchi




Nel libro di Lorenzo Declich, L'Islam nudo (edito da Jouvence), l’Islam inserito nella globalizzazione si trova a convivere con le regole dell’economia di mercato che spingono per orientarlo verso fattori identitari. Si cercano di cancellare differenze inevitabilmente insite in un universo che conta più di 1 miliardo e 600.000 persone creando un nuovo immaginario in cui viene meno la tradizionale dimensione comunitaria a favore dell’individualismo capitalista. Dall’etichettatura halal, ai cosmetici, alle app islamiche con gli orari delle preghiere o le parti del Corano da leggere durante il Ramadan, fino alla finanza islamica e all’architettura (interessante la parte sulla Mecca dove è stato costruito il secondo grattacielo più alto al mondo o sulle “meraviglie” di Dubai) l’identità islamica viene ridefinita in una individualizzazione dell’esperienza religiosa. Ma mentre la guerra fredda era caratterizzata dalla lontananza dicotomica “noi/loro” separati addirittura da una “cortina di ferro”, la separazione tra mondo islamico e non-islamico segue linee più complesse. Tradizionalmente la cultura islamica distingue tra dar al-Islam (i territori che sono sottoposti all'imperio politico e giuridico dell'Islam), e dar al-harb (tutti gli altri). Ma già da tempo le migrazioni, e in misura minore, le conversioni hanno fatto venir meno questa dicotomia ed è stata proposta la categoria intermedia di dar al-amn, cioè un territorio in cui i musulmani, si ritrovano ad essere minoranza. E se da un punto di vista teologico-giuridico si stanno rivisitando le fonti scritte per restare fedeli alla propria coscienza religiosa in un contesto legislativo laico (è stata creata la categoria di “islam europeo” di cui Tariq Ramadan è considerato il più autorevole esperto, ancora più ascoltato e considerato controverso in quanto nipote di Hasan al Banna, il fondatore dei Fratelli Musulmani in Egitto. Per chi volesse approfondire queste tematiche ecco il link al sito personale di Ramadan in costante aggiornamento http://www.tariqramadan.com/) da un punto di vista economico vivere l’Islam in una terra non islamica va a cambiare gli stili di vita dei singoli musulmani ma anche dei convertiti che spesso non hanno un profondo background religioso. Ecco quindi che i musulmani diventano il target dell’emergente mercato borghese globale che da un lato corrode la dimensione religiosa mistificandola in sterili e pericolosi stereotipi che identificano arabi-musulmani-terroristi come fossero sinonimi, dall’altro li blandisce rendendoli docili consumatori facilmente manipolabili.


giovedì 6 agosto 2015

Porajmos, l'olocausto dei rom


Porajmos, l'olocausto dei rom



di Giovanni Princigalli (da il nuovomanifesto.it)



71 anni fa, il 2 agosto 1944, tutti i 2.897 rom dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau furono inghiottiti nei forni crematori. Il 15 aprile del 2015, il Parlamento Europeo ha votato unarisoluzione, che ricordando i 500.000 rom sterminati dai nazisti e da altri regimi» adotta il 2 agostocome «giornata europea della commemorazione dell'olocausto dei rom».Il 15 aprile del 2015, il Parlamento Europeo ha votato una risoluzione per adottare il 2 agosto come«giornata europea della commemorazione dell'olocausto dei rom». La risoluzione ricorda: «I 500.000rom sterminati dai nazisti e da altri regimi e che nelle camere a gas nello Zigeunerlager (campo degli zingari) di Auschwitz-Birkenau in una notte, tra il 2 e il 3 agosto 1944, 2.897 rom, princip-almente donne, bambini e anziani, sono stati uccisi».Si ricorda altresì che in alcuni paesi fu eliminata oltre l'80% della popolazione rom. Secondo le stimedi Grattan Pruxon, morirono 15.000 dei 20.000 zingari tedeschi, in Croazia ne sono uccisi 28.000 (nesopravvivono solo in 500), in Belgio 500 su 600, ed in Lituania, Lussemburgo, Olanda e Belgio losterminio è totale, il 100% dei rom.La studiosa Mirella Karpati riporta che la maggior parte dei rom polacchi fu trucidata sul posto dalla Gestapo e dalle milizie fasciste ucraine, le quali, in molti casi, uccidevano i bambini fracassando leloro teste contro gli alberi. Le testimonianze raccolte dalla Karpati sui crimini dei fascisti croati (gli ustascia) sono altrettanto aggancianti: donne incinta sventrate o a cui venivano tagliati i seni, neonati infilzati con le baionette, decapitazioni, ed altri orrori ancora. Per tali motivi i rom slovenie croati oltrepassavano clandestinamente il confine con l'Italia, ma finivano in uno dei 23 campi diprigionia loro riservati e sparpagliati sull'intera penisola.La risoluzione del Parlamento europeo prima citata considera l'«antiziganismo» come «un'ideologia basata sulla superiorità razziale, una forma di disumanizzazione e razzismo istituzionale nutrita dadiscriminazioni storiche». Il rom funge da sempre il capro espiatorio, a cui negare il suo carattereeuropeo, per farne una sorta di straniero interno (nonostante le loro comunità, e gli stessi terminirom e zingaro, si siano formati in Europa tra il 1300 ed il 1400).I nazisti-fascisti hanno perfezionato le politiche europee anti-rom dei secoli XVI e XIX. Come ricorda l'antropologo Leonardo Piasere, il maggior numero degli editti anti-rom dell'epoca moderna furonoemanati dagli stati preunitari tedeschi ed italiani. Forse non è un caso, ma saranno proprio Germ-ania ed Italia, secoli dopo, a pianificare l'olocausto rom, oltre che quello ebraico. Secondo StefaniaPontrandolfo, in Italia, tra il 500 e il 700, ad applicare con più zelo tali editti furono gli Stati del Nord,contro una certa tolleranza del Meridione.

«Puri o impuri, comunque asociali»

I nazisti, ossessionati com'erano dalla presunta razza ariana, si erano interessati ai rom a causa dellaloro origine indiana. Li classificarono in quattro categorie, secondo il loro grado di «purezza» o«incrocio» con i non rom. Alla fine ritennero che tutti rom, puri o impuri che fossero, erano«asociali». Da qui la decisione della loro eliminazione. I bimbi rom (ed ebrei) deportati nei campi disterminio erano vittime di esperimenti sadici: iniezione d'inchiostro negli occhi; fratture delle ginocchia, per poi iniettare nelle ferite ancora fresche i virus della malaria, del vaiolo e d'altro ancora.Anche in Italia, come riporta Giovanna Boursier, con “Il manifesto della razza” del 1940, l'antropologo fascista Guido Landra, inveiva contro «il pericolo dell'incrocio con gli zingari» che defi-niva randagi e anti-sociali. Ma già nel 1927 il Ministero dell'interno, ricorda sempre la Boursier,emanava direttive ai prefetti per «epurare il territorio nazionale» dagli zingari e «colpire nel suo ful-cro l'organismo zingaresco».Gli studiosi Luca Bravi, Matteo Bassoli e Rosa Corbelletto, suddividono in quattro fasi le politiche fasciste anti-rom e sinti (popolazioni di origine rom, ma che si autodefiniscono sinti e che vivono trasud della Francia, nord Italia, Austria e Germania): tra il 1922 e il 1938 vengono respinti ed espulsirom e sinti stranieri, o anche italiani ma privi di documenti; dal 1938 al 1940 si ordina la puliziaetnica di tutti i sinti e rom (anche italiani con regolari documenti), presenti nelle regioni di frontieraed il loro confino a Perdasdefogu in Sardegna; dal 1940 al 1943 i rom e sinti, anche italiani sono rin-chiusi in 23 campi di concentramento; dal 1943 al 1945 vengono rom e sinti sono deportati neicampi di sterminio nazisti.La prima fase è segnata da una politica al tempo stesso xenofoba e rom-fobica, per cui si colpisconoquei rom, colpevoli di essere sia zingari che stranieri. In seguito si passa a reprime anche i rom ita-liani. Inoltre, dalla prigioniera nel campo si passa all'eliminazione fisica. Grazie alle ricerche della Karpati, sappiamo che nei 23 campi in Italia le condizioni di vita eranomolto dure. Racconta una donna: «Eravamo in un campo di concentramento a Perdasdefogu. Un giorno, non so come, una gallina si è infiltrata nel campo. Mi sono gettata sopra come una volpe, l'ho ammazzata e mangiata dalla fame che avevo. Mi hanno picchiata e mi son presa sei mesi di galera per furto».Giuseppe Goman a 14 anni fu rinchiuso nel campo nei pressi di Agnone e i fascisti lo vollero fucilare per aver rubato del cibo in cucina, ma all'ultimo momento la pena fu commutata in «bastonature e segregazione». Nel campo di Teramo invece, un tenente dei carabinieri ebbe cosi pietà di quei«rom chiusi in condizioni miserevoli, che dormivano per terra con mangiare poco e razionato che permise alle donne di andare ad elemosinare in paese. Nel campo di Campobasso, Zlato Levak ricorda: «Cosa davano da mangiare? Quasi niente. Il mio figlio più grande è morto nel campo. Era unbravo pittore e molto intelligente».Per i rom italiani, l'essere rinchiusi nei campi di prigionia, non per aver commesso un reato, ma perla loro identità, fu uno shock. E pensare, che a causa della leva obbligatoria, gli uomini avevano servito nell'esercito durante la grande guerra o nelle colonie. Sarà forse per questo trauma, che molti diloro hanno una certa reticenza ad affermare in pubblico la propria identità, ed infatti l'opinione pub-blica italiana ignora che dei circa 150.000 rom e sinti presenti in Italia, ben il 60 -70% sono italianida secoli e sono per lo più sedentari. Ignoriamo anche le vicende di molti rom, che fuggiti dai campi,si unirono alle formazioni partigiane e che alcuni di essi furono fucilati dai fascisti. Luca Bravi e Matteo Bassoli fanno notare che il Parlamento italiano ha approvato nel 1999 la legge sulle minoranze storiche linguistiche (riconoscendone 12) «solo dopo aver stralciato l'inserimento delle comunità rom e sinti» (tra le più antiche d'Italia, dove sono presenti dal XIV secolo).
 
La nostra rimozione
 
La rimozione del nostro contributo ideologico e pratico all'olocausto dei rom, s'inserisce in un'operazione di oblio ben più ampia, che tocca anche i nostri crimini di guerra sotto il fascismo in Africa ed ex Jugoslavia. Come ben spiegato nel documentario Fascist Legacy della BBC, tali crimini non furono compiuti non solo dalle camicie nere, ma anche da soldati e carabinieri, tanto che lostesso Badoglio era nella lista dei primi 10 criminali di guerra italiani da processare. Il processo nonsi è mai svolto, grazie al cambio di alleanza nel 1943 e al nostro contributo di sangue alla lotta nazi-fascista.Ma il paradosso resta: Badoglio il primo capo di governo dell'Italia anti-fascista era stato un criminale di guerra agli ordini di Mussolini. La Legge 20 luglio 2000 sulla «memoria», parla si di olocausto ma non di rom. Su iniziativa dell'on. Maria Letizia De Torre le persecuzioni fasciste contro i romsono finalmente ricordate dalla Camera dei Deputati in un ordine del giorno nel 2009. E pensare cheil parlamento tedesco aveva riconosciuto l'olocausto rom già nel 1979, e nel 2013 una poesia del romitaliano Santino Spinelli (il cui padre fu internato dai fascisti) è incisa sul monumento erettoa Berlino. Molti studiosi ed associazioni, per definire l'Olocausto rom, hanno adottato il termine porajmos, chein romanes significa «divoramento». Fu introdotto nel 1993 dal professore rom Ian Hancock dell'università del Texas, che lo sentì da un sopravvissuto ai campi di sterminio. Il linguista Marcel Courthiade, esperto di romanes, ha proposto in alternativa samudaripen (tutti morti). Per amore del vero, va precisato, che il rom comune, che spesso non s'identifica nelle tante associazioni nazionalio internazionali rom e di non rom, e che resta lontano dai dibattitti accademici, non utilizza alcuno di questi termini.



Il ricordo di Pietro Terracina

Eppure quando pensiamo al 2 agosto 1944, quando tutti i 2.897 rom dello Zigeunerlager di Auschwitz-Birkenau furono inghiottiti nei forni crematori, ecco che sia «divoramento» che «tutti morti», ci appaiono così adatti ed evocativi. Ma perché ucciderli tutti in una sola notte? Forse sitrattò di una punizione, poiché pochi mesi primi, armati di mazze e pietre, i rom si ribellarono, mettendo in fuga i nazisti.Testimone oculare della notte del 2 agosto fu l'ebreo italiano Pietro Terracina, che ha raccontatoa Roberto Olia : «Con i rom eravamo separati solo dal filo spinato. C'erano tante famiglie e bambini,di cui molti nati lì. Certo soffrivano anche loro, ma mi sembrava gente felice. Sono sicuro che pens-avano che un giorno quei cancelli si sarebbero riaperti e che avrebbero ripreso i loro carri per ritor-nare liberi. Ma quella notte sentii all'improvviso l'arrivo e le urla delle SS e l'abbaiare dei loro cani.I rom avevano capito che si prepara qualcosa di terribile.Sentii una confusione tremenda: il pianto dei bambini svegliati in piena notte, la gente che si per-deva ed i parenti che si cercavano chiamandosi a gran voce. Poi all'improvviso silenzio. La mattina dopo, appena sveglio alle 4 e mezza, il mio primo pensiero fu quello di andare a vedere dall'altra parte del filo spinato. Non c'era più nessuno. Solo qualche porta che sbatteva, perché a Birkenau c'era sempre tanto vento. C'era un silenzio innaturale, paragonabile ai rumori ed ai suoni dei giorni precedenti, perché i rom avevano conservato i loro strumenti e facevano musica, che noi dall'altra parte del filo spinato sentivamo. Quel silenzioera una cosa terribile che non si può dimenticare. Ci bastò dare un'occhiata alle ciminiere dei fornicrematori, che andavano al massimo della potenza, per capire che tutti i prigionieri dello Zigeuner-lager furono mandati a morire. Dobbiamo ricordare questa giornata del 2 agosto 1944».

venerdì 3 luglio 2015

La condanna di Borghezio per diffamazione aggravata da discriminazione razziale nei confronti dei Rom


Lo scorso 26 giugno 2015 si è concluso il processo contro l’eurodeputato Mario Borghezio nella causa intentata dalle associazioni UPRE ROMA di Milano, SUCARDROM di Mantova e NEVO DROM di Bolzano assistite dall’avvocato Gilberto Pagani, per le dichiarazioni fatte nella trasmissione “La zanzara” in occasione della Giornata internazionale del popolo rom e sinto l’8 aprile 2013.

Il tribunale di Milano ha preso atto che le tre associazioni hanno accettato le scuse e il risarcimento dei danni morali proposto da Borghezio, risarcimento sulla cui misura lo stesso Borghezio ha chiesto la clausola di riservatezza e che le tre associazioni devolveranno completamente a progetti rivolti alle comunità rom e sinte e in modo particolare al sostegno della campagna “Se mi riconosci mi rispetti” per la legge di iniziativa popolare per il riconoscimento della minoranza dei Rom e dei Sinti.

Il risarcimento dei danni alle parti lese ha comportato la loro rinuncia alla costituzione di parte civile; il dibattimento è continuato per l'accertamento della responsabilità penale di Mario Borghezio e si è concluso con la sua condanna per diffamazione aggravata dalla discriminazione razziale, una condanna di grande importanza, perché - al di là della sua misura: una multa e il pagamento delle spese processuali -, riconosce il diritto di Rom e Sinti di essere tutelati come minoranza.


sabato 25 ottobre 2014

Un appello urgente, richiesta di avvocato



Riceviamo e giriamo questo appello!  Se potete fare qualcosa, vi preghiamo di contattare Basir Ahang su FB. Grazie !
Urgent help needed!
A Hazara asylum seeker in Norway is going to be deported to Afghanistan tomorrow morning. Gholam Nabi arrived in Norway in 2008 when he was 17. In Norway in 2008 a car run over him on the pedestrian crossing. His back got broken and now he is paralyzed. Norwegian authorities now want to deport him. He didn't get justice for the incident and now he risks his life returning in Afghanistan. He needs urgently a lawyer. Please contact me if you can help. Thanks






 

martedì 27 maggio 2014

No al campo Rom di Via Cesarina a Roma


 L’Associazione 21 luglio lancia una mobilitazione on line per chiedere al sindaco Marino di bloccare il progetto di un nuovo “campo rom” in via della Cesarina


Bloccare immediatamente la progettazione del nuovo «villaggio della solidarietà» in via della Cesarina e riconvertire le ingenti risorse economiche previste - 2 milioni di euro - in progetti di inclusione per rom e cittadini romani in emergenza abitativa e sociale.

L’Associazione 21 luglio ha lanciato una
mobilitazione on line invitando i cittadini a scrivere al sindaco di Roma Ignazio Marino per chiedere un suo intervento diretto nella questione.

Oggetto della mobilitazione, identificata dall'ironico avvertimento “Roma, nun fa’ la stupida” e dall’hashtag Twitter #DiscriminareCosta, è il progetto del nuovo insediamento per soli rom in via della Cesarina che l’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale intende realizzare nei prossimi mesi. Il nuovo “villaggio della solidarietà” sarà costruito sullo stesso terreno laddove, fino a 5 mesi fa, sorgeva uno degli 8 “villaggi” della Capitale. Il 16 dicembre 2013 ai 137 rom residenti nell'insediamento era stato imposto il trasferimento nel
centro di raccolta di via Vissoe lo spazio era stato smantellato e chiuso in vista dell’inizio dei lavori di costruzione del nuovo “campo”, così come disposto dall’assessore Rita Cutini.Lo scorso 8 aprile, Associazione 21 luglio, Amnesty International Italia e altre nove organizzazioni avevano scritto al sindaco Marino per esprimere la loro contrarietà alla decisione dell’assessore Cutini, evidenziando da un lato la reiterazione di una politica segregativa nei confronti dei rom e, dall'altro, puntando l’indice sul tema dell’efficacia della spesa pubblica.Una settimana più tardi, il Consiglio municipale del III Municipio, dove insiste l’insediamento, aveva chiesto al primo cittadino la sospensione dei lavori e la riconversione del denaro previsto nella realizzazione di progetti utili sia ai rom che ai cittadini del Municipio. Ai due appelli era seguito il silenzio dell’Assessorato.

Secondo l’Associazione 21 luglio il progetto dell’assessore Cutini di costruire l’ennesimo luogo di segregazione su base etnica per i rom della Capitale, oltre a configurarsi come lesivo dei diritti umani di tali comunità, rappresenta l’espressione di una scelta economicamente insostenibile.Ad oggi, infatti, quando i lavori del rifacimento del nuovo insediamento non sono ancora iniziati, l’Assessorato ha già sostenuto una spesa di circa 500 mila euro per l’affitto del terreno, i lavori di rimozione di amianto e il mantenimento dei rom “parcheggiati” nel centro di raccolta di via Visso. Per portare a compimento i lavori, è la spesa stimata dall'Associazione 21 luglio, il Comune investirà ancora 1,5 milioni di euro.Sulla
pagina web dell’iniziativa #DiscriminareCosta lanciata quest’oggi dall'Associazione 21 luglio, è attivo un contatore che indicherà in tempo reale la spesa sostenuta giornalmente dall'Assessorato a guida Cutini per gli interventi preventivi alla realizzazione del nuovo insediamento.Dalla stessa pagina, fino alle ore 24 del 29 maggio, i cittadini, utilizzando l’apposito form, potranno inviare direttamente un’email al sindaco Marino per chiedergli di sospendere il progetto dell’Assessorato e riconvertire le risorse previste in progetti di inclusione che vadano a beneficio anche di cittadini non rom in disagio abitativo e sociale.

Per maggiori informazioni:
Danilo Giannese
Responsabile Comunicazione e Ufficio stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
Email:
stampa@21luglio.orgwww.21luglio.org


domenica 16 marzo 2014

Container 158 e la "questione rom"

L'Associazione per i Diritti Umani presenterà il documentario Container 158 di Stefano Liberti e Enrico Parenti nell'ambito del fimfestival Sguardialtrove a Milano.
l'appuntamento è per mercoledì 19 marzo, alle ore 20.30, presso il cineteatro S. Maria Beltrade, Via Nino Oxilia, 10.
Un'occasione per approfondire la conoscenza dei popoli rom e sinti, troppo spesso vittime di discriminazioni fomentate anche da politiche di esclusione basate sulla paura del "diverso".
Il cinema documentario permette di entrare, in questo caso, nel campo rom di Via Salone, alle porte di Roma, il campo più grande d'Europa, e di trascorrere del tempo insieme ai suoi abitanti, condividendo la loro quotidianità: Miriana aspetta di partorire due gemelle in casa vera dove poter allevare anche gli altri suoi quattro figli; suo marito, Giuseppe, ogni mattina prende il suo furgoncino per andare a cercare ferro da riciclare; Remo è un meccanico, lavora in nero e i suoi clienti gli vogliono bene perché è economico e gentile. E poi ci sono i più giovani: Brenda è maggiorenne, vorrebbe fare la dottoressa, ma si è resa conto di quanto sia difficile, per lei, realizzare quel sogno; Marta, Cruis, Diego e Sasha frequentano le elementari e vengono rimproverati regolarmente per i loro frequenti ritardi.
Ma, quella che viene raccontata, è vita ed è vita "normale", se c'è una normalità.
Più di mille persone, provenienti per lo più dalla ex Jugoslavia, sopravvivono in questo enorme ghetto recintato da fil di ferro e sorvegliato da telecamere, come se fossero tutti accertati criminali e delinquenti: ammassati in camper di 22 metri, distanziati l'uno dall'altro soltanto due, lontano dal centro (dagli ospedali, ad esempio).  E tanti di loro non hanno lavoro - più per la diffidenza degli altri, che per la loro mancanza di volontà - e non hanno un'identità riconosciuta dallo Stato anche quando sono nati e cresciuti in Italia.
Le voci narranti di questo film sono, soprattutto, quelle dei bambini perché non hanno sovrastrutture: raccontano semplicemente e sinceramente la loro esistenza, mettendo in luce, in maniera inconsapevole, le contraddizioni delle politiche istituzionali che, da una parte, parlano di inclusione, ma dall'altra, non creano le condizioni concrete per attuarla.

venerdì 20 settembre 2013

Un genocidio dimenticato

Quest'estate abbiamo conosciuto Pietro, un ragazzino che frequenta una scuola media di Milano. La mamma di Pietro ha origini armene e lui ha voluto approfondire una parte di Storia poco studiata e riportare alla memoria collettiva il dramma di un genocidio dimenticato. Pietro ha realizzato un interessantissimo lavoro audiovisivo per la sua scuola e ha voluto condividerlo con noi. 
Ringraziamo tanto Pietro e la sua famiglia.
Questo materiale è pubblicato anche sulla pagina Youtube dell'Associazione per i Diritti Umani









domenica 7 aprile 2013

Giornata Internazionale dei rom e dei sinti


Oggi, domenica 7 aprile 2013, l'Associazione 21 luglio organizza, a Roma, due momenti importanti di riflessione sulla situazione delle comunità rom e sinti in Italia. E domani, una delegazione di giovani rom sarà ricevuta dalla Presidente della Camera, on. Laura Boldrini.
Abbiamo rivolto alcune domande al Presidente dell'Associazione 21 luglio, Carlo Stasolla.

Qual è la situazione attuale della comunità rom in Italia?

In Italia sono stati censiti circa 170.000-180.000 rom, un numero molto esiguo se si pensa ad altri Paesi: basti pensare che in Spagna ci sono 800.000 rom e in Romania 2 milioni e mezzo. In Italia circa 1/5 di essi vive in insediamenti, quindi dobbiamo pensare che la maggioranza dei rom vive all'interno di abitazioni convenzionali.
I problemi riguardano, soprattutto, i rom che vivono negli insediamenti, nei cosiddetti “campi nomadi”, proprio a causa di una politica fortemente discriminatoria e segregativa che ha consentito, a partire dagli anni '90, l'inizio della costruzione dei “campi nomadi” e che, di fatto, ha avviato un processo di razzismo istituzionale, costringendo queste persone a vivere a parte, nei margini della città.

Qual è la differenza tra rom e sinti? E da cosa nasce il razzismo nei loro confronti?

Il razzismo ha radici molto antiche, ma nasce da una parola: da quando rom e sinti sono stati chiamati - dalle istituzioni e da media - “nomadi”. “Nomadi” sono persone che non vogliono vivere nei campi, persone diverse, che si muovono continuamente per sfuggire alla giustizia o al controllo istituzionale.
In Italia ci sono rom e sinti, due comunità diverse, che sono arrivate con migrazione diverse: ci sono i rom venuti nel nostro Paese dal '5000-'600 attraverso un percorso migratorio che li ha visti presenti prima in Germania e poi nel Nord Europa; e ci sono i sinti, arrivati qui negli anni '70-'80 dall'Est Europa, dalla Turchia, dalla Grecia, passando per i Paesi balcanici.

Di cosa parla il documentario “Campo sosta” che sarà una delle vostre iniziative per la Giornata Internazionale dei rom e dei sinti?

E' un lavoro di Stefano Liberti e Enrico Parenti - già autori di Mare chiuso - che racconta ciò che avviene in uno dei villaggi attrezzati della capitale. Villaggi in cui si è realizzata la discriminazione perchè sono spazi lontani dalle città, videosorvegliati, recintati e dove, su base etnica, vengono collocate le persone. Si tratta, quindi, di un racconto fatto dal di dentro, ascoltando e stando insieme ai ragazzi del villaggio di Salone - il più grande di Roma e d'Europa - per capire come i giovani vivono questa esperienza fortemente segregativa e ghettizzante.

Quali sono le richieste e le aspettative di ragazzi rom che incontreranno l'on. Laura Boldrini?

L'incontro avrà un duplice scopo: da una parte, raccontare la realtà rom nel nostro Paese. Questi ragazzi - che sono rappresentativi di diverse realtà rom - le racconteranno le proprie esperienze di vita per far comprendere al Presidente della Camera quella che è la situazione che vivono sulla propria pelle.
La richiesta formale, come associazione, sarà quella del riconoscimento della minoranza rom, così come quella di prendersi in carico lo status giuridico dei cittadini rom che sono, di fatto, apolidi: senza, appunto, cittadinanza e riconoscimento.