Si
intitola Rumore bianco il
bel cortometraggio scritto e diretto da Alessandro Porzio ed è stato
premiato con la menzione speciale all'ultima edizione del Bif&st,
Bari International Film Festival.
Un
uomo e una donna in una camera di ospedale: tra loro una storia
d'amore e una scelta difficile.
Abbiamo
rivolto alcune domande al regista
Tra i
due protagonisti - Luca e Alice - chi ha maggior diritto alla vita?
Credo
sia impossibile deciderlo. Credo sia impossibile anche solo pensare
chi dei due merita più attenzione, comprensione. La comprensione
ritengo sia infetta dello stesso male in cui è infetta
l'indifferenza. Chi va aiutato? Capito? Nessuno. Perchè nessuno di
noi è “loro due”, ed allora il diritto alla vita, per quanto
riguarda Alice e Luca smette di appartenerci subito, nel primo
instante. Non abbiamo il diritto di giudicare, non è giusto che Luca
diventi motivo della nostra “pena” e Alice bersaglio di commenti
perbenisti. Per intuire chi dei due ragazzi ha più diritto alla
vita dovremmo immedesimarci in loro e vivere per qualche attimo la
paralisi di Luca e la soffocata voglia di vivere di Alice. Forse, ma
ne dubito, solo così potremmo avvicinarci e decidere.
Perchè
hai scelto questa tematica per il tuo cortometraggio?
Perchè
è una storia d'amore. Avevo il desiderio di raccontare quello che
capita davvero tutti i giorni. La sofferenza, l'abbandono,
l'emozione. Insomma uno spaccato di vita che non fosse un pezzo di
racconto, ma qualcosa che c'è e che l'ipocrisia nasconde. Alice ha
il coraggio di abbandonare il suo “amore” nel momento forse in
cui, proprio il suo amore, ha più bisogno di lei. Ma è verità.
Credo che il cinema debba “anche” fare questo senza pensare al
dopo.
Un lungo
piano sequenza e un monologo: una commistione tra cinema e teatro?
Il
monologo era inevitabile ma ancora più inevitabile è la scelta del
piano-sequenza. Il teatro no. Forse in Rumore Bianco è davvero
lasciato il disparte nella sua più completa essenza. La messa in
scena e le parole. Volevamo quello che è poi venuto fuori dal
girato. Ci interessava questo. Ammetto però che per altre cose il
Teatro mi condiziona sempre molto.
In
questo lavoro è anche molto importante ( e bella) la colonna
sonora...
Sono
felice di questa domanda. Si è importantissima. Di solito quando c'è
una bella colonna sonora in un bel fin questa finisce per assorbire
tutta l'attenzione che su di essa. Ti butta fuori o ti emoziona a tal
punto che perdi quello che davvero si sta raccontando nel film. La
colonna sonora è al servizio dell'immagine non ne deve modellare il
contenuto o la forma stessa. Stefano Ottomano è un maestro in
questo. E' didascalico. Puntuale e sopratutto non pecca di egoismo,
trasportando chi guarda, dove vuole lui con la musica. Peccato solo
per il nostro “ciuffo” uguale. [scherzo]
Torniamo
alla sceneggiatura: amore e senso di vuoto; passione e dolore. Questi
sono gli elementi alla base dello script? Qual è la riflessione che
hai voluto comunicare con il tuo film?
Qualche
giorno dopo che lo script era pronto, mi concentrai a rileggere quale
schifezza avessi scritto, stranamente mi piacque subito ma dovetti
fare i conti con il senso di IMPOTENZA che mi lasciavano quelle
parole del monologo. Certo avevo tutto in testa, posto, facce, rumori
e silenzi, luce, ma ne fui turbato. Poi decisi di andare oltre e fare
di quello stato che io stesso avevo provato la vera riflessione da
dover comunicare con il film. Spero di esserci riuscito.
E i tuoi
progetti futuri come sceneggiatore e regista?
Domanda
che mi scompone sempre molto perchè mi ricorda ogni volta che avrei
da fare un'infinità di cose! Ad ottobre dovrei essere nuovamente sul
set per la mia nuova storia. Intanto siamo in post con alcuni lavori
che ho diretto. Ah! Forse giro un documentario [mai avrei pensato di
farlo]...