venerdì 13 settembre 2013

Un cortometraggio per il diritto alla vita, con amore



Si intitola Rumore bianco il bel cortometraggio scritto e diretto da Alessandro Porzio ed è stato premiato con la menzione speciale all'ultima edizione del Bif&st, Bari International Film Festival.
Un uomo e una donna in una camera di ospedale: tra loro una storia d'amore e una scelta difficile.

Abbiamo rivolto alcune domande al regista 



Tra i due protagonisti - Luca e Alice - chi ha maggior diritto alla vita?

Credo sia impossibile deciderlo. Credo sia impossibile anche solo pensare chi dei due merita più attenzione, comprensione. La comprensione ritengo sia infetta dello stesso male in cui è infetta l'indifferenza. Chi va aiutato? Capito? Nessuno. Perchè nessuno di noi è “loro due”, ed allora il diritto alla vita, per quanto riguarda Alice e Luca smette di appartenerci subito, nel primo instante. Non abbiamo il diritto di giudicare, non è giusto che Luca diventi motivo della nostra “pena” e Alice bersaglio di commenti perbenisti. Per intuire chi dei due ragazzi ha più diritto alla vita dovremmo immedesimarci in loro e vivere per qualche attimo la paralisi di Luca e la soffocata voglia di vivere di Alice. Forse, ma ne dubito, solo così potremmo avvicinarci e decidere.

Perchè hai scelto questa tematica per il tuo cortometraggio?

Perchè è una storia d'amore. Avevo il desiderio di raccontare quello che capita davvero tutti i giorni. La sofferenza, l'abbandono, l'emozione. Insomma uno spaccato di vita che non fosse un pezzo di racconto, ma qualcosa che c'è e che l'ipocrisia nasconde. Alice ha il coraggio di abbandonare il suo “amore” nel momento forse in cui, proprio il suo amore, ha più bisogno di lei. Ma è verità. Credo che il cinema debba “anche” fare questo senza pensare al dopo.

Un lungo piano sequenza e un monologo: una commistione tra cinema e teatro?

Il monologo era inevitabile ma ancora più inevitabile è la scelta del piano-sequenza. Il teatro no. Forse in Rumore Bianco è davvero lasciato il disparte nella sua più completa essenza. La messa in scena e le parole. Volevamo quello che è poi venuto fuori dal girato. Ci interessava questo. Ammetto però che per altre cose il Teatro mi condiziona sempre molto.

In questo lavoro è anche molto importante ( e bella) la colonna sonora...

Sono felice di questa domanda. Si è importantissima. Di solito quando c'è una bella colonna sonora in un bel fin questa finisce per assorbire tutta l'attenzione che su di essa. Ti butta fuori o ti emoziona a tal punto che perdi quello che davvero si sta raccontando nel film. La colonna sonora è al servizio dell'immagine non ne deve modellare il contenuto o la forma stessa. Stefano Ottomano è un maestro in questo. E' didascalico. Puntuale e sopratutto non pecca di egoismo, trasportando chi guarda, dove vuole lui con la musica. Peccato solo per il nostro “ciuffo” uguale. [scherzo]

Torniamo alla sceneggiatura: amore e senso di vuoto; passione e dolore. Questi sono gli elementi alla base dello script? Qual è la riflessione che hai voluto comunicare con il tuo film?

Qualche giorno dopo che lo script era pronto, mi concentrai a rileggere quale schifezza avessi scritto, stranamente mi piacque subito ma dovetti fare i conti con il senso di IMPOTENZA che mi lasciavano quelle parole del monologo. Certo avevo tutto in testa, posto, facce, rumori e silenzi, luce, ma ne fui turbato. Poi decisi di andare oltre e fare di quello stato che io stesso avevo provato la vera riflessione da dover comunicare con il film. Spero di esserci riuscito.

E i tuoi progetti futuri come sceneggiatore e regista?

Domanda che mi scompone sempre molto perchè mi ricorda ogni volta che avrei da fare un'infinità di cose! Ad ottobre dovrei essere nuovamente sul set per la mia nuova storia. Intanto siamo in post con alcuni lavori che ho diretto. Ah! Forse giro un documentario [mai avrei pensato di farlo]...