Pubblichiamo questo
articolo di Nicole Valentini sulla situazione all'interno dei CIE
perchè è un argomento che ci sta molto a cuore (vedi anche
intervista ad Alexandra D'Onofrio sul suo documentario “La vita che
non CIE”).
Ringraziamo l'autrice
dell'articolo e Basir Ahang per aver condiviso con noi questo
contributo.
“Chi
non batte ciglio alla vista di sanguinosi delitti
conferisce
loro propriamente l'apparenza delle cose naturali.
Designa
il crimine atroce come alcunché di scarsa rilevanza
quale
è la pioggia e, come la pioggia, altrettanto inevitabile”
Bertold
Brecht
Torture,
trattamenti inumani e degradanti,
questa la tragica situazione dei detenuti dei CIE italiani, tra di
essi vi sono persone che hanno perso il permesso di soggiorno in
seguito della perdita del lavoro, persone che fuggono da zone di
conflitto, dalla fame o dall’assenza di lavoro. Ognuno, a modo
loro, è fuggito da una guerra che sapeva avrebbe perso se non fosse
riuscito a salvarsi altrove.
Domenica
11 Agosto,
per l’ennesima volta, alcuni detenuti del CIE di Gradisca d’Isonzo
sono saliti sul tetto del lager per protestare contro le condizioni
inumani e degradanti a cui sono quotidianamente sottoposti. Per
sedare la protesta sono stati sparati dei lacrimogeni e dopo pochi
minuti hanno fatto capolino persino i carabinieri, la polizia e un
pullman dell’esercito: tutti sanno infatti quanto possano essere
pericolosi venti uomini disarmati che invocano libertà e dignità.
Alcune persone che in quel momento si trovavano all’esterno hanno
chiamato il 118, sapendo che nel CIE vi sono persone che soffrono
d’asma, tuttavia persino loro si sono rifiutati di intervenire, in
quanto la richiesta non proveniva dai carcerieri del centro ma da
persone esterne. Il CIE di Gradisca d’Isonzo è stato più volte al
centro di aspre critiche e contestazioni da parte di varie
organizzazioni per i diritti umani, avvocati, parlamentari,
consiglieri e assessori regionali, che hanno definito il lager di
Gradisca: “un luogo non degno di un paese civile”
¹.
Secondo
un rapporto di Amnesty International²
relativo allo stato dei CIE italiani (prima denominati CPT): "C'è
stato un certo numero di denunce di abusi di matrice razzista,
aggressioni fisiche e uso eccessivo della forza da parte degli agenti
di pubblica sicurezza e da parte del personale di sorveglianza, in
particolare durante proteste e in seguito a tentativi di evasione.
Vari procedimenti penali sono in corso laddove i detenuti sono stati
in grado di sporgere querela.
(...) Talvolta,
ad alcuni detenuti che intendevano denunciare qualcosa è stata
offerta la possibilità di accedere al sistema di giustizia penale da
parte di avvocati, Ong o parlamentari in visita, ma la maggior parte
delle presunte vittime sarebbe riluttante a sporgere denunce per
abusi mentre si trova ancora nei Cpta, per paura di ritorsioni".
Purtroppo
a ben vedere le
similitudini tra i CIE italiani e i lager sono varie: violenza
arbitraria e gratuita da parte di militari e forze dell’ordine,
segregazione, annullamento della personalità, umiliazione,
discriminazione razzista, condizioni di vita non conformi alle norme
d’igiene, insufficiente assistenza sanitaria, mancanza di
comunicazione con il mondo esterno, violazioni palesi ed evidenti dei
diritti umani fondamentali.
Proprio
come i lager, anche
i CIE in fin dei conti non sono altro che campi di annientamento:
evitano di uccidere i suoi internati solo perché la Lega Nord non ha
ancora presentato un progetto di legge che consenta di farlo, ma nel
frattempo si accontentano di annientare psicologicamente i detenuti,
in modo tale che della loro umanità non rimanga più nulla.