venerdì 31 maggio 2013

Franca Rame e il suo impegno

E' mancata l'attrice Franca Rame. Per ricordarla, pubblichiamo solo il testo integrale e il video del suo monologo intitolato Lo stupro: parole incise sul corpo, un testo scritto dopo avere subìto la violenza sulla propia pelle. Un lavoro teatrale che, oggi come nel 1973, deve far riflettere.

C’è una radio che suona… ma solo dopo un po’ la sento. Solo dopo un po’ mi rendo conto che c’è qualcuno che canta. Sì, è una radio. Musica leggera: cielo stelle cuore amore… amore…Ho un ginocchio, uno solo, piantato nella schiena… come se chi mi sta dietro tenesse l’altro appoggiato per terra… con le mani tiene le mie, forte, girandomele all’incontrario. La sinistra in particolare.Non so perché, mi ritrovo a pensare che forse è mancino. Non sto capendo niente di quello che mi sta capitando.Ho lo sgomento addosso di chi sta per perdere il cervello, la voce… la parola. Prendo coscienza delle cose, con incredibile lentezza… Dio che confusione! Come sono salìta su questo camioncino? Ho alzato le gambe io, una dopo l’altra dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso?Non lo so.È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… è il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Sono come congelata.Ora, quello che mi sta dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… e mi tiene tra le sue gambe… fortemente… dal di dietro… come si faceva anni fa, quando si toglievano le tonsille ai bambini.L’immagine che mi viene in mente è quella. Perché mi stringono tanto? Io non mi muovo, non urlo, sono senza voce. Non capisco cosa mi stia capitando. La radio canta, neanche tanto forte. Perché la musica? Perché l’abbassano? Forse è perché non grido.Oltre a quello che mi tiene, ce ne sono altri tre. Li guardo: non c’è molta luce… Né gran spazio… Forse è per questo che mi tengono semidistesa. Li sento calmi. Sicurissimi. Che fanno? Si stanno accendendo una sigaretta.Fumano? Adesso? Perché mi tengono così e fumano?Sta per succedere qualche cosa, lo sento… Respiro a fondo… due, tre volte. Non, non mi snebbio… Ho solo paura…Ora uno mi si avvicina, un altro si accuccia alla mia destra, l’altro a sinistra. Vedo il rosso delle sigarette. Stanno aspirando profondamente. Sono vicinissimi.Sì, sta per succedere qualche cosa… lo sento. Quello che mi tiene da dietro, tende tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo. Non ha aumentato la stretta, ha solo teso i muscoli, come ad essere pronto a tenermi più ferma. Il primo che si era mosso, mi si mette tra le gambe… in ginocchio… divaricandomele. È un movimento preciso, che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, perché subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei a bloccarmi.Io ho su i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con su i pantaloni? Mi sento peggio che se fossi nuda!Da questa sensazione mi distrae un qualche cosa che subito non individuo… un calore, prima tenue e poi più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro.Una punta di bruciore. Le sigarette… sopra al golf fino ad arrivare alla pelle.Mi scopro a pensare cosa dovrebbe fare una persona in queste condizioni. Io non riesco a fare niente, né a parlare né a piangere… Mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualche cosa di orribile.Quello accucciato alla mia destra accende le sigarette, fa due tiri e poi le passa a quello che mi sta tra le gambe. Si consumano presto.Il puzzo della lana bruciata deve disturbare i quattro: con una lametta mi tagliano il golf, davanti, per il lungo… mi tagliano anche il reggiseno… mi tagliano anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri. Quello che mi sta tra le gambe, in ginocchio, mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature…Ora… mi aprono la cerniera dei pantaloni e tutti si dànno da fare per spogliarmi: una scarpa sola, una gamba sola.Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena.Ora quello che mi sta tra le gambe mi entra dentro. Mi viene da vomitare. Devo stare calma, calma.“Muoviti, puttana. Fammi godere”. Io mi concentro sulle parole delle canzoni; il cuore mi si sta spaccando, non voglio uscire dalla confusione che ho. Non voglio capire. Non capisco nessuna parola… non conosco nessuna lingua. Altra sigaretta.“Muoviti puttana fammi godere”.Sono di pietra.Ora è il turno del secondo… i suoi colpi sono ancora più decisi. Sento un gran male.“Muoviti puttana fammi godere”.La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa più volte sulla faccia. Non sento se mi taglia o no.“Muoviti, puttana. Fammi godere”.Il sangue mi cola dalle guance alle orecchie.È il turno del terzo. È orribile sentirti godere dentro, delle bestie schifose.“Sto morendo, – riesco a dire, – sono ammalata di cuore”.Ci credono, non ci credono, si litigano.“Facciamola scendere. No… sì…” Vola un ceffone tra di loro. Mi schiacciano una sigaretta sul collo, qui, tanto da spegnerla. Ecco, lì, credo di essere finalmente svenuta.Poi sento che mi muovono. Quello che mi teneva da dietro mi riveste con movimenti precisi. Mi riveste lui, io servo a poco. Si lamenta come un bambino perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, ma sento la sua fretta, la sua paura. Non sa come metterla col golf tagliato, mi infila i due lembi nei pantaloni. Il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere… e se ne va.Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire. Appoggio la testa a un albero… mi fanno male anche i capelli… me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo la mano sulla faccia… è sporca di sangue. Alzo il collo della giacca.Cammino… cammino non so per quanto tempo. Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura.Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido…Torno a casa… Torno a casa… Li denuncerò domani“.


giovedì 30 maggio 2013

Approvata anche in Italia la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne


545 voti su 545: è stata approvata all'unanimità, a Montecitorio, la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Un lungo applauso ha salutato il risultato: ora l'Italia è il quinto Paese a ratificare il testo della Convenzione, dopo Montenegro, Albania, Turchia e Portogallo.
La Convenzione pone le basi per una tutela completa delle donne, intervenendo sul piano della repressione della violenza e anche su quello dell'assistenza, della sensibilizzazione culturale e dell'educazione. La Convezione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne era già stata siglata a Istanbul nel 2011. Il testo rappresenta il primo strumento internazionale, giuridicamente vincolante, che fornisce un quadro normativo completo a tutela delle donne: la Convenzione è, infatti, articolata in 81 punti e,in essa, viene sottolineato il fatto che gli Stati dovranno adottare tutte le misure legislative e di altro tipo per esercitare la “debita diligenza nel prevenire, indagare, punire i responsabili e risarcire le vittime di atti di violenza commessi da soggetti non statali”. Il fine è quello di sanzionare “tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica, o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, sia nella vita privata”.
Il testo, quindi, vuole contrastare lo stupro, lo stalking, i matrimoni forzati, le mutilazioni genitali, la violenza domestica e si prefigge di eliminare ogni forma di discriminazione, promuovendo la concreta parità tra i sessi e rafforzando l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne. In particolare, l'articolo 5 sancisce l'obbligo degli Stati di astenersi da qualsiasi atto che costituisca una forma di violenza nei confronti delle donne e di garantire che le autorità, i funzionari, i soggetti pubblici e i medici siano specificamente formati.
E' motivo di grande soddisfazione il voto con il quale la Camera dei deputati ha approvato la ratifica della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne”, così Laura Boldrini, presidente della Camera, ha annunciato l'approvazione della Convenzione e ha proseguito dicendo: “ e' stato un voto unanime espresso da un'assemblea molto partecipata. Un segnale di sensibilità dell'Istituzione, tanto più importante perchè arriva nelle ore in cui, in Calabria, viene dato l'addio all'ennesima vittima della ferocia maschile, Fabiana, la giovanissima donna che in questi due giorni di interventi molti deputati e deputate hanno voluto onorare”. Il voto di martedì, infatti, è venuto a coincidere con i funerali di Fabiana Luzzi, la ragazza di sedici anni accoltellata e poi bruciata dal fidanzato diciassettenne, a Corigliano Calabro.
Il Ministro per le Pari Opportunità, Josefa Idem, ha così commentato l'approvazione della Convenzione: “ ...il nostro Paese manda un segnale forte e deciso per contrastare il fenomeno del femminicidio e della violenza domestica”; ora, il testo del provvedimento passa al Senato e, in seguito, bisognerà varare la legge di attuazione della Convenzione e assicurare che abbia la copertura finanziaria necessaria per l'attuazione dei provvedimenti elencati.

mercoledì 29 maggio 2013

Clandestini. Viaggio nel vocabolario della paura: un manuale per monitorare il linguaggio



Migrante irregolare, migrante/immigrato, vittima della tratta, rifugiato, profugo...Per raccontare e capire le trasformazioni della nostra società bisogna ricominciare dalle parole e questo è il lavoro proposto nel saggio Clandestini. Viaggio nel vocabolario della paura, di Giulio Di Luzio, edizioni Ediesse.
Si tratta di un vero e proprio alfabeto che elenca molti termini – tratti dalla cronaca e dalla narrativa – di uso comune nei confronti degli stranieri migranti e che, troppo spesso, generano e confermano pregiudizi e stereotipi negativi.



Abbiamo rivolto alcune domande all'autore


Quanto il linguaggio - la parola parlata e scritta - contribuisce a fomentare il sentimento della paura nei confronti dell' “Altro”?

Il ruolo delle narrazioni pubbliche sui temi delle migrazioni ha, per certi aspetti, un valore determinante nella percezione dell'opinione pubblica del fenomeno: i media, i giornali, si nutrono, soprattutto, di fonti provenienti dal mondo della politica, da quello giudiziario e da quello delle forze dell'ordine. ne viene fuori un quadro molto piatto, basato sull'emergenza, sull'allarmismo e sul panico morale.
La maggior parte delle persone – tranne chi ha un rapporto diretto o indiretto con le comunità di immigrati - apprende le notizie da queste fonti e, così, il mondo dell'informazione diventa determinante nel formare un “pensiero unico”. Uno studio dell'Univeristà di Lecce ha messo in evidenza che laddove gli studenti hanno avuto un contatto, anche minimo, con le comunità presenti, hanno maturato un quadro più strutturato e preciso, grazie all'esperienza diretta; laddove, invece, non avevano avuto contatti con le comunità di immigrati presenti nel Salento, risentivano pesantemente di un quadro di valutazione negativa”. Si affidavano solo su quello che avevano assorbito dai mass-media.

Quali sono i termini maggiormente usati nei confronti degli immigrati?

C'è un ventaglio di parole, ahimè, grazie al quale ho potuto mettere in fila, dalla A alla Z, circa cento parole che vengono utilizzate con enfasi e con un uso quasi vendicativo da noi occidentali nei confronti di chi giunge in Europa, in Italia.
Il libro racconta, per ogni vocabolo, l'uso improprio che se ne fa. Ad esempio: “clandestino”. Esistono profughi politici, migranti economici, persone con bisogni umanitari: la parola “clandestino” è stata coniata dal mondo dell'informazione, della politica e da quello giudiziario per evocare uno scenario delittuoso, di vite condotte nell'ombra e nell'illegalità. Peccato che, invece, molte persone scappino dalla guerra, da catastrofi umanitarie, da sconvolgimenti climatici.
Oppure prendiamo la parola “extracomunitario”, termine coniato dalla legislazione italiana per indicare persone estranee alla Comunità europea, ma che poi è stato esteso ed usato per escludere certe categorie di persone dai diritti fondamentali: non chiameremmo mai un giapponese o un americano “extracomunitario” ! Oggi, infatti, la parola “extracomunitario” non è più un aggettivo, ma è diventata un sostantivo per cui, quasi ontologicamente, gli extracomunitai sono quelli che ……..commettono reati.

Quali sono le nazionalità più colpite da questo modo di esprimersi violento e denigratorio?

I Nord africani, marocchini e tunisini, in particolare, e gli albanesi. Secondo le varie stagioni storico-politiche, nel libro, sono indicate le comunita’ apostrofate con questo genere di linguaggio: per esempio, nel 1991 - con la prima ondata di migrazioni dal Paese delle Aquile verso la Puglia– albanese diventeràun’'icona negativa. Dire “albanese” voleva dire “ladro”, “persona sporca”.
Questi termini ci hanno impedito una comprensione oggettiva e più allargata dei fenomeni migratori: e proprio in questo senso il testo vuole essere un manuale per i giovani, per il mondo della formazione perchè scandaglia e spiega come ogni termine sia stato, sempre più, ammantato di significati negativi.

Cosa si nasconde dietro questa volontà di alimentare la diffidenza ?

Ci sono scelte politiche che solo gli ultimi trent’anni sono in grado di raccontare. L’approccio securitario del legislatore italiano fin dall’esordio, per esempio. La scelta di derubricare le priorità sul tema delle migrazioni da parte delle forze progressiste in Italia. Basta guardare quel che è successo dal 1989 in poi con la morte del profugo sudafricano Jerry Masslo in Italia, con la caduta del muro di Berlino e l’abolizione della “riserva geografica”, che limitava le tutele a chi proveniva dai Paese dell’Est.
Dopo il 1989 le forze democratiche progressiste hanno portato avanti una politica miope che non ha fatto altro che confermare pregiudizi e stereotipi.
Inoltre, sono state tagliate le nostre radici storiche come Paese di migranti.


Giulio Di Luzio


martedì 28 maggio 2013

La Uefa: stop al razzismo


Dal prossimo 1° giugno entreranno in vigore le nuove norme contro casi di razzismo.
Nei giorni scorsi si è riunito, a Londra, il congresso delle 53 federazioni nazionali il cui Comitato Esecutivo ha deciso che le norme riguarderanno le gare internazionali organizzate dall'UEFA e, per quanto riguarda l'Italia, il presidente della Figc, Abete, ha affermato che verranno inserite nel codice di giustizia sportiva, affermando: “ Porterò le indicazioni Uefa in Consiglio federale e il nostro codice di giustizia cambierà di conseguenza”.
In caso di cori, striscioni, slogan a sfondo razzista e di comportamenti discriminatori sugli spalti, l'Esecutivo ha deciso che, per la partita successiva all'accaduto, verrà chiuso il settore dello stadio coinvolto; per la recidiva è prevista la chiusura dell'impianto con una multa di 50mila euro. Un cambiamento di rotta, quindi, se si considera che, secondo il nostro codice attuale, è prevista un'ammenda nel primo caso, un'ammenda con diffida per la recidiva e, solo alla terza occasione, la chiusura dello stadio.
Inasprite anche le norme che vedono coinvolti i tesserati, compresi i dirigenti e i calciatori; se a compierli dovessero essere ufficiali di gara e incaricati della giustizia sportiva (che, nel nostro Paese, sono gli uomini della procura federale), la sanzione sarà di 10 turni di squalifica.
La Fifa, inoltre, fisserà regole generali contro il razzismo e i provvedimenti di cui già si parla sono: l'inserimento della figura di un commissario incaricata di individuare gli atti di razzismo presenti nello stadio; l' attribuzione di un'ammonizione o di una multa per la prima infrazione lieve e, a seguire, la decisione di giocare la partita a porte chiuse; per la recidiva sono previsti punti di penalizzazione, retrocessione e l'esclusione dalla competizione.
Politica di tolleranza zero, quindi, da parte della Uefa e di tutto il mondo del calcio, come era anche emerso attraverso la risoluzione adottata dal Consiglio Strategico per il Calcio Professionistico, del 27 marzo 2013, a Sofia tanto che, per approfondire l'operazione di “pulizia” del settore, agli organi disciplinari Uefa, inoltre, è stata accordata piena libertà di agire nel caso in cui fossero accertate di azioni di combine, di corruzione e di doping.
Infine, il Comune di Milano ha lanciato la proposta di un fondo nazionale antirazzismo: una proposta per prendere posizione contro i recenti fatti che hanno visto i calciatori, Mario Balotelli e Kevin Prince Boateng, vittime di insulti e cori offensivi. L'assessore allo Sport, Chiara Bisconti, ha sottolineato che il fondo potrebbe essere utilizzato: “per iniziative di sensibilizzazione e di educazione così che le ammende possano diventare utili risorse per il territorio, per finanziare attivitità di prevenzione”. Il fondo nazionale antirazzismo, infatti, verrebbe finanziato con le migliaia di euro che, ogni anno, le società calcistiche devono pagare per colpa di cori o comportamenti discriminatori.

lunedì 27 maggio 2013

Milano: prove tecniche di cittadinanza




Duecento bambini nati a Milano, ma con genitori stranieri, hanno ricevuto la cittadinanza, simbolica.
La cerimonia, voluta e organizzata dall'amministrazione comunale,si è tenuta presso la Sala Viscontea del Castello sforzesco dalla quale, il Ministro per l'Integrazione, Cècile Kyenge e madrina per l'occasione, ha lanciato un appello: “ Non abbiate paura del meticciato: la nostra ricchezza parte dalle tante culture che ci troviamo di fronte”. E ha proseguito, dicendo: “Il meticciato è una realtà: nelle scuole, nei luoghi di lavoro, nelle strade. E la fotografia del Paese ce lo dice ed è una risorsa e non dobbiamo averne paura”. “Qualunque tipo di violenza è da condannare, in qualunque veste si manifesti. La violenza è violenza. La violenza non ha colore, etnia, appartenenza. Siamo tutti uguali davanti alla legge”, queste le parole del Ministro sul tema del razzismo.
Secondo Cécile Kyenge iniziative come quella organizzata dal Comune meneghino “sono una buona pratica che bisogna sostenere con forza nel Paese per far capire che siamo tutti cittadini”. Intanto, però, soprattutto dopo il fatto di cronaca accaduto in zona Niguarda, la Lega Nord raccoglie firme contro lo ius soli, una raccolta in atto a Milano e in altre città italiane accompagnata da volantini, distribuiti nei gazebo, che riportano una fotografia del Ministro dell'Integrazione con la scritta: “Se questo è un ministro...la clandestinità è un reato”. Il segretario della Lega Lombarda ha spiegato: “ Non ci accusino di razzismo, vogliamo solo passeggiare a casa nostra tranquillamente” e ha aggiunto: “ E non si cancelli la Bossi-Fini, anci va resa più severa. Non si può morire per strada a colpi di piccone. Regalare la cittadinanza significherebbe portare migliaia e migliaia di stranieri in Italia, dove già ci sono 3 milioni di disoccupati italiani”.
Il dibattito è ancora aperto e il dialogo fra le forze politiche non facile, ma la giornata che ha visto dare la cittadinanza, per ora, simbolica a tanti bambini (una rappresentanza dei 34.000 residenti a Milano) è stata importante per segnare un punto a favore della volontà di garantire i diritti a tutti, senza distinzioni geografiche o di altra natura.



sabato 25 maggio 2013

Notizie e storie dal Centroamerica: quando Presente e Passato si intrecciano




Pablo Larràin è un regista cileno: figlio dell' ex Presidente dell'Unione Democratica Indipendente e di un ministro nel governo Piñera, torna a parlare delle vicende politiche del suo Paese con il film NO! I giorni dell'arcobaleno, terza opera che compone una trilogia iniziata con Tony Manero e continuata con Post mortem.
Siamo nel 1988: sono trascorsi quindici anni dal colpo di stato militare che ha deposto il governo socialista di Salvador Allende e dall'insediamento della giunta di Augusto Pinochet. Il blocco societico si è disfatto, non si avverte più la minaccia comunista e, per Pinochet, forse, è giunto il momento di dare una parvenza di costituzionalità al potere militare attraverso un referendum regolare: ma le cose non vanno secondo i piani del regime. Il referendum vede vincere l'opposizione con il 54,7% dei voti e, da quel momento, il Cile comincia un percorso, tortuoso, verso la democrazia.
Il film di Pablo Lorràin racconta i giorni in cui si è svolta la campagna referendaria, portata avanti con pochi mezzi, ma con idee geniali, grazie alle intuizioni di Renè Saavedra, un giovane copywriter formatosi negli Stati Uniti. Saavedra, infatti, dice “NO!” , e con quella piccola parola lancia un messaggio: NO al ricordo continuo della atrocità del regime, NO alla cultura della paura, NO alla violenza. E questo per quanto riguarda il contenuto della campagna. Per quanto riguarda, invece, lo stile di comunicazione Saavedrà avrà un'altra intuizione felice: accosta il concetto di “democrazia” ai codici della pubblicità commerciale.
E, allora, anche Lorràin mescola il materiale di repertorio (gli spot di un quarto d'ora realizzati dalle parti politiche avverse) al racconto filmico, usando una cinepresa degli anni '80, ricreano le ambientazioni dell'epoca, lavorando sui colori per immergere lo spettatore nella cultura di allora, frivola e ammantata di ottimismo. Interessante, ad esempio, lo scarto tra i seriosi comunicati del regime incastrati tra le telenovelas e gli spot che inneggiano al progresso...
Per la distribuzione italiana al titolo originale del film è stato aggiunto il sottotitolo che recita: “I giorni dell'arcobaleno” per sottolineare la speranza nel passaggio dalla dittatura alla democrazia: ma, osservando la situazione (in Italia come in altri Paesi), il dubbio nasce spontaneo.



Intanto, sempre dal Centro e Sudamerica, giungono altre notizie, purtroppo negative: 16.000 corpi attendono di essere identificati. Ed è la stessa cifra - svelata dal sottosegretario messicano per i Diritti Umani, Lìa Lìmon – delle persone scomparse durante il genocidio perpetrato dai militari argentini tra il 1976 e il 1983.
Si tratta, oggi, dei desaparecidos della guerra ai narcos: sulle strade del Messico diversi migranti sono scomparsi o sono stati assassinati, proprio negli ultimi sei anni, da quando è cominciata la guerra alla criminalità organizzata.
Ad ottobre, è partita la “Carovana delle madri”, composta da genitori di El salvador, Honduras, Nicaragua e Guatemala che, percorrendo 14 Stati e circa 4.600 chilometri, chiedono notizie, cercano indizi. Sono aiutati, in questo loro pellegrinaggio, da enti locali, istituti di migrazione, università, sostenitori dei diritti e l'iniziativa mira a richiamare l'attenzione sul trattamento che le autorità messicane riserva agli immigrati centroamericani. Un cartello recita, infatti, la scritta: “Tutto il Messico è un cimitero di migranti”: e le madri chiedono anche l'esumazione dei corpi che si trovano nelle fosse comuni.




Sono da qualche parte, nube o tomba
cercandoci, riordinando i loro sogni,
le loro dimenticanze,
forse convalescenti
dalla loro morte privata

versi tratti da “Desaparecidos” di Mario Benedetti

venerdì 24 maggio 2013

Don Andrea Gallo: dalla parte degli emarginati



84 anni al servizio degli altri. Don Andrea Gallo è mancato dopo una lunga malattia, nella sua Genova, nella comunità di San Benedetto al Porto da lui fondata per dare accoglienza ai poveri e agli ultimi.
Scopre lavocazione a vent'anni e inizia il noviziato con i salesiani, proseguendo gli studi di Filosofia. Nel 1953 parte in missione per il Brasile, ma la dittatura lo costringe a far ritorno in Italia dove viene nominato cappellano alla nave scuola della Garaventa e, nel riformatorio per minorenni, utilizza un metodo educativo simile a quello di Don Milani, basato sulla fiducia e sulla libertà. Dal 1964 al 1970 entra nella diocesi genovese, presso la chiesa del Carmine: è un periodo storico, politico, sociale tumultuoso e le sue liturgie danno fastidio alla Curia in quanto vengono considerate “comuniste” e non abbastanza “cristiane”. Don Gallo resiste per alcuni anni, ma poi si rende conto di dover continuare la sua battaglia altrove. Nel '75 si trasferisce nella comunità di San Benedetto al Porto che, nel 1983, diventa un'associazione in difesa dei diritti umani e civili.
Da allora Don Gallo scrive molti libri e presenzia a molte manifestazioni a favore dei disoccupati, degli immigrati, degli omosessuali.
Sigaro tra le labbra, quelle labbra che pronunciavano parole di fuoco: questo era Don Gallo. Un sacerdote indomito, sempre dalla parte dell'onestà e della giustizia. Senza false ipocrisie.




giovedì 23 maggio 2013

XXI Anniversario delle stragi di Capaci e via D'Amelio: le Navi della legalità e un libro



Più di 20.000 studenti, di 800 scuole, di 13 Paesi europei sono saliti, ieri, sulle Navi della legalità, dai porti di Civitavecchia e di Napoli: sono giunti a Pelrmo per commemorare il XXI anniversario delle stragi di Capaci e via D'Amelio, che cade il 23 maggio, in cui morirono i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, Francesca Morvillo, le donne e gli uomini delle loro scorte.
Le navi della legalità” è il progetto di educazione alla Legalità promosso dal Miur e dalla Fondazione “Giovanni e Francesca Falcone”: Le nuove rotte dell'impegno. Geografia e legalità, questo il titolo scelto per il tema di quest'anno. I ragazzi hanno partecipato ad un concorso nazionale e, oggi, partecipano alla cerimonia istituzionale che si svolgerà, come di consueto, nell'Aula Bunker del carcere Ucciardone di Palermo.
Durante il viaggio sulle navi gli studenti, e i docenti accompagnatori, hanno potuto confrontarsi con importanti figure delle associazioni antimafia e dello Stato. La nave salpata da Civitavecchia ha ospitato il Presidente del Senato, Piero Grasso, il Ministro dell'Istruzione, Maria Chiara Carrozza, il presidente Rai, Anna Maria Tarantola e il Prof. Nando Dalla Chiesa. Sulla nave salpata da Napoli sono intervenuti: il sottosegretario all'Istruzione, Marco Rossi Doria, il Presidente di Libera, don Luigi Ciotti, il Commissario Straordinario Antiracket, Giancarlo Trevisone e l'imprenditore - e testimone di giustizia - Pino Masciari.
Al termine della giornata di commemorazione, tutti i partecipanti si raduneranno di fronte all'Albero Falcone, simbolo universale di Legalità, diventato bene culturale tutelato dalla Regione Sicilia e dallo Stato italiano.


Giovanni Falcone: un eroe solo. Il tuo lavoro, il nostro presente. I tuoi sogni, il nostro futuro.
Di Maria Falcone e Francesca Barra. Rizzoli


Sono nato nello stesso quartiere di olti di loro. Conosco a fondo l'anima siciliana. Da un'inflessione di voce, da una strizzatina d'occhi capisco molto di più che da lunghi discorsi”. Queste sono le parole di Giovanni Falcone, riferendosi agli uomini d'onore, che la sorella, Maria Falcone, riporta nei suoi ricordi del fratello. Del grande magistrato ricorda anche la sua passione per piccole papere che collezionava e comprava in giro per il mondo.
Un ritratto inedito e rigoroso di Falcone, quello che emerge nel libro “Giovanni Falcone: un eroe solo. Il tuo lavoro, il nostro presente. I tuoi sogni, il nostro futuro”, scritto a quattro mani da Maria Falcone e dalla giornalista Francesca Barra, edito da Rizzoli.
Perchè un eroe solo? Perchè il magistrato, durante la sua carriera, è stato attaccato da tanti per la sua coerenza; perchè molti detrattori hanno criticato il suo metodo investigativo e le tecniche di coordinamento da lui approntate per portare avanti la lotta alla criminalità organizzata; perchè la verità è scomoda, ancora oggi. Dopo il mancato tettanato nei suoi confronti all'Addaura, lo stesso Falcone disse: “ Questo è il Paese felice in cui, se ti si pone una bomba sotto casa, e la bomba per fortuna non esplode, la colpa è tua che non l'hai fatta esplodere”.
Ecco perchè Maria Falcone e Francesca Barra hanno ritenuto importante ricordare i momenti salienti della vita del magistrato, la sua avventura umana e professionale: per lasciare alle nuove generazioni l'eredità vera e profonda di un Uomo che, nonostante tutto, ha sempre avuto un amore profondo per lo Stato, un forte senso della Patria, un grande rispetto per la giustizia e per l'autorità. Ed è fondamentale che le genrazioni future (ma non solo) si confrontino ancora con modelli positivi, divenuti “eroi” loro malgrado.
Il volume è arricchito dagli interventi di Leonardo Guarnotta, che ha scritto la premessa, di Loris D'ambrosio e da Sergio Lari, autore della postfazione.






mercoledì 22 maggio 2013

Se dico rom...Indagine sulla rappresentazione dei cittadini rom e sinti nella stampa italiana

Dal giugno 2012 al marzo 2013, i volontari dell'associazione Naga (Associazione volontaria di Assisetnza Socio-Sanitaria e per i Diritti di cittadini stranieri, rom e sinti) hanno analizzato gli articoli realtivi ai cittadini rom e sinti pubblicati su nove testate giornalistiche italiane: Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, il Sole 24 ore, Il Giornale, Libero Quotidiano, La Padania, La Prealpina, Leggo, edizione di Milano.
Uno dei risultati emersi è che sia molto diffusa la pratica di inserire i rom in articoli che parlano di fatti negativi. Vengono, infatti, associati a criminalità e degrado anche i cittadini rom che compiono atti che non costituiscono reato (ad esempio, lavarsi ad una fontana) oppure che sono del tutto neutri (passare per un luogo o camminare). Ormai è sufficiente essere rom per essere qualcosa di negativo: lo stereotipo è talmente radicato che ha raggiunto un livello ontologico. Natascia Curto, una delle volontarie che ha curato la ricerca ha scritto, nel rapporto intitolato Se dico rom...Indagine sulla rappresentazione dei cittadini rom e sinti nella stampa italiana (che vede l'introduzione di federico Faloppa): “Abbiamo analizzato gli articoli per descrivere alcuni dei meccanismi attraverso i quali questo processo avviene e per capire quale sia il nesso tra rappresentazione negativa e discriminazione...Spesso queste associazioni raggiungono livelli discriminatori e vengono fatte ricorrendo a dichiarazioni riportate tra virgolette. Inoltre, un'altra modalità riscontrata nel trattamento dei rom nella stampa è quella di creare una separazione, un noi e un loro, i “cittadini” e i rom: due gruppi diversi...che non si intersecano e il cui benessere è alternativo”. O stiamo bene noi, quindi, oppure stanno bene loro.
Dall'analisi quantitativa, effettuata da Cristina Ferloni e Fanny Gerli, emerge che nel 30% degli articoli sono presenti dichiarazioni che si possono considerare discriminatorie. Hanno detto affermato le volontarie: “ La maggior frequenza di articoli che parlano di rom è riconducibile alle testate nazionali, con una significativa prevalenza per il Corriere della Sera e La Repubblica, seguiti da Libero nella sua edizione milanese. Le dichiarazioni discriminatorie analizzate rimandano in prevalenza a racconti di intolleranza sociale e discriminazione (37,2%), seguti da quelli che fanno emergere una differenziazione tra un “noi” e un “loro” (32,3%)”.
Il trattamento che la stampa fa dei rom ha l'effetto di creare, nell'opinione pubblica, un'idea negativa di queste persone, rinforzando le barriere che impediscono la piena fruizione dei diritti civili e sociali da parte dei rom. Ma la stampa, di contro, può essere anche veicolo di conoscenza e di avvicinamento. Cinzia Colombo, Presidente del Naga, ha chiesto ai singoli giornalisti, ai titolisti, alla Federazione Nazionale della Stampa e agli editori di rispettare e applicare le linee-guida per l'applicazione della Carta di Roma; di dar voce ai cittadini rom e sinti e ascoltarli come fonti; e, infine, di firmare l'appello dal titolo “I media rispettino il popolo rom”, lanciato dai giornalisti contro il razzismo.
Ogni singolo cittadino, infine, nella quotidianità, quando parla con gli amici, nei discorsi in famiglia, ha l'occasione di confermare o contrastare gli stereotipi e i pregiudizi che circolano sui rom e sinti: è importante avviare un lavoro culturale, capillare e costante.


martedì 21 maggio 2013

Festival di Letteratura di Milano in collaborazione con Associazione per i Diritti Umani: l'importanza di "fare rete"


Per la prima volta, l'Associazione per i Diritti Umani è in collaborazione con un'altra realtà culturale: il Festival di Letteratura di Milano (5-9 giugno 2013) che porta la letteratura tra la gente e a costo zero. Un Festival che, come la nostra associazione, nasce dal basso e organizza eventi a partecipazione popolare. 
 
GIOVEDI’ 6 GIUGNO 2013
ore 18.30

presso

SPAZIO LIGERA Milano
Via Padova,133 (MM Loreto, bus 56)
Milano


La neo costituita Associazione per i Diritti Umani presenta il suo primo evento in collaborazione con il Festival della Letteratura di Milano (5-9 giugno 2013 a Milano) dal titolo: Rete scuole senza permesso: accoglienza, uguaglianza e giustizia sociale”
Aprirà gli interventi Alessandra Montesanto, Vicepresidente dell'Associazione per i Diritti Umani che farà una breve presentazione del Festival di Letteratura e delle attività dell'associazione; seguirà un'introduzione a cura di Fabio Mantegazza, uno dei fondatori della Rete Scuole Senza Permesso; proiezione del video IO SONO a cura della Scuola Popolare di Italiano per Stranieri di Rogoredo; approfondimento sempre con Fabio Mantegazza sulle attività della Rete.


Seguirà un reading spettacolo con musica

Anche se manca l’aria” , a cura dei Cani di Trifola. Battista Oprandi, Dario Durizzi, Giovanni Barcella. Alberto Zanini chitarra. Andrea Martinella contrabbasso. Massimo Signori percussioni. Battista Oprandi chitarra e voce. Øyvind Svendsen Corno, melodica e Tromba.
“Anche se manca l’aria” è un canzoniere civile che rivendica la propria autenticità (“lo spaccio musica e non mi importa degli ascolti telecomandati da sirene radiofoniche … “)


RETE SCUOLE SENZA PERMESSO: è il nome che ha voluto darsi una rete di scuole di italiano per immigrati milanesi, nata nella primavera 2005, per dichiarare la propria identificazione con i senza diritti. Le scuole aderenti, pur diverse fra loro, condividono la quotidiana esperienza a diretto contatto con gli immigrati di cui vengono a conoscere le motivazioni all’emigrazione, le condizioni abitative, di lavoro e i progetti di vita, grazie a una relazione di scambievole crescita umana, culturale e politica.




Per il programma e il calendario del Festival di Letteratura di Milano: www.festivaletteraturamilano.it

Tunisia nel caos, Amina Tyler arrestata


Da due giorni la Tunisia è tornata nel caos: duri confronti tra la Polizia e i salafiti.
E' stato arrestato il portavoce del gruppo salafita, Sefeddine Rais, che - durante alcune sue partecipazioni a trasmissioni radio e televisive in merito al raduno nazionale che il gruppo Ansar al Sharia doveva tenere a Kairouan, ma che poi è stato vietato dal Ministero dell'Interno - aveva fatto dichiarazioni molto violente contro lo Stato e le forze di sicurezza. Secondo una fonte citata da Radio Shems, Rais aveva anche incitato ad uccidere poliziotti e giornalisti; il sindacato giornalisti tunisini ha, quindi, invitato i cronisti che si trovano a Kairouan ad indossare pettorine con la scritta “Press”, a muoversi in gruppo e, in caso di problemi, a chiedere aiuto alla Polizia.
A Kairouan è stata arrestata anche l'attivista del movimento “Femen”, Amina Tyler.
Amina aveva raccontato di essere stata “sequestrata” da alcuni parenti dopo la pubblicazione delle sue fotografie di protesta in topless su Facebook: poi è ritornata in pubblico - con capelli biondi e corti - per recarsi in piazza con l'intenzione di “affrontare i salafiti”. Come riferisce il sito Tunisie Numerique, la ragazza si era denudata davanti alla moschea Okba Ibn Nafaa in cui erano arressagliati numerosi salafiti, per sfidarli. Alcuni abitanti della città hanno voluto denunciare l'attivista che, insieme ad altre giovani donne del movimento, si mostra a seno nudo e scrive sul corpo frasi ad effetto per lottare contro il turismo sessuale, il sessismo e le discriminazioni sociali. 

 

lunedì 20 maggio 2013

Festival del Cinema africano, d'Asia e America latina: i film vincitori

Dal film "O mon corps!"

Venerdì 10 maggio si è conclusa, a Milano, l'ultima edizione del Festival del cinema africano, d'Asia e America latina che - attraverso le mostre fotografiche, le installazioni artistiche, i dibattiti e, in particolare, il programma dei film - ha portato nel capoluogo lombardo informazioni, notizie e approfondimenti sull'attualità geopolitica, sulla Storia contemporanea e sulla nostra realtà quotidiana.
Il concorso lungometraggi “Finestre sul mondo” è stato vinto dal regista pechinese Peng Tao con il suo The cremator: La Cina narrata non è la potenza industriale che conosciamo in Occidente né il Paese lacerato dalle contraddizioni economiche e sociali, ma è la Cina rurale, in cui sopravvivono antiche tradizioni e forte umanità.
Cao è il protagonista del racconto: vive in un villaggio e lavora in un impianto di cremazione. Secondo la tradizione, la cremazione è riservata solamente ai corpi non riconosciuti e gli uomini che muoiono prima di sposarsi hanno diritto a una “sposa fantasma”, una donna nubile, che li accompagni nel loro viaggio nell'aldilà. Cao non è più giovane ed è malato: decide, quindi, di prendere in moglie una “sposa fantasma”, ma la sua non è necrofilia, è espressione di una profonda solitudine e di una capacità di amare incondizionatamente. L'arrivo della sorella della defunta, cambierà il destino di Cao e lo riconcilierà con la vita. Un film delicato e poetico; una storia raccontata con i ritmi lenti dei gesti e degli sguardi, avvolta da un silenzio pieno di significato per descrivere la solitudine e il bisogno di affetto di anime sensibili.
Si parla di solitudine e di straniamento anche in Coming forth by day, ambientato a Il Cairo e vincitore come Miglior film africano. Soad vive con i genitori: la madre lavora in un ospedale e, al rientro a casa, non ha altre energie da spendere e il padre è un infermo, costretto a letto. Soad si prende cura di loro e della casa: la cinepresa segue i suoi movimenti, la sua frustrazione, ma anche la sua tenerezza. Solo di sera Soad si concede di uscire dall'appartamento e di vagare nella notte, ma oramai, è la sua ombra a camminare. Al suo debutto cinematografico, Hala Lofty riesce a rendere sullo schermo anche l'odore della vecchiaia e della malattia, mentre il caos della grande città - con i suoi cambiamenti - rimane fuori, trapelando solo dalle persiane socchiuse. La regia e la fotografia restituiscono un bel gioco di chiaro-scuro, di interno ed esterno per parlare di vita privata e vita sociale, di chi fa la rivoluzione pensando al Futuro e di chi sopravvive quotidinamanente, arrancando nel Presente.
Sempre in Nord Africa, ad Algeri, lavorano il coreografo Abou Lagraa e sua moglie, la ballerina Nawal Lagraa: il loro sogno è quello di riunire le culture del Mediterraneo in una grande accademia di danza contemporanea. Per la performance di apertura, che si terrà al Teatro Nazionale, i due artisti scelgono dieci ballerini di strada non professionisti. Il film, intitolato Ô MON CORPS! di Laurent Aït Benalla e vincitore del concorso documentari, registra le emozioni, le paure, le aspettative dei ragazzi e lo sviluppo del progetto culturale. Un mosaico di personalità che testimonia l'Algeria di oggi e l'importanza dell'Arte nel rinnovamento del Paese.
Damola Adelaja, dopo aver conseguito un master in Giornalismo televisivo, è ora scrittore, produttore e regista cinematografico: con il suo primo lavoro, da lui diretto e intepretato, Fela-Sidy, ha ottenuto il primo premio nella competizione cortometraggi, raccontando la storia di un uomo chiuso nel suo appartamento di lusso, mentre le notizie drammatiche dei violenti scioperi che infiammano la Nigeria gli arrivano o in sogno oppure attraverso i mass-media. Ascoltando le note e le parole delle canzoni di Fela Kuti, l'uomo ritroverà il senso di appartenenza al suo popolo.
I film vincitori confermano le parole scritte nel catalogo della manifestazione dall'Assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno: “ E' tempo di comprendere che la nostra identità non può che essere valorizzata dalla conoscenza di altre realtà e di altri popoli, tradizioni, modi di vivere, per essere cittadini partecipanti di una società sempre più globalizzata e di un Presente così complesso e in cambiamento”.

Damola Adelaja
Dal film "The cremator"

sabato 18 maggio 2013

Primo incontro dell'associazione per i Diritti umani


 Vogliamo ringraziare ancora di cuore i relatori, Spazio Tadini, il pubblico che ha permesso la riuscita del nostro primo incontro pubblico sul tema dei richiedenti asilo in Italia, in particolare sul progetto "Emergenza Nord Africa" che è stato illustrato attraverso le parole di Monica Macchi e il documentario intitolato "Il rifugio" di Luca Cusani e Francesco Cannito.
L'associazione per i Diritti Umani  collabora anche con altre realtà culturali e, in questa occasione, ha voluto dare spazio anche alla Rete Scuole Senza Permesso; Marta Sghirinzetti, insegnante volontaria, ha esposto le attività e gli obiettivi della Rete.
Ma le foto di Stefano Masciovecchio, anche autore del nostro logo, raccontano meglio dell'incontro che si è tenuto giovedì scorso, 16 maggio 2013. 






Uno sguardo sull'apartheid: le fotografie di Pino Ninfa

Dal 2 al 15 maggio è stata allestita, nel foyer dello Spazio Oberdan a Milano, la mostra Round about township del fotografo Pino Ninfa, promossa dalla Provincia. Luoghi storici e periferie urbane delle due grandi città del Sudafrica: Città del Capo e Johannesburg. Qui esiste ancora l'apartheid, ma si possono trovare anche segni di grande solidarietà e di dignità profonda.
Pino Ninfa ha tenuto anche un workshop con i ragazzi che vivono nelle township e le immagini sono state raccolte in pannelli che hanno arricchito l'esposizione milanese.


Riportamo le parole del fotografo e alcune sue immagini

 
 In che forme è ancora presente l'apartheid in Sudafrica?

L’apatheid è presente in molte forme.
In quelle zone bianche del Sudafrica che non hanno accettato la fine dell’apartheid e anche una apartheid al contrario dove i neri, che hanno una posizione di un certo rilievo (nella polizia per esempio), la esercitano con una certa discriminazione verso i bianchi.
Io ho vissuto un esperienza di questo genere: sono stato fermato con tentativo di arresto solo perchè fotografavo un cartello in prossimità di una stazione.
Non c'era nessun divieto,ma anche se vi fosse stato i modi e i metodo usati erano quelli di chi vuol fare pagare a qualcuno per i torti subiti in passato o per il colore della pelle.Per fortuna non tutti la pensano così.


Com'è stata la sua esperienza con i ragazzi che vivono nelle township? Ci può raccontare la storia di qualcuno di loro?

Nascono tutti in condizioni di estrema povertà.
Cercano di fare tanti piccoli lavoretti per vivere, un po' come dappertutto: scaricano, portano in giro volantini, e in rari casi, fanno i commessi. Pochi vanno a scuola.
Edward, però, che ha frequentato il corso che ho tenuto con loro, ha cercato col tempo di di mettere via i soldi per acquistare una macchina fotografica e per cercare di realizzare il suo sogno: quello di diventare fotografo. Adesso inizia a girare e a proporsi.

Quali interventi sarebbero necessari per migliorare le condizioni della loro vita?

Innanzitutto una ridistribuzione delle ricchezze.
Inoltre, bisogna avere senso civile per dare un aiuto concreto, cercando di capire bene con chi si ha che fare (le persone da aiutare),studiandone le abitudini, i bisogni, e i motivi della loro emarginazione.
Di solito le township sono abitate da persone che arrivano da fuori, senza reddito,senza nulla,quindi per migliorare le loro condizioni di vita basta qualsiasi cosa, a cominciare dalle priorità: il cibo e il lavoro. Bisogna, in questo caso, anche insegnare loro il modo di potersi proporre quando si va alla ricerca di lavoro o si vuole mostrare la propria competenza.

La fotografia, oggi, riesce a coniugare l'aspetto poetico con la documentazione della realtà?

Secondo me sì. Per quanto mi riguarda una fotografia che non riesce a toccare anche i ritmi del cuore e della poesia, manca di una parte importante.
Documentare la realtà è anche raccontarla e un racconto senza poesia molto spesso perde subito di interesse.

Quanto, il suo lavoro, è ispirato all'arte pittorica?

Sono un appassionato di arte in genere. La pittura per me è stato uno strumento importante per avvicinarmi in profondità alle cose della vita. Che sia la luce, il ritratto,la forma in genere. Con l’arte si incontra spesso il lato nascosto delle cose e lo si esplora.
La pittura mi ha fornito questa possibilità. 






 

venerdì 17 maggio 2013

Assistenza sanitaria ai conviventi dello stesso sesso



Per cinque anni, nella scorsa legislatura, Anna Paola Concia aveva provato a far passare il provvedimento per la concessione dell'assistenza sanitaria ai conviventi dei deputati dello stesso genere: ma non ci era riuscita.
Ora, invece, l'Ufficio di presidenza della Camera ha stabilito come, con il pagamento di una somma pattuita, l'assistenza sanitaria integrativa debbe essere riconosciuta anche ai parlamentari che convivono con persone del medesimo sesso: tale disposizione è già vigente per i deputati e i senatori eterosessuali che convivono o che sono legati dal vincolo del matrimonio, ma il fatto che sia stato esteso anche alle coppie omosessuali è un piccolo, ma importante passo avanti nel riconoscimento delle coppie di fatto.
Ivan Scalfarotto, esponente del Pd, ha affermato: “ Può sembrare un semplice atto amministrativo e invece ha una valenza universale, ora è giusto riconoscere gli stessi diritti a tutti i cittadini, che non vanno riconosciuti solo ai parlamentari, ma a tutti gli italiani. Se si riconosce una famiglia more uxorio questa deve essere sia omosessuale che eterosessuale, come riconosciuto anche da sentenza della Corte di Cassazione e della Corte costituzionale”. A fronte di queste parole, la Lega ha votato contro il provvedimento e il Movimento 5 Stelle si è astenuto.
Il dibattito sulle coppie omosessuali, in italia, è ancora lungo e sarà, sicuramente, ancora faticoso, ma la decisione dell'Ufficio presidenza della Camera segna un goal a favore della lotta alla discriminazione.





giovedì 16 maggio 2013

Due donne, due ministri: Cecile Kyenge e Josefa Idem



Torna in Congo”, queste le parole scritte su uno striscione, davanti alla sede del Pd, con cui Forza Nuova ha attaccato il Ministro dell'integrazione, inviando poi un comunicato sempre contro “il ministro della (dis)integrazione che si è vantata di essere entrata clandestinamente in Italia, elogiando la poligamia”.
Cecile Kyenge ha affermato che sarà la società civile a rispondere a queste provcazioni e, intanto, ha rilanciato l'ipotesi di uno ius soli temperato. Ci sono diversi tipi di cittadinanza, ha precisato: lo ius soli puro esiste solo negli Stati Uniti. Secondo il diritto alla cittadinaza temperato, chi nasce in italia è italiano, ma a certe condizioni - come, ad esempio, la residenza regolare dei genitori per un certo numero di anni - perchè ha continuato Cecile Kyenge: “Bisogna cominciare a dare degli strumenti a giovani che un giorno saranno i dirigenti di questo Paese”.
A proposito delle esternazioni razziste da parte di alcuni estremisti di destra, Cecile Kyenge ha avuto la solidarietà di Josefa Idem, Ministro delle Pari Opportunità e dello Sport che ha annunciato di voler contrastare la violenza nei confronti delle donne attraverso l'istituzione di una task force dei ministri e di un osservatorio sul fenomeno: “La cosa straordinaria è che già arrivano le prime proposte. Come il braccialetto elettronico suggerito dal ministro Cancellieri. E' un'idea da valutare tra i sistemi per tenere lontani gli aggressori. Che sono seriali, ripetono negli anni laviolenza: il 40% delle donne ammazzate, prima aveva infatti subito stalking”, ha detto Josefa Idem e ha concluso, sull'argomento, affermando: “Non credo che l'inasprimento delle pene serva a diminuire i reati, ci vuole più controllo su pubblicità e televisione”.
Il Ministro per le Pari Opportunità ha anche esposto il suo disegno di legge riguardo alle unioni civili: un provvedimento a favore delle coppie omosessuali. “Non è importante se uno ha scelto di condividere la vita con una donna o un uomo, se una persona è gay, lesbica o eterosessuale. La cosa fondamentale è che tutti i cittadini devono avere gli stessi diritti, senza distinzione di sesso”. E ha affermato, inoltre: “ Non è importante come le chiami, ma i diritti che dai. E questi devono essere uguali per tutti i cittadini...Perchè è ingiusto non poter stare accanto a chi ami se è malato perchè lo Stato ti considera un semplice conoscente. Non devono esistere cittadini o coppie di serie B”.

mercoledì 15 maggio 2013

The CUT – Lo strappo: contro le mutilazioni femminili




12 maggio a Genova, 22 maggio a Senigallia, 23 maggio ad Ancona: questi sono alcuni degli appuntamenti in cui si può assistere all'incontro-performance contro le mutilazioni femminili dal titolo The cut – Lo strappo.
Il progetto nasce come spettacolo tra teatro e poesia nell'ambito del Gugu Women Lab, un collettivo nato a Cape Town con l'intento di coinvolgere donne di culture ed esperienze diverse in un percorso di scrittura creativa e interculturale, sul ruolo dell'Arte e della letteratura nella promozione dei diritti umani e civili di ciascuno e in ogni parte del mondo.
Il collettivo ha lavorato per quasi un anno, confrontandosi sulle responsabilità civiche dell'individuo in funzione di una società capace di includere tutti, indiepndentemente dalle frizioni che possono svilupparsi dalla convivenza di persone di diversa provenienza. Durante il laboratorio sono stati realizzati schizzi letterari, poesie e due testi teatrali. Uno di questi ha come tema centrale le mutilazioni genitali femminili, una pratica ancora molto utilizzata in diversi Paesi del mondo e che, ogni anno, viene inferta sul corpo di circa 135 milioni di donne; questo tema ha prevalso su altri perchè alcune donne del collettivo avevano subito mutilazioni, donne provenienti dall'Etiopia, dalla Somalia, dal Senegal, dal Mali, dal Kenya e dall'Egitto.
Durante l'incontro l'autrice, Valentina Acava Mmaka, parlerà delle complesse dinamiche della migrazione, mentre il monologo nasce dall' esperienza di alcune donne, vittime di mutilazione genitale. Il testo propone un linguaggio poetico capace di trasmettere la sofferenza, ma al tempo stesso, di tradurre la privazione in un percorso formativo di consapevolezza: la donna mutilata/violata incontra la scrittura e riconosce alla parola un potere salvifico perchè, tessendo un racconto, ricuce lo strappo e recupera la propria identità femminile.

martedì 14 maggio 2013

I colpi di piccone a Milano


Cinque persone: due morti e tre feriti. Questo il bilancio dell'aggressione avvenuta pochi giorni fa nella zona di Niguarda, a Milano.
Un uomo, armato di piccone, all'alba si è scagliato su cinque persone, un giovane di 21 anni e altri quattro più adulti: l'aggressore è un extracomunitario, Mada Kabobo, proveniente dal Ghana.
Kabobo, trentun anni, era giunto in Italia, da irregolare, nel 2011; sbarcato probabilmente sulle coste pugliesi, ha fatto richiesta di asilo politico, riuscendo ad ottenerla per un breve perdiodo durante il quale, però, è stato segnalato per reati contro il patrimonio, violenza e resistenza a pubblico ufficiale. Allo scadere del permesso di soggiorno, la commissione ha respinto la nuova domanda di asilo politico. Non è stato espulso dall'Italia a causa delle sue pendenze penali.
La follia omicida di Kabobo ha fatto esplodere la polemica politica.
Matteo Salvini, segretario della Lega, ha commentato l'accaduto dicendo: “ I clandestini che il ministro di colore vuole regolarizzare, ammazzano a picconate: Cecile Kyenge rischia di sitigare alla violenza nel momento in cui dice che la clandestinità non è reato, istiga a delinquere. Questo è un caso drammatico, il gesto di un folle. Ma non va trascurato il fatto che sia stato commesso da un clandestino che non avrebbe dovuto essere qua, avrebbe dovuto essere espulso. Altro che abolizione del reato di clandestinità, ci sono già migliaia di gazebo pronti: seppelliremo il Ministro Kuenge con migliaia di firme”.
Le repliche alle parole di Salvini sono state quelle di Nichi Vendola e del deputato del Partito Democratico e Presidente del forum Sicurezza e Difesa, Emanuele Fiano. Vendola ha affermato: “ C'è chi ha accusato cecile Kyenge di essere oggettivamente responsabile della violenza stamani a Milano. Siamo agli archetipi di stupidaggine e cattiveria, gli ingredienti di quella miscela chiamata razzismo”. E Fiano ha aggiunto: “ La politica di queste ore ha il dovere di non fomentare ulteriore violenza anche verbale. L'accusa di istigazione a delinquere, scagliata da Matteo Salvini contro il Ministro Cecile Kyenge per il terribile omicidio, è un'accusa vergognosa che respingiamo al mittente, proferita da chi ha gevernato questo Paese, la Regione Lombardia e la città di Milano per anni e anni senza risolvere mai nessuno dei grandi problemi connessi al tema dell'immigrazione”.
Kabobo ha ripetuto ai carabinieri, in un primo momento, di non avere fissa dimora, di non dormire mai e di avere fame e poi di sentire “delle voci”.

lunedì 13 maggio 2013

Una ragazza americana e la pace in Medioriente


Aveva ventitre anni, Rachel Carrie. Era una ragazza come tante altre: problematica, idealista, diretta, gran fumatrice. Un giorno decide di lasciare la sua città, Olympia nello Stato di Washington, per andare a lavorare a Rafa, sulla striscia di Gaza, come membro dell'International Solidarity Movement.
Il 16 marzo 2003 Rachel fa scudo con il proprio corpo per impedire la demolizione di una casa palestinese e viene schiacciata da un bulldozer dell'esercito israeliano. Il suo sacrificio è diventato simbolo di una pace ancora lontana.
Dal 14 al 16 maggio 2013, presso il Teatro Sala Fontana di Milano, verrà messo in scena lo spettacolo dal titolo Mi chiamo Rachel Carrie, per la regia di Alessandro Fabrizi e Cristina Crippa, qui anche attrice protagonista.
Il palco è spoglio: dal graticcio scendono pietre sospese, come subito dopo una deflagrazione. Gli oggetti appartenuti a Rachel - il computer, il diario, lo zaino - parlano di lei: della sua infanzia di bambina qualunque, della sua adolescenza vissuta con uno sguardo attento e critico sulla realtà, della scuola, dei primi amori e poi della scelta dell'impegno civile.
Cristina Pina recita con semplicità, ma - con lo scorrere delle parole tratte dagli scritti di Rachel - la forma teatrale lascia il posto all'emozione del contenuto. Il climax si fa ascendente fino a quando la donna spiana sul paviento una grande mappa geografica, ci si accovaccia sopra, la calpesta e piange. Ma lo strumento più importante per parlare della vicenda della ragazza americana e del conflitto israelo-palestinese è quello della parola. Restano come ferite aperte, come testimonianza e colpi al cuore gli scritti di Rachel (curati per lo spettcolo da Alan Rickman e Katharine Viner): le frasi sui suoi diari, le mail che mandava alla famiglia, gli appunti, le lettere. Tutto questo compone il monologo che si fa sfogo e riflessione e che insegna il coraggio della consapevolezza.



Rachel Corrie