giovedì 31 luglio 2014

Tavecchio e il razzismo anche nello sport




La segreteria dell'On. Khalid Chaouki ci ha invitati a firmare per la seguente petizione su Change.org e noi, dell'Associazione per i Diritti Umani, lo abbiamo fatto. Per favore, sosteniamola tutti insieme.

   



Crediamo che la frase pronunciata dal candidato alla presidenza della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) Carlo Tavecchio:"Qui fanno i titolari quelli che prima mangiavano le banane", sia una frase razzista e di una gravità inaudita, soprattutto se pronunciata da un personaggio pubblico che ha l'ambizione di guidare il calcio italiano.
Lo sport italiano e il calcio in particolare, da anni si trovano di fronte all'offensiva di una minoranza che continua a ostentare slogan e insulti razzisti. Nello stesso tempo va riconosciuto l'impegno delle massime Autorità sportive nazionali e internazionali in una lotta senza quartiere a questa pericolosa deriva attraverso campagne di sensibilizzazione e provvedimenti disciplinari molto severi nei confronti di sportivi e tifoserie che continuano a macchiarsi di gesti e parole razziste.
Dopo tanto impegno per isolare questi fenomeni, non possiamo accettare che il signor Carlo Tavecchio possa rappresentare il calcio italiano e crediamo che il miglior modo per scusarsi dopo questa frase vergognosa, che offende milioni di italiani e "nuovi italiani", sia quello di ritirare la propria candidatura alla presidenza della FIGC.

Michel Platini, Presidente della UEFA
Sepp Blatter, Presidente della FIFA
Govanni Malagò, Presidente del CONI


Tavecchio can't represent italian football

Carlo Tavecchio is the candidate for President of the Italian Football Federation (FIGC). He stated that "We have decision makers that before used to eat bananas", a racist statement, especially serious if pronounced by a public figure who has the ambition to lead the Italian football.
Italian sport and football in particular, are facing the offensive...
Tavecchio can't represent italian football
Carlo Tavecchio is the candidate for President of the Italian Football Federation (FIGC). He stated that "We have decision makers that before used to eat bananas", a racist statement, especially serious if pronounced by a public figure who has the ambition to lead the Italian football.
Italian sport and football in particular, are facing the offensive of a minority that keeps showing racist behaviours. At the same time it must be acknowledged the commitment of the highest authorities in national and international spors for fighting this dangerous drift through awareness campaigns and strict disciplinary actions against athletes and fans that supports racist gestures and words.
After so much effort to isolate those phenomenas, we can not accept that Mr. Carlo Tavecchio may represent Italian football and we believe that the best way to apologize after this shameful sentence, which offends millions of Italians and "new Italians", is to withdraw his candidacy for the presidency of the FIGC.

Tavecchio non può rappresentare il calcio italiano

Crediamo che la frase pronunciata dal candidato alla presidenza della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) Carlo Tavecchio: "Qui fanno i titolari quelli che prima mangiavano le banane", sia una frase razzista e di una gravità inaudita, soprattutto se pronunciata da un personaggio pubblico che ha l'ambizione di guidare il calcio italiano.
Lo sport italiano e il calcio in particolare, da anni si trovano di fronte all'offensiva di una minoranza che continua a ostentare slogan e insulti razzisti. Nello stesso tempo va riconosciuto l'impegno delle massime Autorità sportive nazionali e internazionali in una lotta senza quartiere a questa pericolosa deriva attraverso campagne di sensibilizzazione e provvedimenti disciplinari molto severi nei confronti di sportivi e tifoserie che continuano a macchiarsi di gesti e parole razziste.
Dopo tanto impegno per isolare questi fenomeni, non possiamo accettare che il signor Carlo Tavecchio possa rappresentare il calcio italiano e crediamo che il miglior modo per scusarsi dopo questa frase vergognosa, che offende milioni di italiani e "nuovi italiani", sia quello di ritirare la propria candidatura alla presidenza della FIGC.


mercoledì 30 luglio 2014

Milano come Lampedusa?



Cari lettori abbiamo intervistato per voi Pierfrancesco Majorino - Assessore alle Politiche sociali presso il Comune di Milano - e Caterina Sarfatti - funzionario del settore Affari Internazionali - autori del dossier Milano, come Lampedusa?. Dossier sull'emergenza siriana (Novecento Editore).


Ringraziamo molto il Dott. Majorino e la Dott.ssa Sarfatti per il tempo che ci hanno dedicato.


 

Quante sono ad oggi, in percentuale, le persone che hanno richiesto asilo a Milano e quante sono riuscite a trovare una sistemazione? Qual è la percentuale tra uomini, donne e bambini?

 

Majorino: Stiamo parlando di dati complessi, comunque l'impressione che abbiamo è che stiamo parlando dello 0,1%, cioè 13-14 persone su 14500 che si fermano qui. Tutti se ne vogliono andare. In prospettiva la percentuale potrebbe modificarsi leggermente se si intensificasse la presenza degli eritrei. A differenza dei siriani - che se ne vogliono andare via tutti - gli eritrei potrebbero richiedere l'asilo qui, ma queste sono nostre supposizioni.

Per quello che riguarda la composizione di genere e generazionale, le cose cambiano molto tra siriani ed eritrei: i siriani hanno circa il 36% composto da bambini e ragazzini, gli eritrei invece sono in grande maggioranza maschi e non ci sono minori.


Dott.ssa Sarfatti, nel libro si è occupata della parte normativa: ci può spiegare, da questo punto di vista, come Milano può dare accoglienza?

 

Sarfatti: Milano può fare quello che sta facendo perchè, essendo una realtà locale, dal punto di vista normativo, purtroppo, può fare poco: in questo momento stiamo registrando in modo totalmente informale le persone, ma questa registrazione non ha alcun tipo di valore legale perchè la gestione dei flussi è del Paese ospitante o di transito, fin quando l'immigrazione è di competenza nazionale.

Una delle proposte che noi avanziamo nel gestire Milano come Lampedusa è quella di riconoscere alle città europee un ruolo che loro già esercitano de facto nell'accoglienza, ma anche nella gestione dei flussi perchè ormai le grandi metropoli sono punti nodali per il passaggio dei migranti e per l'integrazione.

Come città abbiamo richiesto di procedere a delle ipotesi normative che possano dare protezione a queste persone: l'idea più forte è la direttiva n. 55 del 2001 dell'UE che, se fosse applicata (cosa mai successa), potrebbe dare protezione immediata e temporanea ai profughi provenienti dalla Siria in tutti i 28 Paesi Membri. Oppure, come ultima spiaggia, potrebbe esserci l'applicazione dell'articolo 20 del Testo Unico: è un dispositivo nazionale che potrebbe dare protezione legale e rendere regolari queste persone per 6 mesi rinnovabili tramite un permesso temporaneo. Il governo italiano lo aveva applicato nel 2011 nel caso dei cittadini provenienti dalla Tunisia e aveva avuto una serie di complicanze a livello politico europeo, ma almeno era servito a proteggerli.



Che cosa si potrebbe fare di più e cosa possiamo fare noi cittadini milanesi?

 

Majorino: Per quello che riguarda l'azione dei cittadini, quello che si può fare concretamente è sostenere il percorso di accoglienza, partecipando da volontari, portando vestiti o materiale igienico-sanitario oppure, banalmente, parlarne.

Questo flusso di migranti in transito definisce una nuova categoria nelle politiche riguardanti la migrazione, una categoria che è stata rimossa perchè l'Europa e l'Italia si sono concentrate sulla problematica dell'arrivo e dell'accoglienza stabile e strutturale o del respingimento. Noi oggi, invece, stiamo intercettando una tipologia inedita che deriva dal fatto che la migrazione non è influenzata - come si dice spesso - da quel che succede “al di là” del Mediterraneo, ma da quello che succede “al di qua”: cioè, i Paesi in crisi della vecchia Europa non sono più attrattivi per i migranti, ma dai Paesi in crisi i migranti devono passare. Questo svela l'inappropriatezza delle norme e delle regole che accompagnano i processi di regolarizzazione e integrazione in Europa e,quindi, chiama anche la necessità di azioni differenti oppure chiama il fatto che le poche norme esistenti e utili vengano effettivamente utilizzate.

I cittadini possono parlare di tutto questo e togliere dal cono d'ombra i profughi in transito dai nostri Paesi che rischiano - proprio perchè l'invisibilità si accompagna con l'assenza di scelte politiche - di non essere accompagnati nel loro itinerario di speranza.

 

Sarfatti: C'è un principio normativo che verrebbe incontro alla situazione che descriveva Pierfrancesco e che è stato proposto dall'Italia all'ultimo Consiglio europeo del giugno scorso, ma che non è stato accettato: si tratta del principio del “mutuo riconoscimento”, quello per cui se io vengo riconosciuto come rifugiato in uno dei Paesi Membri, ho lo stesso identico trattamento in tutti gli altri Paesi Membri. Invece oggi succede che, se vengo riconosciuto come rifugiato, posso transitare regolarmente e fare il turista, ma non sono riconosciuto come cittadino comunitario: non posso lavorare, accedere al sistema sanitario, etc.



Nel dossier sono raccolte molte voci: potete anticiparci, ad esempio, quella di Titty Cherasien o di Christopher Hein?

 

Sarfatti: Titty Cherasien racconta del suo legame emotivo, oltre che biografico, con la Siria e con i luoghi da cui proviene parte della sua famiglia. Christopher Hein, come Direttore del Consiglio italiano per i Rifugiati, fa un ragionamento più complessivo su quali siano i problemi e le sfide dell'asilo e dell'accoglienza in Italia.

 

Come verranno utilizzati i proventi del libro?


Majorino: Per l'acquisto di materiale igienico-sanitario da destinare soprattutto ai bambini.

E' stata una decisione dell'editore e noi, come autori, l'abbiamo accettata.






martedì 29 luglio 2014

Una preghiera per Padre Dall'Oglio


      
Questa comunicazione ci è arrivata direttamente da Mar Musa, la comunità cattolica di rito siriaco, sita nei pressi della cittadina di al – Nabk, a circa 80 kilometri a nord di Damasco in Siria, dove ha operato Padre Paolo Dall'Oglio fino al giorno del suo rapimento più di un anno fa.
Ci affianchiamo alla preghiera per Paolo Dall'Oglio e alla richiesta di notizie da parte della sua famiglia.                
 




ROME
We haven’t had any news of Fr. Paolo Dall’Oglio SJ since 29 July 2013.

The Gospel proposes a logic of hope. The logic of the Kingdom of God is the logic of love in everything and in spite of everything. Anything that proceeds from that logic is our hope, stronger than death, already a participation to the eternal Kingdom.”
(Fr. Paolo in 2011)

Confident in the efficacy of prayer, we invite you to pray with us for Paolo, for Syria, Iraq and the situation in the Middle East.
On 29 July 2014, a mass will be celebrated in Rome at 18:30 in the church of S. Giuseppe, via Francesco Redi 1 (via Nomentana).

Le 29 juillet prochain, cela fera un an que notre ami, notre frère, le Père Paolo Dall’Oglio a été enlevé en Syrie. Ses mots, sa voix, son regard nous accompagnent au quotidien. Nous le l’oublions pas ainsi que les tous les syriens. Merci de faire connaître ces initiatives autour de vous.
On 29.7.2014, one year will have passed since the abduction in Syria of our brother and friend Fr. Paolo Dall’Oglio. His words, his voice, his eyes accompany us in our daily life. We do not forget him and all Syrians. Thank you for letting these initiatives be known around you.


PARIS, Messe pour le Père Paolo Dall’Oglio sj et les détenus de Syrie, Eglise Saint-Ignace, 33 rue de Sèvres 75006 Paris : https://www.facebook.com/events/836367919706600/

GRENOBLE
Messe des jeunes dimanche 27 juillet avec P. Lagadec avec intention de messe «pour Paolo, les personnes réfugiées et déplacées, les Justes qui continuent à témoigner du respect interreligieux dans les pires circonstances ». P. Lagadec a été à Mar Moussa il y a 8 ans avec un groupe de jeunes de l’Isère.

BRUXELLES, Rassemblement de solidarité avec le Père Paolo et les détenus de Syrie: https://www.facebook.com/events/848667431812352/
"Rassemblement de solidarité, silencieux et apolitique.
Ce 29 juillet, à l'occasion du premier anniversaire de l'enlèvement du Père Paolo Dall'Oglio en Syrie, nous nous rassemblerons en silence, pour exprimer nos pensées envers lui et tous les autres détenus de Syrie.
Notre rassemblement se veut un geste pour la paix et la liberté, en Syrie et dans la région.

Chacun peut venir avec une bougie, un portrait du Père Paolo ou d'autres détenus. Pas de bannières, pas de drapeaux, pas de slogans politiques.
Bienvenue à chacun."

BEIRUT
18h45 messe à l’intention du père Paolo à l’Eglise Saint-Joseph des Jésuites (Ashrafieh), suivie d’une rupture de jeûne et vigile de prière à partir de 19h30 sur le parvis de l’église.

BERLIN
Berlin: 19h00 prière islamo-chrétienne pour Paolo et la Syrie à l’Eglise Saint-Thomas d’Aquin de l’Académie catholique (Katholische Akademie in Berlin, Hannoversche Str. 5, 10115 Berlin).


Un romanzo al femminile, tra Italia e Tunisia





La casa editrice Asino d'oro è una delle nostre preferite perchè pubblica, la maggior parte delle volte, libri di qualità: romanzi avvincenti, profondi, ambientati in varie zone del mondo che fanno riflettere sull'attualità.

E' il caso del testo che vi consigliamo oggi, intitolato Sul corno del rinoceronte, vincitore del premio Costadamalfi 2014, di Francesca Bellino.

Ambientato tra Italia e Tunisia, il racconto narra di due donne, Mary e Meriem, stessa radice del loro nome...Sullo sfondo della vicenda che lega le due amiche, un Paese in trasformazione, prima e dopo la cacciata di Ben Ali; le speranze del post-rivoluzione; la ricerca di una nuova identità. E poi ancora: il tema delle migrazioni e quello, universale, dell'amore.



Abbiamo rivolto alcune domande a Francesca Bellino che ringraziamo.



Come e quando è nata la trama del romanzo?

 

L’idea di scrivere un romanzo è nata 5 anni durante due mesi trascorsi Tunisia. Ho cominciato a sentire dentro di me il formarsi di due voci che poi sono diventate le voci delle protagoniste, Mary e Meriem. Avevano tante cose da dire e questo è stato il mio punto di partenza. Poi nel 2011 si è aggiunto il contesto storico della rivoluzione che ha portato alla cacciata del dittatore Ben Ali, che si è poggiato benissimo sotto parte della storia che racconta due grandi “rivoluzioni” interiori. Per me sono le rivoluzioni personali a cambiare la Storia e a portare all’esplosione di quelle collettive, di piazza, a cui abbiamo assistito anche in Tunisia.



Mary e Meriem: due nomi con la stessa radice...


Ho scelto lo stesso nome per le protagoniste per evocare la sensazione che proviamo spesso quando incontriamo l’Altro e ci specchiamo in esso: l’essere diversi ma uguali allo stesso tempo. L’italiana si chiama Maria, ma – in linea con il suo carattere esterofilo - si fa chiamare Mary (ed emerge spesso nel racconto quanto anche questa scelta la porti lontano da sé). Si chiamano, dunque, entrambe Maria ed entrambe sono portatrici del peso di questo nome biblico che, tra le tante accezioni, contiene la sensazione di essere una donna speciale, diversa dalle altre, con compiti da compiere per l’intera umanità.

 

In che modo le protagoniste cercano la propria identità?

 

Meriem, dopo essersi “italianizzata”, decide di tornare a casa, a Kairouan, la città dove è nata e cresciuta e da cui è scappata. Anche Mary, dopo un continuo andare a zonzo per il mondo e un lunghissimo travaglio interiore, torna alle radici, alla famiglia, alle memorie dell’infanzia. Nel suo percorso Mary, da ragazza arrogante e insofferente, sicura di se sé e convinta di aiutare le fasce deboli della società tra cui gli immigrati, si trasforma, così come Meriem riesce, a modo suo, a vincere la sua battaglia per la libertà, la vita e l’amore.

Le due donne si stimolano a vicenda nelle loro trasformazioni personali. Il loro è un vero incontro, un incontro che cambia.



Quali sono le aspettative per le donne, dopo la rivoluzione?



Tante. La rivoluzione ha tirato fuori il loro coraggio e la loro forza. Le donne tunisine sono battagliere come Meriem e anche di piu’ e poi sono protette da un Codice di Statuto personale datato 1956 che da loro molti piu’ diritti di tutte le altre donne del mondo arabo. La maggior parte di loro conduce una vita normale, come la nostra, se pur con meno opportunità e con piu’ condizionamenti causati da contesti spesso troppo tradizionalisti. Certo, le battaglie da fare sono ancora tante, in primis quella sull’eredità, ma se guardiamo alle discriminazioni di genere che ci sono anche in Occidente, ci rendiamo conto che le donne di tutto il mondo vivono in continua lotta per la difesa dei loro diritti.

 

Quanto sono importanti i ricordi personali e la memoria collettiva per dare senso al Presente?



La vita invita le due protagoniste a sedersi sul presente. Mary e Meriem sono troppo tese, ognuna a suo modo, verso il futuro. Un futuro che, inoltre, si rivela inesistente e che le conduce verso la disgregazione dei loro mondi. Dunque il presente e la propria storia personale incastonata in quella del proprio Paese di appartenenza, sono centrali per ripartire, per acquistare nuova consapevolezza e per costruire una vita piu’ autentica e coerente con se stesse.








lunedì 28 luglio 2014

Emergenza Gaza - Gaza Emergency



Vi preghiamo di far girare anche questo comunicato, grazie! (anche su www.igiveonline.com)


English follows Italian

Il sistema sanitario di Gaza e’ al collasso.

Negli ospedali e nelle farmacie manca circa la meta’ dei farmaci inclusi nella lista dei farmaci essenziali stilata dalla Organizzazione Mondiale della Salute (http://www.who.int/medicines/publications/essentialmedicines/en/); mancano 470 tipi di materiali sterili e monouso, tra cui aghi, siringhe, cotone, disinfettanti, guanti e molto altro. Manca il carburante per alimentare ambulanze e generatori che permettono di far funzionare i macchinari salvavita e le sale operatorie durante le almeno 12 ore al giorno in cui l’unica centrale elettrica non riesce a fornire elettricita’. Mancano le sacche di sangue necessarie a soccorrere le centinatia e centinaia di feriti.

La Striscia di Gaza e’ isolata dal mondo. Le frontiere con Egitto e Israele sono chiuse, ospedali, ambulanze e centri di pronto soccorso sono costantemente sotto la minaccia dei bombardamenti. Nonostante questo, il personale sanitario cotinua a prestare soccorso incessantemente.

Ad oggi, i feriti sono almeno 1.400. Per aiutare la popolazione inerme, abbiamo bisogno del vostro aiuto. Ora. Subito. Stiamo raccogliendo donazioni per far entrare medicine, materiali sanitari, e altri beni di primissima necessità. Qualsiasi donazione e’ indispensabile per salvare la vita di vittime innocenti.

Alla iniziativa partecipano TUTTE le ONG Italiane presenti in Palestina. Tuttavia, per motivi logistici, useremo il conto di Terre des Hommes Italia come canale per la raccolta.





The health care system in Gaza is dangerously failing.

Hospitals and pharmacies lack nearly half of the essential medicines included in the World Health Organization list (http://www.who.int/medicines/publications/essentialmedicines/en/);

There is also a dramatic lack of the following items:

  • 470 types of sterile disposable materials (such as syringes, cottons, rubber gloves, disinfectant and many others)
  • Fuel to run generators and ambulances, needed to sustain surgeries’ rooms and life-saving machineries, as the only Power Plant available in the Strip is able to provide electricity for not more than 12 hours per day
  • Blood bags, which are important to assist the hundreds of injured

The Gaza Strip is cut off from the outer world. Both the Egyptian and Israeli borders are closed. Hospitals, ambulances and health care facilities are under the constant threat of being bombed. Despite this situation, medical and paramedical staff is working non-stop.

As of today, injured are more than 1,400. We urgently need your help in order to save defenceless people’s life. Now, immediately. We are seeking and asking for donations to be able to buy and bring medicines, disposables and first necessary needs into Gaza. Any donation is more than welcome and it is essential to safe lives of innocents victims.

This initiative is promoted by all Italian NGOs working in Palestine. However, for logistic reasons, donations shall can be funnelled towards “Terres des Hommes Italy” Bank Account (main found-rising channel).





Una vignetta di Adenov uno dei più famosi cartoonist tunisino in solidarietà con Gaza (ringraziamo Monica Macchi):

sabato 26 luglio 2014

Una vera e propria riforma sulla cooperazione internazionale

Vi proponiamo il comunicato ufficiale delle reti di ONG (ASSOCIAZIONE DELLE ORGANIZZAZIONI DI COOPERAZIONE E SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE) e LINK 
Che si tratti di una vera riforma e che siano state introdotte importanti innovazioni rispetto alla precedente legge del 1987, ventisette anni fa, nessuno può metterlo in dubbio. Il testo approvato ieri alla Camera dei Deputati è il risultato di un intenso e sistematico lavoro iniziato circa tre anni fa, riprendendo il cammino interrotto negli anni precedenti, che ha visto un’ampia partecipazione e approfonditi confronto fra le diverse parti: il Parlamento, i partiti politici e il Governo, le reti delle Ong di cooperazione e solidarietà internazionale, il Forum del Terzo Settore, le Regioni e le Autonomie locali, ministeri e istituzioni coinvolti, il sistema cooperativo, le associazioni di impresa, le università e la ricerca, esperti nazionali e internazionali.


Le reti delle ONG hanno assicurato il massimo impegno, costituendo un gruppo di lavoro che ha mantenuto una costante interlocuzione con la politica e con gli atri soggetti della cooperazione internazionale. Ponendoci con un’unica voce, abbiamo presentato e motivato proposte e suggerimenti per migliorare i testi proposti, fino all’ultimo disegno di legge governativo del 24 gennaio 2014 e per tutto il suo esame in sede parlamentare.

Le richieste presentate dalle ONG nel percorso parlamentare

Si chiedeva, in particolare, di:
- superare il concetto di APS, aiuto pubblico allo sviluppo, adottando l’espressione CPS, cooperazione pubblica allo sviluppo; mettendo fine all’ormai limitato concetto donatore-ricevente per puntare sul rapporto di cooperazione e partenariato, dall’azione per sradicare la povertà, allo sviluppo sostenibile, ai diritti umani, alla pace.
- esprimere nel primo articolo della legge i principi fondanti e le finalità, quale indispensabile riferimento per l’Italia e tutti i soggetti della cooperazione,
- dare ampio riconoscimento ai vari soggetti della cooperazione allo sviluppo, nazionali e territoriali, pubblici e privati, non profit e profit, con le loro specificità e competenze, pur rimanendo la dimensione non profit emblematica e insostituibile per i valori che comunica,
- definire il chiaro riferimento politico, nella figura di un viceministro con pienezza di deleghe, all’interno di un “ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale”, quest’ultima intesa come parte qualificante della politica estera italiana,
- confermare il Comitato interministeriale per la cooperazione allo sviluppo, quale luogo di indirizzo politico, di programmazione con visione triennale, di coerenza delle politiche governative con le finalità della cooperazione allo sviluppo,
- rafforzare i poteri di indirizzo e controllo del Parlamento,
- definire una funzione politico-diplomatica e non più gestionale per la DGCS, Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo,
- attribuire reale autonomia organizzativa, regolamentare, contabile, patrimoniale e di bilancio dell’Agenzia esecutiva, competente, snella e efficiente, organizzata sulla base di criteri di efficacia, economicità, trasparenza e con un organico qualificato e proporzionale alle risorse da gestire e ai ruoli da svolgere, selezionato e qualificato,
- definire con chiarezza la responsabilità e l’attribuzione di competenze degli organi decisionali,
- assicurare unitarietà, trasparenza e pubblicità agli stanziamenti annuali complessivi attinenti alla cooperazione allo sviluppo, fissando che gli stanziamenti stabiliti non possano subire riduzioni e che le risorse non impegnate nell’esercizio siano riportate per intero all’esercizio successivo, al fine di poter garantire il rispetto degli impegni assunti nelle sedi internazionali e con i paesi partner,
- riportare l’Italia in linea con gli impegni e gli obiettivi assunti a livello europeo e internazionale, gradualmente, ma entro un periodo certo e definito,
- definire e formalizzare, rendendola regolare e sistematica, la partecipazione dei soggetti pubblici e privati, non profit e profit, alla definizione delle strategie, le linee di indirizzo, la programmazione, le forme di intervento, la valutazione dell’efficacia,
- riconoscere il valore delle organizzazioni della società civile ed in particolare il bagaglio storico, di conoscenze e esperienze, accumulato dalle Ong specializzate, valutandone la reale professionalità, qualità ed efficienza, rimuovendo barriere fiscali e normative che non facilitano il loro lavoro, valorizzando il volontariato internazionale, promuovendo attività di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica,
- stabilire per i soggetti profit criteri di valutazione basati sull’adesione agli standard di responsabilità sociale in materia di investimenti internazionali, il rispetto delle clausole sociali e ambientali e delle norme internazionali sui diritti umani e sul lavoro dignitoso, la verifica dell’osservanza di tali standard e clausole.

Richieste sostanzialmente recepite nella legge. Ora il regolamento:

Già il testo approvato dal Senato il 25 giugno scorso aveva recepito molte delle richieste delle Ong, del Forum del Terzo Settore e della società civile. Quello approvato ieri dalla Camera le ha ulteriormente accolte. Non tutto è stato incorporato nel modo da noi auspicato e rimane sospeso il giudizio sull’esclusività del rapporto con la Cassa depositi e prestiti introdotta con un emendamento dell’ultimo minuto, perché necessita approfondimento. Ma il nostro giudizio complessivo sulla nuova legge, pur rimanendo un testo mediato tra differenti posizioni politiche, è certamente positivo.

La prossima tappa è il regolamento attuativo. Importante quanto la legge. Le Ong, con gli altri soggetti interessati, seguiranno la sua definizione nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della legge.




giovedì 24 luglio 2014

Sovraffollamento carceri: riconosciuto l'impegno dell'Italia




Il Ministro della Giustizia, Andrea Orlando, è intervenuto lo scorso 12 luglio al convegno intitolato “Riforma della giustizia: magistratura e avvocatura insieme per un'occasione da non perdere”, promosso dall'associazione “Rifare l'Italia” in collaborazione con l'Anm di Agrigento e l'Ordine degli avvocati. Durante il convegno ha rilasciato alcune dichiarazioni riguardanti la proroga che la Corte di Strasburgo ha concesso al nostro Paese per risolvere il problema del sovraffollamento nelle carceri: “ Senza troppo clamore siamo progressivamente usciti dalla situazione di sovraffollamento...Ci siamo mossi con le manutenzioni straordinarie anziché scegliere la via dell'indulto e dell'amnistia”, ha detto il Ministro. Indulto e amnistia che erano stati auspicati dal Presidente Giorgio Napolitano e dall'Onu a seguito di tre giorni di ispezioni negli istituti di pena italiani.

Orlando ha poi riportato anche alcuni dati aggiornati,dal Dap, al 30 giugno 2014: “ I detenuti sono 58.092, oltre 800 in meno rispetto al 5 giugno...I posti normativamente previsti nei 206 istituti penitenziari italiani sono circa 45.000, quindi ancora ci sarebbero almeno 13 mila detenuti in più in attesa di vedere l'esito del nuovo decreto svuotacarceri”. E, infine, ha aggiunto che la diminuzione delle presenze in carcere è dovuta anche ad altri due fattori: ai rimpatri “più sistematici” degli stranieri e alle convenzioni che permettono ai tossicodipendenti di scontare una parte della pena nelle comunità.

mercoledì 23 luglio 2014

Osservatorio Ucraina: intervista a Marianna Soronevych



Cari lettori, abbiamo rivolto alcune domande a Marianna Soronevych - giornalista, caporedatrice di "Gazeta ukrainska"(www.gazetaukrainska.com), il giornale per gli ucraini in Italia - per capire meglio cosa sta accadendo in Ucraina. Ringraziamo tantissimo la giornalista per queste sue notizie e riflessioni.
(Foto: activism.com)




Quando e perchè sono cominciate le manifestazioni nel Paese?

Le manifestazioni sono cominciate già qualche mese fa, come sappiamo, dopo che il Presidente Janukovyč si è rifiutato di sottoscrivere l'accordo con la comunità europea e adesso sappiamo bene che ciò è accaduto a causa delle pressioni di Mosca.

L'Ucraina si preparava da cinque anni a questo evento e, a una settimana dalla firma, l'accordo è saltato. Gli studenti hanno iniziato a scendere in piazza, a Kiev, per protestare e contro di loro sono state mandate le forze dell'ordine, i ragazzi sono stati picchiati e la situazione è andata sempre più peggiorando, tanto che i manifestanti erano sotto il tiro dei cecchini. Alla fine Janukovyč è scappato in Russia e adesso abbiamo un nuovo Presidente votato democraticamente lo scorso 25 maggio. L'Ucraina è uscita dal controllo economico e politico di Mosca e questo ha sconvolto i piani di Putin.

In Crimea sono apparsi i cosiddetti “uomini verdi”, cioè militari russi senza segni di rocnoscimento che hanno preso i palazzi di potere e le basi militari ucraine. Tutto è finito con l'annessione della Crimea, ma il referendum che è sttao fatto sull'annessione, non è riconosciuto dalla società mondiale. Questa situazione si è, poi, spostata in altre regioni dell'Ucraina dove i separatisti si presentano come cittadini ucraini e chiedono l'indipendenza delle due regioni, ma in realtà sono marionette manovrate da Putin; lui fornisce armi pesanti e militari russi, ma di nascosto.

Quella che stiamo vivendo in Ucraina è una guerra ibrida, non aperta. E' una guerra dove c'è una pressione di un Paese su un altro; una pressione economica, militare e di propaganda molto forte, sia nel Paese russo sia in alcune regioni ucraine e sia in Europa. Questa propaganda cerca di far credere che si tratti di una questione interna quando invece è una questione di conflitto tra due Paesi.

 

Cosa chiedevano in manifestanti scesi in piazza?

 

All'inizio chiedevano soltanto la sottoscrizione all'accordo con l'UE, poi le richieste si sono trasformate così come la manifestazione che è diventata la “rivoluzione della dignità”: una rivoluzione contro l'oligarchia e la corruzione. Ma le forze dell'ordine sono andate contro i manifestanti con le armi, mentre i manifestanti erano pacifici.


Cosa possono fare l'Europa e la comunità internazionale, anche alla luce degli ultimi eventi?



La comunità internazionale è stata cauta per tanto tempo e c'è stata una solidarietà a parole. Bisogna capire che in questa situazione sono minacciati i diritti dell'Uomo e le basi della democrazia, non è soltanto una questione locale.

Da quando è stato abbattuto il boeing la situazione è cambiata molto perchè sono morti anche cittadini europei e si può dire che l'Europa si è svegliata. Noi chiediamo altre sanzioni contro la Russia e chiediamo che le basi della democrazia vengano messe davanti alle questioni economiche.

 

Come è avvenuto l'abbattimento dell'aereo? Come è successo?

Ci sono intercettazioni dei discorsi di terroristi in cui si capisce molto bene cosa è successo. La piattaforma mobile con cui è stato abbattuto questo aereo è stata portata in Ucraina dalla Russia; inoltre, c'è un video con un convoglio che riporta la piattaforma in Russia, però manca un missile (e questo è un fatto documentato), perciò si dice che il missile sia partito “con la benedizione di Putin”.

In precedenza erano già stati abbattuti aerei ucraini con trenta ragazzi militari: anche questa volta loro pensavano che fosse un aereo militare; invece, andando sul posto, hanno trovato tante donne e bambini. In una intercettazione uno dice all'altro: “ Ci sono le armi?”, “No, soltanto cose civili: medicine, carta igienica”. Sembra che anche per loro sia stato uno shock.

Adesso il governo ucraino chiede un'inchiesta internazionale sull'accaduto, però i terroristi la ostacolano in tutti i modi: sappiamo che cercano di portare in Russia i corpi delle vittime e due delle tre scatole nere dell'aereo. Se arriveranno in Russia, i dati estratti dalle scatole nere non saranno più credibili: noi chiediamo che le scatole nere vengano esaminate da una commissione internazionale.

 

Qual è lo scenario per il futuro?


Speriamo molto nell'aiuto dell'Europa e dell'America. Oltre a sanzioni più severe, qualcuno chiede anche l'intervento dell'ONU. Io spero ancora che non ce ne sarà bisogno.










martedì 22 luglio 2014

L'orrore, il fondamentalismo e poi la verità




Da poco uscito nelle librerie italiane, L'ultimo lenzuolo bianco. L'inferno e il cuore dell'Afghanistan (Ed. Guaraldi) di Farhad Bitani con la prefazione di Domenico Quirico, racconta, senza fare sconti, di un ragazzo vissuto nella violenza. Capitano dell'esercito afghano, figlio di un generale mujaheddin, Bitani ha combattuto contro i talebani, ma ha visto tutto l'orrore che un uomo può vedere. E ha anche fatto del male.

Si racconta, nel libro, e racconta di un Paese martoriato, ma di un popolo che, nonostante tutto, ha nel cuore quell'umanità che permette di far sopravvivere la speranza.



Abbiamo rivolto alcune domande a Farhad Bitani e lo ringraziamo molto per le riflessioni che condivide con noi.





Qual è, per lei, il vero Islam e quale, invece, quello della propaganda ?



Il vero Islam purtroppo si trova raramente in questo mondo. Il vero Islam è non uccidere, non prendere la vita delle altre persone, aiutare i bisognosi, fare fratellanza con le altre religioni. Il vero Islam è non pensare solamente al tuo benessere personale, ma pensare anche agli altri. Purtroppo adesso questo non esiste. L'Islam della propaganda lo vediamo ogni giorno in tv: tagliare le teste in nome della religione, corruzione e violenze in nome della religione. È molto facile per me parlare dell'Islam della propaganda, perché è l'ambito in cui sono cresciuto: quello dell'Afghanistan, dove sono nato, dell'Iran, dove sono cresciuto, e quello di tutti gli altri posti in cui ho avuto amici fondamentalisti. Vedendo questo Islam mi viene da pregare Dio perché aiuti tutti i fondamentalisti a uscire dalla cella buia in cui sono rinchiusi. Nessuna religione del mondo parla della violenza: la religione viene data da Dio per indicare la strada dell'umanità e mettere la verità nel cuore degli uomini. Praticando la vera religione anche il deserto diventa un paradiso. Purtroppo in questo periodo noi non vediamo tantissime persone veramente religiose, sono poche persone nel mondo, e l'ingiustizia è così grande che quelle poche persone sono considerate bugiarde. Il mio libro è un piccolo esempio di questo: io non ho inteso fare altro che raccontare la verità, quello che ho visto e vissuto, ma persone che vivono nella falsità mi hanno accusato di mentire. Questa è la falsità che vediamo anche in tanti politici in tutto il mondo.



Nel suo libro c'è un capitolo intitolato: “L'inganno della democrazia”: a cosa si riferisce quando parla di “inganno”?



L'inganno della democrazia esiste in tantissimi paesi musulmani e in molti paesi poveri nel mondo. Parlo dell'Afghanistan perché è il paese dove sono cresciuto, dove ho amici fondamentalisti, che hanno grandi quantità di soldi nelle banche svizzere. Dio non ha buttato i soldi dal cielo: sono soldi rubati in nome della democrazia. Parliamo di giornalisti falsi, che diffondono notizie false. Parliamo di associazioni a scopo fintamente benefico che fanno grandi raccolte di fondi all'estero e se li distribuiscono tra loro in Afghanistan, che fanno grandi pubblicità per attirare l'attenzione su presunte minoranze perseguitate. Parliamo di elezioni truccate, dove ci sono criminali appoggiati dall'estero che si mascherano da difensori del diritto e comprano i voti con le minacce, nel mio libro io ho smascherato tante di queste persone. Per questo quando sento parlare di democrazia mi viene da ridere. Qualcuno pensa che io rida perché non credo alla democrazia: no, io credo alla democrazia e dico che in Afghanistan non esiste. La democrazia per me è come un albero che ha tante radici: se tu tagli una radice l'albero inizia a seccare. In Afghanistan tutte le radici sono state tagliate, l'albero è secco e qualcuno appiccica le foglie finte per far vedere che l'albero è vivo, ma chi applica le foglie sono le persone che usano il nome della democrazia per opprimere i poveri.



Purtroppo, per tanti bambini afghani si deve parlare di infanzia negata...



Io sono stato bambino in Afghanistan e so di che cosa si parla. Io da bambino volevo diventare un guerriero come mio padre e tanti amici volevano diventare come i loro padri, dei comandanti, dei potenti. In Afghanistan a 14 anni sei un uomo, devi fare in fretta a diventare quello che vuoi. Nel nostro paese le persone più violentate sono i bambini. La vita dei bambini è difficile, perché il bambino è obbligato a fare quello che fanno i grandi senza avere la forza degli adulti. Tanti bambini sono mandati nelle scuole coraniche dove subiscono il lavaggio del cervello; quando un bambino nasce, Dio gli regala un cuore pulito, quando è obbligato a frequentare le scuole coraniche il suo cuore diventa nero, impara la violenza. Il bambino non sa distinguere il bene dal male e se si mette nella sua testa l'informazione sbagliata è possibile usarlo per i propri scopi. In questo momento si sentono notizie di bambini usati per fare gli attentatori suicidi. Un bambino afghano non conosce i giochi, ma conosce le armi e la violenza. Il desiderio di tutti i bambini in Afghanistan è diverso dal desiderio dei bambini europei: un bambino afghano pensa a diventare ricco, possedere armi e fare la guerra. Un bambino europeo ha il desiderio di diventare un calciatore o comprarsi una motocicletta. Confrontare questi due esempi fa capire la differenza tra l'infanzia in Afghanistan e l'infanzia nei paesi occidentali.



Lei è di etnia pashtun: che rapporti ha con gli hazara e cosa pensa della loro discriminazione?



La parola discriminazione per i fratelli hazara è sbagliata. In Afghanistan tutte le etnie subiscono “discriminazione”. Io mi arrabbio sempre e mi viene da piangere per questa enorme falsità: quando uno di noi dice “nella mia etnia siamo tutti innocenti perseguitati”. Tutti abbiamo fatto violenza gli uni sugli altri: nella guerra civile i pasthun hanno tagliato le teste, i tagiki hanno violentato le donne e i bambini, gli hazara hanno bucato le teste e così via.

Quando viaggio in tanti paesi europei mi accorgo che c'è tanta cattiva informazione. In Italia sento sempre che gli hazara sono perseguitati, in Olanda sento che i pashtun sono perseguitati, in Germania che i tagiki sono perseguitati, ma queste informazioni vengono da quelle poche persone false che guadagnano dal mettere in giro queste dicerie. Io dico questo perché intorno al tavolo di casa di mio padre si organizzava la guerra civile afghana. Dobbiamo essere tutti onesti e non parlare bene della nostra etnia, ma parlare bene della giustizia e della verità. Come ho deciso di fare io: per la verità sono andato contro la mia famiglia, perché so che sono ingiusti. Chiedo a tutti i fratelli pashtun, tagiki, hazara di non mettere in giro la voce che “noi siamo bravi e gli altri cattivi”, perché non esistono i bravi e i cattivi. Invece di fare questo devono combattere per la verità: questa è la cosa bella nel mondo, non l'etnia, non la razza. Chi insiste sulla differenza delle razze non è perdonato da Dio.



Quali sono le contraddizioni dell'Occidente: ad esempio, se ci può raccontare cosa accade all'Accademia di Modena...



La prima contraddizione dell'Occidente si evidenzia nella falsa strategia applicata in Afghanistan. La strategia dell'Occidente in Afghanistan è pessima a causa dell'ignoranza: sono stati spesi miliardi di dollari per la ricostruzione dell'Afghanistan e questi soldi sono spariti. Sono state appoggiate persone che per anni hanno compiuto sopraffazioni e violenze. Sono date opportunità a tutti i fondamentalisti e ai potenti, che vengono a studiare in Occidente, entrano nella accademie e nelle università saltando le selezioni, conseguono titoli di studio e tornano in Afghanistan a compiere gli stessi delitti. Per esempio quando sono entrato in Accademia io pensavo di essere l'unico ad accedere senza esame, poi ho incontrato altri figli di fondamentalisti, miei amici, che erano nella mia stessa situazione; la stessa cosa avviene negli altri paesi europei. Alcuni giovani fondamentalisti sono analfabeti e studiano in famose università.

In Occidente esiste la corruzione come in Afghanistan, ma all'interno dell'Occidente stesso questa corruzione ha un argine: chi compie ingiustizie prima o poi deve risponderne; invece dove l'Occidente si relaziona con l'Afghanistan, un posto in cui non c'è una giustizia a cui rispondere, la corruzione si esprime in pieno.



Ha avuto il coraggio di ammettere di aver partecipato alle lapidazioni: come è riuscito a fare i conti con il suo Passato? E come è riuscito a tornare ad avere un “cuore bianco” dopo aver visto e vissuto tante atrocità?



Questo è un dono di Dio. Tutti noi umani abbiamo un dono da parte di Dio. A tante persone Dio dà soldi, a tanti uomini dà una bella ragazza, a tanti dà la felicità. A me ha dato questo dono: indicarmi la strada vera. Chi crede profondamente in Dio capisce subito le mie parole. Per chi non crede faccio una similitudine. Immaginate di essere innamorati pazzi di una persona: fareste di tutto per avere quella persona. Io sono innamorato di Dio e della strada della verità e farò tutto quello che Dio mi comanda. Tutti possiamo cambiare se vogliamo, perché il bene viene sempre dato da Dio. La verità è sempre bella, ma accettarla è molto difficile. Io non ho dimenticato la mia infanzia. Io non ero solo: milioni di persone in Afghanistan hanno visto quello che ho visto io, ma io ero tra i capi. Metà della popolazione afghana ha partecipato alle lapidazioni, tutti hanno visto la violenza. Quando tu cresci in un ambito così, per te la violenza diventa normale, come andare a prendere il caffè al bar la mattina. Ci sono tantissime persone che hanno avuto la vita peggiore della mia, che sono stati violentati, ma Dio non ha donato a loro di raccontare la verità. La vita che faccio adesso, che combatto per la verità, è un dono di Dio, che ogni giorno mi dà più forza. Ogni giorno ho davanti molti ostacoli, molte persone sono contro di me e mi accusano con tante falsità. Io combatto contro tutti i fondamentalisti, ma non mi sento stanco, perché dietro di me c'è un mano, che è la mano della verità.

lunedì 21 luglio 2014

Rom sgomberati due volte in due giorni: l'appello per una soluzione




(Foto Reporters)






Questo è l'appello che Amnesty e Associazione 21 luglio fanno al sindaco di Roma. Ma la situazione riguarda anche altre città italiane.

Roma, 11 luglio 2014 – Sgomberati due volte in due giorni e abbandonati dalle istituzioni. Per 39 rom ancora nessuna soluzione alternativa è stata individuata dalle autorità di Roma Capitale dopo lo sgombero forzato dell’insediamento informale in zona Val d’Ala. Associazione 21 luglio e Amnesty International rivolgono un appello urgente al sindaco di Roma Marino e all’Assessore Cutini: «Serve una soluzione immediata per rispondere all’emergenza che queste persone, tra cui minori e malati, stanno affrontando».

I 39 rom rumeni sono stati sgomberati lo scorso 9 luglio dall’insediamento informale nei pressi della stazione ferroviaria di Val d’Ala, nella periferia nord-est di Roma. Lo sgombero, come denunciato in un
comunicato congiunto da Associazione 21 luglio e Amnesty International, ha violato «i diritti umani delle persone coinvolte in quanto realizzato senza le garanzie previste dagli standard internazionali». In particolare, lo sgombero – hanno denunciato le due organizzazioni – non è stato accompagnato da una genuina consultazione con le persone coinvolte né da una notifica formale scritta. In più, nessuna soluzione abitativa alternativa adeguata è stata offerta loro, come invece prescritto dal Comitato sui Diritti Economici, Sociali e Culturali delle Nazioni Unite.

Dopo lo sgombero, nella stessa giornata, i rom si sono recati davanti alla sede dell’Assessorato alle Politiche Sociali di Roma Capitale per chiedere una soluzione alternativa. Sul posto erano presenti anche gli attivisti dell’Associazione 21 luglio, di Amnesty International e l’Assessore alle Politiche Sociali del Municipio III Eleonora Di Maggio. In quella sede, tuttavia, nessuna soluzione adeguata è stata offerta alle famiglie sgomberate, se non la divisione dei nuclei familiari (donne e bambini in case famiglia, uomini a parte). Soluzione – la stessa proposta ai rom al momento dello sgombero - che non può essere ritenuta adeguata e che le famiglie hanno comprensibilmente rifiutato.

Successivamente i rom si sono spostati sullo stesso terreno dal quale erano stati sgomberati, dove hanno trascorso la notte riparandosi dalla pioggia con mezzi di fortuna. La mattina dopo, tuttavia, le forze dell’ordine sono intervenute per sgomberare le famiglie una seconda volta. A quel punto i rom, accompagnati dagli attivisti di Associazione 21 luglio e Amnesty International, si sono spostati nella sede del Municipio Roma III, in piazza Sempione, nel cui atrio, in seguito a un accordo con le autorità municipali, hanno potuto trascorrere la notte in attesa di un pronto intervento da parte delle istituzioni capitoline per affrontare e risolvere l’emergenza in cui i 39 rom sono stati costretti dallo sgombero. «Il tempo passa e le autorità di Roma Capitale non hanno ancora trovato nessuna soluzione all’emergenza che esse stesse hanno creato con un’azione inutile, costosa e frutto di una totale amnesia istituzionale», scrivono oggi Associazione 21 luglio e Amnesty International.

«Dopo essere stati vittime di due sgomberi in due giorni, i rom sono stati letteralmente abbandonati a loro stessi. Rivolgiamo quindi un appello alla sensibilità del sindaco Ignazio Marino e dell’Assessore al Sostegno Sociale e Sussidiarietà di Roma Capitale Rita Cutini – affermano le due organizzazioni - affinché, urgentemente, venga individuata una soluzione abitativa adeguata per questi uomini, donne e bambini».

«Una volta che la situazione alloggiativa di questa comunità sia stata risolta – concludono le due organizzazioni – il sindaco Ignazio Marino e le altre autorità competenti dovranno verificare perché gli sgomberi continuano ad essere compiuti con modalità che violano gli standard internazionali relativi a consultazione genuina, notifica previa ed offerta di alternative adeguate, e creare i presupposti perché tali violazioni di diritti umani non si ripetano ulteriormente, ad esempio attraverso l’adozione di una circolare che guidi il comportamento di ufficiali impegnati nelle operazioni di sgombero».

Per maggiori informazioni
Danilo Giannese
Responsabile Comunicazione e Ufficio Stampa
Associazione 21 luglio
Tel: 388 4867611 – 06 64815620
email:
stampa@21luglio.org
www.21luglio.org

Amnesty International Italia – Ufficio Stampa
Tel. 06 4490224 – cell. 348 6974361
e-mail:
press@amnesty.it 


sabato 19 luglio 2014

Il maresciallo in pericolo e le istituzioni tacciono




Vi proponiamo, cari lettori, quest'altro articolo per ricordare la strage di Via d'Amelio, nel 22° anniversario, in cui persero la vita il giudice Paolo Borsellino e i cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Cluadio Traina, Walter Eddie Cosina e Vincenzo Li Muli.

(Vi rimandiamo, se volete, anche all'intervista ad Salvo Palazzolo che abbiamo fatto in occasione dell'uscita del libro Ti racconterò tutte le storie che potrò, scritto con la Signora Agnese, vedova Borsellino).             





Nemmeno la lotta alle mafie deve andare in vacanza. In tempi di inchini e genuflessioni davanti ai boss, arriva anche una minaccia vera. Ieri, 18 luglio 2014, sulle pagine palermitane di Repubblica, il giornalista Salvo Palazzolo scrive che il collaboratore di giustizia Flamia avrebbe riferito ai p.m. Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli l'intenzione della cosca siciliana di Porta Nuova di uccidere il maresciallo dei carabinieri Michele Coscia. “Due anni fa, durante un'udienza del processo 'Perseo', Giuseppe Di Giacomo mi disse che con Vincenzo Di Maria e Massimo Mulè avevano ormai deciso l'omicidio di Coscia perchè il maresciallo continuava a dare troppo fastidio con le sue indagini”, queste le parole del pentito anche se poi Giuseppe Di Giacomo è stato ammazzato da un commando in Via Eugenio l'Emiro.

Il maresciallo Coscia, di origini pugliesi, presta servizio in Sicilia da circa vent'anni e, in particolare, per tre anni è stato al commissariato di Bagheria. Fu uno dei primi ad occuparsi del delitto delle tre donne della famiglia di Francesco Marino Mannoia nel periodo in cui questi aveva deciso di collaborare con il giudice Falcone. Falcone stesso non si capacitò di come la notizia della collaborazione potesse essere uscita e fosse diventata nota ai clan.

Il maresciallo Coscia continua ad essere in pericolo e nessuno deve abbassare la guardia: né lo Stato - per non ripetere gli stessi errotri del passato, sottovalutando la situazione - né la società civile che deve imparare a denunciare e a superare l'omertà e la cultura della paura. Perchè proprio la paura, il ricatto e le minacce sono le prime armi che uccidono un Paese e una collettività.

L'appello di Music for Peace: bloccati gli aiuti per Gaza

Vi proponiamo la denuncia e l'appello di Music for Peace che facciamo anche nostri, ringraziando per queste notizie. Aderiamo alla campagna anche perché, dopo la tregua umanitaria, di cinque ore, la situazione è tornata ad essere grave.
 

Centinaia di tonnellate di aiuti umanitari destinate alla popolazione civile della Striscia di Gaza sono bloccate a Genova da 21 giorni. 2 ambulanze, 6 container di medicinali, apparecchiature mediche, attrezzature per disabili,... alimenti per l’infanzia: questo e molto altro il carico bloccato.
La carovana, pronta a partire alla volta della Striscia di Gaza già in data 23 Giugno u.s., ad oggi, non ha ancora ricevuto i permessi di transito, necessari ad arrivare in Striscia di Gaza, né dal lato Egiziano né dal lato Israeliano.
Dopo 20 giorni si riceve silenzio da lato egiziano e lentissimi passi in avanti dal lato Israeliano. Nel frattempo il materiale giace sotto il sole da oltre 20 giorni e ciò lo sottopone al rischio di deterioramento.
Nel frattempo la situazione umanitaria presso la Striscia di Gaza si aggrava di minuto in minuto (in 6 giorni centinaia i morti e migliaia i feriti). Presso la segreteria di Music for Peace si susseguono senza sosta le richieste urgenti da parte degli ospedali che rischiano di rimanere sforniti.
Music for Peace è una stimata organizzazione umanitaria che è già intervenuta in Striscia di Gaza portando a destinazione 5 carovane umanitarie delle quali ha curato anche la minuziosa distribuzione lungo tutto il territorio.
Mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu, la Comunità Internazionale, i mezzi d’informazione, il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki Moon, il Ministro agli Affari Esteri Federica Mogherini fanno appello alla fine delle violenze in Medio Oriente ed esprimono la loro contrarietà agli attacchi su obiettivi civili, l’Ngo Music for Peace chiede che sia rispettata la Quarta Convenzione di Ginevra e il Primo Protocollo Addizionale che sancisce “la popolazione civile ha diritto all’assistenza, vi è l’obbligo di facilitare il rapido e non limitato passaggio di tutti i convogli umanitari e che il personale di soccorso deve essere rispettato e protetto”.

Vista la gravità della situazione MUSIC FOR PEACE LANCIA UN'ULTERIORE CAMPAGNA DI RACCOLTA DI MEDICINALI CON SCADENZA A PARTIRE DA OTTOBRE 2015. E' POSSIBILE RECAPITARE IL TUTTO PRESSO LA SEDE DI MUSIC FOR PEACE: VIA BALLEYDIER 1, GENOVA. Precisiamo per correttezza che, qualora dovesse essere concesso il transito e quindi la partenza, il materiale che non dovesse giungere in tempo sarà portato a destinazione nella carovana successiva.

Facciamo appello a tutti i mezzi d’informazione affinché oltre a divulgare quanto accade in Medio Oriente diano spazio all’esistenza di questa concreta possibilità – purtroppo per ora ancora bloccata – di portare medicinali per le cure della popolazione civile.

ENGLISH VERSION:
STOPPED HUMANITARIAN CONVOY WITH DESTINATION GAZA STRIP
Hundreds of tons of Humanitarian Aids for the civilians in Gaza Strip have been stopped in Genoa (Italy) since 22 days. 2 ambulances, 6 containers of medicines, medical equipment, material for disabled people, pediatric food: this and much more the shipment stopped.
The Convoy, which on the 23rd June was ready to leave with destination Gaza Strip, currently has not got the transit permissions, which are necessary to arrive to Gaza Strip.
After 22 days the Ngo is receiving silence by the Egyptian side and very slowly step forward form the Israeli side. In the meanwhile the material is stopped under the sun since 22 days and that subjects it to deterioration risks.
In the meanwhile the humanitarian situation in Gaza Strip is getting worse minute by minute (in 7 days hundreds of deaths and thousand of injured). The urgent requests from the hospitals, which are risking to remain without material, are arriving without break to the Ngo’s offices.
Music for Peace is an esteemed humanitarian organization which has already intervened in Gaza Strip by bringing to destination 5 humanitarian convoy. Once in Gaza, the Ngo provides also for the distribution of all the material, covering the whole territory.
While the Security Council of United Nations, the International Community, the mass media, the Un General Secretary Ban Ki Moon, the Italian Minister of Foreign Affairs Federica Mogherini are making appeals asking the end of violence in Middle East and express their aversion towards attacks on civilians, the Ngo Music for Peace asks to respect the Forth Geneva Convention and its First Additional Protocol. They state “the civilian population has the right to receive aid, there is the commitment to facilitate the fast and not limited passage of all the humanitarian convoys and the rescue personnel must be respected and protected”.
Due to the seriousness of the situation Music for Peace launch a further medicines collection campaign. All the medicines, in particular antibiotics, analgesics and fever reducer, must expire from October 2015 and have to be sended to Music for Peace, 1, Balleydier Street, 16149 Genoa, Italy. The Ngo underlines for honesty that, if the transit will be allowed, the material which will not arrive in time will be carried to Gaza in the next convoy.
We make appeal to all the media to share the news of this concrete possibility to bring aids for the civilians in Gaza.

Info: Music for Peace – Creativi della Notte
tel. 010.8572540
mail: segreteria@creatividellanottemusicforpeace.org
Facebook:
https://www.facebook.com/pages/MUSIC-FOR-PEACE-CREATIVI-DELLA-NOTTE/250125084193?ref=hl