venerdì 22 novembre 2013

Apparteniamo tutti allo stesso genere



Lo scorso marzo Adan è stata uccisa in Honduras, a luglio Natalia è stata uccisa in Brasile; Islan a New York in agosto e Dwayne non c'è più a causa di un colpo di pistola, Questi solo alcuni nomi delle mille e cento persone vittime della transfobia, un termine coniato da poco tempo e che indica non solo la “paura” generata (chissà perchè) da chi cambia sesso, ma una vero e proprio odio nei confronti dei transgender, un odio che nasce da stereotipi negativi - transessualità = prostituzione, ad esempio - e che produce pregiudizi che sfociano troppo spesso nella violenza.
Ogni anno, il 20 di novembre, si celebra nel mondo il Tdor, Transgender day of remembrance: un'occasione per ricordare tutti coloro che hanno salutato la propria identità di nascita per acquisirne un'altra, quella che sentivano come più appropriata e vera; un'identità fisica più vicina al loro sentire psichico. E, per questa scelta, hanno pagato il prezzo più alto, per l'incapacità di molti ad accettare il cambiamento e la diversità e per la rigidità dei ruoli sociali.
Domenica scorsa, 17 novembre 2013, a Roma si è tenuto un sit-in a Piazza del Popolo, dinanzi ad una chiesa: alla Chiesa degli artisti. Probabilmente un luogo simbolico perchè le istituzioni statali, ma anche la Chiesa cattolica, così presente sul territorio italiano, devono prendersi cura e tutelare i diritti e la vita di tutti. Il sit-in è stato organizzato dall'associazione Libellula e, tra le varie inizitive, è stato approfondito il tema delle relazioni affettive e familiari delle persone trans. Che siano “trans” non è importante, tutti apparteniamo al genere umano.

Dalla transfobia all'omofobia. In un periodo in cui, purtroppo accadono molti episodi di cronaca legati anche alla paura e all'odio nei confronti delle persone omosessuali, arriva un piccolo segnale positivo, che va in una direzione di rispetto e di obiettività: nei giorni scorsi, il Tribunale per i minorenni dell'Emilia-Romagna ha affidato una bambina ad una coppia di uomini. Di mezza età, i due signori convivono stabilmente da sei anni e hanno compiuto tutti i test e i percorsi valutativi previsti dalla normativa.


Nella legislazione nazionale (che risale al 1983) viene sottolineato che “ l'affido temporaneo non è preordinato all'adozione, ma al benessere del minore” e viene, inoltre, indicata come famiglia affidataria, o nucleo affidatario, un nucleo in cui sono presenti madre e padre o persone singole, senza una precisazione in merito all'orientamento sessuale degli affidatari. E' importante, invece, che vengano effettuate tutte le valutazioni delle motivazioni, delle competenze e delle loro capacità genitoriali. Sempre nella normativa, non vi è nemmeno un richiamo al vincolo del matrimonio come requisito necessario, a differenza di quello che viene sancito dall'articolo 29 della Costituzione.
La decisione del Tribunale di Bologna dell'affidamento temporaneo della bambina di tre anni alla coppia di omosessuali - che conoscono la bimba da tempo e che hanno sempre avuto con lei un rapporto di affetto - si fonda su una precedente pronuncia della Corte di Cassazione del gennaio 2013, nella quale la Corte ha stabilito che la credenza diffusa “che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale” rappresenti un pregiudizio . Il giudice, infatti, nella sentenza, ha scritto: “ ...Si rivela la sussitenza di una situazione di fatto paragonabile al contesto familiare sotto il profilo accuditivo e di tutela del minore...Il fatto che i componenti del nucleo abbiano il medesimo sesso non può considerarsi ostativo all'affidamento di un minore. Ciò anche tenuto conto che in assenza di certezze scientifiche o dati di esperienza costituisce mero pregiudizio la convinzione che sia dannoso per lo sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”.