martedì 12 novembre 2013

Una conversazione con Jean Claude Mbede Fouda: direttore di All TV, la televisione di tutti


L'Associazione per i Diritti Umani ha partecipato al convegno di lancio di All TV, primo canale televisivo italiano che promuove la cittadinanza comune (di cui potete vedere i video sul nostro sito e sul canale dedicato Youtube dell'associazione) e ora vi proponiamo l'intervista che, in seguito, abbiamo fatto al Direttore responsabile, Jean Claude Mbede Fouda, che ringraziamo molto.



Cosa intende quando parla di “cittadinanza comune”?

Quando parlo di cittadinanza, parlo di uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, di uguaglianza di diritti e doveri e di una società dove tutti i cittadini si frequentano, si parlano: una società senza discriminazioni.

Quali sono le carenze dei mezzi di informazione italiani?

La stampa italiana ha discriminato cinque milioni di persone. Ci sono cittadini, all'interno della società italiana, anche se non regolarmente, che vengono ignorati del tutto dalla stampa: cinque milioni sono tanti, sono troppi anche dal punto di vista economico perchè, ad esempio, non consumano il marchio italiano.
Durante il nostro convegno anche il Direttore de Il Giorno, Giancarlo Mazzuccato, ha affermato che la stampa italiana non fa alcuno sforzo per andare incontro alle comunità straniere, ma è altrettanto vero che le stesse comunità straniere in Italia - sicuramente perchè impaurite - non fanno molto per farsi conoscere. Gli stranieri vivono come cittadini di “serie B” perchè sembra che tutti i ragazzi stranieri - anche coloro che studiano, che si laureano - siano condannati a fare i “badanti”: sembra che per loro non ci sia un futuro.
Gli italiani non sono razzisti, io dico che non conoscono: non c'è una conoscenza culturale. I media parlano degli stranieri solo in termini negativi: parlano di violenza, di stupri, di rapine etc., ma non parlano degli stranieri ingegneri, medici, avvocati. In televisione ci invitano solamente per parlare della nostra storia di migranti, arrivati a Lampedusa, ma mai quando si parla di economia o di istruzione.

Lei è un giornalista, ma quando è arrivato in Italia - cinque anni fa - ha avuto qualche difficoltà ad entrare nelle redazioni...

Un amico diceva che le redazioni italiane sono come l'Italia: bianche e cattoliche.
Qual'è la percentuale di cittadini di origine straniera nelle redazioni italiane? Se andiamo a vedere, su una redazione che conta mille giornalisti, non ce ne sono due. Come può una redazione essere interessata agli “Esteri” oppure alle comunità straniere se non c'è un giornalista straniero al suo interno?
Se l'Italia vuole crescere, potrebbe fare come il Sudafrica dove praticano la “discriminazione positiva”: cioè mettono, all'interno della redazione, una persona di una comunità straniera che sappia raccontare ciò che conosce da vicino. La parola d'ordine, invece, nelle redazioni italiane è che la conoscenza delle comunità straniere “non interessa” all'italiano medio, ma questo non è vero. Se noi prepariamo un'informazione fatta bene, questa viene consumata da chiunque.
Siamo noi giornalisti che dobbiamo dare l'informazione e far sì che la società possa sentirsi multiculturale; per questo con la nostra televisione vogliamo essere l'immagine dell'Italia che vogliamo raccontare. Nella nostra redazione ci sono persone di tante nazionalità e di tutti gli orizzonti: italiani, stranieri neri, stranieri bianchi.

Questo è il motivo per cui avete chiamato il canale televisivo All TV ?

Non è una Tv per stranieri, ma una Tv che vuole far conoscere gli stranieri agli italiani e che vuole far conoscere la Storia, la cultura italiana agli stranieri. E' la Tv comune, la Tv di tutti.
Per noi l'italiano è la lingua che unisce italiani e stranieri, è il primo strumento di integrazione per gli stranieri che arrivano ed è lo strumento per far comunicare le persone che appartengono alle diverse comunità: ecco perchè tutto quello che facciamo è in lingua italiana. Questo è ancora più importante per un giornalista, per un intellettuale, perchè la lingua è per lui anche il mezzo di lavoro.

Cos'è, per lei, l'Italia?

L'Italia è tutto per me. Un immigrato vero non può far del male all'Italia: nessuno può amare l'Italia più di un rifugiato a cui l'Italia ha salvato la vita.
L'amiamo perchè è l'unico bene che abbiamo.
Sono arrivato qui a 29 anni, il mio Paese mi ha rifiutato e io, come molti altri giovani, voglio mettere tutta la mia energia a disposizione dell'Italia: aiutarla a crescere, perchè vogliamo dimostrare di avere tanto da dare.