mercoledì 11 giugno 2014

Le catacombe della Romania: le colpe di un regime





Abbiamo intervistato, per voi, la dott.ssa Violeta P. Popescu, scrittrice e curatrice del saggio intitolato Le catacombe della Romania. Testimonianze dalle carceri comuniste 1945-1964 un testo storico, importante, utile per ricordare e far emergere un Passato che molti molto lasciare nell'oblio. Un regime duro che ha represso, con la violenza, la libertà e la vita di chi ha lottato per i valori democratici.

Ringraziamo molto Violeta P. Popescu per queste sue parole.


Come si è sviluppato il progetto di questo libro: come avete raccolto le testimonianze, quanto tempo avete impiegato per realizzarlo ?



Il libro “Le catacombe della Romania. Testimonianze dalle carceri comuniste (1945-1964)” che recentemente è uscito presso la casa editrice Rediviva, collana Memorie, è un lavoro documentario di squadra. Sul portale CulturaRomena.it le mie collaboratrici hanno lavorato con tanta dedizione a questo volume: Lorena Curiman, Claudia Bolboceanu, Mirela Tingire hanno iniziato a pubblicare un paio d'anni fa alcuni articoli che trattavano della storia recente del nostro Paese, in particolare del regime comunista e della durissima repressione, notando un grande interesse da parte del pubblico lettore; quindi abbiamo pensato di riunire e dar voce al passato e di riportare le testimonianze di alcuni personaggi per far conoscere una realtà storica della Romania.



Quanto è importante la Memoria per la Romania di oggi e per l'Europa?

Il libro intende proprio essere un “recupero della memoria” recente della storia romena. Il regime comunista instaurato in Romania dopo la seconda guerra mondiale ha tentato di cancellare la memoria storica del popolo romeno puntando nella sua strategia di creare “un uomo nuovo”, una persona senza radici, senza memoria e parzialmente direi che ci sia riuscito. Il regime ha significato un cambiamento forzato e un tragico isolamento dalla grande famiglia europea. Fino alla caduta del regime, nell'89, il Paese era percepito nell' Occidente come “il paese del dittatore Ceausescu”. Si è studiato ad esempio poco il ruolo della resistenza e dei movimenti anticomunisti attivi in Europa dopo la seconda guerra mondiale. Oltre ai fatti ben noti dell’89, l’opinione pubblica dell’Europa occidentale è a conoscenza solo dei maggiori episodi di ribellione popolare contro i regimi oppressivi, come la Rivolta ungherese del 1956 o la Primavera di Praga del 1968, mentre a mio avviso restano ancora in gran parte sconosciuti fenomeni come la repressione comunista e la resistenza anticomunista in Romania. Quindi la memoria...va recuperata nel senso di conoscere e di avere un'immagine di quello che è accaduto. L’identità di molte delle persone che hanno trovato la morte nelle carceri comuniste è destinata a restare sconosciuta senza lo sforzo di un lavoro documentario e un percorso che porta all' attenzione questa realtà.



La Romania ha visto nascere il regime comunista con tutte le sue conseguenze: il nostro saggio intende far conoscere il periodo delle carceri trasformate negli anni'50 del partito in veri centri di sterminio, in veri gulag.



Abbiamo notato una carenza bibliografica in Italia su questa tematica tranne alcuni lavori, tra cui nomino il volume “I musica per i lupi” di Dario Fertlio che parla del fenomeno della rieducazione del carcere Pitesti.



I fatti storici raccontati nel nostro breve saggio, attraverso le testimonianze dei nostri dieci personaggi (di cui nessuno è più vivente) - non rappresentano una realtà storica che io, le mie compagne del libro, la mia generazione ha studiato durante la scuola perchè, fino al momento della Rivoluzione dell'89 e la caduta del regime, era vietato fare commemorazione, ricordare le vittime, organizzare delle conferenze. Dopo la caduta del regime siamo entrati in contatto con alcuni sopravvissuti ed e stato come un risveglio scoprire migliaia e migliaia di vittime, una realtà ben nascosta del regime.

 


Si possono paragonare le carceri e i campi di lavoro forzato ai lager nazisti?


Si tratta in tutti e due casi di regimi totalitari in cui sono avvenuti gravi violazioni dei diritti umani: esecuzioni individuali e collettive, morti in campi di concentramento, fame, deportazioni, torture e altre forme di terrore fisico di massa, persecuzioni su base religosa o etnica, violazioni della libertà di coscienza, della libertà di stampa e l'elenco può continuare.

A quasi 25 anni di distanza, fare una stima del numero di persone decedute durante il regime in Romania risulta molto difficile a causa della scarsa affidabilità delle fonti di informazione di allora soggette a pesanti controlli.

Secondo i dati forniti dall’Istituto di Investigazione dei Crimini del Comunismo in Romania, un ente che si è impegnato a far conoscere questa realtà storica, durante il regime comunista in Romania esistevano 44 carceri e 72 campi di lavoro forzato in cui sono passati oltre tre milioni di romeni, 800.000 dei quali sono morti. Migliaia di romeni provenienti dal mondo dei contadini ricchi, fedeli ortodossi, greco-cattolici, romano-cattolici, intellettuali, operai, oppure attivisti di partiti storici, sono stati arrestati, rinchiusi nelle carceri, prelevati dalle loro case e uccisi sulle strade, ai bordi dei fossi, nei boschi o sono scomparsi senza lasciare traccia. I nomi e il numero di tutti questi martiri non si sapranno mai.

Oggi alcune carceri sono state trasformate in memoriali dei luoghi della sofferenza. Ad esempio: il carcere Aiud dove oggi esiste un monumento innalzato nella memoria delel vittime. La direzione politica del Paese ha deciso di trasformare nel 1947 la prigione di Aiud in un grande centro di sterminio, per l’élite religiosa e intellettuale dove I detenuti sono stati sottoposti a torture e a un trattamento disumano; oppure il carcere Sighet dove nell'anno 1950 più di cento persone che avevano superato l'età di di 60 anni (ex-ministri, accademici, economisti, militari, storici, giornalisti, politici), sono stati incarcerati, condannati a pene pesanti, altri neppure giudicati.

Vorrei nominare anche il carcere Piteşti, luogo dove è stato condotto il più orrendo esperimento concentrazionario del dopoguerra. Gli oppositori del regime comunista (principalmente studenti universitari, liberali, conservatori, religiosi e cristiani di tutte le confessioni) vengono richiusi a Piteşti con l’obiettivo di rieducarli, di farne degli “uomini nuovi”. Per due anni, dal dicembre 1949 al gennaio 1952, il carcere di Piteşti si trasforma in un vero inferno in cui viene sperimentata una tecnica sconosciuta nell’ambito carcerario, la “rieducazione” dei detenuti politici. I “rieducati” erano obbligati ad autodenunciarsi, a negare se stessi, a denunciare la propria famiglia, gli amici e le fidanzate.


Può anticipare alcune testimonianze riportate nel testo? Per quali valori hanno lottato le persone che hanno perso la vita durante il regime comunista?

Nel buio delle carceri diffuse su tutto il territorio della Romania, un'intera generazione è stata sottoposta a torture e alle sofferenze disumane per aver continuato a credere in una società democratica.

Il legame con il passato, con i valori democratici, con i valori morali, l’amore per la patria, la testimonianza della fede venivano considerati “colpe maggiori”.

Tutto quello che significava i valori tradizionali che avevano accompagnato i romeni per intere generazioni, erano considerati un vero pericolo per il nuovo regime; con pretesti a volte assurdi, si procedeva ad arresti di massa, mentre i detenuti venivano sottoposti a torture di tipo fisico e psicologico a volte fino alla morte.

Molti prigionieri hanno sacrificato la vita in nome dei loro ideali democratici, delle loro convinzioni e della fede come veri martiri. Si tratta di persone incarcerate non solo perché si opponevano al regime e non accettavano il nuovo potere, ma anche perché erano cristiani pronti a testimoniare la fede, un aspetto che agli occhi dei comunisti appariva la “colpa” maggiore da punire cercando anche falsi capi d’accusa.


Il titolo del libro: Le catacombe della Romania - è un modo metaforico per definire le carceri, le celle, in cui hanno sofferto migliaia di detenuti. L'ultimo supporto rimasto nelle carceri era, come testimonia un'intera letteratura memorialistica, il supporto spirituale: la preghiera e la fede in Gesù Cristo. Il regime comunista nutriva un grande odio verso la fede – considerava “i mistici” (i credenti) le persone più pericolose.


Abbiamo ricordato nel libro alcune figure che hanno scontato da dieci a vent'anni di carcere oppure sono morti: padre Gheorghe Calciu Dumitreasa (1925-2006) che ha scontato più di 20 di carcere, il poeta Radu Gyr (1905-1975) condannato a morte per una poesia, il grande filosofo Mircea Vulcanescu (1904-1952) morto ad Aiud; il poeta Vasile Voiculescu (1884-1963) una delle figure più importante della poesia romena del periodo interbelico; il principe e sacerdote cattolico Vladmir Ghika (1873-1954) incarcerato a Jilava (beatificato l'anno scorso dalla Chiesa Cattolica), si spense a 80 anni a causa del trattamento inumano cui era stato sottoposto e tanti altri nomi vittime del regime.

 

Quali sono le aspettative della Romania contemporanea?


Penso sia ancora lunga la strada per arrivare ad un traguardo. La Romania nascosta per cinquant’anni dietro il muro del comunismo, ha attraversato momenti decisivi, incompresi e poco studiati. Un tempo considerata il “granaio d’Europa”, per la sua ricchezza agraria, la Romania è passata ad essere uno dei Paesi più provati dal blocco comunista.

Dopo l'89 sono stati fatti passi importanti: l'ingresso nella NATO, l'ingresso nell'UE, ma ci sono ancora tanti altri passi da compiere in vari settori.