Nel
nostro piccolo, ci uniamo alla voce della comunità internazionale
(HumanRights Watch, Amnesty International e molte altre
organizzazioni) per salvare la giovane vita di Razieh Ebrahimi che,
durante questa settimana, potrebbe essere mandata al patibolo,
letteralmente.
Una
breve, intensa vita che potrebbe spezzarsi troppo presto: a 14 anni è
stata data in sposa ad un uomo molto più grande di lei; l'anno
successivo è diventata madre e a 17 ha ucciso il marito.
Tutto
accade in Iran. La bambina era stata data in sposa, da suo padre, al
vicino di casa, di professione insegnante: mesi e mesi di umiliazioni
e di botte fino a quando lei ha deciso di reagire, con altrettanta
violenza. Gli ha sparato e ha nascosto il corpo in giardino.
Sembra
la trama di un brutto film e, invece, si tratta di una realtà ancora
troppo presente nel tessuto sociale di una società contraddittoria e
complessa, come quella persiana.
Si
chiede, con questo articolo/appello, una giusta pena per la
ragazzina, magari accompagnata da un percorso di recupero psicologico
e la condanna di ogni forma di uccisione di Stato.
Il caso
di Razieh fa riflettere, ancora una volta, su temi e questioni ancora
irrisolte, in Iran come in molte altre aree del mondo: quello delle
spose-bambine e quello delle esecuzioni per reati commessi prima
della maggiore età, o comunque prima dei 18 anni. Pensiamo,a de
sempio, anche alle ragazze stuprate e impiccate in India, alle
studentesse rapite in Nigeria, ai soprusi in Yemen, Sudan, Arabia
Saudita...
Una
speranza per evitare a Razieh l'impiccagione sarebbe data dal perdono
dei famigliari della vittima e un riscatto in denaro. Ma il problema
dovrebbe essere risolto alla radice, con un cambiamento della
legislazione e per questo anche la società civile iraniana si sta
mobilitando in nome della Giustizia umana e del diritto alla vita.