venerdì 13 giugno 2014

I Romeo e Giulietta d'Afghanistan


Basir Ahang, giornalista afghano di etnia hazara e attivista per i diritti umani, ci ha permesso di pubblicare questo suo articolo apparso su Frontierenews.it e ci ha chiesto di di far circolare la petizione che trovate in calce e alla quale abbiamo aderito come Associazione per i Diritti Umani. Con preghiera di divulgazione, grazie.


I Romeo e Giulietta d’Afghanistan




di Basir Ahang


Nella meravigliosa valle di Bamiyan fino a poco tempo fa viveva Zakia, una giovane ragazza di appena 18 anni. Di oringine tajika sunnita, fin da piccola Zakia era innamorata di Mohammad Ali, un giovane di 21 anni anche lui residente a Bamiyan e con lui condivideva i suoi sogni e spesso le sue giornate quando ancora bambini erano liberi di volersi bene. Crescendo però, come spesso purtroppo accade, il loro amore era divenuto una minaccia all’ordine sociale e patriarcale della loro comunità, un amore intollerabile agli occhi del padre di Zakia che aveva già deciso per lei il suo futuro.

Ancora più intollerabile agli occhi del padre padrone era il fatto che Mohammad Ali appartenesse all’etnia hazara di una diversa setta religiosa, quella sciita. In Afghanistan le diverse etnie sono spesso in contrasto tra loro e vengono viste dai loro appartenenti come mondi inconciliabili, per questo motivo, raramente vengono celebrati matrimoni tra componenti di etnie diverse.

Sposata senza il suo consenso al nipote del padre, Zakia decise che l’unica cosa che le rimaneva da fare era fuggire. Accompagnata da Mohammad Ali e con il supporto morale del padre di lui, decisero di fuggire sulle montagne di Bamiyan vagando da un luogo all’altro per otto mesi.

Pochi mesi fa, dopo aver sporto denuncia alle autorità e aver minacciando di morte Mohammad Ali e la figlia per aver “disonorato” la loro famiglia, i due sono stati arrestati ma dopo poco tempo grazie all’intervento della società civile di Bamiyan i due amanti sono stati liberati ed in seguito si sono sposati legalmente.

Il pericolo però non era cessato e Zakia, incinta, non poteva tornare a casa. Giunti a Kabul Zakia e Mohammad Ali avevano deciso di vivere in case separate per poter meglio nascondersi agli occhi della gente e della polizia, ma ogni giorno tentavano di vedersi di nascosto. Il loro amore era ormai diventato un crimine. Lui, accusato di rapimento rischia la pena di morte, mentre Zakia accusata di bigamia per essere sposata sia con il nipote del padre che con Mohammad Ali, rischia di dover trascorrere molti anni in prigione, nonché di essere uccisa dai suoi stessi parenti.

Mentre centinaia di terroristi talebani, assassini e stupratori vengono liberati ogni giorno grazie al governo Karzai, le carceri straripano di donne “colpevoli” di crimini “morali”, come quello di fuggire di casa a causa di un marito violento o di un matrimonio forzato.

Come riportato dal New York Times, Miriam Adelson, moglie del magnate americano del casino Sheldon Adelson, aveva manifestato l’intenzione di aiutare la coppia e grazie al suo intervento era riuscita a convincere il presidente del Ruanda Paul Kagame a offrire asilo ai due giovani. Anche il padre di Mohammad Ali, Anwar, fin dall’inizio aveva supportato la coppia, arrivando a vendere tutte le sue proprietà per aiutare i giovani a fuggire. Sfortunatamente Zakia e Mohammad Ali non avevano un passaporto e non potevano richiederne uno legalmente.

A Kabul, un’organizzazione per la difesa delle donne, chiamata “Afghan women for women” ha convinto Zakia a trovare rifugio presso la loro organizzazione. Attualmente Zakia vive nascosta, reclusa e senza la possibilità di telefonare perché ciò metterebbe in pericolo la sua vita.