martedì 25 novembre 2014

Terre d'Islam: storia delle rivolte arabe






Un documentario, quello di Italo Spinelli e Alberto Negri, che indaga una storia complessa che vede coinvolte un milardo e trecento milioni di persone: Terre d'Islam – Storia delle rivolte arabe dà voce ai diretti interessati per parlare dell'Islam politico che noi occidentali iniziamo a conoscere, forse, solo adesso.

Abbiamo rivolto alcune domande ad Alberto Negri che ringraziamo tantissimo per la sua disponibilità.                       






Tunisia, Egitto, Libia e Iran: qual è lo scenario politico attuale in questi Paesi?



La Libia è un Paese che sta attraversando una situazione molto difficile: è un Paese spaccato in due tra Cirenaica e Tripolitania con due governi, due parlamenti e addirittura due agenzie-stampa ufficiali, quindi la spaccatura non può essere più profonda di così e sarà difficile, per la comunità internazionale, trovare un punto di equilibrio.

In Tunisia ci sono state, recentemente, le elezioni generali politiche e il 26 novembre ci saranno le presidenziali: questa volta ha vinto il fronte laico, superando il partito islamico, e questo è un aspetto importante perchè è l'unica transizione araba che si è svolta pacificamente, nonostante le difficoltà attraversate dal Paese in questi ultimi anni in quanto gli jihadisti e i salafiti hanno più volte messo in pericolo questa transizione con due assassinii politici. Inoltre, c'è una crisi economica molto forte con una disoccupazione al 40%. La situazione è tale per cui anche il partito che ha vinto le elezioni, probabilmente, continuerà una politica di unità nazionale.

L'Egitto, dopo il colpo di Stato dell'anno scorso, sta attraversando una fase ancora complicata perchè in Sinai vediamo che i gruppi jihadisti contrastano il governo e hanno fatto fuori i Fratelli Musulmani. L'Egitto ha grandi problemi: con 90 milioni di abitanti, le risorse della Banca Centrale sono ¾ volte inferiori rispetto a quelle del Libano che ha 6 milioni di abitanti.

Per quanto riguarda l'Iran bisogna vedere se si troverà un accordo sul tema del nucleare, se ci sarà o se si arriverà a un ennesimo compromesso, ovvero a un altro rinvio. 




Parliamo, in particolare, dell'Iran: quale può essere la sua influenza nella situazione presnete e può essere determinante per una soluzione che vada in direzione di un nuovo assetto geopolitico?



L'Iran è un Paese fondamentale per gli equilibri del Medioriente: per l'Iraq, per la Siria fino alle sponde del Mediterraneo. L'Occidente deve trovare un accordo con l'Iran per pensare di ottenere una stabilizazione in quest'area. Ma nonostante questo dato incontrovertibile, sappiamo bene che la rivalità nel Golfo tra Iran e Arabia Saudita continua a condizionare tutta la politica di quella parte di mondo e anche la politica estera di Washington che si ostina ad appoggiare l'Iraq.




Quali potranno essere, invece, gli sviluppi futuri nel rapporto tra Occidente e Paesi arabi?

Saranno determinanti gli sviluppi che ci sono sul terreno, soprattutto il conflitto che si è aperto adesso con il califfato. Questa è una guerra molto complicata e anche assai ambigua perchè è un conflitto a bassa intensità che viene condotto da una coalizione guidata dagli Stati Uniti senza troppa convinzione. Non è escluso che tra Siria e Iraq possa nascere uno Stato sunnita con risorse petrolifere presenti in tutta la Siria.

Mi sembra evidente che si stiano rifacendo le frontiere del Medioriente e questo determinerà in gran parte anche tutte le altre questioni tra l'Occidente e il mondo arabo.



Nel docufilm sono stati intervistati esponenti politici, funzionari e persone comuni. Sono tutti arabi e non c'è il commento di un mediatore occidentale. Ci spiega il motivo di questa scelta?



Volevamo delle voci senza filtro, senza mediazioni che, in qualche modo, le condizionassero. E questa è proprio la caratteristica principale del nostro lavoro.