Un documentario, quello di Italo Spinelli e Alberto Negri, che indaga una storia complessa che vede coinvolte un milardo e trecento milioni di persone: Terre d'Islam – Storia delle rivolte arabe dà voce ai diretti interessati per parlare dell'Islam politico che noi occidentali iniziamo a conoscere, forse, solo adesso.
Abbiamo rivolto alcune domande ad Alberto Negri che ringraziamo tantissimo per la sua disponibilità.
Tunisia,
Egitto, Libia e Iran: qual è lo scenario politico attuale in questi
Paesi?
La Libia
è un Paese che sta attraversando una situazione molto difficile: è
un Paese spaccato in due tra Cirenaica e Tripolitania con due
governi, due parlamenti e addirittura due agenzie-stampa ufficiali,
quindi la spaccatura non può essere più profonda di così e sarà
difficile, per la comunità internazionale, trovare un punto di
equilibrio.
In
Tunisia ci sono state, recentemente, le elezioni generali politiche e
il 26 novembre ci saranno le presidenziali: questa volta ha vinto il
fronte laico, superando il partito islamico, e questo è un aspetto
importante perchè è l'unica transizione araba che si è svolta
pacificamente, nonostante le difficoltà attraversate dal Paese in
questi ultimi anni in quanto gli jihadisti e i salafiti hanno più
volte messo in pericolo questa transizione con due assassinii
politici. Inoltre, c'è una crisi economica molto forte con una
disoccupazione al 40%. La situazione è tale per cui anche il partito
che ha vinto le elezioni, probabilmente, continuerà una politica di
unità nazionale.
L'Egitto,
dopo il colpo di Stato dell'anno scorso, sta attraversando una fase
ancora complicata perchè in Sinai vediamo che i gruppi jihadisti
contrastano il governo e hanno fatto fuori i Fratelli Musulmani.
L'Egitto ha grandi problemi: con 90 milioni di abitanti, le risorse
della Banca Centrale sono ¾ volte inferiori rispetto a quelle del
Libano che ha 6 milioni di abitanti.
Per
quanto riguarda l'Iran bisogna vedere se si troverà un accordo sul
tema del nucleare, se ci sarà o se si arriverà a un ennesimo
compromesso, ovvero a un altro rinvio.
Parliamo,
in particolare, dell'Iran: quale può essere la sua influenza nella
situazione presnete e può essere determinante per una soluzione che
vada in direzione di un nuovo assetto geopolitico?
L'Iran è
un Paese fondamentale per gli equilibri del Medioriente: per l'Iraq,
per la Siria fino alle sponde del Mediterraneo. L'Occidente deve
trovare un accordo con l'Iran per pensare di ottenere una
stabilizazione in quest'area. Ma nonostante questo dato
incontrovertibile, sappiamo bene che la rivalità nel Golfo tra Iran
e Arabia Saudita continua a condizionare tutta la politica di quella
parte di mondo e anche la politica estera di Washington che si ostina
ad appoggiare l'Iraq.
Quali
potranno essere, invece, gli sviluppi futuri nel rapporto tra
Occidente e Paesi arabi?
Saranno
determinanti gli sviluppi che ci sono sul terreno, soprattutto il
conflitto che si è aperto adesso con il califfato. Questa è una
guerra molto complicata e anche assai ambigua perchè è un conflitto
a bassa intensità che viene condotto da una coalizione guidata dagli
Stati Uniti senza troppa convinzione. Non è escluso che tra Siria e
Iraq possa nascere uno Stato sunnita con risorse petrolifere presenti
in tutta la Siria.
Mi
sembra evidente che si stiano rifacendo le frontiere del Medioriente
e questo determinerà in gran parte anche tutte le altre questioni
tra l'Occidente e il mondo arabo.
Nel
docufilm sono stati intervistati esponenti politici, funzionari e
persone comuni. Sono tutti arabi e non c'è il commento di un
mediatore occidentale. Ci spiega il motivo di questa scelta?
Volevamo
delle voci senza filtro, senza mediazioni che, in qualche modo, le
condizionassero. E questa è proprio la caratteristica principale del
nostro lavoro.