Un
cinema lucido e senza orpelli, quello Luc e Jean Pierre Dardenne che
con il nuovo film, da pochi giorni nelle sale cinematografiche
italiane, affrontano come sempre un tema di grande attualità: in
questo caso, si parla della perdita del lavoro.
Due
giorni, una notte: questo
il titolo della pellicola presentata all'ultima edizione del festival
di Cannes senza un premio, ma con applausi scroscianti.
Regia
asciutta, colonna sonora ridotta al minimo, dialoghi precisi e
ficcanti per raccontare la storia di Sandra. Sandra (una brava e
convincente Marion Cotillard, già premio Oscar) ha un obiettivo
preciso: convincere i suoi colleghi a rinunciare a un bonus di mille
euro in cambio di un voto per il licenziamento di un collega. Sandra
farà di tutto per evitare la votazione e l'incasso del “premio”
da parte dei colleghi perchè teme di perdere il proprio posto in
fabbrica. La donna, in questa sua battaglia individuale che diventa
sociale e collettiva, avrà al suo fianco il marito, una figura
maschile finalmente positiva, un uomo amorevole e comprensivo che non
si tira indietro anche quando la moglie decide di tentare di far
accettare la proposta ai colleghi, proprio in quel lasso di tempo che
dà il titolo al film: in due giorni e una notte.
La
denuncia dei registi belgi è rivolta a quel sistema lavorativo
europeo che si fa sempre più ricattatorio e a quei padroni che, con
cinismo e freddezza, attuano ricatti nei confronti dei loro
dipendenti arrivando, come in questo caso, a fomentare una guerra tra
poveri.
Apparentemente
le sceneggiature dei film dei Dardenne sono scarne e di semplice
lettura, ma non è affatto così: basta osservare con attenzione gli
sguardi della protagonista, ad esempio, per capire la complessità
del suo personaggio. E' vero che risulta facile la dicotomia tra
“buoni” e “cattivi”, ma andando oltre si svelano i meccanismi
di scelte politiche e finanziarie furbe e distruttive, almeno per
quelle fasce della popolazione che sono sempre più svantaggiate e
che stanno sempre più a cuore agli autori del film.
Il
lavoro che dovrebbe essere una base solida per l'identità di una
persona adulta, che dovrebbe dare autostima e riconoscimento,
sicurezza e stabilità si trasforma - sullo schermo, ma purtroppo,
nella realtà - in paura, destabilizzazione psicologica, diffidenza
verso gli altri (che si trovano nella stessa condizione di chi prova
questi sentimenti), malattia del corpo e dell'anima. E, ancora una
volta, i Dardenne scandaglaindo le conseguenze di tutto questo,
pongono agli spettatori una questione morale: alla quale nessuno può
sottrarsi.