venerdì 21 febbraio 2014

Carcere e creatività





Tra le fine di novembre 2013 3 l'inizio del nuovo anno, si è tenuto il XIV Convegno Internazionale di Urbania, nell'ambito del quale la Rivista dei Teatri della diversità ha ospitato un seminario che, con il sostegno del Servizio delle Politiche Sociali della Regione Marche, ha illustrato un progetto svolto negli istituti penitenziari regionali. Il progetto, che si è sviluppato tra il 2012 e il 2013, ha visto la collaborazione tra sette gruppi teatrali e alcuni detenuti che hanno avuto l'opportunità di partecipare a corsi di teatro per poi mettere in scena gli spettacoli in alcuni teatri.

Art'O Teatro di Ancona-Barcaglione; Sassi nello stagno di Camerino; La Pioletta per il carcere di Fossonbrone; Teatro Aenima di Pesaro: queste alcune realtà artistiche che hanno lavorato con le persone recluse per ridare loro fiducia in se stesse e autostima; per far fare esperienze positive e condivise; per fornire gli strumenti di un mestiere che arricchisce l'interiorità e le relazioni con gli altri.

Il progetto nasce tre anni fa, anche con la collaborazione di alcuni esponenti del Coordinamento Teatro in Carcere, e ha visto la stipula di un Protocollo d'Intesa che si impegna ad inserire - tra le materie di insegnamento dell'Istituto Superiore di Studi Penitenziari – quella della Drammaturgia Teatrale, alla luce della valenza pedagogica testimoniata dalle varie attività di questo tipo, attive in molte carceri italiane.

A questo proposito, durante il mese di febbraio in corso, è andato in sena, presso il Teatro Elfo-Puccini di Milano, lo spettacolo dal titolo Terra e acqua, per la regia di Mimmo Sorrentino e con la partecipazione dei giovani detenuti della Casa Circondariale di Vigevano.

Scrivete una preghiera. Ma non il Padre nostro. Voglio una preghiera personale”: da queste parole prende vita lo spettacolo: a partire dalle preghiere dei detenuti, preghiere che raccontano come il carcere è non solo un luogo fisico, ma anche un luogo dell'anima, perchè “tutti abbiamo un carcere dentro di noi”.   


A tema in un certo senso “religioso” anche il testo di un altro spettacolo, portato in scena sempre all'Elfo – Puccini a dicembre scorso: Se Betlemme avesse lu mare, a cura di Gianfelice Facchetti con Fabrice, Filippo, Fteh, Gianfranco, Hassan, Luis, Marco, Mauro, Michel, Pierre, Stalin e Youssef: tutte persone detenute nella Casa Circondariale di Monza.

Si tratta della storia di una compagnia sgangherata di commedianti, condannata a rappresentare tutti gli anni un presepe vivente. La particolarità, però, sta nel fatto che anche i ruoli “bestiali” (il bue e l'asinello, ad esempio) sono interpretati da persone, così come il ruolo della Maria è interpretato da un uomo...un gioco di ruoli, di scambi per persone che si mettono in gioco fino in fondo, che imparano a mettersi nei panni degli altri....di tutti gli altri. Per arrivare alla riflessione su Gesù come un “povero Cristo”, un povero cristo come noi.

Questi spettacoli fanno parte del progetto “Teatro e Carcere” che continuerà il suo cammino e noi lo seguiremo.