I giochi
olimpici invernali di Sochi sono terminati e fanno ancora discutere:
sì di sport, ma anche di diritti umani.
Foto Ansa |
Lo
scorso 20 febbraio, infatti, quattro ragazze del gruppo dissidente
Pussy Riot hanno
tentato di cantare un brano, decisamente allegorico, davanti al
Municipio della città che ospita le Olimpiadi: “Putin vi insegnerà
ad amare la patria”, questa una delle frasi della canzone con cui
le attiviste tentavano di portare avanti la loro protesta, ma sono
state accerchiate e fermate dai militari del Corpo dei Cosacchi che
le hanno tratte in arresto dopo averle apostrofate con frasi del
tipo: “Vi siete vendute agli americani”.
Durante
il fermo pare che le giovani donne siano state trattate duramente:
una di loro, Nadezhda Tolokonnikova, ha riportato alcune contusioni
al torace causate da colpi di manganello e, per qualche minuto, ha
perso l'uso della vista per lo spray al peperoncino spruzzato dai
soldati.
Il
“fenomeno Pussy Riot” fa parlare, fa discutere: e così la loro
storia e il loro impegno politico-sociale viene raccontato anche dal
Cinema, per continuare a riflettere su temi attuali, ma anche tanto
universali, quali: il senso della ribellione, la lotta per i diritti
di base, il significato della libertà.
Foto AdnKronos |
Candidato
agli Oscar 2014, il documentario Pussy
Riot- A punk prayer di
Mike Lerner e Maxim Pozdorovkin (uscito nelle sale italiane lo scorso
mese di dicembre) ha anche ottenuto il Premio speciale della Giuria
al Sundance Festival: il film intreccia storie individuali alla
grande Storia degli ultimi 20 anni, in Russia, in Europa.
Le
immagini partono dall'esibizione del gruppo anti-Putin tenutosi nella
cattedrale del Cristo Salvatore, a Mosca nel febbraio 2012 e segue le
vicende delle ragazze fino alla loro condanna a due anni di carcere.
Intanto
i genitori di Nadia, Masha e Katia raccontano e ricordano il proprio
Passato, collegato da un filo diretto al Presente delle loro figlie e
dei figli di molti altri. Manifestazioni, proteste, clamore,
l'arresto, il processo: un forte grido di libertà che, però, non
viene accolto da tutti.
Il
documentario, infatti, mostra anche come la popolazione russa sia
divisa: chi sostiene il gruppo e chi, invece, si sente offeso dal suo
modo di protestare...come se l'apparenza fosse più importante della
sostanza. Intanto Katia è stata liberata, altre due femministe sono
detenute in campi di lavoro (ma dovrebbero essere liberate entro
quest'anno) e tutte le Pussy Riot sono diventate un simbolo.